Capitolo 13:Asher

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<<Cosa è successo a tua sorella?>> domandò Aline e io finalmente spostai lo sguardo dalla porta da cui pochi secondi prima erano usciti Eloise e Cedric.

<<Cos'è successo ad Ashely?>> chiesi preoccupato per poi insultarmi mentalmente per la mia distrazione... Aline si riferiva all'altra sorella, ovvIo!

<<Il giorno del ballo... è stata spinta giù dal tetto della scuola.>> risposi evitando di scendere troppo nei dettagli, non che sapessimo poi così tanti dettagli.

Le prime settimane erano state terribili: a casa mi dovevo confrontare con la visione del mio angelo a cui avevano spezzato le ali; appena uscivo chiunque mi chiedeva cosa le fosse successo e mi ritrovavo a parlare con gli occhi vuoti, mentre nella mia mente si ripresentava l'immagine del suo corpo scomposto sul cemento.

Dopo circa due settimane dal suo ritorno era ormai storia passata e tutti erano andati avanti con le loro vitae, quindi la sua domanda mi colse alla sprovvista e mi chiesi se me lo avesse domandato per educazione, perchè sperava in qualche informazione succulenta del perchè si trovasse là sopra, oppure. perchè veramente non lo sapesse.

<<Oddio, è una cosa terribile... non lo sapevo. Mi dispiace>> da come parlò stabilì che quella giusta era la terza opzione.

Aline era completamente diversa dalle ragazze con cui ero uscito fino a quel momento, volevo provare ad avere una relazione seria, ad andare avanti.

L'avevo conosciuta alle medie, quando eravamo stati messi nello stesso gruppo per un progetto, e evevo scoperto che era davvero molto simpatica. Nell'arco degli anni avevamo mantenuto un rapporto di semi-amicizia: ci salutavamo se ci incontravamo, alle volte mi aiutava se avevo bisogno in qualche materia e mi proponevo di fare lo stesso, nonostante fosse troppo inteliggente perchè io potessi aiutarla veramente in qualcosa.

Alle volte uscivamo per un gelato, anche se accadeva abbastanza di rado, e quando lo facevamo mi parlava del suo sogno di andare ad Harvard e del fatto che fosse l'unica cosa su cui andasse d'accordo con i suoi genitori.

Io in risposta le parlavo di come andassero le cose con la squadra e della partita che avrei dovuto giocare di lì a poco.

Purtroppo però per quanto la trovassi bella, simpatica e intelligente non riuscivo a farmela piacere come desideravo e come lei meritava. Mi piaceva, sì, ma come amica.

L'unica cosa che mi rimaneva era sperare che con il tempo fossi riuscito a innamorarmene come lei si meritava.

Mi sentivo anche in colpa alle volte, perchè lei non era stupida come le altre con cui ero uscito fino a quel momento: era acuta e quando mi scrutava sembrava quasi che sapesse più di quanto avrebbe dovuto, certe volte mi chiedevo se nonostante ci fossimo messi insieme lei in realtà sapesse benissimo che non provavo per lei quello che avrei dovuto.

Forse il motivo per cui avevo scelto lei era la sua imminente partenza per Hardvard che sarrebbe avvenuta a settembre, grazie a una borsa di studio: se un giorno l'avessi lasciata perchè mi sarei reso conto che la mia idea era fin troppo stupida, non avrebbe sofferto in modo spropositato... era intelligente e consapevole che a diciotto anni, dopo solo qualche mese di fidanzamento, una relazione a distanza aveva poche probabilità di sopravvivere.

<<Tranquilla, adesso sta bene... ha quasi riacquisito la totale funzione delle gambe, diventereste amiche a parer mio>> sorrisi <<È una persona fantastica e piena di tenacia,oltre che davvero intelligente, proprio come te>>

Fece mezzo sorriso con una scrollata di spalle come a volersi sminuire.

<<L' ammiri molto>>

<<È la persona che più amo al mondo, non potrei vivere senza di lei>> affermai per poi aggiungere immediatamente <<scusa>> rendendomi conto che quella che avevo davanti era la mia ragazza, ed era lei che avrei dovuto amare con tutto me stesso.

O almeno, credevo... non avevo mai avuto relazioni in cui cìera qualcuno si aspettasse veramente di sentirsi dire ''Ti amo'' dall'altro; erano regolate dalla muta consapevolezza che non erano relazioni serie.

Lei scosse la testa:<<Si vede da come la guardi che la ami>>

Appena inizò a parlare io sentii il mio cuore battere forte, così forte che mi dovetti sedere prima di svenire... cazzo, l'aveva capito. Come aveva fatto? Quanto cazzo era sveglia?

Ero letteralmente fottuto e non mi rimaneva che sperare che tenesse ciò per se.

<<Aline...>> iniziai ma lei continuò interrompendomi.

<<Non ti devi scusare, è una cosa bellissima vedere un fratello che ama talmente tanto la sorella... non c'è niente di più bello e puro dell'amore fraterno, secondo me>>

Tirai un sospiro di sollievo e l'aria tornò a circolare nei polmoni, ero salvo, ma dovevo fare più attenzione quando parlavo, se volevo evitare l'avvenire di una catastrofe che avrebbe travolto me, ma anche la mia famiglia.

<<Tu sei figlia unica, no?>> domandai cercando di nascondere tutte le emozioni che mi avevano invaso nel giro di circa trenta secondi, sebbene sapessi che la risposta era affermativa.

Invece scosse la testa con mia sorpresa:<<Avevo una sorella... sarei morta per lei>>

<<Cosa le è successo?>>

<<Meningite... era piccola e fragile, e i miei genitori così concentrati sul resto>> sbottò, poi si morse il labbro inferiore e prima che potessi dire qualsiasi cosa scosse la te testa <<Non ne voglio parlare>>

Annuì, consapevole di cosa significasse voler spegnere quel lato del cervello che riportava alla luce i cattivi pensieri.

Mi avvicinai e la strinsi tra le braccia per confortarla, poi lei posai un bacio sulla fronte e in fine feci sfiorare le mie labbra con le sue. Tuttavia il mio pensiero, anche in quel momento, come accadeva sempre volò a Eloise.

<<Ti piace disegnare?>> chiese e seguendo il suo sguardo intercettai alcuni fogli che erano stati abbandonati sul tavolo e mi maledissi mentalmente.

<<Si, ma è un segreto>> sussurrai, li avevo dimenticati là la sera precedente, solitamente li nascondevo, non mi piaceva che la gente vedesse i miei disegni perchè esprimevano come mi sentivo e odiavo quando gli altri erano consapevoli del mio stato d'animo... perchè quando accadeva riuscivo a scorgere solo compassione e pietà negli occhi di chi mi guardava.

E io odiavo leggere la compassione e il dispiacere negli occhi di tutti quelli che mi circondavano... mia madre, mio padre, Ashley, Cedric, persino Lexa.

Solitamente a loro mostravo altri disegni, quelli per cui mia mamma mi guardava sorridente e compiaciuta per poi dichiarare che io ero la certezza di un futuro per la casa di moda, con i miei abiti dai toni ora scuri e cupi, ora angelici e elegentati che a detta di mia madre, raccontavano una persona senza che essa aprisse bocca.

Non mi chiese perchè era un segreto ma bensì:<<Perché una piuma?>>

Sorrisi, l'avevo disegnato qualche notte prima, dopo che Ashley mi aveva costretto a guardare ''Piuma'' con lei.

Quel film ere il genere che descriveva perfettamente i gusti di mia sorella, ma non i miei... purtroppo, era lei la ''maggiore'' anche se di pochi secondi e a parer suo, quei pochi secondi erano sufficenti a darle l'autorità di decidere tutto, sebbene fossi abbastanza convinto che anche se io fossi stato il più grande con il suo caratteraccio avrebbe sempre e comunque scelto tutto lei sottomettendomi.

Ma in parte avevo apprezzato quel film e una frase mi era rimasta impressa :<<Perché certe volte bisogno essere leggeri, leggeri come una piuma. Per poterci sollevare dalla terra e da tutto il suo male>>

Aline sfiorò i contorni della piuma impressi con la matita, con delicatezza, quasi come se stesse sfiorando una piuma vera, poi sospirò: <<Già...>>

Quella sera, dopo il film mia sorella era andata a dormire sfinita e io ero imasto solo, chiedendomi se io ero in grado di farlo... riuscirmi a sollevare da terra, lasciare tutti i miei pensier e sorvolarli. Sarei stato in grado di lasciare anche Eloise a terra?

Avevo iniziato a disegnare quella piuma ascoltando il silenzio della notte e ripetendomi questa domanda, alla fine giunsi alla conclusione che più che una piuma, ero un uccello senza piume.

Un uccello che non era in grado di volare.

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