XXX. Titanic

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Dire che Ander ha preso bene il mio rifiuto è un eufemismo. Ander ha accettato più che bene il mio rifiuto, senza fare domande, senza insistere, senza far comprendere agli altri che tra noi si è spezzato qualcosa.

Benjamin deve aver percepito il cambiamento dal momento che gli sta più addosso del solito, ma a me non ha chiesto nulla. D'altronde, cosa dovrei dirgli? Non ho raccontato nemmeno a Natalie ciò che è successo, credo che lei sia convinta che sia tutta una tattica di Ander per fare breccia nel mio cuore.

In effetti non suona così strano, non sarebbe la prima volta che utilizza i miei comportamenti come arma, tuttavia non è questo il caso e lo dico con fermezza, in quanto io so cos'è successo a casa sua.

Non ho avuto il coraggio di voltarmi dopo averlo rifiutato così apertamente, mentre ero seduta su di lui, stretta tra le sue braccia. Sarebbe stato troppo crudele anche per me – che prima di Ander dubitavo di poter provare certi sentimenti – guardarlo negli occhi e allontanarmi da lui.

O forse non l'ho fatto perché non ci sarei riuscita, perché temevo di scorgere nelle sue iridi i riflessi delle mie schegge di cristallo – temevo di trasformare anche lui in cristallo e vedere le sue, di schegge, riverse sul pavimento ai suoi piedi.

Sta di fatto che ora non lo evito perché non ne avverto la necessità, non rifuggo il suo contatto semplicemente perché Ander non brama la mia pelle, non schivo il suo sguardo perché non sono più preda dei suoi occhi.

Adesso sono solamente preda di me stessa, dei miei pensieri. Sono circondata da bestie feroci che sembrano sussurrare perfide e se...?, hanno denti aguzzi da cui sgorgano rimpianti come stille insanguinate, elucubrazioni elaborate dal mio cervello che non fa che domandarsi cosa sarebbe accaduto se...

Cosa sarebbe accaduto se non avessi ceduto ad Ander?

Sarei integra, esattamente come lo sono adesso. Avrei molti più rimpianti che rimorsi. No, avrei rimpianti e basta perché, nonostante tutto, rimorsi non ne provo.

Cosa sarebbe accaduto se avessi incontrato Ander sull'isola?

Si sarebbe unito alle risate di scherno o avrebbe preso le mie difese anche a costo di essere isolato come hanno isolato me? Io lo avrei escluso, avrei sigillato il cuore nella patina di orgoglio e l'avrei tenuto lontano da lui.

Cosa sarebbe accaduto se avessi incontrato Ander tanto tempo fa?

Forse con lui non avrei imparato a fuggire così bene, lui mi avrebbe insegnato a restare. Crescere con Ander avrebbe significato non essere Hilda: niente rose, niente cristallo, niente fuga... Ma nemmeno Ander sarebbe stato lo stesso, senza le sue cicatrici fresche di sutura e il carico di sofferenza che si è portato appresso fin dalla tenera età.

Cosa sarebbe accaduto se non avessi mai incontrato Ander?

Vivrei ancora nel mio tepore accogliente ma infido o qualcun altro mi avrebbe scosso, facendomi ardere e bruciare e sciogliere? Dubito che esista qualcuno in grado di far provare dei sentimenti così contrastanti, dubito persino dei miei alle volte.

Come posso dichiarare di bruciare sotto il tocco di Ander se mi sono sempre sentita ghiaccio? Come posso affermare di sciogliermi su di lui se sono rigida come il più pericoloso degli iceberg?

Titanic. Questo è Ander e io sono il suo iceberg, quella lastra di ghiaccio che l'ha squarciato, determinandone l'inevitabile e prematura fine.

Credevo di essere io il Titanic, la nave da crociera che salpa verso il largo lasciando il porto per il suo primo e ultimo viaggio. Io ho lasciato casa mia, il mio mare, i miei affetti... per intraprendere un viaggio che più volte ho creduto essere l'ultimo, ritenendomi incapace di sopravvivere da sola.

E invece ce l'ho fatta ogni volta che ho creduto fosse impossibile, ogni volta che ho creduto di mollare, ogni volta che credevo fosse la fine. Io ce l'ho fatta e non sono il Titanic.

Ander è il Titanic e io l'ho fatto affondare, risucchiandolo nelle profondità di quell'oceano che tanto mi affascina. L'ho trascinato a picco con me, sui fondali, lì dove sono ubicate quelle perle che anelo di divenire, più forti del cristallo, più preziose ai miei occhi.

Poi sono risalita in superficie, lasciando che ampie boccate d'aria mi riempissero i polmoni, incurante di lui che stava annegando.

Ho sfruttato Ander fino alla fine, facendomi forza su di lui per riemergere perché io ho davvero bisogno di aria – meglio se inspirata direttamente dalle sue labbra.

Ma no, non posso, perché i sentimenti rendono deboli e io, anche grazie a lui, ho smesso di essere debole.

Per questo non mi curo della sua presenza, fingo indifferenza alla sua vicinanza e al suo tocco non brucio. Ma se non brucio, perché Ander ghigna ogni volta che casualmente mi sfiora?

È un abile provocatore, devo riconoscerglielo, ma io sto perfezionando l'indifferenza. O almeno ci provo. Mi viene difficile quando sono seduta accanto a lui, quando il suo braccio si sporge sempre a sfiorare il mio, quando la sua spalla si inclina per urtare la mia.

Corpi in collisione, ecco cosa siamo. Corpi distanti che sono entrati in collisione – il fatto. C'è stata una vicinanza prima, scandita dalla chiacchierata poco sobria, dalla mia gelosia immotivata, dal Wave Organ, da casa di Veronica. C'è stato un dopo: la chiarezza, le spiegazioni. E basta. La collisione è finita quando non ho saltato nel vuoto.

Le collisioni di Ander appaiono tutte casuali persino ai miei occhi, dettate da una risata sguaiata o un movimento troppo ampio, tranne una. Questa.

Adesso sento distintamente le dita di Ander lambirmi la coscia sopra i jeans, pizzicare tra due dita il lembo di pelle e ghignare del mio sussulto. La mia attenzione è già su di lui quando calamita anche quella del resto dell'uditorio, il nostro tavolo in mensa.

«Sapete che una volta ho fatto venire una ragazza contro la porta della sua stanza?»

Lo dice così, ex abrupto, cogliendo tutti impreparati. Natalie sbatte le palpebre un paio di volte, cercando di valutare le sue parole. Jonas fa saettare i suoi occhi da Ander, che ghigna sornione, a Loren, improvvisamente a corto di parole. Lara Jin si guarda intorno come a volersi assicurare di aver udito bene. Aaron si blocca con la forchetta a mezz'aria.

Ben non sembra convinto, lui conosce Ander da tempo immemore e si starà sicuramente chiedendo perché non l'ha mai raccontato prima.

Non dirà che sono io, non è uno sprovveduto e sa che non gli rivolgerei mai più la parola, ma se dicesse che è accaduto da poco? In questo caso Natalie e Ben farebbero due più due e potrebbero trarre le loro giuste conclusioni.

Dopo lo sbigottimento iniziale è proprio Natalie a prendere la parola, scuotendo vigorosamente il capo e bollando la sua affermazione come una baggianata.

«Invece è vero, è accaduto sul serio» replica Ander senza smettere di sorridere.

So che lo sta facendo solo per provocarmi e – dannazione – ci sta riuscendo. Vorrei strappargli quel sorriso dal viso, vorrei farlo scomparire o alzarmi e domandargli cosa diavolo c'è da ridere.

E poi vorrei baciarlo per farlo scomparire tra le mie labbr– No, non voglio baciare Ander. Voglio solo che smetta di provocarmi perché non so quanto ancora potrò resistere.

«E lei che ha detto?» lo sollecita ancora la ragazza dai capelli rosa.

«Mi ha chiesto cosa fosse successo» e levati quel ghigno dalle labbra, traditore!

Come puoi sbandierare ciò che siamo stati insieme? Come puoi comunicarlo a tutti con tale leggerezza? Doveva essere una debolezza riposta in fondo al cuore, chiusa in una cassaforte indistruttibile sigillata da un portone a doppia mandata in un rifugio antiatomico.

E tu la stai comunicando ai tuoi amici come fosse l'ultima delle sfide da cui sei uscito vincitore. Ma ti dirò, non hai trionfato in nulla perché questa sfida avrà solamente vinti.

«Quando?» domanda lapidario Ben, fissandolo con un'intensità tale che sono io, per un momento a vacillare. Sono io a volermi alzare e confessare le mie colpe – ma quali colpe? La colpa di avergli permesso di far breccia nel mio cuore? Non l'ha fatto, l'ho respinto.

«Poco tempo fa» confessa, troppo poco tempo fa, aggiungerei io. Troppo poco affinché tu ne discuta amabilmente come fosse un vanto; troppo poco affinché io non avverta ancora il tuo tocco sul mio corpo; troppo poco affinché tu abbia già potuto scacciarmi dalla tua testa; troppo poco affinché io non percepisca ancora la tua pelle sotto le mie unghie.

«Prima di Veronica comunque» mente, e quasi mi lascio andare a un sospiro rumoroso per quella bugia che mi scagiona.

Finalmente guardo Ander negli occhi. È impegnato a tenere lo sguardo su Ben, si fissano statuari e io mi chiedo se lui sappia leggere le bugie sul volto del migliore amico.

Io non credevo di poterlo fare, eppure ha deglutito più rumorosamente quando ha pronunciato il nome di Veronica – e io so perché, so quanto gli sia costato accostare me a lei. Non ha storto il naso, come fa ogni qual volta sovviene il nome di lei, e ha abbassato un momento lo sguardo per non mentire spudoratamente guardandolo negli occhi, fingendo di prendere della carne ormai fredda dal suo piatto.

«E com'è andata dopo?» finalmente riacquista la voce Loren. Se fosse stata in silenzio solo un istante in più Jonas avrebbe rischiato seriamente l'infarto. «Avete avuto una tresca? Siete in buoni rapporti? Per caso le-»

«No, Lory» la interrompe Ander, prima che la nostra amica possa iniziare ad esporre ogni scenario possibile circa il rapporto tra lui e la fantomatica ragazza. Tra lui e me.

«Dopo mi ha evitato. E poi... se n'è andata» confessa, distorcendo in parte la verità. Non ha propriamente detto una bugia, ma ha omesso la parte in cui lui mi chiede di restare e io fuggo.

Scusa, Ander, io non so restare. E fuggo anche adesso.

Approfitto del fatto che l'attenzione di tutti sia ancora calamitata su di lui per raccattare le mie cose. Nessuno nota che ho sistemato tutto nel vassoio e lo zaino è già in spalla; solo quando ormai sono in piedi lo sguardo di Ben saetta un'istante su di me, del tutto casualmente.

Mi sorpassa e poi, stranito, torna a soffermarsi su di me, con un'espressione corrucciata in viso e domandosi perché io stia andando via se l'ora di pausa non è ancora finita.

«Scusate io... devo andare da Chris, dobbiamo rivedere degli appunti insieme prima della lezione» biascico una scusa sul momento consapevole che, se agli altri questo mio comportamento potrà sembrare bizzarro e inspiegabile, per Natalie e Benjamin sarà chiara una correlazione con ciò che ha raccontato Ander.

Ho appena raggiunto la porta antipanico della mensa quando una mano si posa intorno al mio polso, poggiato sul maniglione rosso. È una stretta delicata e le dita sottili e fredde di Natalie mi solleticano la pelle.

«Hilda... tutto bene?» domanda con premura, inclinando il volto così da essere quasi alla mia altezza, con i suoi capelli che ci proteggono da sguardi indiscreti.

«Sì, devo solo vedere Chris» continuo la farsa, alzando il capo per guardarla negli occhi e mostrarle che nel mio viso non c'è segno di cedimento.

Non appaio sconvolta, non ho gli occhi lucidi, non sembro turbata dalla rivelazione di Ander, come invece lei si aspetta. E come potrei? Sono io quella ragazza, sono io ad essere venuta contro la porta della mia stanza, sono io che gli ho marchiato la schiena, sono io che ho ansimato sulle sue labbra, sono miei i gemiti che ha catturato con i suoi baci.

Sono io che mi sono affidata completamente a lui, lasciandomi andare e restando, anche se solo temporaneamente.

«Ander è uno sciocco, non ascoltarlo, probabilmente si è inventato tutto» ti assicuro di no Natalie, perché io sento ancora le sue dannatissime mani ovunque, «e scommetto che l'ha fatto solo per vedere se eri gelosa».

Vorrei dirle che si sbaglia, che lui sa che sono gelosa, sono stata io stessa a dimostrarglielo al falò, in un momento imprecisato in cui mi sono lasciata andare, incapace di controllare le mie emozioni, quando i sentimenti di pancia hanno preso il sopravvento.

«Hilda» la voce concitata di Ander mi risparmia l'ennesima risposta, lui pare scapicollarsi nella nostra direzione quando io abbasso la maniglia ed esco dalla mensa, seguita da Natalie.

Avrei dovuto aspettarmi che ci fosse la fregatura, avrei dovuto prevederlo. In condizioni normali l'avrei fatto, ma se c'è Ander nelle vicinanze – o anche solo nei miei pensieri – mi viene difficile persino articolare un monosillabo di senso compiuto. Dannazione.

Natalie fa da scudo col suo corpo, impedendomi di fuggire. Attende che Ander attraversi la porta della mensa e mi individui, bloccata in un angolo del corridoio dal corpo di lei. Nel momento in cui smetto di dimenarmi, catturata dai suoi occhi nocciola, svanisce.

Potrebbe essersi liquefatta e io non me ne sarei accorta, impegnata come sono a tenere a bada le mie interiora che si accartocciano a ogni passo di Ander. Sono libera, potrei fuggire; e perché rimango immobile? Perché i miei muscoli non collaborano?

«Sai che non avrei mai detto tutto, vero?» domanda in un sussurro, una mano a sfiorarmi delicatamente la guancia e l'altra che cerca le mie dita.

Distolgo lo sguardo, mi sento in trappola anche se non sono materialmente bloccata. Serro le palpebre, non voglio che i suoi occhi leggano il mio dissidio interiore, la voglia che ho di ferirlo per ciò che ha detto e di baciarlo per la sua vicinanza.

I sentimenti rendono deboli, io non sono più debole. Sono forte in battaglia. Ma allora perché ho sempre l'impressione di arrendermi quando combatto contro di lui?

«Fatina, guardami» supplica. Anche l'altra mano è sulla guancia adesso, i pollici disegnano ghirigori sulle gote e il resto delle dita è adagiato sul collo.

È quel tocco che mi tiene in vita, me ne rendo conto perché il sangue fluisce solo lì, il resto del corpo collasserà tra pochi istanti. O forse la sua vicinanza me lo impedirà.

Volto il capo in uno scatto, liberandomi dalle sue mani. Ho dovuto esercitare violenza fisica per riuscirci, estraniarmi dalla situazione per non pregarlo di toccarmi ancora, ovunque.

«Hilda...» adesso è un lamento, ed è tornato al nome proprio. Le sue mani sfiorano il mio collo, disegnano linee immaginarie che mi rendono difficile trattenermi dal mugolare.

«Non mi dite... la coppietta dell'anno è in crisi?»

Sbarro gli occhi, come scottata da quelle parole, e vedo solo il sorriso tronfio di Veronica.

Questa è un'altra delle scene che ho immaginato all'inizio e su cui mi sono basata per costruire la storia. C'è bisogno di commentare? Pensieri breve e incoerenti, Hilda non ci sta capendo più nulla, dite che dobbiamo darle una mano per farle dare una svegliata?! 🙊

L'avevo detto che Ander non è uno stinco di santo, lui le prova tutte per conquistarla, anche a costo di mandare tutto all'aria lasciandosi sfuggire qualcosa di privato... Spero possiate capire le sue ragioni, cosa lo spinge a comportarsi in un determinato modo, sebbene ciò che ha fatto non sia condivisibile 🙄

Sul finale, beh... non mi pronuncio, vi dico solamente che nel prossimo capitolo ci sarà finalmente la resa dei conti. Quando dovrei pubblicarlo? 🤔

Luna Freya Nives

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