20.1. 𝗢𝗿𝗱𝗶𝗻𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹'𝗮𝗹𝘁𝗼

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⚠️Vi è un POV con bollino arancione per la presenza di una descrizione necessaria
🟠 NON è un incitazione a imitarne l'azione, ASSOLUTAMENTE
⚠️ Ho voluto solo dare realismo al personaggio di Peverell


Tina's POV
Tina Goldstein non ne poteva più, Lysander non faceva che seguirla, ovunque andasse. Le stava terribilmente con il fiato sul collo, il che la costringeva a nascondersi nei luoghi più disperati. Ma questi erano stati gli ordini di Percival Graves, nonostante lei si fosse più che opposta. Era stato chiaro con lui: «Non lasciare che nessuno le si avvicini. Nessuno. Altrimenti schiantalo.»

E inoltre, era divenuta una specie di fenomeno da baraccone, tanto che tutti al dipartimento si voltavano a guardarla, liberandole il passaggio. Forse, un po' timorosi che nuovamente tentassero di ucciderla, preferendo stare alla larga da lei. Altri ancora le chiedevano di descrivere ogni singolo dettaglio, uno di questi era il suo fedele compagno da compagnia del momento. Lysander non faceva che farle venire il mal di testa, amava sentire quella versione dei fatti. Era un pò triste di non essere arrivato giusto in tempo per essere il suo difensore.

Trovava un po' di pace solo quando andava alla toilette. Lì faceva in modo di andarci più spesso idratandosi a dovere, nascondendo sotto braccio qualche foglio stropicciato per svolgere in santa pace il suo lavoro. Lysander, ovviamente, ligio alle regole la attendeva pazientemente dietro la porta.
Di tanto in tanto lo rimbeccava, non riuscendo più ad inventarsi altri modi per evadere dalla sua presenza soffocante.
«Lysander... gradirei un po' di privacy!! Almeno anche quando mi sistemo il trucco!»

Funzionava, ogni tanto. Il ventenne, questa volta, divenne paonazzo. Doveva aver usato un tono un po' troppo rigido, ma era necessario.
«Mi scusi.» Balbettò lui.

E per la prima volta, dopo parecchi giorni l'aveva lasciata sola. A quel punto divenne decisamente più facile scappare fuori dalla finestra del bagno. Si sentiva una specie di criminale, una ragazzina ribelle sulle onde del fervore e del divertimento più puro. Era contenta di essere stata previdente, e di aver evocato qualche giorno prima una siepe, che decisamente stonava con i palazzi, e un po' dava nell'occhio. Era caduta fra le foglie, il cespuglio aveva di molto ammortizzato la caduta. Si sarebbe fatta piuttosto male, considerando che la finestra era a circa un metro e mezzo scarso da terra. Non aveva voglia di farsi rimettere a posto il polso. Sentiva l'adrenalina scorrerle prepotentemente in corpo, aveva dimenticato che effetto avesse su di lei la trasgressione.

Era folle, lo sapeva.

Stava facendo di tutto per evadere dal macusa e dalla sua scorta, pur di avere un attimo da sola. Guardò a destra e sinistra. Adesso era giunta la parte più difficile: eludere le guardie e oltrepassare indisturbata il marciapiede, sperando che nessuno la riconoscesse.

Non andò troppo lontano, perchè si ritrovò a sbattere contro un uomo, troppo concentrata a guardarsi le spalle.
«Dove stai andando, principessa?»
Tina si sentì morire, proprio l'uomo che voleva non incontrare, quella voce gutturale inconfondibile. Si voltò lentamente a guardarlo, dipingendosi falsamente un sorriso sulle labbra.
«A... a prendere un Hot-dog?» Balbettò, incrociando lo sguardo furioso del mago brizzolato, che non tradiva il fastidio per quel suo gesto sconsiderato. Non era convincente, lo sapeva.
«Ah sì...? Certamente... principessa!» Le rispose sarcastico, incrociando le braccia al petto e scuotendo nuovamente la testa.

Ma a chi voleva prendere in giro? Si costrinse a mordersi la guancia e abbassare lo sguardo tremendamente in imbarazzo. Sarebbe stata una fortuna, se lui non la licenziasse. Di nuovo. Non era neanche capace di tenersi un lavoro con la sua testardaggine!
Percival Graves rimase immobile, imperterrito, con un sopracciglio spiegato, in attesa di una risposta.
«Ebbene...?» si picchiettò il braccio con le dita, «Vorresti anche un caffè insieme all'hot-dog? Magari anche un cappuccino con una ciambella, un cornetto e... non saprei...»
A quel punto Tina si sentì costretta a rispondergli, non era però nelle condizioni ideali per ribattere.
«Volevo solo un po' di aria...» si giustificò innocentemente «Non mi lascia un attimo in pace! Volevo solo una tregua...» sospirò, incrociando coraggiosamente il suo sguardo.

Graves non poteva crederci, apprezzava ma odiava allo stesso tempo la sua cocciutaggine. Gli dava i nervi, quando non usava la testa.
«Tu non puoi andare dove ti pare!! Non puoi fare quel che ti pare!!» cercò di dare un po' più di enfasi alle sue parole, «Che cosa ti passa per la testa? Sei sotto la mia protezione!! Hanno tentato di ucciderti! E tu cammini tranquilla... con un sicario a piede libero!!»

Incurante degli sguardi della folla, la afferrò per la manica del cappotto e la costrinse a varcare nuovamente la soglia, ignorando anche il portinaio che gli urlava dietro di dichiarare la sua identità. Lo sentì rivolgergli un insulto velato fra i denti, ma era troppo preso a rimproverare la donna che aveva accanto per curarsene. Gli avrebbe fatto una visitina in seguito, e scambiata qualche parola.

«Se fosse per me non ti farei stare neanche al Macusa, sapendo che hanno tentato di farti fuori!! E tu...che cosa fai? Banalizzi la cosa!!» quasi urlò, ma dovette contenersi.
Era già abbastanza strano vedere il direttore Graves trascinare a quel modo una sua rispettabile dipendente.
«E ricorda che sono ancora il tuo superiore, e che essere a capo di una squadra investigativa non ti da il diritto di "eludere la sicurezza", specialmente se è stata appositamente pagata per proteggerti!»

Tina dovette chinare il capo, non aveva niente da dire in sua discolpa.
«Ok...Va bene! Sono stata stupida, lo so!» si arrese.
Percival inarcò un sopracciglio e si bloccò di colpo, in mezzo al corridoio.
«Solo stupida?» la rimbeccò a tono, fulminandola con lo sguardo.
«D'accordo... sì... più che stupida!» si corresse, tormentandosi nervosamente le mani pallide, sbottando infastidita.
Non le piacevano i rimproveri, specialmente se dinanzi a tutti, specialmente dai suoi superiori. Evidentemente lo aveva ritenuto troppo amico, e aveva un po' alzato il gomito.
«Folle! Direi folle! Sei stata folle! Sei l'unica che non accetta la scorta, ma che ne ha veramente bisogno!» sollevò gli occhi al cielo, cercando di contenere il tono della voce.
Tina lo vedeva tremare sotto al cappotto, fremere per la rabbia. Sapeva che cosa era in grado di fare la sua magia, doveva essere cauta... se non voleva rischiare di dover aggiustare i vetri del suo ufficio.
«Perchè io non ne ho bisogno...» dichiarò tranquillamente, fermamente tranquilla.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Percival le girò attorno, continuando a guardare il soffitto, fino a quando non si bloccò a qualche centimetro dal suo viso, con gli occhi iniettati di sangue.

Le scostò una ciocca di capelli e accennò un sorriso sarcastico.

«Ne sei convinta? Anche ora che sei finita sui giornali?»
Tina ebbe un tuffo al petto, lanciò un'occhiata interrogativa al suo capo, che prese ad accarezzarsi la barbetta come se niente fosse, in attesa delle sue domande.
«Come? Quale giornale?»

Sembrava non saperne nulla, stranamente. Insomma lo sapevano tutti...tranne la diretta interessata. Ovviamente.
«Dove sei stata?»
«Nel mio ufficio...» si grattò la nuca lei, «terribilmente spiata!» si lamentò.
«Ma davvero? Non ti ho trovato lì, mi sembra di ricordare.» le scoccò uno sguardo truce, «E a maggior ragione...dovresti saperlo. Ne parlano tutti! Sei sulla bocca di tutti!» le riprese la manica e continuò a camminare, oltrepassando il grande orologio circolare in oro che si ergeva al centro dell'edificio, in tutto il suo splendore. Come si era aspettata la lancetta era ancora, tremendamente, puntata nella zona rossa, quella portatrice di sventure che preannunciava il pericolo. Se le avessero regalato un orologio del genere, lo avrebbe sicuramente chiuso a chiave chissà in quale cassetto. Le bastava dare una fugace occhiata a quel marchingegno, per "ricordarle" di essere tutti in pericolo. Non che fosse necessario un orologio... era ormai nota a tutti la pericolosità di Gellert Grindelwald e della sua schiera fidata.

Allerta, dichiarava.

Si era convinta con il tempo che fosse rotto, ormai erano mesi che la lancetta era fissa, così statica... minacciosa, in quella sezione.
«Com'è che le cose le vengono a sapete tutti prima della diretta interessata, che sarei io?» dovette fermarsi un attimo per riprendere fiato.

Per la prima volta capiva come si sentiva suo cognato Jacob, quando la seguiva nelle sue corse. Per una volta aveva trovato un valido concorrente.
In tutta risposta, Percival scrollò le spalle, ancora visibilmente arrabbiato con lei.

«Anche io l'ho saputo oggi.» affermò « Ed è proprio per questo che non puoi permetterti di fare delle sciocchezze... "Tina"» la apostrofò.
«Non dirmi che sono finita in prima pagina...» lo pregò. Percival non era così emotivo, tendeva ad apparire come una persona grigia, rigida e virile, e raramente agiva in maniera eccessiva.
Ne ebbe conferma quando non rispose, quando rimase in silenzio a continuare a camminare nervosamente, stranamente non verso il suo ufficio.
Prese un respiro, rigorosa si liberò dalla sua stretta e lo costrinse a fermarsi e a guardarla direttamente negli occhi.
«Percy? Sono finita in prima pagina? Vero?!»

Non ebbe bisogno di una risposta, per capire che la risposta era affermativa. Solo quel silenzio la faceva preoccupare, sprofondare. E Percival si coprì le orecchie in anticipo per sopportare la sua reazione, ovviamente non proporzionale.
«Merci Lewis...Percival! E quando avevi intenzione di dirmelo?!» era certa di essere diventata tremendamente pallida, sentiva il sudore gocciolare sulle ultime ferite di allenamento, che presero a bruciare fastidiosamente.
«Tanto prima o poi lo avresti letto, insomma... non fai che consultarli!» scrollò nuovamente le spalle, riprendo il passo, evitando di guardarla direttamente.
La verità era che non aveva avuto il coraggio di dirglielo e dopo che l'aveva sorpresa ad evadere, l'ira e la rabbia lo avevano accecato, tanto da impedirgli di ragionare lucidamente.

Quella donna si sarebbe fatta ammazzare, un giorno di questi!

«Non pensi che forse avrei voluto saperlo prima?! Insomma... non fanno altro che nominarmi! Sono nel mirino di tutti... e neanche sapevo il perchè!» i capelli le sbatterono contro il viso, in seguito a un fugace movimento con la testa, «E che cosa c'è scritto sul giornale? Almeno puoi dirmelo questo, no?» inarcò un sopracciglio infastidita.
Quella calma apparente le dava terribilmente fastidio, non era lui colui che era diventato una celebrità, acclamata e criticata da tutti. Non le piaceva affatto la fama, preferiva fare il propio lavoro tranquilla e senza adulazioni. A lei non piaceva affatto, delle adulazioni non se ne faceva nulla.
Imprecò, questa volta senza limitazioni.
«Sto aspettando...» incrociò le braccia contro al petto, incapace di stare ferma.

Percival si sentì quasi costretto a lasciarla libera dalla sua presa, non riuscendo a seguire il suo passo frettoloso, da una parte all'altra del corridoio. Quando era particolarmente nervosa raramente riusciva a  stare ferma, quando la situazione andava a oltre il proprio autocontrollo. Tina voleva avere tutto sotto il proprio controllo, fin da ragazzina, Percival la ricordava bene, era sempre stata una persona metodica, precisa. Mai l'aveva vista oltrepassare i limiti, e l'unica volta in cui aveva infranto le regole era stato colpito alla testa e imprigionato chissà dove. Non aveva avuto l'onore di vedere Tina fare egregiamente il proprio lavoro. All'epoca era solo una ragazzetta di venticinque anni alquanto disorientata e confusa. Lui si sarebbe opposto, anche se non la conosceva così bene, ne era certo. Avrebbe peso le sue difese, anche se i suoi metodi non gli andavano del tutto a genio. Già all'epoca odiava la sua cocciutaggine, ma aveva imparato a tollerarla, infine ad amarla, e successivamente ad odiarla di nuovo.

Percival era ancora vivo, doveva esserlo, se voleva prestare i suoi capelli a Quel mago dagli occhi di ghiaccio. Gli auror, quelli non corrotti, erano riusciti a ritrovarlo solo un paio mesi dopo il suo arresto, e lo avevano trovato non nelle migliori condizioni. Con la barba incolta e i capelli che gli ricadevano a ciocche sulle orecchie e sulla fronte. Grindelwald lo aveva tenuto volontariamente all'oscuro di tutto, per mesi, impedendogli di tenere il conto del trascorrere dei giorni. Aveva iniziato a scheggiare le pietre pur di improvvisare un calendario, fino a quando finalmente lo avevano riportato al macusa, non del tutto illeso. E anche lui per parecchie settimane era stato una specie di fenomeno da baraccone, e anche lui proprio non riusciva a tollerarlo! La capiva, poteva capirla.

E come donna razionale e schematica, Tina si ricompose subito dopo, assumendo un contegno e fingendosi rilassata, anche se aveva una tempesta dentro di sé.

«Bene... non dirmi niente! Tanto meglio! Troverò una soluzione con o senza di te!» gli lanciò un'occhiataccia offesa.
«Tina...» indugiò il mago brizzolato, consapevole di averla offesa.
Lei scrollò le spalle, incurante.
«Al momento non mi interessa! Ho altro da fare...» commentò.
Se solo lui avesse avuto il buon cuore di non licenziarla per i suoi sbagli della giornata, se solo non l'avesse ritenuta ribelle. Non aspettò neanche la sua reazione.
E a quel punto il mago, dopo parecchio tempo, aprì la bocca, non per sputare sentenze o rimproveri, ma metterla al corrente delle ultime novità.

«Hai ragione, è proprio quello che ho cercato di dirti... prima di doverti cercare per tutto il macusa...» le lanciò un ultima frecciatina prima di continuare «Avrei voluto licenziarti ma... sei necessaria, al momento. Si guardò intorno, e sentendosi osservato, le cinse la schiena con un braccio invitandola a oltrepassare il corridoio, fino a imbucarsi in una stanza disusata, probabilmente uno sgabuzzino.
«È arrivata una lettera segretissima dal ministero britannico, indirizzata a te. Il presidente vuole vederti.»

Pomposo, esagerato e stravagante. L'ufficio del grande capo era decisamente ben oltre qualsiasi aspettativa personale, forense anche più sontuosa della sala ufficiale dei gala. Tina aveva conferito con lui un paio di volte almeno, ed era ancora viva per raccontalo. Mai si sarebbe abituata a quel lusso decisamente al di fuori dalla propria portata, al massimo poteva permettersi di acquistare una mensola della sua immensa libreria. Era certa che sulla sua scrivania, stranamente semplice e scolaresca, in contrasto con la ricchezza circostante, avrebbe trovato qualche pila di volumi, ognuna con qualche decina di libri ciascuna. Non era umanamente possibile leggere in una sola vita tutti quei libri, soprattutto considerando il suo ruolo determinante.

Il presidente aveva un certo stile, doveva ammetterlo, ma ben presto si sarebbe dovuto abituare a lasciare quel posto, consapevole che non lo avrebbero avuto in carica troppo a lungo. E quei libri lo avrebbero seguito.

Ogni presidente aveva il privilegio di poter scegliere come impostare il proprio ufficio, e certamente non si era limitato, a differenza della Piquery. Lei era stata chiara riguardo, tendeva ad avere rapporti diretti con i suoi dipendenti, e raramente permaneva nel suo ufficio, per più di qualche minuto.

Magari era piuttosto riservato, ma i suoi servigi erano più che concreti, doveva ammetterlo. Per quanto le sue scelte fossero partorite da una mente definita da molti come utopistica, avevano un senso se giudicati dalla giusta prospettiva. Nessuno, ovviamente, aveva intenzione in quelle circostante di prendere il suo posto, ad eccezione di Gellert Grindelwald, se non per le ricchezze che ne derivavano. Era difficile riuscire a mantenere al sicuro miliardi di streghe e maghi, proteggere altrettanti non Magici, difendere entrambi da Grindelwald e dai suoi seguaci, dalle maschere. Ovviamente tutto il lavoro lo facevano gli auror.

Non erano pochi coloro che affermavano che il presidente si sarebbe dismesso entro la fine dell'anno, troppo "tenerello" per quell'incarico. Tutte dicerie, Tina lo sapeva bene. Al suo cospetto, Tina non potè non ammirare nuovamente la curiosa collezione di palle di vetro, disposte in ordine di grandezza, sulla mensola dietro di lui, a qualche metro dalla sua testa. Erano alquanto curiose, quei paesaggi innevati babbani avevano un certo effetto, nonostante fossero i più miseri fra gli accessori in quell'ufficio.

«Goldstein.» la salutò con un cenno del capo, senza tuttavia alzarsi dalla propria scrivania.
«Buona sera, signor presidente.» si inchinò lei in segno di rispetto.
Non si era mai inchinata per la Piquery, al massimo aveva abbassato il capo. Nuovamente dovette ricordarsi che l'avrebbe trovato sempre lì, e che non doveva preoccuparsi di cercarlo per tutto l'edificio, per conferire con lui. Raramente, però, le rivolgeva la parola, nelle rare occasioni in cui era lontano dal suo ufficio.

Il presidente si sistemò i capelli nerissimi e lunghissimi, ben stirati, dietro le spalle, appiattendosi alla propria scrivania.
«Beh... si sieda, signorina Goldstein. Abbiamo molto di cui parlare!» le indicò una sedia di fronte a sé e Tina, mordendosi l'interno della guancia, si affrettò a eseguire gli ordini, prendendo posto di fronte a lui.

Dovette distogliere lo sguardo dalle pareti verde acido, colpite dai fasci di luce che ceravano un fastidioso gioco di colori, derivato dall'incredibile quantità di oggetti riflettenti sugli scaffali e sulle mensole. Si era chiesta più volte come facesse a ritenere il tutto alquanto piacevole, come non gli desse fastidio avere intorno
così tanti oggetti. Tutto tremendamente poco pratico, non andava bene... a lei che era sempre tremendamente di corsa.

«L'ho fatta chiamare per una questione molto urgente.» dichiarò «Il direttore le ha già detto che si tratta di una questione alquanto delicata, presumo.»
«Esattamente. Riguarda anche l'attacco della settimana scorsa?» ritrovò la fermezza nella voce. Quel mago la metteva in soggezione.
«Non proprio, ma» iniziò lui, con la stessa decisione, accennando un sorrisetto ai margini della bocca «gli eventi sono collegati in qualche modo, almeno.» iniziò a tamburellare il tavolo ritmicamente, in attesa che anche il mago brizzolato prendesse posto alla discussione, accanto a lui però. Graves tuttavia decise di accomodarsi accanto a Tina, con le orecchie tese.
«Ciò di cui stiamo discutendo quest'oggi non dovrà essere divulgato per alcuna ragione, non dovranno. Esseri fughe di notizie. Solo lei e il direttore Graves sarete al corrente della missione, ci siamo intesi?»
Non lo aveva mai visto così tanto serie in vita sua, ancora più rigido di quanto egli non fosse. Nonostante la lunga fila di anelli che indossava, era una persona che incuteva timore all'apparenza, e capace di accennare un sorriso.

I due annuirono di nuovo, e il presidente, con un gesto galante del braccio, si illuminò sodisfatto.
«Molto bene.» si ricompose subito dopo «Lei andrà in Inghilterra per risolvere un caso a tempo indeterminato, per conto del ministero britannico. Poichè hanno attentato alla sua vita, dovrà essere accompagnata da un altro auror, o da una recluta che, logicamente, non deve essere tenuta al corrente del caso se non degna di fiducia. E il direttore Graves la seguirà»
Udite quelle parole, Tina sgranò gli occhi scioccata, ma prima che potesse fiatare per esprimere il suo malcontento, il presidente parlò di nuovo.
«È già tutto predisposto, compresa la passaporta che la farà congiungere alla squadra, il trenta settembre. E visto che il signor Thompson dovrà accompagnare la sorella alla stazione, sarà perfetto come guardia del corpo... non crede? Un po' di esperienza sul campo gli sarà molto utile.» sollevò lo sguardo per far ricadere l'attenzione su un grande ed inquietante telescopio, dal quale non si potevano certo vedere le stelle, puntato in direzione del muro.

C'erano così tante cianfrusaglie che le impedivano esattamente di capire che cosa fosse degna dell'interesse del presidente, probabilmente un piccolo ed umile pensatoio di pietra, seminascosto in un angolino della stanza. Solo molto dopo si accorse che quella pietra era in realtà argento grezzo, che probabilmente sarebbe potuto valere una fortuna, più del suo stesso umile appartamento.

«Una volta giunta ai confini dell'America, dovrà noleggiare una scopa e prendere un'altra passaporta, sempre accompagnata dal suo protettore... e a quel punto potrà ricongiungersi con i suoi amici.»

I suoi amici?

Tutto stranamente alquanto semplice, considerando il fatto che si trattava di una missione piuttosto riservata. Ma perchè il ministero britannico aveva scelto proprio lei? Non era proprio la più abile tra le persone di un intero dipartimento per quel caso. O forse sì? Ancora neanche sapeva di cosa si trattasse... e già iniziava a ripetersi che non era all'altezza o degna di essere stata scelta.
«Chi ha pensato a me per questa missione? Chi è stato così folle da convocare il capo del dipartimento auror Americano?» inarcò un sopracciglio, alquanto sarcastica.
Il presidente americano scrollò le spalle con noncuranza, forse incapace di dare lei una risposta esaustiva, limitandosi a guardare l'uomo di fronte a lui, già al corrente di tutto. Si sporse verso di lei appena, senza smettere di fissare le enormi iridi grigie di Percival, che adesso era piuttosto confuso e imbarazzato.

«Uhm... Forse potrebbe dircelo il direttore Graves...» faceva leva sui gomiti per tenersi in equilibrio. Sembrava alquanto soddisfatta, le fitte sopracciglia erano quasi del tutto unite e intente a disegnare una ruga di eccitazione. Sembrava alquanto dispiaciuto di non poter seguire personalmente il caso.
«Lascio l'onore a lei, signor Presidente. Un po' più di enfasi non guasta mai...»
Lui non attendeva altro.
«Niente meno che l'auror speciale, il signor...»
«Theseus Scamander...» desiderò scomparire.
Gli sorrise, sfoderando il sorriso più falso che aveva a disposizione
Per una volta desiderò tagliargli quella lingua biforcuta.
«Esattamente.» si rimise comodo sulla sedia, accarezzandosi una ciocca scura di capelli.

Tina sospirò di nuovo fra sè e sè, fra tante persone... proprio a lei Theseus Scamander aveva pensato? Dinanzi alla sua spiritosaggine non sarebbe rimasta indifferente, non di nuovo almeno. Sapeva che era alquanto impegnata, come gli veniva in mente? Non si fidava di lasciare a nessuno il suo posto neanche per qualche settimana, specialmente se a tempo indeterminato!

C'erano segreti che andavano custoditi con cura e attenzione, dei segreti che certamente non potevano finire nelle mani sbagliate. Dei segreti che avrebbero potuto danneggiare decine di migliaia di vite umane, non solo magiche. Tutto doveva essere tenuto ben in ordine, niente doveva essere lasciato da parte. Il suo lavoro richiedeva organizzazione la maggior parte delle volte... non avrebbe assolutamente affidato il suo ordinatissimo lavoro a qualche inesperto, certamente non voleva dover aggiustare le cose.

Con Theseus al massimo aveva speso qualche decina di parole, tutte per parlare di Newt e delle sue creature. Una volta aveva perfino tentato di spacciarsi per suo fratello Newt, ma lei non ci era cascata... lo conosceva bene, e Newt... beh, non avrebbe mai iniziato una letta con "Cara Porpentina Goldstein".

A volte lo considerava l'uomo più stupido della terra, un totale babbeo... agli antipodi di suo fratello.

«E il mio dipartimento, signore? Ho parecchi incarichi da svolgere, lo sa bene. Non so se sia il caso di affidare a qualcun altro la squadra...»
A quelle parole il presidente la interruppe di scatto. Era un uomo pomposo ma diretto, Alastor. Quello stesso sguardo che a volte la metteva in soggezione.
«Non dovrà dubitare delle capacità dei suoi colleghi, né della loro lealtà... risponderà alle sue decisioni, signorina Goldstein. Non avrà diritto di veto a riguardo.» tossicchiò, un colpo di tosse dopo l'altro, nonostante fosse ancora in salute.

Si affrettò ad afferrare un bicchiere di acqua e a portarselo alle labbra, per rinfrescare la gola in fiamme per il troppo enfatizzare. Un bicchiere che fu subito rimpiazzato da un altro di Whisky incendiario, decisamente poco professionale e decisamente vietato dalle regole.
Tina cercò di non fissarlo troppo, mentre Graves lo guardava di sottecchi, in attesa di tornare a casa almeno per l'ora di cena. E desideroso, almeno una volta, di opporsi ai suoi ordini.

Per quanto bravo... non era la Piquery, e proprio non gli andava a genio.

«Devo essermi ammalato.» si giustificò «Allora... stavamo dicendo che lei affiancherà il signor Scamander» frugò freneticamente nel cassetto alla ricerca della lettera estremamente riservata destinata al capo dipartimento auror americano.

Gliela consegnò lui stesso in mano.

Una copia praticamente identica a quella riservata ai due uomini nella stanza, con lo stesso enorme sigillo in ceralacca consumato ai lembi della busta.
Ma Tina non ci fece molto caso, non lo ringraziò neanche, era concentrata sui suoi pensieri, riflettendo sul da farsi.
«Non so se è il caso di»
«O si! E sarà a qualche migliaia di chilometri lontana da New York, più che al sicuro.»

Era alquanto tranquillo, lei no. Era facile per lui affermare ciò, sicuramente consapevole che chiunque avrebbe potuto rintracciarla ovunque fosse stata in missione. Azzardò un'ipotesi.
«E se non dovessi accettare le condizioni? Se non volessi essere "affiancata" da un altro auror?»
«In tal caso dovrà non soltanto rivedere l'accordo, ma anche il suo contratto di lavoro. Direi che può benissimo... in quel caso, dire addio al suo lavoro. Ma entrambi sappiamo che questo non accadrà, dico bene... signorina Goldstein? Lei ha buon senso.» inarcò un sopracciglio, accennandole un sorrisetto provocatorio.
«Con tutto rispetto, signor Presidente, ma non ho bisogno di un altro auror che mi dica come fare il mio lavoro.» lo guardò in cagnesco, questa volta perendosi lei la libertà di tamburellare sulla scrivania, come se fosse la sua. Percival la rabbonì, dandole una pacca leggera sulla spalla. Era d'accordo con lei per una volta, ma non poteva affermare che il contrario.
Il presidente fece per aprire la bocca per placare la sua ribelle dipendente, ma Tina non gli diede occasione di parlare.
«Dovrebbe essere affare del ministero britannico, perchè dovrei seguire le direttive di Theseus Scamander? Con tutto rispetto...io non mi allontano dalla mia nazione per seguire Theseus Scamander, nonostante la mia pseudo amicizia con lui...»
Rispettava Theseus, ma finiva sempre per fare un tale disastro con quel suo brutto caratteraccio!
«Tina...» le strattonò la manica il direttore Graves.

Il grande capo si limitò ad annuire, un uomo calmo e tranquillo, capace di dominare gli animi più impetuosi.
«Non ho intenzione di lasciare mia sorella!»

Senza fatica la zittì, portandosi l'indice alle labbra con sontuosa eleganza, senza mascherare un sorrisetto compiaciuto.
«Ammetto che ho sempre avuto interesse per le donne con il carattere difficile come il suo, le trovo alquanto avvenenti... eppure, nonostante la mia ammirazione nei confronti di voi auror, dovrò deluderla, signorina Goldstein. Non accetterò un "no" come risposta. Non posso accettarlo. Theseus Scamander è disposto a lavorare come suo pari, nonostante sia nota l'influenza di Travers su di lui... » il suo viso si contrasse in una smorfia di fastidio «Per quanto riguarda sua sorella, invece...» fece una lunga pausa «La dolce e carissima Queenie può benissimo venire con lei.» si grattò la nuca, spostandosi nuovamente i capelli dalle spalle per mettere in evidenza il viso pallidissimo e ben definito.
Queenie era famosissima al macusa, il suo tè era decisamente fuori dal comune. Deliziosa ragazzetta. Per qualche mese aveva avuto il timore di doverla sostituire, rimpiazzare con un'assistenza non così brava.

«È incinta!!» interruppe i suoi pensieri, seccata della sua sconsideratezza.
Non poteva lasciarla a casa, sapendo che lei stessa aveva bisogno di lei, che avrebbe potuto alleviare i suoi malesseri. Una parte di sé desiderava ardentemente vivere una nuova avventura, abbracciare la libertà. Rivedere Newt, semplicemente sentire la sua voce. Avrebbe sopportato suo fratello Theseus, pur di stare con lui per qualche giorno. Giorni che sarebbero potuti divenire settimane, mesi.
Ma nonostante tutto preferiva rimanere in America. Per sua sorella. Quel suo pancino, adesso dalle dimensioni considerevoli di una piccola anguria, che le rendeva difficoltoso anche il più piccolo spostamento, soprattutto doversi allacciare le scarpe. Sarebbe stato folle includerla in missione, farle percorrere una distanza così lunga, anche se dentro la valigia di Newt.
«Mia sorella..» ci riprovò, tentando di controllare la rabbia.
«Sua sorella ha la meglio sulle sue decisioni, lo sa bene! Sarebbe la prima a seguirla!» la interruppe bruscamente « E poi non le sto dando la possibilità di rifiutare. Si tratta di un caso a tutti gli effetti!»

Non aggiunse altro. Tina si vide costretta ad annuire tristemente, allontanandosi in silenzio verso la porta che il presidente le indicava. Un tacito segnale che invitava a chiudere la bocca e andarsene in silenzio. Se avesse rifiutato, non sarebbe uscita solo da quella porta, lo sapeva bene.

«Sarà meglio che inizia a fare le valigie e che avvisi la sua recluta.» inarcò un sopracciglio.

L'auror annuì di nuovo.

«Se fosse stata un'altra dipendente non l'avrei esposta a un rischio tanto grande.»
«Uhm... sono lieta che lei apprezzi il mio "buon senso", ma... francamente, signor presidente,  non credo che avrebbe trovato qualcun altro, nessuno sarebbe disposto a partecipare a una missione suicida con una  taglia sopra la testa. Non li biasimo, se desiderano rimanere dietro la scrivania.

L'uomo dietro la scrivania non colse la nota di sarcasmo nella sua voce, ma Percival sì. Quasi andò a sbattere contro un'altra sontuosa vetrinetta in cristallo, nella qualche vi erano disposti altrettanti volumi in ordine di grandezza ed importanza. Percival non era mai stato pauroso, timoroso, ma il presidente lo inquietava a volte. Approfittando della sua distrazione, lanciò una serie di imprecazioni a fior di labbra a quella testa calda della sua dipendente. Quelle strega... che faccia tosta!
Le cinse la vita con il braccio, invitandola a darsi una mossa, prima che lui potesse capire le sue parole.
«Arrivederci.»

Ma il presidente era astuto, e capiva molto più di ciò che lasciava intendere. Si accarezzò il bottone d'argento sulla piega della manica, scrutandola a debita distanza.
«Apprezzo davvero la franchezza, signorina Goldstein. Ma le dò un consiglio. Non sono pochi coloro che potrebbero confonderla, scambiarla per superiorità. Siamo delle figure scomode, dopotutto. Noi... che agiamo per la verità.»

E per l'ennesima volta Percival Graves si voltò verso di lei, cercando di mettere da parte il desiderio di scappare da quella stanza. Tina, invece, sembrava alquanto tranquilla.
«Non smetta mai di essere scomoda, signorina Goldstein.»
Delle minacce da mettere a tacere, era vero, erano più che scomodi per Gellert Grindelwald.
«Lo stesso vale per lei, signor presidente.» e con un inchino, girò i tacchi e se ne andò.

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