15.2. 𝗜𝗻𝗳𝗶𝗹𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼

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Tina's POV

Tina chiuse gli occhi e adagiò il viso sul bracciolo della sedia, mentre tirava su i piedi e li appoggiava sulla scrivania con noncuranza. Nonostante fosse il suo ufficio da due anni, non lo aveva mai fatto prima d'ora. Per l'ennesima volta bussarono alla porta e per l'ennesima volta lei rispose.

«Avanti...» la porta si aprì ed entrò un uomo che, quando la vide, le accennò un sorrisetto.
«Teenie...! È un piacere rivederti!» Disse allegramente servendosi da solo, afferrò una mela da un cestino di vimini e la strofinò sulla manica, prima di azzannarla con un morso. L' auror gli lanciò uno sguardo fugace.
«Ciao, Achilles» rispose lei seccata, cercando di sistemarsi in una posizione più contenuta, rimettendo le gambe sotto la scrivania.
Non si alzò dalla sedia, e il mago rimase immobile, come se stesse riflettendo se rimanere o meno nel suo ufficio.
«Allora...» iniziò lei in attesa che dicesse qualcosa «non sarai venuto qui solo per salutarmi?» Inarcò un sopracciglio, non c'era gioia nella sua voce, ma una nota di fastidio controllato.
Il mago iniziò a grattarsi la nuca, in imbarazzo.
«O no, certo che no! Non mi sognerei minimamente di rubarti del tempo prezioso!» rise.
Tina inarcò un sopracciglio e le sue labbra si contrassero fino a disegnare una smorfia.

«Uhm... ma davvero? Mi stai facendo perdere tempo...» sospirò gravemente.
«Non mi sembra che tu stia lavorando...» puntualizzò Achilles, cercando di imitare la sua stessa espressione.

Tina in tutta risposta annuì, e accennò un sorriso forzato.
«Già... infatti. E almeno gradirei che nella mia pausa di dieci minuti non venga disturbata...»

«A ogni modo,» iniziò il mago, facendo un rapido cenno di non curanza, come se non gli importasse nulla di interrompere qualcosa di importante «volevo semplicemente chiederti della tua piccola riunione segreta con Silente.» Le fece l' occhiolino.

Tina sputò il caffè che stava bevendo nuovamente nella tazzina, e tossicchiò appena, colta di sorpresa.
«Intendi la mia pausa di ieri? Latte e cioccolata?»

«Credevo...» si grattò il naso confuso, guardandosi attentamente intorno come se ci fosse qualcuno a origliarli.

Un'atteggiamento che non passò inosservato a Tina, che iniziò a fissarlo con maggiore insistenza.
«Silente è molto famoso... non credo che sia tanto assurdo offrirgli la colazione...»
Achilles annuì deluso, la scrutò da capo a piedi, il suo sguardo si posò sulla camicetta bianca appena sbottonata all'altezza del petto. Tina se ne accorse e si affrettò a richiudersi il cappotto.
«Non hai di meglio da guardare?!» Gli chiese sarcasticamente, cercando di trattenere la rabbia e di mascherare l'insicurezza.

Achilles, come al solito, le accennò un sorrisetto.
«Non capisco, perché ti ostini a coprirti, Tina.» Proferì lui, continuando a sorridere.

Fece un passo avanti, verso di lei, e fu a quel punto che Tina balzò in piedi per allontanarsi da lui.
Si ritrovò con le spalle poggiate al muro, accanto allo scaffale con i volumi degli incantesimi avanzati.

«Siamo usciti solo una volta... questo non ti dà il diritto di guardarmi!»

Questa volta la sua sicurezza venne meno, tentò, per quanto possibile, di mantenere il contatto visivo.
Achilles posò le sue mani sui fianchi di lei, e Tina le scostò decisa, cercando di lasciarsi un piccolo spiraglio per scappare.

«Non ti ho dimenticata, Tina... nonostante siano passati praticamente anni, continui a piacermi.»
Le prese il viso per il mento con una dolcezza innaturale, e Tina per distrarsi iniziò a studiare quella cicatrice che aveva sotto al naso, cercando di calmare quei battiti irregolari.

«Ovviamente... non ti costringerò a fare nulla che tu non voglia. Ma una cosa ho intenzione di farla... una cena. Da amici. Come ai vecchi tempi!» Le sussurrò con voce suadente «Magari con quel vestitino che ti sta tanto bene... Hm...» si passò le dita sulle labbra.
«Io, non» balbettò lei in difficoltà, cercando di guardare dall'altro lato.
«Io non ti ferirò, Tina. Siamo identici, noi due.»
Si avvicinò al suo viso, ancora ed ancora, sempre più vicino a lei, e Tina iniziò a sbattere gli occhi terrorizzata.
«A-Achilles...» balbettò «i-io c-credo che...»

E nello stesso istante in cui abbassò lo sguardo, vinta dal "fascino" penetrante del mago, vide una cosa che non le piacque affatto.

Un ciondolo accuratamente nascosto dentro la sua camicia, all'estremità di una catenina argentea.

Anche se non poteva vederlo con chiarezza, nitidamente, sapeva che cosa figurasse.

Un cerchio inscritto in un triangolo, una bacchetta che lo sezionava per metà.

Dovette combattere l' impulso di fuggire via.

«V-Va bene, va bene... Achilles!!» quasi urlò «Ci organizziamo.» Balbettò la ragazza, cercando di strisciare via.
Achilles le sollevò il viso con due dita verso l'alto, soddisfatto.
«Lo sapevo che ti avrei convinta...» accennò un sorrisetto.
«Sì» sussurrò lei con il fiato corto, cercando di apparire meno terrorizzata di quanto fosse.
Aveva una tempesta dentro, e stava cercando in ogni modo di colmarla.
«Comunque,» proferì il mago «sei bella anche quando arrossisci...» le poggiò una mano sulla spalla.

«Ah sì?» Tina non riusciva a capire più niente, la paura la bloccava e le impediva di pensare lucidamente. Achilles sorrise, allungò la mano per afferrarle delicatamente la guancia con le dita.
«Ci divertiremo, come ai vecchi tempi.»

V-Vecchi tempi?

Successe così in fretta che quasi non ebbe il tempo di respirare. Si ritrovò le labbra del mago sulle sue. Il primo istinto fu quello di schiaffeggiarlo, di prenderlo a calci sui gemelli di famiglia, di colpirlo ripetutamente al petto, ma Achilles la teneva stretta a se.«

Non avrebbe mai immaginato di ricevere un bacio del genere, per giunta da un collega di lavoro, e nel suo ufficio... durante l'orario di lavoro. Le prese le mani fra le sue e le avvolse intorno al proprio collo. Sentiva le gambe tremare, e cedere sotto il proprio peso, ancora di più quando la strinse al proprio petto.

Fu a quel punto che Tina si armò di coraggio, allungando la mano verso la sua nuca scoperta e afferrando il gancio che univa le due estremità della catenina. Sforzandosi di non fare troppo rumore, riuscì ad aprirla, a farla scivolare lungo le spalle e a riprenderla dal basso con l'altra mano, e finalmente nasconderla nella tasca del cappotto.

Era come se riuscisse a vedere dietro la sua schiena, si chiedeva come fosse riuscita a non farsi scoprire da Achilles, sicuramente troppo concentrato a studiare le sue labbra, per rendersi conto di tutto il resto. Era però certa che lui sapesse quanto fosse spaventata, i suoi occhi non riuscivano a rimanere aperti per più di qualche secondo, sicuramente per il disgusto.

Improvvisamente la porta si aprì, Tina riuscì a muovere appena la testa per scorgere la figura di Percival Graves che li guardava. Tamburellava sul tavolo, cercando di cogliere l'attenzione anche di Achilles, che stava dando il meglio di sé. Mentre Tina, cercò di comunicargli come poteva il suo disagio. Vedendo che il mago non ci accingeva a girarsi, tossicchiò sonoramente.

«Goldstein!» La chiamò a voce alta, come se volesse accentuare il distacco tra sé e lei.

A fatica, Tina riuscì a liberarsi dalla presa del mago con una spinta, e ad avvicinarsi al direttore. Graves le fece cenno con la testa, incitandola a rispondere a quella violazione a cui aveva appena assistito. E fu a quel punto che Tina lo supplicò di restare con lo sguardo, stringendo i denti e spalancando gli occhi in un'espressione di puro sgomento.

«Allora ciao, Teenie. Inviami un gufo per la conferma.» Le sorrise Achilles, facendole l'occhiolino.
Tina si ritrovò completamente spiazzata, gli occhi di Achilles si soffermarono sulle sue gambe tremolanti, e questo lo fece ridacchiare appena.

«Per, per cosa?» Sembrò cascare dalle nuvole ancora scioccata per l'accaduto, ma grata per l'interruzione.
Achilles ridacchiò nuovamente.
«Ma per la cena, sciocchina di una Goldstein!»

Cosa? Quale cena?

Fece per avvicinarsi nuovamente a lei, ma il capo del dipartimento auror americano si ritrasse di scatto.
«Esci dal mio ufficio...» scandì ogni singola sillaba «Ora!»

Il mago annuì appena, e con il solito sorriso libertino si allontanò, dopo aver salutato il direttore con un mezzo inchino. Tina, dopo che Achilles si chiuse la porta alle spalle, si lasciò cadere sulla sedia e afferrò nervosamente una bustina di camomilla. Tentò di riempire d'acqua la tazza che teneva sempre vuota sulla scrivania, ma dalla punta della bacchetta non fluì nulla.

«Aguamenti!» Ritentò, ma non successe nulla.
«Anche se i rapporti tra colleghi sono severamente vietati al MACUSA, ti assicuro che nel tuo caso non ho intenzione di...» si bloccò di scatto quando vide le lacrime di frustrazione colmarle dagli occhi lungo le guance.
«Aspetta... non l'hai baciato tu, vero?»

Più che una domanda, sembrava una affermazione.

Si era chiesto in effetti se fosse veramente vero quello che aveva visto, e che ci sarebbe stata sicuramente una risposta valida a tutto.
«Stai bene?» Le chiese, allungando la mano per asciugarle le guance con un fazzoletto.

Lei annuì stremata, ed infilò la mano nella tasca del cappotto per mostrargli il ciondolo che era riuscita a sottrarre al mago. Percival dapprima non capì, poi spalancò gli occhi colpito.

«È di...?»
Non ebbe il coraggio di terminare la frase e, fortunatamente, Tina lo anticipò.
«Sì» sussurrò lei, nel disperato tentativo di calmarsi.

Il direttore Graves diede una rapida occhiata alla porta apparentemente chiusa del suo ufficio, e si portò l'indice alla bocca, come se volesse farle cenno di non parlare.
«È andata tutto bene... a cena con tua sorella?» Ruppe il silenzio.
Tina aggrottò entrambe le sopracciglia e alzò le spalle confusa, gli occhi di Graves saettavano da lei alla porta, un tacito segnale che non doveva essere infranto.
«Oh... ehm, benissimo. Ci siamo divertiti molto.»

Seguì con lo sguardo il suo passo avanti e indietro per la stanza. Entrambi sentirono il legno della porta scricchiolare e dei passi allontanarsi in fretta e furia. Rimasero in silenzio per qualche secondo, con gli occhi fissi gli uni negli altri, e ripresero a parlare, con maggiore segretezza. Tina agitò la bacchetta per silenziare la stanza, una precauzione necessaria visto che adesso non ci si poteva fidare di nessuno.

«Ci stava spiando» le sussurrò Graves, tamburellando nervosamente le dita sul tavolo.

Si sistemò il soprabito spiegazzato, e prese posto nella sedia di fronte a Tina, nonostante fosse uno dei suoi superiori.

«E ora sappiamo perché...» sospirò il capo auror, indicando il ciondolo con i doni della morte.
«La maggior parte di loro indossa questo... per identificarsi. Abbiamo una nuova spia nel congresso, Tina!»
Tina si prese la testa fra le mani e sospirò, senza tuttavia riuscire a smettere di tremare.
«Lewis... era così vicino...» la voce le si incrinò.
Afferrò un bicchiere d'acqua e ne bevve un sorso, cercando di riprendere fiato. Percival le accarezzò la spalla con rispetto.

«È tutto okay, adesso. Un respiro profondo e prova a raccontarmi tutto.» Le sorrise.
Tina annuì e ripartì con il suo discorso, spedita come un treno.
«Non sapevo che cosa fare! E poi ho visto il simbolo e mi sono fatta prendere dal panico!» balbettò, cercando di calmare i battiti irregolari.

Graves, notando che sembrava fare tutto tranne che calmarsi, le avvicinò la tazza e la riempì di acqua bollente. Le sfiorò dalle mani la bustina di camomilla per immergerla nel liquido che, a contatto con il filtro, iniziò gradualmente a tingersi di un giallo tenue. La invitò a servirsi, ma Tina era troppo presa per riuscire ad afferrare la tazza e a non rovesciarsela addosso. Si limitò a sorriderle.

«Ora capisco che cosa volesse» sospirò lei «mi ha chiesto di Silente! Voleva sapere della nostra "discussione"» si strinse le mani e le nascose nelle tasche dei pantaloni, per darsi un contegno.
«Vuoi della saporifera?»

Tina gli accennò un sorriso e scosse appena la testa.
«Sto bene, Percival. Ma sono così stanca che probabilmente una sola goccia mi stenderebbe.»

Il direttore ridacchiò appena, l'immagine di una Tina Goldstein stesa sulla scrivania. Era troppo esilarante. La conosceva bene, probabilmente lo avrebbe accusato di non averla svegliata. Si limitò a sorriderle educatamente, cercando di non lasciarsi trascinare troppo da quel pensiero, visto che Tina non aveva umorismo quando si ritrovava ad affrontare tali situazioni.

«Ma sei stata brava, hai avuto coraggio... ma una cosa mi ha stupito particolarmente, come sei riuscita a prenderla senza che se ne accorgesse?»
Tina, che non si aspettava quella domanda, arrossì violentemente, iniziò a massaggiarsi la fronte, mentre tentava di non incrociare il suo sguardo.
«Beh...» iniziò completamente paonazza «non credo che sia necessario specificare come... o... o quando.» Concluse di getto, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
Il mago dapprima la guardò confuso, poi spalancò la bocca e accennò un sorrisetto divertito.
«Oh. Ho capito, Tina. Niente di piacevole immagino...»

«Direi...» borbottò lei con una smorfia di fastidio, ripulendosi le labbra con dei gesti fugaci, come se volesse cancellarne le tracce «per niente!» Sospirò.
«La prossima volta evito di farlo entrare nel mio ufficio. Anzi... Richiedo un mandato di arresto, lo faccio rinchiudere in cella e faccio gettare via la chiave e»

Ma Percival scosse la testa e la zittì, interrompendo la sua sfuriata.
«E se questo fosse un'occasione?» propose lui con un enorme sorriso stampato sulle labbra.

Tina conosceva quel sorriso, e sapeva che non annunciava nulla di nuovo. Percival Graves raramente sorrideva. Ben presto però divenne incredibilmente serio, e Tina fu costretta a posare la tazza di camomilla sul tavolo, prima di rovesciarsela addosso. Non si aspettava che potesse pensare una cosa del genere, o lei non aveva capito, oppure Percival Graves era sotto l'effetto di qualche sostanza illegale.

«Come?!» quasi urlò, nel tentativo di capire se avesse veramente udito quelle parole con le proprie orecchie.

Sperava che fosse la stanchezza a giocarle brutti scherzi.

«Beh,» iniziò lui «credeva che avvicinarsi a te fosse la scelta migliore, insomma... una vecchia amica, a chi chiedere informazioni se non al capo del dipartimento auror americano? Sei in una posizione favorevole. Vuole sapere tutto da te.»

Non vuole solo te.

La giovane strega riprese a tremare, un brivido di terrore e disgusto lungo la spina dorsale. E lei che credeva che quella fosse una giornata discreta, nonostante la stanchezza. Era riuscita a respirare e i piedi non le facevano male, avendo percorso i corridoi poche decine volte, e la sua mente non era attanagliata da quel solito mal di testa, forse grazie anche a quel caffè che Lys le aveva offerto.

Era notte fonda, e quella sí era rivelata essere una giornata più che estenuante, costretta a tentare di tenere lontane le mani dal collo di Abernathy, e viceversa.

AH... le mani... quanto le prudevano! Il desiderio di metterlo fuori gioco per qualche ora...

«Non sarei dovuta restare lì, avrei dovuto cacciarlo anziché prendere quel ciondolo...»
Stava quasi per perdere la speranza, quando il mago seduto di fronte a lei le sollevò il viso per il mento, e le sorrise.
«O no, Tina. Non hai sbagliato in nulla, hai fatto benissimo, questa» indicò un ciondolo «è una prova! Possiamo incriminarlo quando sarà il momento giusto, quando troveremo altre prove! Dobbiamo solo assicurarci che Achilles non si renda conto di averlo perso!»

Quanto era stata stupida!

Sarebbe dovuto essere un incoraggiamento, e invece... Tina si sentì sprofondare; non ci aveva pensato. In effetti, non aveva avuto la possibilità o l'intenzione di farlo in mezzo a quella tempesta emotiva.
«Duplichiamolo! L'originale lo terremo noi, mentre l'altro lo metteremo al suo posto» propose Graves, con un sorriso rassicurante.
Tina sospirò, era, in effetti, la parte più difficile, e temeva che avrebbe dovuto nuovamente esporsi in quel modo quel giorno.

«Ci penso io,» la rassicurò lui, come se avesse letto la sua mente «solitamente Achilles crolla alle ore piccole, se non prende una buona dose di caffè. Puntualmente sta al piano di sotto... è molto abitudinario quel gaglioffo! Dovrebbe essere la tra» lesse l'ora al polso «quindici minuti! Prima del suo solito giro di perlustrazione, se non erro.»

Eppure a Tina non le importava del ciondolo al momento, una profonda paura si insinuò in lei, sapeva che cosa andava fatto, ma non voleva.

Non poteva.

«Non posso, Percival...» ruppe il silenzio lei «io non posso! Insomma, io...»
«Pensaci bene, Tina!» la supplicò lui, quasi spaventato dalla sua decisione «È un'occasione! Ti ha invitata a cena...»
«Appunto! Ci sto pensando bene!» sbottò lei, sgranando gli occhi «Mi ha baciata nel mio ufficio! Non voglio nemmeno immaginare cosa potrebbe succedere... a cena!» ammise.
Il solo pensiero la terrorizzava, Graves sembrava piuttosto tranquillo.

D'altro canto... non era lui a doversi esporre al pericolo in quel modo, pensò.

«Lo so che ti spaventa la cosa, e hai ragione. Ma non devi fare assolutamente nulla
«A no?!» si adirò lei, sgranando gli occhi.
«Niente che tu non voglia fare,» ripetè lui «Devi solo avvicinarti empaticamente a lui, convincerlo di avere un'alleata, di avere la tua piena fiducia. Non devi temere per la tua sicurezza o per quella di tua sorella, sappi che io sarò lì ogni volta. Non permetterò che ti accada niente di male, sei la mia priorità.»

Tina abbassò lo sguardo e annuì. Si fidava di Graves, ma non abbastanza da affidargli la sua stessa vita. Aveva affrontato di peggio, lo sapeva, ma quella prospettiva la terrorizzava.
«Considerando che tu stia lì, e che tutto sia monitorato... come facciamo con il MACUSA? Lo sai che non ci si può fidare di nessuno.»

A quel punto Graves le accennò un sorrisetto. Si aspettava una domanda del genere da parte sua, e non indugiò a risponderle.

«Il MACUSA non saprà nulla, eviteremo le fughe di notizie... o sarà una battaglia già persa prima di intraprenderla! Daremo loro solo informazioni facilmente reperibili!»
«Lo sai che non sono brava a mentire o a recitare... è Queenie la strega ammaliante della famiglia» divenne pallida come un lenzuolo, e Percival smise di tamburellare sulla scrivania e le sollevò il viso dal legno.

Era esausta, non si era accorta di essersi quasi appisolata durante la conversazione.
Percival evocò una coperta e gliela poggiò sulle spalle, e puntò l'orologio al polso. Una sola ora, non di meno. A giudicare dalle occhiaie che le ricoprivano il viso, aveva decisamente bisogno di dormire.

«Io mi fido di te, Tina. Non ti avrei certamente scelto come auror, o come direttrice del mio dipartimento. Sei leale, e sì... non sei brava a mentire, ma hai molte altre qualità che ti rendono perfetta per questa missione! Sei intelligente, colta, e hai quel pizzico di inventiva e ironia che potrebbero esserci molto utili al caso. E poi, sei leale, sei un leader amabile, sei molto apprezzata come capo dalla squadra.» le accennò un sorrisetto, che non convinse affatto la giovane strega bruna «e inoltre, lui è interessato a te, anche se solo per qualche informazione.»

Le adagiò anche un cuscino sotto la testa.

«Crede di conoscerti, o almeno si illude di farlo. Ma si sbaglia... anche io ti conosco, ma non come crede lui. E so che puoi farcela e mi fido di te, Porpentina Esther Goldstein.»

«Non so che fare.» ammise infine lei, guardandolo con un occhio aperto e l'altro appena socchiuso.

Ovvio che non lo sai.

«Lo so, non è facile prendere una decisione del genere, ma non dovrai impegnarti per troppo tempo... solo qualche mese, massimo un anno! Non condizionerà affatto la tua vita.»

Tina inarcò un sopracciglio e scosse la testa contrariata; cosa da nulla, si disse. Aveva improvvisamente ritrovato l'energia per combattere.
«A no?»
Non aveva intenzione di sentire ragione, era un piano campato in aria, senza delle basi solide o delle sicurezze. Sapeva già che tutto si sarebbe concluso tragicamente. Non poteva farlo.
«Pensa a tutti i vantaggi! Riusciremo a trovare delle tracce, ritrovare le persone scomparse, recuperare quegli innocenti!» sussurrò «Riusciremo a proteggerli, a riportare le cose come stavano!»
La strega a quel punto si lasciò scappare un singhiozzo, e un sospiro.
«E chi salverà me, Percival?»

Graves non rispose, non aveva più tesi a favore. Non voleva obbligarla o convincerla, forse perchè lui stesso sentiva che era una missione assurda, e che stavano andando dritti dritti nelle fauci del mostro.
Mentre Tina sapeva che, se avesse intrapreso quella via, non sarebbe potuta mai più tornare indietro.

Andava fatto.

Annuì appena, con il cuore in gola e la vista annebbiata.

«Non credo che abbiamo altre scelte.» sospirò.

Pensò a sua sorella, al bimbo che custodiva con cura, a Jacob che aveva raggiunto una certa notorietà a New York, a Lally che le avrebbe dato un bel colpo in testa se lo avesse saputo. E poi a Newt. Il suo stomaco si strinse quando si ricordò di lui.

Che cosa avrebbe pensato Newt?

Sarebbe stato così deluso che probabilmente non l'avrebbe mai più perdonata.

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