Capitolo 21

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Il padre di Diletta, il signor Alberto Maria Patroncini, subito dopo quei noiosi convenevoli ha chiesto ad un cameriere un tavolo più grande, con la capacità di contenere anche me e Dante.

Durante quest'ora di conversazione tra commensali, esclusi chiaramente io e Sebastiano che non abbiamo aperto bocca neanche per ringraziare il cameriere tra una portata ed un'altra (sì, il signor Patroncini ha insistito affinché mangiassimo qualche altra cosa anche noi), ho sperato intensamente che un terremoto spazzasse via l'intero ristorante, protandosi via la perfezione fastidiosa di Diletta.

E' migliore di me persino nel mangiare. Ha fatto fuori la sua aragosta impeccabilmente, senza sporcare nulla, mentre io mi sono versata il limone addosso, spremendolo sulla sogliola.

Ora siamo seduti qui, in attesa del dolce.

<<Allora, come vi siete conosciuti, voi due?>>, chiede Diletta, guardando me e Dante. <<Da quanto ne so io, tu sei un donnaiolo incallito, quindi Cristina deve essere davvero una ragazza stupenda, per averti accalappiato in così breve tempo.>>

<<Bè, diciamo che sono io che sto cercando di accalappiare lei, stavolta.>> Dante sorride, ammiccando nella mia direzione. <<Spero di essere sulla buona strada.>>

Mi apro in un sorrisetto tirato e lancio una fugace occhiata a Sebastiano, notando che anche lui mi fissa. <<Chi lo sa, può darsi.>>

<<E voi due, invece?>> Dante cerca di prendermi la mano sotto al tavolo, ma io la ritraggo, fingendo di non essermene accorta. <<A quando il lieto evento?>>

<<Diciamo che è già tutto definito, mancano soltanto gli ultimi dettagli.>> Diletta gongola, aggrappandosi di nuovo al braccio di Sebastiano e strofinandogli il naso sulla spalla, sorridendo con i suoi denti odiosamente bianchi e perfetti. <<Presto invieremo le partecipazioni, vero amore?>>

Sgrano gli occhi, voltandomi immediatamente verso Sebastiano.

Partecipazioni? Vuol dire che stanno programmando le loro nozze? Accidenti, mi sento così umiliata e piccola in questo momento. Vorrei solamente tornarmene a casa e dimenticare tutto.

Questo va ben oltre ciò che avevo pensato io. Un matrimonio non si pianifica da un giorno ad un altro. Chissà da quanto tempo stanno organizzando il loro giorno sperciale. Chissà quando Sebastiano le ha chiesto di sposarlo. Chissà quando la smetterò di essere così stupida ed ingenua.

<<Caro, ci farebbe tanto piacere se partecipassi anche tu.>> La signora Patroncini, la mamma di Diletta, lascia una carezza veloce sul braccio di Dante, poi punta lo sguardo su di me, sorridendo. <<Insieme a te, cara, chiaramente.>>

Ricambio il sorriso, cercando di sembrare sincera, ma dentro di me sto andando a fuoco. <<Ma certo, grazie mille per l'invito.>> Sento gli occhi di Sebastiano su di me, ma proprio non ce la faccio a guardarlo, in questo momento. <<Vi prego di scusarmi.>> Afferro la borsa e mi muovo verso il bagno delle signore.

Apro l'acqua del rubinetto e mi bagno un po' la faccia. Ho la nausea, probabilmente causata dai nervi. O magari si tratta di ulcera. In ogni caso, sto malissimo.

Addirittura il matrimonio? Possibile che mi abbia presa in giro fino a questo punto? Come ha potuto giocare con la mia vita e con quella di Maria in questo modo?

Sento un rumore di tacchi alle mie spalle, così mi volto, asciugandomi le mani con un pezzo di carta. Diletta è in piedi, dietro di me, e mi sorride.

E' inquietante, sembra una Barbie.

<<Ehi>>, mi dice, avvicinandosi allo specchio.

<<Ehi>>, le rispondo, schiarendomi la voce subito dopo.

Diletta inizia a ritoccarsi il rossetto sulle labbra, sorridendomi. <<Seb è un vero aspirapolvere, quando mi bacia. Mi fa arrivare il rossetto fin sulla fronte.>>

Mi sforzo di sorridere, ma più che altro mi esce una smorfia disgustata. <<Siete una bella coppia, complimenti.>>

<<Grazie mille, Cristina.>> Richiude il suo rossetto e lo ripone nella borsa. <<E' la mia anima gemella, sai? Non so cosa farei senza di lui, mi sta dando una mano in tutto quanto. Se non fosse stato per lui...>>, si zittisce, abbassando lo sguardo sul pavimento.

Le osservo le spalle e vedo che sussultano. Sta piangendo?

Dio mio, c'è niente di peggio che essere rinchiusa in bagno, con la ragazza del ragazzo per cui provi qualcosa e... un momento! Io non provo nulla per Sebastiano. Solo tanta tanta rabbia. Sì, solo rabbia e nient'altro.

<<Sono sicura che te la saresti cavata comunque. Siamo nel ventunesimo secolo.>> Sorrido, cercando di sdrammatizzare. <<Gli uomini sono sopravvalutati, ormai.>>

<<Non Seb, credimi.>> Prende a sistemarsi i capelli con un pettine. <<Lui è il ragazzo più buono che esista al mondo. Per me sta facendo l'impossibile.>>

Okay, un'altra parola e rigurgito addirittura il latto materno di mia madre, bevuto ben ventitrè anni fa.

<<Sono felice per te.>>

<<Già, è tutto così perfetto.>> Si passa le dita sulle palpebre, sistemando l'ombretto rosato che ha indosso, dopodiché si sciacqua le mani e si muove verso la porta. <<Ci vediamo al tavolo.>

<<Certo.>>

Non appena rimango sola, ne approfitto per fare uno squillo a Rosita e sapere come sta andando a casa.

<<Hola, mi amor!>> Ha la bocca piena di cibo, posso sentirlo chiaramente anche attraverso al telefono.

<<Quanto gelato stai mangiando?>>

<<Poquito.>>

<<Sì, certo, come no.>> Sorrido e mi appoggio contro il lavabo alle mie spalle. <<Come va?>>

<<Tutto bene. Maria dorme.>> Tossicchia un po', a causa del gelato andatogli di traverso. <<Tu, niña? Come va l'appuntamento con quel pallone gonfiato?>>

<<Andava tutto bene, sai? Finché non si sono uniti a noi anche Sebastiano, la sua dolce metà ed i suoi splendidi suoceri.>> Mi prendo il volto tra le mani e sospiro. <<Devo aver fatto qualcosa di molto brutto, in una vita precedente.>>

<<No, niña! Tu problema es l'astinenza. Devi fare un po' di sesso, vedrai come ti migliora la vita.>>

<<Certo, come no.>> Ghigno, maligna. <<Il tuo bel ginecologo allora non deve essere molto bravo a migliorarti la vita, visto che te ne stai chiusa in casa ad imbottirti di gelato e vecchi film spagnoli.>>

<<E' fuori città con i suoi figli per le vacanze di Natale, visto che quell'arpia dell'ex moglie non glieli fa mai vedere.>> Prende un'altra cucchiaiata di gelato. <<Es por eso que estoy depressa.>>

<<Comunque sarò a casa tra poco. Lasciami un po' di gelato.>>

<<Okay, niña. E cerca di tornare con le mutandine...>>

Riaggancio il telefono, prima che possa terminare la frase. Dopodiché mi faccio coraggio e torno al tavolo dagli altri, pregando Dio che Dante abbia intenzione di andarsene al più presto.

Non lascerò mai più la mia macchina da nessuna parte, lo giuro.


Dopo aver mangiato il dolce, dico a Dante di dover tornare a casa, dal momento che domani dovrò alzarmi presto per lavoro.

Il signor Patroncini insiste per pagare il conto, e una volta fatto usciamo tutti quanti all'esterno del ristorante. M'infilo il cappotto, battendo i denti per il freddo. Dante lo nota e si affretta a coprirmi le spalle con un suo braccio.

Automaticamente punto lo sguardo su Sebastiano e lo trovo già intento a fissarmi.

Lui scuote la testa impercettibilmente, dopodiché si volta verso Diletta e le sorride. <<Hai freddo, amore?>>

<<Un pochino.>>

Senza dire altro, la prende tra le braccia e se la stringe al petto, lasciandole poi un bacio tra i capelli. <<Noi torniamo a casa. Domani ci alziamo presto.>>

Ogni parola fa male quanto una coltellata al centro del petto. Come può essere così crudele? Dopo ciò che c'è stato tra noi, con quale sangue freddo può ignorarmi in questo modo?

Detesto l'idea che le stia così vicino, che l'abbracci nello stesso modo in cui ha abbracciato anche me. Odio che la baci dolcemente, che le sue mani tocchino la sua pelle dopo aver toccato la mia.

Odio che stia con lei e non con me.

Smettila, smettila subito, ti prego. Così mi uccidi. Non toccarla. Non evitare il mio sguardo, non portarmi rancore, scusami per i miei giramenti d'umore. Torna da me. Torna da me.

Ma non pronuncio nessuna di queste parole. Saluto tutti quanti e mi muovo verso la macchina di Dante, parcheggiata dall'altro lato della strada.

Non mi volto neanche una volta. Ho paura di ciò che vedrei se lo facessi.

Ho voluto l'indifferenza di Sebastiano, e adesso che ce l'ho, fa male ad ogni respiro.


Venti minuti più tardi sono sotto casa di Rosita.

Dante spegne il motore e mi accarezza una guancia, costringendomi a voltarmi verso di lui. <<Prima parlavo davvero, Cris. Lo so che non ho una buona reputazione, che mi sono comportato da stronzo con te, ma da quando hai messo piede al Millennium la prima volta io non posso fare a meno di volerti.>>

<<Hai fatto lo stronzo con mia sorella, Dante.>> Scuoto la testa. <<Se l'avessi fatto con me, a quest'ora probabilmente mi sarei fatta una risata e sarebbe finita lì. Ma mia sorella non si tocca.>>

<<Lo so, Cris, e ti chiedo scusa.>> Afferra le sigarette dalla tasca dei jeans e se ne accende una. <<Ma voglio vederti ancora. Non soltanto lavorativamente parlando.>>

Se Dante mi avesse detto queste esatte parole una settimana fa, a quest'ora l'avrei mandato a quel paese e me ne sarei tornata a casa senza neanche voltarmi. Ma vedere Sebastiano e Diletta, sentire la sua indifferenza fin dentro la pelle, mi ha fatto troppo male. Ho bisogno di distrarmi, di guarire.

O di ferirlo quanto lui sta ferendo me.

Mi sporgo verso Dante e gli lascio un bacio sulla guancia. <<Mai dire mai.>> Dopodiché apro lo sportello e scendo dalla macchina, raggiungendo il portone in un attimo.

Sono pazza, lo so. Dante è l'ultima persona al mondo a cui dovrei permettere di entrare nella mia vita, ma provo una gustosa eccitazione all'idea di frequentarlo.

Sebastiano lo detesta. Me l'ha fatto capire chiaramente anche stasera, visto che non gli ha rivolto mai la parola. E io mi sento a pezzi, non sono lucida.

Apro la porta di casa, mi tolgo scarpe e cappotto e mi getto sul divano, accanto a Rosita. Sta guardando un film con Antonio Banderas, mentre mangia una coppa gigante di gelato al caffè.

<<Sono nei guai, Ros>>, le dico, appoggiandole la testa sulla spalla. <<Mi sa che mi sono innamorata di Sebastiano. E lo odio tantissimo, per questo.>>

Lei sospira, mi lascia un bacio sulla fronte e senza dire nulla mi porge un cucchiaio.

Passiamo il resto della serata così, in silenzio, a mangiare schifezze con Antonio Banderas a farci compagnia.

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