19.3. 𝗜𝗹 𝘁𝘂𝗼𝗻𝗼 𝗱'𝗮𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗼

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

La chiamarono più volte inutilmente, fino a quando non riprese conoscenza. La giovane auror, e capo della squadra, si ritrovò in mezzo a un cerchio di venti persone, che la fissavano come se fosse una specie di fenomeno da baraccone. Su di lei era inginocchiato Percival Graves che le teneva la testa, mentre un'altra giovane strega dall'aria sconosciuta armeggiava con una boccetta di pozione, che lei riconobbe come essenza di dittamo.

Si tastò la schiena, la camicia era ancora unta e zuppa di sangue, ma della ferita nessuna traccia. Non faceva più neanche così male. Erano ancora a Central park considerando le chiome verdeggianti sopra le loro teste, e che le stelle decoravano il cielo pigramente. E, soprattutto, non erano troppo distanti dal solito lampione.

Quanto tempo era rimasta in quella posizione? Un'ora, forse due?

«È ancora viva, Signorina Goldstein.» Le sorrise il mago brizzolato, stringendole lievemente la mano, che lei mancò di striscio.
«Molto divertente...» mugugnò lei.
«Come ti senti?» Era una voce diversa, quella dell'uomo che voleva tanto ammazzare per la sua stupidità madornale.
«Un pò intontita, credo. Jacob...»

Si sentiva così piccola, soprattutto quando le loro braccia possenti la aiutarono a mettersi diritta e a prendere posto sulla panchina, adesso completamente bagnata di pioggia e neve sciolta.
«È terribile, sentire il loro respiro.» Sospirò.
«Già.» Gli fece eco lei.

Si sentiva stranamente... riposata. Non era mai stata così bene. Forse era stata l'adrenalina, lo spirito di avventura.

«Compagni di avventura!» Mormorò il pasticcere, con un mezzo sorriso che lei non ricambiò.
Senza dare il tempo agli altri di reagire, Tina si alzò in piedi, davanti agli occhi scioccati di tutti.

Si sentiva una piuma, leggera. Di nuovo libera.

«Dove stai andando?» Balbettò Graves, trattenendola per la manica.
«A casa...» il cuore le martellava incessantemente nel petto.
«A casa? Dopo che hanno tentato di ucciderti?» Inarcò un sopracciglio.
Tina annuì decisa, e anche alquanto imbarazzata.
«Esattamente...» gli rispose semplicemente.

Percival, ovviamente, non era affatto soddisfatto della sua risposta.
«Non vorresti forse andare in infermeria? Farti visitare? Ripeto...forse!»
«Sto benissimo!!"»
«Dici? Anche dopo che ti abbiamo aggiustato due costole e tre vertebre?! Ora mi dirai che non vuoi neanche la scorta...dopo che hanno tentato di ucciderti?»

«Esattamente!!» Sbottò lei, infastidita, «So difendermi!!» Borbottò nervosamente.
Era alquanto preoccupata per quel che era appena successo, cercando di non farlo però notare troppo.

Ed era alquanto risentita da quella assidua richiesta. Continuò ad avanzare decisa, sboccando l'ultimo angolo del parco, ancora un po' traballante, intenta a ritornare a casa.
«Tina?!!»
«Non ho bisogno di damerini!»

Zoppicava mentre girava i tacchi. Tutti gli auror ai suoi comandi la guardavano allibiti, nessuno prima di lei si sarebbe mai sognato di varcare quelle strade da soli. Nemmeno Percival Graves usciva da solo, adesso.

«Tina?» ci riprovò Percy.
«Che cosa vuoi?!»
Percival con gli occhi fuori dalle orbite fece cenno a Jacob di prenderla sottobraccio, non solo per sorreggerla, soprattutto per bloccarla e farla ragionare.
«Direi che è ovvio, non ti pare? Sei l'unica auror altamente stupida da volersi gettare nel braccio della morte. Usa il cervello!!» Le urlò.

Tina sentì una rabbia cieca assalirla, e prese a tremare incontrollabilmente.
«Come osi?!» si trattenne dal colpirlo al petto.
«Se non usi la testa, ti sospendo!! Sia chiaro, Goldstein, la mia amicizia non le permetterà di fare cose stupide!»
E non ebbe modo di ribellarsi questa volta.
«Lysander sarà la sua scorta, per il resto del mese le starà terribilmente incollato, come una gomma!!»

Doveva averlo fatto arrabbiare, considerando che adesso le parlava con fastidioso distacco, e che non osava guardarla negli occhi, se non per fulminarla.
«Non una parola!» La minacciò, «E comunque ci conviene andare.» Ordinò lui autoritario.
Era ancora la sua dipendente, a volte proprio non riusciva a sopportarlo.
«Sei tu il capo.» Sospirò rassegnata, lasciandosi aiutare dal cognato, ancora un po' sudaticcio e appiccicoso.

Con la coda nell'occhio intravide un fascio di luce da dietro il cespuglio, ma non era opportuno indagare, data la circostanza. Graves non glielo avrebbe mai permesso. Forse era stata la botta in testa. Era già tardi, e Queenie sarebbe stata in pena per la loro assenza. Niente gelato purtroppo, sorellina. Pensò.

Non appena misero piede in pasticceria, mezzi scioccati e piuttosto tesi, Queenie gli si precipitò incontro. Jacob era ancora bellissimo, nonostante l'odoraccio che emanava. Ma sua sorella Tina...era a dir poco orribile. Aveva un livido ampio sulla tempia e la camicia zuppa di sangue.
«Lewis, Tina!! Che cosa è successo?» La abbracciò forte, ignorando il forte odore di metallo.

Da quando era rimasta incinta, li sentiva amplificati. Trattenne a stenti un conato di vomito.

«Hanno tentato di ucciderla.» Tagliò a corto Graves, lasciando Tina libera dalla sua presa, senza smettere di tenerla fastidiosamente d'occhio.
La strega gli lanciò un'occhiataccia, e si sedette, voltandosi dall'altro lato piuttosto risentita.
«Da dei mostri...» balbettò Jacob, «Dei...»
«Mostri?» Inarcò un sopracciglio la biondina, un po' confusa.

«Dissennatori.» Mugugnò Tina, come se fosse una cosa da nulla. Graves la ignorò. «Mi ha salvato Jacob, con una padella.» Sbuffò.
Queenie tremava, non stava più nella pelle. I suoi occhi saettavano da un eroe all'altro.
«Raccontatemi tutto, ora!!» Si affrettò a prendere dei dolci da dietro il bancone, ne avevano decisamente bisogno entrambi.
Jacob annuì, tossicchiò e iniziò. Mettendoci un po' di teatralità nella voce.

«Erano a decine... centinaia!! Io non ho visto nulla, ma...»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro