Capitolo 3

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Don't cut me down, throw me out, leave me here to waste

I once was a man with dignity and grace

Now I'm slipping through the cracks of your cold embrace

So please, please

Could you find a way to let me down slowly?

- Alec Benjamin


Il gelo che gli intirizziva il cuore non si espanse a tutto il corpo quella mattina. Era come se fosse intimidito da quel principio di calore al suo fianco, ignota fonte di un sospiro di sollievo.

Nell'inconscio del sonno, si strinse al tepore sconosciuto e tentò di trarvi quanto più benessere possibile, dimentico di qualsiasi problema. Fu solo quando percepì un movimento estraneo che venne richiamato alla realtà.

Le palpebre si alzarono a fatica, complice l'insonnia che negli ultimi giorni l'aveva assalito con tenacia. Quanto aveva dormito questa volta? Non riusciva a ricordare a che ora fosse andato letto, possedeva solo immagini frammentate di Mya sotto di lui e le sue labbra a contatto con le sue. Sebbene ciò, era sicuro di non essersi addormentato nella sua stanza.

Spalancò gli occhi nell'istante in cui il viso di Adam compariva nella sua mente. Lo stesso viso che, malgrado, si ritrovò davanti, assopito e rilassato a meno di dieci centimetri dal suo.

«Ah!»

Un'esclamazione di stupore gli sfuggì mentre si metteva seduto per prendere le distanze. La parte superiore del corpo gli fece peso all'indietro e spostò una mano per reggersi, ma fece male i calcoli: affondò nell'aria poco dopo la fine del materasso e ruzzolò sul pavimento con un tonfo.

Un nuovo grido gli uscì dalla bocca senza che fosse in grado di controllarlo, e una fitta alla schiena arrivò a mozzargli il respiro. Ma, poteva giurarlo, non fu niente a confronto con il solo udire un assonnato Adam che chiamava il suo nome, che lo zittì subito dopo.

Rimase immobile, accanto al letto, quasi sperasse di passare inosservato. Il cuore gli martellava nelle orecchie coprendo in parte i suoni, ma distinse facilmente il fruscio di lenzuola che si muovevano, come se da esso dipendeva la sua vita. Solo allora si permise la fatidica domanda: perché Adam era nella sua camera?

Sforzandosi, riuscì a focalizzare alcuni ricordi dell'amico che lo sollevava e lo aiutava a sdraiarsi mentre lui era completamente abbandonato tra le sue braccia. Queste si sovrapposero presto a quelle indelebili e brucianti delle mani di quel ragazzo sulla sua intimità, di qualche giorno prima, e la sua voce roca tornò a rimbombargli nella mente. Non è ciò che vuoi?

Accidenti! Aveva davvero perso il controllo così tanto da farlo avvicinare di nuovo?

«Alec?» chiamò ancora Adam, e lo sentì muoversi verso la sua direzione. Il battito cardiaco troppo accelerato gli impedì di udire qualsiasi altro rumore se non quello assordante dei propri pensieri che si frapponevano l'uno all'altro, rubandogli la concentrazione necessaria per riflettere.

Quando il giovane Brass si affacciò, il tempo per Alec parve quasi fermarsi davanti alla sua innocente bellezza. Gli stava rivolgendo uno sguardo interrogativo, ma all'interno di quegli zaffiri non era presente la pesante mestizia che gli ultimi giorni li aveva caratterizzati. Si obbligò a smettere di fissarli; non poteva permetterselo.

«Vattene» ordinò senza trovare il coraggio per guardarlo, confermare ogni sua paura e scorgere con i propri occhi quella limpidezza rompersi come un fragile e sottile vetro cristallino.

Non la vide, ma la udì nella sua voce, mentre il vortice di immagini imperversava implacabile nella sua memoria. «Mi hai chiesto tu di rimanere.» Non sembrava del tutto una giustificazione, più un'accusa. E Alec questo non lo resse.

«Vattene, ti ho detto, che cosa ci fai ancora qui? Mi stai sempre appiccicato, mi disgusti» inveì, spinto dalla pressione che i ricordi stavano generando nella sua testa. Doveva togliersi Adam di torno al più presto, non poteva dimostrarsi fragile, non di nuovo. E l'unica maniera che conosceva per difendersi era attaccare, come aveva sempre fatto. «Non ho mai voluto la tua presenza al mio fianco, sei stato solo una valvola di sfogo che ogni tanto mi tornava utile, un modo come un altro per mantenere un equilibrio e passare il tempo.»

Alcune di quelle parole erano vere. Non la prima parte, era ovvio, ma Adam aveva davvero salvaguardato i pezzi del suo animo che rischiava di sgretolarsi. E ora lui, in cambio, stava per distruggere il suo. Questo era ciò che sapeva fare: distruggere.

Si costrinse a guardarlo e si preparò a mentirgli con gli occhi, ma non riuscì a incrociare quelli dell'altro. Adam aveva il viso puntato verso le pieghe della trapunta che stringeva con un lieve tremore, quasi in quell'oro sbiadito vi fosse una via per fuggire da quella conversazione. Ma non c'era, era evidente, e parve capirlo anche lui nel momento in cui alzò il mento nella sua direzione, incrociando il suo sguardo con un'indecisione mai vista prima. Poi, inaspettatamente, gli sorrise, ma fu un sorriso vuoto, e a malapena umido, che gli entrò nella pelle e gli gelò le ossa.

«Mi dispiace per averti arrecato fastidio. Scusami.»

Davanti al suo stupore, gli diede le spalle e si allontanò fino ad alzarsi dal letto nel lato opposto a quello in cui era caduto lui. Alec lo vide restare fermo giusto per un attimo mentre muoveva di poco le spalle, come se stesse inspirando a fondo. Poi, un'ultima frase lo raggiunse prima che potesse andarsene, e gli rimbombò nella mente come se fosse dotata di eco infinita.

«Non avrai più questa ingombrante presenza al tuo fianco.»

*

Le perle d'acqua gli si incastravano tra le ciglia e poi scorrevano giù per le guance come lacrime quelle rade volte in cui sbatteva le palpebre, ipnotizzato dal getto che correva giù dal rubinetto fino al lavello. Le nocche pizzicavano sotto le bende che aveva improvvisato in maniera non troppo efficiente, ma lo aiutarono a perdersi all'interno di quel dolore e fuggire parzialmente da un altro.

Non era riuscito a trattenersi. Neanche stavolta, disgustato da sé stesso e dalla sofferenza che continuava a causare agli altri quasi non potesse farne a meno, non aveva saputo impedirsi di sfogarsi contro qualunque cosa trovasse a portata di mano. Aveva formato un buco sulla testiera del letto, ma non gli era bastato e aveva continuato ad allargarlo a pugni, con il risultato che il legno gli si era conficcato nella pelle.

Sospirò in silenzio. Aveva sperato che rinfrescarsi il viso gli facesse passare quel mal di testa che dal risveglio lo aveva assalito, ma ora che era nel bagno della scuola, durante l'intervallo, tutto ciò che aveva guadagnato era un senso di soffocamento per non essere uscito in giardino quando ne aveva sentito il bisogno.

Iris non si era arresa, anzi si era fatta ancor più insistente. Era stata tanto astuta da avvicinarlo, appena suonata la campanella, e gli aveva puntato un dito contro con fare intimidatorio. Per fortuna, gli aveva lasciato il tempo di nascondere la mano destra prima che lei la vedesse.

«Dimmi subito cosa sta succedendo, oppure vado a spifferare tutto a mamma e papà» aveva esordito.

Alec non si era preoccupato troppo per le sue minacce. Sapeva che non avrebbe mai commesso un atto tanto stupido, anzi si era sorpreso che non avesse ideato un'intimidazione più credibile. Ma ciò era solo l'ennesima conferma di quanto la sorella fosse agitata per Adam.

«Iris, stanne fuori» aveva provato a convincerla, ma lei si era dimostrata ben più battagliera di lui, che quella mattina non aveva nemmeno la forza di aprire bocca. Aveva scosso il capo con fervore, e il fiocco rosso che portava aveva perso compostezza, lasciando sfuggire qualche ciocca bionda.

«Adam è fuori di sé, non credere che non l'abbia notato, quasi non lo riconosco! Questa deve essere l'ultima volta che te lo chiedo: che cosa è successo tra voi?»

«Che vuoi dire?» aveva balbettato. Di solito evitava di concentrarsi sul giovane Brass, specialmente in pubblico, ma era convinto che fosse in grado di mascherare alla perfezione le divergenze che c'erano state tra loro, al contrario di lui. E poi, per quanto ne sapeva, ancora stava con Cassie. Non era facile per lui distrarsi, giacché aveva lei?

«Sei cieco, Alexavier? I suoi vestiti sono stropicciati, i capelli spettinati, quasi non mangia più! Ti sembra forse un comportamento da Adam? Certo che no. Qualcosa lo turba, e anche gravemente.»

Era riuscito a fuggire in bagno con una scusa poco dopo, ma la voce di Iris continuava a perseguitarlo. Quelle parole gli erano rimaste nella testa, come se le avesse intrappolate nelle orecchie e fosse quindi costretto a sentirle all'infinito.

«Che ti prende, amico?»

Quel richiamo lo riscosse dalla contemplazione dello scorrimento dell'acqua, che in quel momento perse di ogni magnificenza, un po' come aveva fatto la sua vita negli ultimi tempi. Quella non è mai stata "magnifica", altroché, si disse, ma immagini frammentate di serate passate in allegria e spensieratezza fecero sì di contraddirlo, come al solito.

Al diavolo. Con la testa umida, si sporse per chiudere il rubinetto e si voltò, trovandosi davanti Grant e Costas. Si era  quasi dimenticato che lo avevano seguito. Forse erano impensieriti, forse solo incuriositi, non gli importava.

«Non mi rompere le palle, Grant. Spostati» Non aveva richiesto lui la loro presenza. Voleva stare solo e annullarsi. Sarebbe rimasto volentieri a casa a fissare il soffitto per tutta la mattina, se solo i suoi genitori non si sarebbero insospettiti.

«Che accidenti ti prende, moccioso?! Uno cerca di parlarti e tu reagisci come una zitella mestruata!» sbuffò quello di tutta risposta, corrucciando le folte e scure sopracciglia in maniera tale che apparissero quasi un'unica linea irsuta.

«'Fanculo. Non ho tempo per le tue lamentele. Se non vuoi toglierti sarà peggio per te.» Non gli interessava se stava attaccando briga dopo la loro momentanea tregua. Non gli interessava di niente. Tutto ciò che continuava ad avere un'importanza piuttosto greve era il sorriso mesto di Adam che la sua mente rievocava ogni volta che chiudeva gli occhi anche solo per un istante. E più la rivedeva, più il suo nervosismo cresceva, e con esso anche il mal di testa.

Costas aprì bocca, indeciso, ma il più grosso tra i due lo bloccò con un cenno della mano e si fece avanzi. Ormai più vicino, sovrastava Alec completamente con la sua ombra, impedendogli di scorgere altro all'infuori di sé.

«Credi di farmi paura, ragazzino?»

Era quello che gli piaceva di Grant. Seppur non allo stesso modo di Adam, lui guardava oltre la sua disabilità, non era uno di quei perbenisti che lo trattavano con i guanti solo per le sue condizioni fisiche. Alec non voleva esser visto diversamente, e Grant lo considerava come qualsiasi altra persona all'interno di quella scuola. Sebbene ciò, gli faceva spesso perdere le staffe.

Indurì i lineamenti e, suo malgrado, alzò il mento. Intimidirlo dal basso non era il massimo, ma di certo non si sarebbe fatto mancare l'occasione di sfidarlo faccia a faccia. Solo uno stolto sarebbe sfuggito.

«Mi chiami ragazzino, ma sono più grande di te» sparò a caso. Solo in un secondo momento si rese conto che non aveva idea di che mese fosse il suo nuovo amico, se così era classificabile. Sapeva che sua sorella, Brianne, era di dicembre, quindi aveva quasi un anno in meno rispetto ad Alec che era nato a gennaio, ma Grant, che senza dubbio era il maggiore dei fratelli nati lo stesso anno, poteva averlo preceduto.

«Credi davvero di essere più grande? Tsk» fece quello, davanti a un confuso Costas. Quest'ultimo continuava ad alternare gli occhi nocciola tra loro, all'apparenza indeciso se preoccuparsi o meno di ciò che stava accadendo. Fermo restando che Alec non si sarebbe mai agitato per così poco, a sua volta non riusciva a immaginare dove sarebbe finita quella conversazione. Era ancora sul piede di guerra, ma una parte sempre più consistente della sua coscienza perseverava nel dirgli di non litigare con il suo unico amico.

«Lo sono» rispose semplicemente.

«Dimostralo» sentenziò Grant, protendendosi di poco verso il basso. «Se sono più grande io, ho diritto di picchiarti, altrimenti ti lascerò alzare le mani.»

Un sorriso sghembo prese forma sul viso di Alec davanti al suo comportamento infantile. Non c'era niente di divertente, ma le labbra gli si erano comunque tirate a quella proposta. Non voleva certo una zuffa, ma avrebbe vinto in ogni caso. E sapeva che quella magra consolazione non avrebbe alleviato nemmeno di poco il suo malessere.

Con tranquillità, frugò nella tasca fino a tirare fuori il documento di identità, che schiaffò in faccia al compagno con poche cerimonie. Rimase in silenzio mentre aspettava che l'altro leggesse quel dieci gennaio, e vide che Costas gli si avvicinava incuriosito. Forse sperava in una sua vittoria.

L'espressione del gigante cambiò poco a poco, al contrario di quella del ragazzo al suo fianco che si era fatta subito allarmata. Era evidente che aveva perso, non c'era bisogno che mostrasse una prova.

«Avevi dubbi?» sparò, con un sorriso beffardo davanti a quella che ora era in tutto e per tutto una smorfia.

Grant emise un suono a metà tra un ringhio e un lamento. «D'accordo, stavolta hai vinto te. Fai quello che ti pare.»

Una risata priva di gioia lasciò le labbra di Alec, che nel frattempo si erano seccate per il vento freddo che entrava dalla finestra. Quel giorno il clima era particolarmente rigido, quasi mirasse a intirizzire ancora di più il suo animo.

«Se avessi voluto picchiarti l'avrei fatto con o senza la tua autorizzazione, non credi?»

Fece per dirgli di andare, non desiderava perdere altro tempo lontano dall'aria aperta, ma qualcosa nelle parole che aveva udito lo fermò. "Fai quello che ti pare"... significava, in un certo senso, che Grant era in debito con lui. L'unica cosa che avrebbe chiesto in cambio era un po' di pace, ma non poteva pretendere da lui così tanto. Però, forse, il suo amico disponeva di un rimedio momentaneo a tanto stress.

Un ghigno più vero prese il posto di quello vecchio, sorprendendo con evidenza entrambi i suoi interlocutori. «Però,» ricominciò, «forse hai un altro modo per sdebitarti.»


Koa

Mi sono impegnata ad aggiornare un po' prima perché la prima parte è stata eccessivamente corta, ma anche perché così posso avere un po' di tempo in più per il prossimo capitolo, in modo da farcela per sabato prossimo nonostante gli impegni ^_^

Se speravate in una pace tra i nostri protagonisti, mi duole dire che è ancora un po' lontana ^^' ma chissà cosa Alec stia per chiedere a Grant? Posso dirvi che lo scopriremo tra qualche capitolo!

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