XXXVI. Tempesta

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La mattina seguente mi sarei aspettata un imbarazzo palpabile, di quelli che ti mozzano il respiro e impediscono di trovare una giustificazione a ciò che è accaduto. Invece, quando apro gli occhi, scopro di sentirmi perfettamente a mio agio tra le braccia di Ander, schiacciata tra il suo corpo e lo schienale del divano, con una coperta che a malapena riesce a coprirgli i piedi.

Siamo entrambi seminudi, con il solo intimo indosso, le nostre cosce si intrecciano e il suo braccio mi avvolge la schiena; ho la testa posata nell'incavo del suo collo mentre lui respira sui miei capelli, sicuramente arruffati.

Un rumore di passi dal piano superiore mi fa sobbalzare, ridestandomi dal torpore in cui mi sento avvolta, e all'improvviso mi assale il panico. Non dovrei farmi trovare qui, per di più in questo modo che non lascia spazio all'immaginazione circa ciò che è successo ieri sera.

Cosa penserebbero di me? Cosa penserebbero di Ander? Insomma, sono piombata a casa in piena notte senza una giustificazione e poi ci siamo appisolati sul divano. Lì per lì non ho pensato alle conseguenze, ma ora mi sovvengono parecchi motivi per cui avrei dovuto trovarmi in camera mia, o meglio a casa di Lara Jin.

Quando al suono si aggiungono delle voci decido che è il momento di agire, così mi sollevo leggermente e tento di districare l'intreccio dei nostri corpi senza svegliarlo. È ancora assopito quando scosto il suo braccio, abbandonandolo mollemente sul divano, e si muove impercettibilmente mentre sfilo, con non poca difficoltà, le mie gambe.

Tuttavia, quando ormai credo di essere riuscita nel mio intento e sono pronta a oltrepassarlo, con un ginocchio già puntato dall'altra parte del divano e l'altro in procinto di seguirlo, ecco che due mani si posano mollemente lungo i miei fianchi, arrestandomi sopra di lui.

«Mamacita, vuoi il bis di primo mattino...?» domanda con un sorrisetto lascivo, le palpebre ancora socchiuse e la voce roca di chi è appena stato strappato al suo riposo.

Avvampo a quelle parole mentre percepisco distintamente la mia carne infuocarsi al suo tocco, che ha appiccato un nuovo incendio – l'ennesimo – nel mio petto. Il sangue fluisce solamente verso il viso, nel resto del corpo sono fuoco e fiamme che irrorano i vari distretti.

Tiro la coperta che è ancora adagiata su di lui per coprirmi mentre finalmente, puntellando il suo petto, lo scavalco e mi allontano dal divano. Cerco di dargli le spalle per sfuggire al suo sguardo indagatore, che scruta il mio corpo e non vede altro che spigoli ossuti e angoli aguzzi, membra gracili che sembrano sul punto di spezzarsi.

«Hilda, che succede? Avevi detto che non saresti scappata» non posso vederlo in viso perché sono china a raccogliere i miei abiti, ma dal tono deduco che sia abbastanza frustrato. Se lo conosco abbastanza bene, posso presumere con una certa sicurezza che si stia passando una mano tra i capelli con fare nervoso.

«Non sto scappando» mi limito a rispondere, infilando i jeans mentre con la coperta adagiata sulle spalle copro la schiena nuda, ed è la verità. Non è mia intenzione scappare, ma nemmeno farmi trovare sul suo divano.

«E allora perché ti stai rivestendo in tutta fretta e non sembravi intenzionata a svegliarmi?» insinua ancora. Vorrei arrabbiarmi per la poca fiducia nei miei confronti, ma dati i precedenti ha tutto il diritto di dubitare delle mie parole.

«Ho sentito dei passi e poi delle voci, ho pensato che a momenti qualcuno sarebbe sceso a chiamarti» rivelo, ma non prima di aver indossato anche il maglione. Solo a questo punto, infatti, posso voltarmi e guardarlo direttamente negli occhi senza vacillare, provandogli la mia sincerità.

Comprendo che mi ha creduto perché distoglie lo sguardo e intercetta i suoi vestiti sparsi sul pavimento lasciandosi andare a un sorriso irriverente. Le fossette che scavano le sue guance sembrano invitare le mie dita a colmare quei vuoti, ma le sue insinuazioni mi impediscono di muovermi.

«Quindi sei sicura di non volere il bis?»

Avvampo ancora, affrettandomi a gettargli la coperta che stringo tra le mani direttamente sul viso mentre mi volto a recuperare le scarpe per indossarle. Dovrei tornare a casa – in realtà dovrei essere da Lara Jin o almeno da Natalie – e devo trovare il modo di essere lì molto presto.

Il suono della sua risata cristallina non mi distrae dai miei propositi di fuga, al contrario del suo profumo pungente che invece ha il potere di farmi scattare all'improvviso, scottata dalla sua vicinanza.

«Buongiorno comunque» mormora abbassandosi alla mia altezza, circondandomi il dorso e allacciando le mani sul mio ventre mentre lascia un bacio sulla guancia.

Il mio collo si estende di rimando anche se non è stato minimante solleticato; normalmente mi sarei risentita del modo in cui il mio corpo sembra rispondere più a lui che a me quando è nelle vicinanze, questa volta mi limito a sorridere – arresa al mio destino di ferro che viene plasmato dalla sua calamita – e volto il capo per incontrare la sua bocca.

«Buongiorno» gli sussurro sulle labbra, salvo poi ritrovarmi inghiottita dal suo abbraccio. Le mani si posano sui fianchi dopo avermi avvolto la schiena e mi spingono ad aderire contro di lui, con il viso contro il suo petto a inalare il suo profumo pungente mentre lui mi bacia il capo.

«Oggi sei mia, voglio portarti in un posto» annuncia dopo essersi staccato, dirigendosi verso il suo armadio ed estraendone una tuta e una giacca a vento.

«Dove?» domando senza distogliere lo sguardo, gli occhi fissi sui muscoli del dorso che si piegano mentre indossa il pantalone e poi la t-shirt.

«Non te lo dico, ma prima devi passare a casa a cambiarti» si volta di nuovo verso di me, facendomi l'occhiolino e invitandomi a uscire dalla porta laterale e attenderlo nel vialetto.

Sgattaiolo fuori nel completo silenzio, appellandomi a tutta la fortuna che non ho avuto per la mia intera esistenza affinché decida di venirmi a trovare proprio oggi, evitandomi domande imbarazzanti quali: «Che ci fai nel mio giardino a quest'ora?».

A quanto pare qualcuno lassù ha deciso di assistermi perché Ander compare dalla porta d'ingresso dopo un paio di minuti, invitandomi a salire sulla moto e annunciando di aver parlato con Natalie circa la notte appena trascorsa. Dubito che le abbia raccontato qualcosa, ma sono altrettanto certa che la ragazza sia perfettamente in grado di trarre da sola le sue conclusioni.

Il tragitto in moto e devo confessare che mi sto abituando a questo mezzo di trasporto. Insomma, lo considero pur sempre uno strumento del demonio, ma se non altro riesco a tenere gli occhi aperti e concentrarmi sul paesaggio che si alterna tra i tornanti.

Quando infilo le chiavi nella toppa sento dei passi concitati dietro la porta e subito dopo le braccia sottili di Sebastian si aggrappano alle mie gambe.

«Ciao Hildaaa» mi accoglie una vocina acuta e strascicata, tipica dei bimbi.

«Seb, lasciala entrare» lo riprende William dal salotto dopo avermi salutato, accorgendosi solo in seguito della presenza di Ander alle mie spalle, «Ah, ciao Ander, mangi con noi?».

«No, grazie, già fatto. Sono passato da Natalie per vedere come stava e le ho portato la colazione, adesso ho accompagnato solo Hilda cambiarsi ché dobbiamo uscire» spiega lui mentre io mi avvio per le scale, drizzando le orecchie alla domanda successiva di Will.

«Dove andate?»

«Te lo dico appena sarò sicuro che non stia origliando dalle scale.»

Inquietante, questo è decisamente inquietante. Mi affretto a salire e recuperare un leggings scuro, una t-shirt e una felpa da indossare, poi Penelope irrompe nella stanza.

«Che stai facendo?» domanda curiosa, soffermandosi sull'abbigliamento sportivo che non è ciò che prediligo di solito.

«Ander è passato a prendermi da Natalie e dice di volermi portare in un posto» rifilo la stessa versione che l'altro ha riferito a William. In fondo è una piccola bugia a fin di bene, sarebbe troppo complesso spiegare i motivi per cui mi sono ritrovata a casa di Ander.

«Posso venire?» mi prega, incrociando le mani all'altezza del petto e mostrando la migliore faccia da cucciolo del suo repertorio, con gli occhi lucidi e le labbra sporgenti.

L'onere di darle una risposta mi viene risparmiato da Ben, che si affaccia dalla porta aperta e le dice: «Meglio di no Penny, lasciali un po' soli» e si congeda con un occhiolino portandosi via la sorella. Ecco, Ben ha decisamente fatto due più due e ha tratto le sue conclusioni.

∽✵∼

Non saprei dire con esattezza da quanto tempo stiamo camminando. Sembra passata un'eternità, ma il sole che splende alto nel cielo mi fa presumere che sia all'incirca mezzogiorno, per cui devono essere passate più di due ore dal nostro arrivo.

L'unica cosa che Ander mi ha detto è che saremmo andati al Point Reyes National Seashore perché voleva mostrarmi un posto bellissimo. Siccome l'ultima volta mi ha portato al Wave Organ non ho opposto particolare resistenza, salvo poi scoprire che tra andata a ritorno avremmo dovuto percorrere tredici miglia di sentieri impervi, con la natura incontaminata che si oppone al nostro passaggio ponendo radici e massi come ostacoli.

«Ci siamo quasi» annuncia il ragazzo di fronte a me quando ormai i raggi del sole penetrano a fondo nella fitta vegetazione che si dirada a ogni passo macinato.

Quando finalmente ci lasciamo la riserva alle spalle mi immobilizzo sul posto, le gambe impossibilitate di compiere l'ennesimo movimento. Ciò che osservano i miei occhi è una distesa rocciosa che termina in una serie di scogli, i quali accolgono un corso d'acqua che si getta da quell'altezza direttamente nell'oceano sottostante.

«Benvenuta alle cascate Alamere» sorride Ander, beandosi della mia espressione stupita – con le labbra socchiuse e gli occhi spalancati – catturata dal fluire dell'acqua che imperterrita si scontra contro la parete rocciosa e raggiunge l'oceano.

Ci avviciniamo con cautela, prestando attenzione a non scivolare a causa delle superfici umide – la mano di Ander sempre saldamente ancorata sul mio ventre per permettermi di sporgere più del dovuto senza rischiare.

Io amo l'acqua, il mare è sempre stato il mio fedele compagno fin dalla tenera età, e non avrei mai creduto che un'acqua così diversa da quella a cui sono abituata potesse suscitarmi tali emozioni.

Il mare della mia isola è placido, quieto, tranquillo, per questo mi sono sempre sentita affine a esso. Qui, invece, scopro onde corpose, un flusso irruento e un oceano tempestoso senza tuttavia risultare una minaccia. È solo un differente modo di mostrarsi e muta anche il mio animo.

Non mi sento più inerme, non mi sento più bianca, non fuggo. Quando la luce si riverbera sulla mia pelle candida scopro un arcobaleno di colori ad avvolgermi, due braccia possenti che mi stringono, una nuova energia a scalfirmi il petto che non estingue il fuoco che divampa quando Ander mi è vicino, bensì lo alimenta direttamente con la forza conferitami dall'oceano.

Con qualche difficoltà raggiungiamo Wildcat Beach, da cui si possono ammirare le cascate in tutta la loro maestosità. Osserviamo un religioso silenzioso, lasciandoci cullare dai suoni della natura e udendo il fragore dell'acqua che si riversa sulla spiaggia sottostante, infrangendosi contro la parete rocciosa e schizzando in ogni direzione.

Oggi è una giornata particolarmente soleggiata, quasi fuori stagione, ma l'acqua rimane comunque gelida, tuttavia avverto l'impellente desiderio di divenire tutt'uno con essa. Lascio cadere lo zainetto sulla sabbia e sfilo la giacca e la felpa sotto lo sguardo attonito di Ander.

«Che diavolo stai facendo?» domanda mentre io non posso fare a meno di sorridere. La brezza marina mi avvolge, asciugando i rivoli di sudore causati dalla lunga passeggiata mentre la salsedine si insinua sotto la pelle, imprimendosi fin dentro le ossa, avvolgendo i miei organi e donandomi così l'irruenza tempestosa dell'oceano.

Abbandono le scarpe accanto allo zaino e mi dirigo il più vicino possibile alle cascate, lì dove gli schizzi d'acqua sono maggiori, attraversando gli scogli più stabili per infilarmi quasi sotto il getto d'acqua, mentre Ander osserva i miei abiti spalmarsi contro il corpo scuotendo la testa.

«Tu sei completamente pazza, l'acqua è ghiacciata, vieni via di lì» mi intima, senza riuscire a smettere di sorridere di fronte alla mia espressione beata.

Non mi importa della temperatura dell'acqua, mi asciugherò sotto questo sole anomalo. Tutto ciò di cui ho bisogno adesso è che l'oceano mi doni parte della sua indole, penetri sotto la pelle, si mischi al midollo e con esso raggiunga il cervello, superando la barriera costituita dalle meningi; voglio che invada le circonvoluzioni cerebrali, si impadronisca dello spazio extracellulare e si confonda tra le suture delle ossa del cranio.

A quel punto non avrò più scampo perché l'oceano sarà definitivamente dentro di me, mi avvolgerà quell'emozione totalizzante che solo l'acqua può donare.

«Ti assicuro che è bellissimo, dovresti provare» lo sfido, e immediatamente ricevo il suo ghigno in risposta.

Ander si sfila gli indumenti e mi raggiunge correndo, rallentando il passo solo per non scivolare sugli scogli rischiando di travolgermi.

«Cazzo che freddo» trema quando mi è di fronte, qui dove il getto d'acqua si spezza contro la parete rocciosa e si infrange direttamente sui nostri capi.

Sicuramente è troppo rovente per bearsi di quel confortevole freddo, ma vi si è gettato a capofitto sapendo di trovare le mie braccia ad accoglierlo. Porto le mani sul suo collo, spingendolo ad abbassarsi alla mia altezza per baciarlo. Le labbra di Ander sono ciò che più anelo, morbide e adesso salate – lo stesso sapore del suo oceano, lo stesso sapore del mio mare.

«Chi sei tu, che ne hai fatto della mia fatina?» domanda con un ghigno irriverente quando ci stacchiamo per riprendere fiato.

La risposta a questa domanda è semplice: sono sempre la stessa Hilda, forte in battaglia che ha sconfitto le sue rose; fuggitiva che ha imparato a restare; pelle pallida a nascondere una miriade di colori; ossa e muscoli gracili che racchiudono un'anima di diamante.

Sono un involucro di incoerenze. Sono bonaccia che si riscopre tempesta.

Sono io anche se non voglio.

Ma quanto sono adorabili questi due? Io sempre più innamorata di loro 😍

Ormai ci siamo, Hilda ha ceduto e le cose tra loro si stanno smuovendo, ormai è tutto zucchero e miele. So che non vi fidate di me, ma vi assicuro che non c'è nessuna fregatura ahahah

In fondo i limiti della relazione li conosciamo bene esattamente come li conoscono loro, purtroppo non ci si può far nulla 👀

Vi annuncio che manca ufficialmente un solo capitolo alla conclusione, dopodiché con l'epilogo si chiuderà definitamente questa storia ❤️

Confesso di essere emozionata e sono curiosa di sapere cosa penserete della storia nel suo insieme... Però, siccome non voglio appensatirvi troppo dato che sono lunghi, verranno pubblicati i prossimi venerdì 🦋

Luna Freya Nives

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