22.2. 𝗣𝗶𝗲𝗱𝗶𝘀𝘁𝗮𝗹𝗹𝗶 𝗲 𝘃𝗮𝗻𝘁𝗲𝗿𝗶𝗲

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Per una volta, Newt Scamander era felice, felice di trovarsi in una sala dei duellanti, lontano da quel balordo di suo fratello. Era stato imbarazzante, avere tutta quella fila di occhi puntati verso di loro! Ma da dove gli era venuto in mente? Come lui, dinanzi alla presenza imponente dell'auror speciale, Tina era sbiancata e per tutto il tragitto aveva tenuto lo sguardo basso e i pugni stretti nelle tasche del cappotto, cercando nel frattempo di mantenere una distanza di sicurezza dal moro.

Se lo avesse avuto sotto mano, probabilmente non sapeva come si sarebbe comportata. Voleva sia ribadire di non conoscere quel fenomeno da baraccone, e che era preferibile che rimanesse così lontano da lei.

Voleva ucciderlo.

«Fate largo all'auror speciale!»
«Posso ucciderlo?!» borbottò Tina, sgranando gli occhi e rallentando il passo, per stargli distante il più possibile.
Di tanto in tanto gli dava una gomitata e lo fulminava con lo sguardo, nonostante la sala dei duellanti fosse quasi del tutto deserta, a eccezione di alcuni maghi intenti a commentare un libro di incantesimi in un angolino angusto della stanza. Era così difficile stargli alla larga.
Newt, d'altro canto, si aspettava una domanda del genere, era più che interessato alla proposta della ragazza. Le accennò un sorrisetto mentre incrociava brevemente il suo sguardo, per poi riabbassarlo subito dopo all'altezza della moquette perlata su cui poggiava i piedi.
«Fai pure.»

Con la coda nell'occhio intravide un Theseus Scamander, alquanto fiducioso, passeggiare in cerchio per la passerella. Gli venne una vertigine, era così euforico che gli faceva girare la testa. I capelli gli ricadevano disordinatamente sulla fronte, ricci bruni e ribelli -non folti come quelli del fratello- che parzialmente gli ricoprivano la visuale. Aveva fascino, magnetici occhi miele scuro, spalle non troppo larghe, corpo esile ma impostato. Il carattere... ecco, quello era il vero problema!

«Non è che potresti legarlo nuovamente a una sedia? Come... come hai fatto cinque anni fa?»
«Mi dai il permesso?»
«O sì!»
Non riuscì a non ridacchiare, riuscendo a riprendersi un po' dall'imbarazzo precedente.
«Mi piace come proposta.» scoppiò a ridere l'auror americana, mordendosi il labbro inferiore.
«E potrei... ecco... offrirti un hot-dog... se ti va.» balbettò lui, studiando un punto indefinito sul viso della ragazza. Si sentiva le guance in fiamme, e la gola improvvisamente secca, incapace di emettere alcun fonema.
La vide spiegare appena la fronte e inarcare un sopracciglio, in attesa, con un piccolo sorrisetto ai margini delle labbra.
«T-ti va di... m-mangiare un hot-dog?»

Lo sapeva, stava facendo la figura dello stupido. Come osava chiedere a Tina Goldstein, il capo del dipartimento auror americano, di uscire? Lei meritava di meglio, non aveva bisogno di un magizoologo incapace di articolare un invito a cena.

«Io...» abbassò lo sguardo, sentendo il suo puntato su di sé «n-non lo dico a Queenie. Parola di... mago.»

Il silenzio della stanza fu ben presto rotto dalla risatina divertita di lei, che dinanzi a quella proposta non riuscì a rimanere indifferente. Solo a quel punto Newt ebbe il coraggio di sollevare lo sguardo per incontrare i suoi occhi ambrati.

Li osservò attentamente, non sembrava infastidita dalla richiesta, ma neanche contenta.

«Newt... mi stai... invitando a cena?»

«Io... può darsi... ti... ti dispiace?»
«No.» gli sorrise dolcemente, la scintilla viva nei suoi occhi.
«Ma, ma solo se mi prometti che lo farai, che... che minacci mio fratello.»

Tina sollevò appena lo sguardo e gli accennò un altro tenero sorriso, che non riuscì a nascondere quando vide le sue guance tinte di rosa. Gli faceva uno strano effetto, una profonda tenerezza. Se non ci fosse stato suo fratello Theseus nella sala, si sarebbe avvicinata a lui, giusto un tantino per abbracciarlo pudicamente.
«Sì...» sospirò «lo farò con piacere.» si strinsero la mano complici, entrambi con un sorrisetto furbetto stampato sulle labbra.
«Mi piace quando sei così diretto.» mormorò fra sé e sé, quasi mordendosi la lingua.

Fortunatamente lui era troppo concentrato a studiare la sala per prestare attenzione. Non era troppo misera, era... accettabile. Una piccola sala da duellanti dalle dimensioni di mezzo campo da quidditch, non minimamente paragonabile all'ufficio del presidente americano o britannico, di gran lunga più piccola e meno confortevole. La moquette grigia era logora, calpestata forse un po' troppe volte dai maghi prima di loro e distrutta dai vari incantesimi dei duellanti. Per Filly, invece, era fantastica e grandiosa, nonostante fosse una tipologia di luogo che raramente amava frequentare. Forse la riteneva una reggia perchè, rispetto alla passerella, lei stessa era alquanto piccola, non arrivando neanche a toccare il pavimento con i piedi da seduta.

«Siamo sicuri che la passerella riesca a sostenerci?» balbettò Lysander, guardando alquanto contrariato le assi di legno che scricchiolavano a ogni minimo movimento dell'auror speciale.

«Sì... non è ancora crollato sotto la pesantezza di mio fratello...»
Tina dovette premersi una mano sulla bocca per contenere un singhiozzo, lo vide roteare dapprima gli occhi al cielo e indirizzarli subito dopo verso il fratello.
«Ti ho sentito!»
Con un balzo atterrò accanto a loro, mentre Filemina lentamente balzava giù dalla sedia, e oltrepassava ogni fragile gradino, per posizionarsi al centro della sala.
«Posso verificare io!» propose la ragazzina, inarcando il pallido sopracciglio destro e indirizzando un rapido sguardo al fratello, che scuoteva energicamente la testa.
«Fifì... non credo sia il caso di...» ma prima che potesse aggiungere qualcos'altro, la quindicenne fece un salto in alto. Quando atterrò, Lysander, che per un istante aveva tenuto gli occhi serrati,
Ii riaprì lentamente e con suo grande stupore non successe nulla. I due fratelli si guardarono dritti negli occhi, e la ragazzina sollevò appena le spalle per deriderlo. Era sempre così esagerato!

«Te l'ho detto... che sei sempre così pessim-»

Non fece in tempo a concludere la frase che un profondo squarcio si aprì sotto ai suoi piedi. La piccola corvonero non fece neanche in tempo a elaborare che cosa stesse succedendo, perchè le assi marce vennero giù tutte insieme, e lei fu risucchiata nel vuoto. Colta di sorpresa, cacciò un urlo spaventata, seguito da quello del fratello e della sua mentore, che si era precipitata verso la passerella logora.

«Merlino... lo sapevo!» imprecò lui a voce alta, andando a pescare quella piccola peste disubbidiente dal foro, dal quale era possibile scorgere soltanto due braccia corte e delle manine piccole, che si agitavano.
Se non fosse stato così preoccupato per lei, l'avrebbe lasciata lì dentro come lezione per la vita.
«Capo...» proferì lui, inginocchiandosi verso la voragine «come farà a combattere contro Grindelwald, se i guai sembrano inseguirci? Non è il caso affrontare un duello su questa trappola della morte!»
Con un'altra imprecazione -non del tutto velata- afferrò la sorella per le ascelle, stringendola rigorosamente per gli avambracci e la strattonò verso l'alto, giusto in tempo per non rimanere vittima del pavimento che, sotto quello sforzo, cedette ulteriormente, rischiando di far precipitare lui stesso.

«Mi strappi le braccia!» si lamentò lei, quando se la mise a mo' di zaino da campeggio sulle spalle, trascinandola controvoglia vicino a una fila di sedili in un angoletto della sala. E con la delicatezza di un troll la adagiò su uno di essi, cercando di mantenere la pazienza.
«Ti prego... non ti muovere... perché non prendi uno dei tuoi libri e leggi un po'?» sospirò, cercando di non apparire troppo nervoso.
Filemina incrociò appena il suo sguardo, e subito dopo riaprì il volume che, qualche attimo prima, stava consultando nella cabina, offesa.
«Come se avessi di meglio da fare...» borbottò lei, una volta che il fratello si era finalmente voltato di spalle e l'aveva lasciata alla sua piacevole lettura. Soffiò nervosamente su ciocca bianca dalla guancia, un po' per scostarsela dal viso, un po' per mascherare un ghigno sprezzante.
Insomma... non era più una bambina, era vero che ne aveva dimostrati molto meno di dieci mettendosi a saltellare come un infante su quella passerella... ma era anche pur vero che se non lo avesse fatto, qualcun altro si sarebbe fatto piuttosto male. Meglio lei che suo fratello, in fondo.

La giovane recluta prese posto accanto agli altri due auror, che erano concentrati a discutere, e al magizoologo britannico, che continuava a studiare la saletta, forse per cercare una via di fuga diversa dall'entrata principale. Filemina alzò gli occhi dalle sue amate pagine soltanto quando la vocetta di Queenie interruppe la lunga scia di pensieri.

Le sorrise, con lei non riusciva a non illuminarsi. Un po' goffamente Queenie prese il posto libero accanto a lei, tenendosi allo schienale della sua sedia per non perdere l'equilibrio. Era davvero carina e... buffa con quel pancino. Sentì i suoi occhi azzurri puntati sulla sua esile figura e un lieve formicolio alla testa. Arrossì. Stava forse cercando di leggerle la mente?

«Mi dispiace, cara. Non lo farò, se non vuoi.» allungò la mano per sistemarle quella ciocca platinata e ribelle dietro l'orecchio. Quel semplice gesto fu sufficiente a farla impallidire.
«No... ecco...» non sapeva cosa dirle. E se la offendesse?
Queenie inclinò appena la testa di lato, e le sorrise dolcemente in un tenero tentativo di rassicurazione.
«Non mi dispiace... almeno a qualcuno interessano i miei pensieri.» le accennò un sorriso timido «oltre mio fratello... sa essere alquanto fastidioso certe volte!» scoppiò a ridere, dimenticando per qualche istante di essere stata offesa dal sottoscritto.
Queenie le accennò un sorrisetto furbetto, e sollevò il naso all'insù con l'aria di chi la sapeva molto lunga.
«Posso capire... anche mia sorella è così... solo che tu hai quindici anni e io trentuno!» ridacchiò «Chi ti vuole bene non si stancherà mai di interessarti a te, di essere interessato a ciò che pensi o a come ti senti.» le accarezzò dolcemente la guancia con il pollice. Era piccola e innocente, nonostante avesse superato la fanciullezza.
«Sì.» sospirò lei, non riuscendo del tutto a elaborare le sue parole.
Non sapeva se considerarlo un vantaggio o meno che suo fratello avrebbe pensato a lei, anche quando sarebbe stata più che indipendente. Non osava pensarci minimamente.
Fece per aprire bocca, ma preferì rimanere in silenzio. Sarebbe stata la scelta più sensata di quella giornata.
«Non vedo l'ora di vedere mia sorella duellare!» ammise la biondina, osservando attentamente la ragazza bruna che conversava con l'auror speciale «Anche se ho un po' paura...»
«Paura per tua sorella?» spiegò la fronte, colpita.

Queenie le accennò un dolce sorrisetto e scosse appena la testa, divertita.
«Per quel Sylvanus, a dir la verità...» le fece l'occhiolino, per poi subito dopo ritornare incredibilmente seria «Quando tua sorella è auror da più di dieci anni, smetti di avere paura. Inizi a essere terrorizzata, non è più la paura che ti accompagna, ma l'ansia, che non ti abbandona mai. A un certo punto è come se la tua mente accettasse che quella persona potrebbe andarsene prima di quanto dovrebbe per un nefasto evento, per un criminale a cui dà la caccia... smetti di avere paura, e inizi a prepararti a quel giorno senza un motivo ben preciso. E smetti di vivere.» sospirò.

Filemina si ritrovò ad annuire tristemente. Era una sensazione che conosceva molto bene, nonostante suo fratello fosse ancora una recluta e lei una studentessa. Queenie doveva aver vissuto più e più volte quella sensazione, che a volte riemergeva e le impediva di essere felice. Condividevano la stessa sventurata sorte. Eppure, nonostante tutto, il sorriso non aveva mai abbandonato le labbra della legilimens, nonostante la tristezza la stesse inghiottendo.

«Già. Tutti gli auror sono un po' folli... quelli buoni. Io lo supplico sempre a mio fratello di fare attenzione, a volte mi fa paura sapere che è solo soletto dall'altra parte del mondo. Però... sua sorella è in gamba... ecco... se non ci fossero più persone come loro, chi salverebbe il mondo? Il mondo ha bisogno del contributo di ognuno di noi, no? Grindelwald non ha forse paura della vostra resistenza?»
Chi meglio poteva saperlo se non una ex grindelwaldiana infiltrata?
«Hai ragione.» le sorrise la biondina «Sei sicura di avere quindici anni? Sei molto saggia!»
La quindicenne le sorrise a sua volta e orgogliosamente sollevò il naso all'insù, entusiasta di aver ricevuto un complimento.
«Grazie.»

Ripresero a guardare il resto del gruppo, in particolare Theseus e Tina, che sembravano essere nel mezzo di una discussione non del tutto rosa e fiori.
«Non c'è bisogno che tu agisca!» gli occhi quasi le cascarono fuori dalle orbite.
«Ma perchè? Non ti fidi abbastanza di me?»
«Infatti! Non mi fido di te, né del tuo temperamento, Theseus Scamander.» quasi i due nasi arrivarono a toccarsi.
«Beh... dovrei essere io a non fidarmi di te, "Tina"... dopo avermi legato su una sedia davanti ai funzionari del ministero?» fece un passo avanti.
«E quindi?» proferì acida «Dopo che hai cercato di uccidere me e tuo fratello? Dimmi, Thes, quale piatto della bilancia pesa di più?»

Thes... quel nomignolo fece ridacchiare il magizoologo più del dovuto, tanto che dovette coprirsi il viso con entrambe le mani. Li vide entrambi sfoderare le bacchette, forse molto vicini al punto di indirizzarla verso l'altro, così si affrettò a prendere una posizione. Non avrebbe difeso nessuno dei due, ovviamente, per quanto desiderasse ardentemente far abbassare la cresta a suo fratello Theseus. E poi... Tina se la stava cavando, anche abbastanza. Newt lo sapeva bene, Theseus era ancora un po' risentito, e la questione lo faceva sbellicare dalle risate.
«Ragazzi, non è forse il caso di...»

«Stai zitto!!» i due si voltarono contemporaneamente nella sua direzione, trucidandolo con lo sguardo.
Newt si sentì il sangue raggelare, quei due sarebbero stati perfetti per intimorire almeno un pochino l'esercito contro il quale stavano per combattere.
«S-scusate.» balbettò infine «Non vorrei che litigando... vi feriste a vicenda...»
«Ma noi non stiamo litigando!» giurò solennemente Theseus Scamander, mettendosi la mano sul cuore come se stesse giurando solennemente.
Newt inarcò un sopracciglio prima di guardarlo e rispondergli, cercando di cancellare dal viso quella sua fastidiosissima espressione beffarda e balorda, di cui Theseus evidentemente non riusciva a fare a meno.
«Ah no?» si grattò la nuca, confuso.
«Io e Tina ci vogliamo bene! Non è così, capo?»
Suo fratello Thes voleva farsi ammazzare da quella strega bruna, Newt lo sapeva. Senza preavviso, con un saltello la cinse fra le braccia calorosamente, con un falso sorrisetto stampato sul viso.
Newt la vide sgranare gli occhi, e sollevare il capo nella sua direzione per incrociare lo sguardo dello scocciatore.
«Togli quelle zampe!! O le togli, o ti uccido. Hai due possibilità... Theseus...»

Newt si limitò a rimanere in silenzio e a lanciare uno sguardo divertito all'auror che, dinanzi le minacce della donna, aveva deciso di fare più di un passo indietro.
«Noi ci vogliamo bene, Newt! È solo il mestiere... non è così, Tina?»
L'auror americana serrò le labbra e lo fissò, mentre scrollava le spalle assente.
Non aveva intenzione di continuare a litigare con lui, lo avrebbe dovuto sopportare per tutta la missione.
«Seh... tantissimo... hai un posticino nel mio cuore, solo che devo scavare in profondità per trovarlo... molto in profondità... » roteò gli occhi al cielo.
Infine, con un gesto plateale della mano cambiò argomento, ignorando le risatine sommesse del magizoologo.
«Io e il signor Scamander...» fece una pausa solo per il piacere di scoraggiarlo «abbiamo trovato una soluzione per il duello, o meglio... conviene con me per quanto riguarda quel pallone gonfiato!»
«E?» si grattò l'orecchio.
«Lo stancherò. Non è particolarmente veloce e credo che sia alquanto fiducioso nelle sue capacità!» abbassò la voce quando lo vide varcare la soglia dello scompartimento, e intimò gli altri a recitare la loro parte.

Non appena lui la vide, sfoderò il sorriso più bello che aveva, Tina il più falso.

«Madame!»

Per evitare che la sua candida pelle potesse essere contaminata dalla sua stupidità, Tina si affrettò a nascondere i pugni ben saldi nelle tasche, cercando di mascherare in qualche modo il malcontento.

Sarebbe stato l'ennesimo dongiovanni che le avrebbe spezzato il cuore, e lei non aveva intenzione accettare alcun compromesso.

Quasi Tina non si accorse di essersi aggrappata al braccio di Newt, e che lui le aveva scostato una ciocca dalla guancia per rassicurarla. Newt, di contro, aveva combattuto il desiderio di nascondere il viso nell' incavo della sua spalla, ed era certo che lo stesso valeva per la strega timida e testarda che aveva accanto, visto che non riusciva a stare minimamente ferma con i piedi. E a giudicare... non sembrava star sciogliendo i muscoli delle gambe.

«Salvatemi.» gli sussurrò all'orecchio, e di conseguenza sul viso di Newt comparve un enorme sorrisetto divertito.
Il capo degli auror dovette inoltre ignorare la lunga scia di risatine sommesse, e dovette combattere il desiderio di mangiarli con gli occhi.

«Buonasera.» gli rispose semplicemente, con sorriso piatto e tutti i sensi in allerta.
Cercò già in anticipo nella sua mente delle freddure che potessero fare al caso suo. Ma non ne trovò nessuna, nessuna che fosse adatta all'occasione.
Lui le allungò la mano, ma lei non la strinse, si limitò a farlo con gli occhi.
«Primo duello?»
«Non proprio...» anche in questo caso non sarebbe riuscita a mentire, anche se amava dare l'effetto sorpresa ai suoi avversari. Voleva vederlo inginocchiato su quella moquette e supplichevole, doveva chiederle scusa per... per qualunque cosa avrebbe fatto. A cominciare dal suo sciabordare.

Doveva abbassare la cresta! Oh come gliela avrebbe fatta abbassare quella cresta! E poi sarebbe toccato all'auror speciale... Theseus non avrebbe avuto la sua dolce rivincita. Sarebbe stato divertente metterlo alle stregue una seconda volta.

«Non deve essere preoccupata, milady!»
«Ma io non sono preoccupata!» scrollò le spalle.
O meglio... sì, lo sono... ma per te. Un sorrisetto sadico le accarezzò le labbra, non fu troppo difficile per Newt capire quale pensiero le stesse balenando in mente. Il mago si sistemò una ciocca bruna dietro l'orecchio e si stirò adeguatamente la camicia bianca, sulla quale vi era puntata una spalletta a forma di bussola. Forse per ricordare a se stesso dove puntasse il nord?

Quello sguardo lo stava mettendo in soggezione, tante è vero che il mago si sentì costretto a nascondere le mani tremanti in tasca e a farle cenno con il capo di seguirla sulla passerella, visto che, improvvisamente, sembrò che le parole gli fossero morte in gola. Il bulgaro attese che Tina si sistemasse di fronte a lui. Lei se la prese comoda. Chi va piano, va sano e va lontano. Non per niente gli aveva lasciato quella metà di campo, dove si ergeva in buona parte quella voragine alla quale era scampata. Il mago quasi ci mise un piede dentro. Quasi, sospirò tristemente Tina fra sé e sé.

«Va bene qui?» finse di non sapere quale fosse esattamente la sua posizione.
Lui le accennò un enorme sorriso.
«Perfetto! Conosce già tutte le formalità?»
Nuovamente Tina annuì, ma a differenza sua rimase indifferente.
«Bene.»
Newt e Theseus Scamander si scambiarono un rapido sorriso e un commento, fu Theseus a parlare.
«Ci sa fare...» ammise l'auror speciale, con un mezzo sorriso.
Non ne aveva dubbi, ovviamente.
«Ha carisma... spero solo che almeno lui intuisca con chi ha a che fare...»

Newt ricambiò il sorriso con una lieve risatina e un sopracciglio spiegato, allungò la mano per scostarsi la zazzera rossastra di capelli che gli ricadeva sulla fronte e sugli occhi.
«Su questo siete molto simili, voi due.»

Entrambi forti e coraggiosi, e con quel grande senso dell'ironia. Era proprio questo il motivo per cui nessuno dei due andava particolarmente d'accordo, per il quale litigavano alla minima occasione. Però, come diceva Theseus -anche se non ci credeva del tutto- si volevano bene.

A modo loro, ovviamente.

Entrambi non erano disposti a scendere a compromessi, esisteva solo e soltanto quella missione, che veniva loro affidata, da portare a termine. Erano due personalità forti, le loro, molto simili in certi aspetti, Tina aveva però molto più temperamento e decisamente la testa più fissata sulle spalle rispetto a lui. Entrambe due teste calde che andavano temperate. Raramente si facevano dominare dagli impulsi, a differenza di Theseus che -con ragione- necessitava ancora un po' di sbollire la rabbia. Prima che venisse divorato da essa, una forza devastante che silente lo stava distruggendo.

Theseus la stava guardando attentamente e, con suo grande stupore, quando lo sorprese a guardarla, lei gli sorrise, seppur pacatamente.
Tina Goldstein non gli aveva mai sorriso. Si portò una mano all'altezza della bocca per mascherare un sorrisetto beffardo. Chissà... magari non sarebbero stati amici del cuore, ma avrebbe forse avuto il suo braccio destro... il suo aiutante in seconda, dopo suo fratello Newt.
«Mi... mi ha sorriso!»

Newt ridacchiò di nuovo e gli diede una gomitata, senza destare lo sguardo dalla ragazza slanciata che si inchinava al suo immeritevole avversario. La vide portarsi la bacchetta all'altezza del petto, come se stesse facendo una promessa solenne al bulgaro, puntarla verso il pavimento e dare lui le spalle, pronta ad avanzare nella sua postazione.
E in quel momento sentì il cuore balzare prepotentemente per l'emozione, ora che ci pensava bene... non aveva mai assistito a un vero e proprio duello di Tina al club.

Poteva sentire l'auror bulgaro sussurrare qualcosa alla ragazza di fronte a lui e lei rispondergli secca, con qualche sillaba concisa. Forse le stava dando qualche dritta o si stava complimentando con lei su quanto stesse imparando in fretta.
Theseus, invece, prestò l'attenzione su altro. Sorrise a se stesso quando comprese perchè l'auror americana si voltasse spesso a guardarli, a guardare lui: suo fratello.

Quando incrociò per l'ennesima volta lo sguardo dell'auror speciale divenne scarlatta, forse timorosa del suo giudizio.

Theseus, così, afferrò delicatamente il mento del fratello per fargli sollevare lo sguardo, e permettendo lui di incontrare quello della giovane strega.

«Ti sta guardando, vuole che tu la guardi!»
Non gli diede molto retta, poiché il piccolo Scamander si era già perso negli occhi ambrati della trentaduenne, che gli sorrise lievemente, felice di avere la sua attenzione su di sé.
«Forza, Tina.» le sussurrò a fior di labbra.
Quel mago le metteva sicurezza, mai si sarebbe stancata delle sue rassicurazioni. Quando comprese che tutti i suoi amici erano lì, pronti a starle accanto, rivolse la sua attenzione al suo avversario che, nel frattempo, si stava togliendo un enorme caccola dalla punta del naso.
«Lo vedi, fratellino? Ha occhi solo per te!» gli fece l'occhiolino divertito «Si sente al sicuro con te!»

Con chi... con lui? Non era esattamente quel genere di mago adatto a dare sicurezza. Neanche suo fratello si fidava di lui completamente. Sia lui che le sue creature non erano del tutto ben visti, coloro che, in particolare, non comprendevano il loro vero potenziale, tendevano a stare un po' alla larga. E poi... non era attraente, non era decisamente lo stereotipo della bellezza. Se solo lei avesse visto le cicatrici che lo accompagnavano... non ne sarebbe rimasta entusiasta, ripensò.

«Magari vuole essere sicura di essere osservata!» ipotizzò Newt.
L'affermazione di Theseus lo lasciava alquanto spaesato, gli veniva troppo difficile credere a questa sua versione dei fatti. Era più un'interpretazione di suo fratello Theseus in realtà...
Il maggiore ridacchiò dinanzi all'ennesima dimostrazione di ignoranza riguardo alla materia "amore".
«Hai ancora tanto da imparare!» e con un sorrisetto beffardo, si allontanò da lui di qualche passo, lasciandolo libero di pensare a tutto ciò che gli veniva in mente.
«Le dò un leggero consiglio, signorina.» parlò la voce spigolosa «non ci resti troppo male se non riesce a battermi... sa... io sono del mestiere, e lei è una signora per bene...»
Aveva ragione Tina, faceva meglio a tenere quella bocca larga sigillata.

Era decisamente infastidita da quella affermazione, realizzò Newt, ma Tina agiva nell'ombra, in silenzio. E sapeva già che gli avrebbe dato una bella lezione, che non avrebbe dimenticato.

L'auror fece un respiro e si limitò ad annuire.

«Neanche tu...» disse fra i denti, passeggiando lentamente nella sua metà del campo per sgranchirsi le gambe.

Il bulgaro sembrava deluso, forse non era la persona combattiva che si era aspettato ma... non credeva di avere davanti un agnellino incapace di rimanere fermo. Forse aveva scelto la persona sbagliata, forse sarebbe stato meglio chiederle di farsi da parte. Doveva solo cercare di non farle troppo male, se non voleva spezzarla.
«Impedimenta!»

Banale incantesimo del secondo anno, ridacchiò Newt.

Tina lo schivò a stenti con un saltello, i capelli le ricaddero disordinati sulla guancia. Un passo lento e felpato. Non aveva alcuna intenzione di mettersi a correre e sprecare energie inutilmente. Gli accennò un sorriso rassicurante, invitandolo a attaccarla con maggiore veemenza.
«Stupeficium!»
Questa volta si vide costretta a parare lo schiancantesimo.
«Protego!»
E, con un lieve movimento del polso, lo indirizzò verso il suo avversario che dovette a sua volta pararlo, non aspettandosi quel repentino cambio di direzione.

Non era niente di troppo elaborato, Newt lo sapeva, eppure non poteva non ammettere che quel trucchetto avesse stile.
Adesso Tina Goldstein iniziava a divertirsi. Le scintille rosse gli accarezzarono per un pelo i capelli, che si sollevarono elettrici.

«Posso constatare che riesce a parare abbastanza bene...» si congratulò il bulgaro, questa volta un po' più risentito.
Le scagliò contro un altro schiantesimo, che Tina non faticò minimamente a evitare.
«Davvero brava!»

Non hai visto quanto, sorrise fra sé e sé.

Newt era un po' confuso a dirla tutta,Tina avrebbe potuto benissimo schiantarlo da un momento all'altro con semplice movimento del polso, eppure era lì, immobile, a parare incantesimi di livello elementare.
«Perchè non attacca?» era una domanda banale, lo sapeva.
Theseus, che in materia aveva molta più esperienza di lui, gli accennò un sorriso, a dimostrazione che aveva ancora molto da imparare dalla vita.

«Vedrai... fratellino! La calma è la virtù degli audaci!» ridacchiò «Presto si stancherà e Tina... beh, gli darà il colpo di grazia. Credevo lo avessi capito!»
«Sì, ma...» poteva già intravedere delle goccioline di sudore sulla fronte olivastra del bulgaro. Non era particolarmente resistente, Tina aveva ragione. Aveva sempre ragione. Aveva le guance accaldate a furia di scagliare schiantesimi, che Tina parava tranquillamente, evocando di tanto in tanto uno scudo, soprattutto per sgranchirsi le spalle.

Lui, che era del mestiere, non lo aveva ancora capito, non aveva neanche minimamente inteso la tecnica che la sua avversaria aveva scelto di adoperare.

Le facevano male i muscoli, colpa di quella scomoda posizione in cui aveva dormito sul sedile dello scompartimento. Si sentiva ancora un po' confusa e assonnata, a dir la verità, ma sembrava destreggiarsi abbastanza bene a duello.
Il bulgaro, a un certo punto, si costrinse ad abbassare la bacchetta e prendere un respiro profondo per riprendere aria. Eppure, quel sorrisetto beffardo non aveva abbandonato le sue labbra. Questo fu l'incentivo che la spinse ad attaccare, approfittando del fato che lo scocciatore avesse abbassato le sue difese. Avrebbe iniziato con qualcosa di soft.

«Flipendo!»

Newt lo aveva che non avrebbe tardato a lungo. Adesso poteva riconoscerla, Tina Goldstein agguerrita, coraggiosa come non mai.
Il bulgaro dovette balzare di lato per evitarlo, e anche questa volta la sottovalutò, non rendendosi neanche conto che la donna di fronte a sé era pronta a vincere il duello.
«Confringo!»
Un'enorme esplosione lo fece trasalire, Sylvanus dovette evocare uno scudo completo per non rimanere ustionato dalla potenza del suo schiantesimo. Quasi la bacchetta gli scivolò di mano, e fu costretto a stringerla con entrambe le mani per non lasciarsela sfuggire. Si ritrovò con le spalle al muro, e il sorrisetto beffardo di lei impresso nella mente. Quella non era una donna... era un mostro.
«Non ci rimanga troppo male se non riesce a battermi a duello...» lo ripagò con la sua stessa moneta.
I due fratelli Scamander scoppiarono in una risata fragorosa e si diedero delle gomitate a vicenda, mentre Queenie e Filemina guardavano a debita distanza la scena, incantate.

«Fai attenzione a non scottarti, tesoro.» si strinse nervosamente le mani la legilimens, mentre un lieve sorriso accarezzò le sue labbra.

Fil era alquanto colpita, Tina era sempre stata descritta dal fratello come un'abilissima duellante, ma mai l'avrebbe ritenuta capace di una tale grandezza. Era alquanto tranquilla, forse anche troppo. Ecco che cosa le mancava a lei per fare l'auror o la giocatrice di quidditch: la calma e il sangue freddo, delle qualità che, ne era certa, non avrebbe mai padroneggiato del tutto.
«É bravissima...» quasi non si accorse di aver spalancato la bocca.
«Chiudi la bocca, cara, o ci entreranno le mosche!» ridacchiò la strega accanto a lei «Sì... è bravissima, mia sorella.» sospirò.
Anche suo figlio pensava lo stesso, quella peste non faceva altro che scalciare!

Era orgogliosa di lei. Eppure, continuava ad avere paura, prima o poi la sua testardaggine l'avrebbe uccisa. Lanciò una rapida occhiata a Newt, che non aveva tolto gli occhi di dosso dalla strega neanche per qualche secondo. Anche lui era visibilmente rapito dalla sua bravura e, se non fosse stato per Theseus, probabilmente si sarebbe precipitato sulla pista.

Si destò da quel sublime senso di meraviglia quando sentì i capelli drizzarsi e la lunghezza del cappotto svolazzare, per sicurezza si costrinse a fare un passo indietro. Un piacevole gioco di colori, una sinfonia di scintile e lampi di luce. Il verde che si mescolava con il bianco avorio e il rosso acceso degli schiantesimi.

Il mago adesso era in difficoltà, Newt lo vide imprecare quando ebbe finalmente capito con chi avesse a che fare. La strega non muoveva le labbra, imprecò. Come avrebbe fatto a capire le sue prossime mosse? Era così... mutevole. Quando credeva di vedere uno schema nella sua "danza", lei cambiava immediatamente tattica di combattimento, stravolgendo completamente le sue aspettative. Non aveva neanche il tempo di riflettere, la lunga e potente sequela di incantesimi, che gli lanciava, non glielo permettevano. Newt adesso pensava al pavimento, fermamente convinto che di lì a poco sarebbe potuto crollare.

«Suvvia...» continuò a canzonarlo Tina «non aveva detto di saperla adoperare quella bacchetta?»

Theseus non riuscì a trattenere una risata fragorosa, per un istante si guardarono e Tina gli sorrise di nuovo, quando lo vide batterle le mani.
«Capisco perchè ti piaccia tanto, fratellino!» ricevette una pacca sulle spalle.
Ed eccolo... suo fratello Theseus, sempre pronto a cogliere la palla al balzo. Era incorreggibile! L'unica cosa che potè fare -e che non aveva fatto altro per tutta la vita- fu sospirare.
«Eppure... mi piacerebbe vedervi duellare... so già che saresti troppo tenero! Chissà, magari vi scappa qualcosa!» ammiccò maliziosamente.

Oh, se lo avesse sentito lei! Tina era un'avversaria valida per Theseus, l'unica che sarebbe stata in grado di fronteggiarlo e vincere l'incontro con un battito di ciglia. E poi... i due avevano fatto una scommessa, o no?

«Perchè non duellate voi due invece?» propose Newt innocentemente, grattandosi la nuca.
«Non mi dispiace come idea.»

Ma Newt sapeva che suo fratello era alquanto preoccupato, che provava almeno un po' di timore per il capo del dipartimento auror americano, non solo per la sua posizione. Forse, dopo quel duello a cui stavano assistendo, non si sarebbe minimamente sognato di punzecchiarla, forse. Ciò lo faceva particolarmente ridere.

«Mi dispiace per lui... ha trovato la preda sbagliata...» inarcò un sopracciglio
«A me no...»
«Uhm... siamo anche gelosi, fratellino?» sghignazzò, facendogli l'occhiolino.
Il suo sorrisetto gli dava tremendamente fastidio, e Newt odiava il fatto che avesse tremendamente ragione.
«No, affatto.»
«Dici?» gli chiese scettico «Allora perchè lo stai minacciando con lo sguardo? Uhm... quindi non ti interessa... neanche come la mangia con gli occhi?» gli accennò un sorriso che la sapeva lunga.
Lo vide irrigidirsi appena e sollevò di conseguenza il naso all'insù.

«Stai zitto...» sospirò il minore, abbassando lo sguardo «non mi interessa.»
«Certo... come no...»

Riprese a guardare Tina, chiudendosi volontariamente in un mutismo forzato, non volendo dare a vedere il suo malcontento. Tina continuava a tempestare il suo avversario di intesimi e, gradualmente, il bulgaro iniziava a perdere colpi.
Newt lo vide perfino alzare le mani in segno di resa con il respiro affannato, poteva sentirlo boccheggiare per la fatica, nonostante la distanza fisica.

«Possiamo fermarci un attimo, milady?»
Tina annuì, sebbene anche lei fosse particolarmente accaldata, non si tolse volutamente il gilè perlato di dosso. Sarebbe stato meglio avere uno strato in più addosso, piuttosto che avere lo sguardo dello scocciatore puntato sulle curve, seppur lievi, del suo corpo. Se proprio doveva mettersi in mostra, lo avrebbe fatto per Newt, che era troppo educato per farlo. Ridacchiava ogni qual volta si sforzava di indirizzare lo sguardo da un altro lato, per non guardare il suo petto.
«Va bene.» acconsentì.
Così, si voltò e nello stesso istante in cui lo fece, sentì una strana litania sussurrata: un incantesimo, che lei conosceva molto bene.

Pezzo di... individuo! Sbottò fra sé e sé Tina. Newt dinanzi a quella pugnalata alle spalle, si affrettò a prendere le difese della ragazza, ma non fece in tempo perchè Tina si era già voltata verso di lui, con la bacchetta ben salda fra le dita.

«Stupeficium!» impacciatamente riuscì a deviare l'incantesimo verso il soffitto, che cadde giù in una pioggia di polvere e detriti.

Lo fissò. Adesso era il momento ideale per dargli una lezione.
«Non si attacca alle spalle, bellezza!» lo apostrofò. Il mago tentò di giustificarsi, di spiegarsi... ma Tina aveva capito ormai tutto di lui, e sapeva che gente come lui raramente si scusava per le cattiverie partorite dalla loro mente.
«Non si attacca una collega alle spalle...» proferì, prima di mormorare fra i denti l'incantesimo decisivo che le avrebbe sicuramente fatto vincere il duello, guidandolo con un lieve movimento del polso.

«Excelsiosempra!»

E come Tina si era aspettata, il bulgaro non riuscì a evitarlo. Fu scagliato in alto, sbattuto con forza contro quella zona del soffitto ancora integra che, a contatto con il suo aspetto corpulento, finì per sgretolarsi completamente. E subito dopo ricadde a terra, dritto dritto nella voragine che Filemina inconsapevolmente aveva aperto sotto ai propri piedi. L'avrebbe ringraziata, quella ragazzina. Adesso non poteva non domandarsi se avrebbe dovuto pagare o meno i danni che erano stati capaci di fare in meno di mezz'ora.

I due Scamander sgranarono appena gli occhi, presero a fissarla come se la ragazza vincitrice fosse una specie di mostro. Stupore, forse? Fu Theseus il primo a balzare allegramente in piedi e ad acclamarla a gran voce, seguito da Newt che le batteva le mani, con un mezzo sorrisetto imbarazzato stampato sulle labbra.

«Ben fatto, Goldstein!»

Aveva vinto in grande stile, doveva ammetterlo. Balzò sulla passerella, evitando per un pelo di calpestare il perdente che giaceva a terra mezzo dolorante. Non meritava di essere aiutato. Tina si chinò su di lui soltanto per ricordargli le regole del gioco.

«Solitamente... il vincitore ottiene una piccola sommetta di galeoni... ma... nel tuo caso, credo io abbia già ottenuto ciò che desidero.» gli accennò un sorriso.

Il bulgaro, con una rapidità che la scioccò, la afferrò per il polso, davanti agli occhi spaesati dei due uomini alle sue spalle. Iniziò a stringere, impedendo al sangue di circolare a dovere. Sentendo il suo lieve gemito di fastidio, Queenie balzò in piedi con la bacchetta sguainata, ma rallentò il passo quando sentì il mago gemere di dolore.

Tina, nel frattempo, gli aveva afferrato l'avambraccio, conficcando le unghie in quel nervo strategico che avrebbe fatto urlare chiunque. Lo aveva sperimentato sulla sua pelle durante un allenamento mentre era distratta, Percival Graves quel giorno le aveva pizzicato il gomito e, senza volerlo, le aveva procurato una scossa poco piacevole. Continuò a stringere il nervo ulnare, fino a quando il mago iniziò a supplicarla, e lei allentò un po' la presa.

«Mi... mi dispiace! È solo che... non pensavo di poter essere sconfitto da una donna!»

Quelle parole non fecero che peggiorare il giudizio, seppur sbiadito, che aveva di lui.

Dolorosamente, si rese conto che le erbacce erano difficili da sradicare, come i pregiudizi che era costretta a sopportare.

«Ah sì? Vuole un'altra dimostrazione?» riprese a stringere ferocemente quella zona del braccio, puntandogli questa volta la bacchetta alla gola. Newt rabbrividì, quasi percepì il disagio del mago sulla propria pelle maculata.
«Io... no... non... va... bene... così...»
«Bene... se crede che le donne siano inferiori...» iniziò «io avrei ragione di pensare all' inferiorità del vostro genere... eppure, non lo penso. Lo penso... ma solo di lei... insomma, se mi crede così tanto vulnerabile e inferiore... perché ha osato attaccarmi alle spalle?»

Il mago non rispose, si limitò a blaterare per l'ennesima volta quel "mi dispiace" non gradito. Si rimise in piedi, stando ben attento a non incrociare il suo sguardo.
«Ha detto... che è del mestiere...? È... è una recluta?» continuò a fissare la moquette logora e a studiare le assi di legno sparse su di essa.
Tina inarcò un sopracciglio e fece un passo avanti, allungò la mano per toccargli il mento e sollevare il suo viso, perché potesse lui stesso constatare con chi avesse a che fare.
«È maleducazione distogliere lo sguardo. E no, non sono una recluta.»
Il mago sospirò, ma Tina non capì esattamente se lo stesse facendo perché rassicurato o ancora più in imbarazzo. Provò disgusto quando le sue dita incontrarono la barba fiorente sul mento.
Il bulgaro si scostò una ciocca riccia dalla guancia e si stirò la camicia spiegazzata e incenerita, forse per riprendersi un po' quella dignità che aveva perduto, chissà da quanto tempo.

«Mi scusi. Non volevo offendere una collega.»
«Ne sono certa.» gli rispose acida a denti stretti
«È solo che... essere auror è... un lavoro da...» dovette lasciare in sospeso la frase quando intravide la sua espressione irritata, ritenendo più saggio tener chiusa la bocca. Ma, ormai, il danno era fatto.
«Uomini?» dovette sforzarsi di mantenere la calma, limitandosi a inclinare la testa di lato e a incrociare le braccia al petto.
Sylvanus ignorò quella interrogativa retorica e le rivolse un'altra domanda, sperando fosse quella giusta.

«E in quale dipartimento lavora? Sempre che voglia dirlo...» le chiese pacatamente.
Tina inarcò un sopracciglio e gli rispose con la stessa domanda, senza dimenticare l'insinuazione precedente.
«Lei?»

Il suo viso parve baciato repentinamente dal sole, si accese in un sorriso soddisfatto, come se non aspettasse altro. Orgoglioso, come non mai, si affrettò a risponderle.
«Protezione scambi!» gonfiò il petto «Scorto i funzionari e protezione testimoni! Solitamente sono responsabile delle informazioni e delle trattative. Lei, invece? Archivi?»
Anche lei non vedeva l'ora di rispondere a quella domanda, per una volta soddisfatta di ricoprire una carica così importante.
«Capo dipartimento auror americano.» disse con nonchalance, mentre un sorrisetto beffardo le accarezzò i margini della bocca.

L'auror si sentì mancare. Tina lo vide cambiare repentinamente espressione, impallidire e iniziare a sudare freddo.
«Che cosa c'è che non va, collega? La mia carica la mette in soggezione?» gli sventolò il distintivo sotto al naso, sforzandosi di sorridere. Fece un passo avanti, per guardarlo meglio. E di conseguenza lui ne fece uno indietro, non osando puntare gli occhi sul distintivo dorato del macusa che si ergeva impotente.
«È ancora convinto che noi donne non siamo capaci di fare grandi cose?»
«N-no.» balbettò, dando segnale di resa.

Filemina era ammaliata. Si alzò lentamente dalla sedia. Una scena del genere andava incorniciata nella sua mente in tutti i suoi manierati dettagli. Non riusciva più a fare la brava bambina. A furia di arricciarsi le ciocche bionde, le facevano male le dita. Fortunatamente tutti ignoravano la sua gracile presenza, neanche suo fratello che, per l'ansia che potesse succedere qualche disgrazia, aveva iniziato a passeggiare nervosamente.

Ecco, lui era un altro che aveva bisogno di una bella dose di autostima pura. Si chiedeva, in effetti, come riuscisse a non morire di paura in missione. Lei lo conosceva bene, Lysander aveva paura anche dei topolini che strepitavano per le strade.

«Le va di prendere un caffè?»
Tina inarcò un sopracciglio, decisamente colpita dalla franchezza del mago.
«Mi scusi? Adesso fa il cavaliere? Adesso che ha scoperto che dirigo un intero dipartimento?»
«Ho capito... è un no.» sospirò.
Direi, borbottò fra sé e sé la ragazza.
«Cos'è... è allergica agli uomini?»
«No... soltanto agli stronzi...»

Solo quando finì di pronunciare queste parole che il resto del gruppo parve notarla, il primo a notare la sua trasgressione fu Lysander, che le lanciò un'occhiataccia truce. Anche Sylvanus la notò, ma si limitò a lanciarle uno sguardo assente, come se stesse parlando un microbo. Non ci fece molto caso, né le prestò attenzione.
Tina le accennò un sorrisetto e le diede il cinque, con un braccio se la strinse a sé per le braccia, felice di avere un'alleata fidata.

«Come dice lei.» dichiarò.
Era almeno una trentina di centimetri più bassa di lei, quasi sembravano madre e figlia, entrambe con gli occhi sbarrati e la testa inclinata di lato.
Sylvanus, a quel punto, capì di non avere chance e, dopo le ennesime scuse, sparì di corsa, sperando di non essersi procurato una nemica.
Solo a quel punto Lysander si affrettò ad avvicinarsi alla sorella, deciso a rimproverarla aspramente.

«Filemina!» sospirò la recluta «Non si dicono le parolacce!»
La ragazzina roteò gli occhi al cielo e gli accennò una smorfia fastidiosa, per poi incrociare lo sguardo del suo capo, che ridacchiava divertita.
«Avresti fatto la differenza?» lo punzecchiò «Cosa gli avresti detto tu?» volle sincerarsi lei, con le braccia sui fianchi.
«È un auror! Sono pericolosi... gli auror...» la supplicò con lo sguardo, incrociò i suoi occhi che assunsero gli stessi colori del tramonto.

«Anche tu sei un auror... o quasi...» gli ricordò lei «anche tu sei così pericoloso?» ridacchiò.

Anche Tina non potè astenersi dal sorridere. Quella ragazzina era esuberante, proprio come la sua recluta preferita, un auror in fiore.
Mentre Lysander sembrava alquanto preoccupato, a volte faceva una gran fatica a temperare il caratterino della sorella, che non esitava a rendere nota l'evidenza.
«Non tutti sono come me... o come il mio capo... o come il fratello di Newt, o come Kama! Lo sai, lavoriamo in un mondo di lupi. Come dice Newt sono-»
«Un branco di carrieristi ipocriti.» completò la frase la ragazza in carriera, accennando al magizoologo un sorrisetto imbarazzato.
Arrossirono contemporaneamente, memori dei battibecchi passati.
«Già.» sussurrò il magizoologo, che riprese a tormentare i bottoni della sua camicia, sentendo gli occhi di lei addosso.
Tina accennò un altro sorrisetto a Newt e infine si rivolse ai due fratelli, parlando in particolare alla più piccola.
«Tuo fratello ha ragione.» sospirò.
Anche se la quindicenne era piuttosto infastidita di essere trattata come una bambina, si sentì costretta ad annuire. Non voleva far fare cattiva figura a suo fratello.
«Va bene.» tenne per sé la delusione.

Tina, che era come se le avesse letto i suoi pensieri, le accarezzò la guancia. Quel semplice gesto la fece arrossire, non era mai stata brava a dare consigli neanche a sua sorella Queenie.
«Lo sai? Sei identica alla me da ragazzina. Anche io ero piuttosto timida e goffa, e non lasciavo correre facilmente! Non permettevo a nessuno di dirmi ciò che non mi piaceva... ero un tantino suscettibile.» si colorò sulle guance.

«Eri?» inarcò un sopracciglio la legilimens, che ricevette di conseguenza un'occhiataccia da parte della sorella.

«Comunque, hai ragione... in questo caso la parolaccia era azzeccatissima!» le fece l'occhiolino.

La quindicenne, che tutto si aspettava tranne che un'affermazione del genere, quasi non credette alle sue orecchie. Ridacchiò e, molto lentamente, si voltò a guardare suo fratello alquanto esterrefatto.

«Capo!!»

Tina in tutta risposta le diede il cinque e le fece cenno di seguirla e lei orgogliosa si padroneggiò accanto al capo auror. Era brava, ci sapeva fare con suo fratello, File era molto più aperta con lei.
«Come ha fatto?» lui la conosceva da quindici anni, lei da sole tre settimane!
«Non so di cosa stai parlando!» scollò le spalle.

Guardò prima Newt poi Theseus, e un sorrisetto beffardo che non riuscì a trattenere. Newt e Tina si scambiarono un rapido cenno di intesa, e Tina già si figurava il cremoso sapore dell'hot-dog sulla punta della lingua. Non ne avrebbe mai potuto fare a meno. Doveva però accantonare questo pensiero, se non voleva essere scoperta per i suoi crimini dalla sorella.

«È pronto a battersi con me, signor Scamander?»
«Sempre pronto!» dichiarò lui, con un sorrisetto tirato.

Aveva un po' paura, doveva ammetterlo, dopo aver assistito a quel memorabile duello sapeva di non avere scampo dinanzi alla sua bravura. Anche lui aveva qualche trucchetto nella manica, che Tina probabilmente non conosceva.
«Non ci vorrà molto.» lo rassicurò lei con un sorriso.

Assunsero la postazione designata. Questa volta Theseus si affrettò a riparare il pavimento e il soffitto, dal quale era possibile intravedere il cielo imbrunito. Sulle assi metalliche del soffitto si era appisolato un corvo, nero come la notte, che osservava indifferente quel gruppo di maghi. Sentendo le assi muoversi, si sentì costretto a levarsi in cielo, e sparire oltre l'orizzonte. Cadde a terra una piuma, che Filemina si affrettò a mettere in tasca. Non perdeva occasione di espandere la sua collezione.

«Non ci pensi troppo, signor Scamander.» si inchinò al suo cospetto «Sono abbastanza resistente!»
Dopo il duello a cui aveva assistito, Theseus ne era più che convinto.
«Ne sono consapevole, signorina Goldstein.» le sorrise.

Per la prima volta aveva un avversario alla pari con cui duellare, un avversario che, ne era certa, non la avrebbe mai attaccata alle spalle. Theseus era leale, lo sapeva bene. Aveva mille difetti, ma mai avrebbe fatto un torto ai suoi amici. Lesse un pizzico di timore nei suoi occhi. Non gli avrebbe fatto male, giurò a se stessa. Forse era vero quello che aveva detto Theseus, forse un po' si volevano bene, si ammiravano a vicenda.

E mentre il tempo sembrava rallentare e il treno fermarsi, parlò.
Un incantesimo che era certa che Theseus non sarebbe stato del tutto in grado di bloccare, un piccolo ricordo del passato.

«Incarceramus!»

E così fu.

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