Capitolo 2: Eloise

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Avete presente la sensazione di essere imprigionati e di non potervi muovere? Probabilmente no, o forse, per voi era solo una metafora.

Per me, invece, era l' espressione letterale di ciò che provavo in quel momento, era come avere delle catene alle gambe che mi impedivano il movimento, ma le catene erano invisibili... erano le mie stesse gambe le mie catene.

Sobbalzai nel mio letto quando qualcuno bussò ed entro senza attendere risposta... perché facevano sempre in quel modo?

<<Perché bussi se poi entri lo stesso?>> domandai al ragazzo che mi sorrideva sull' uscio della porta.

<<Sulla porta c'è scritto di bussare, non di aspettare conferma per entrare>> disse con un ghigno da saputello mentre prendeva posto sul mio letto.

Buttai gli occhi al cielo per le sue parole, cercando di nascondere mezzo sorriso che era riuscito a provocarmi.

<<Prenderò in considerazione l' idea di aggiungerlo al cartello, ma avevo detto chiaramente ai gemelli che volevo stare sola>>

<<Infatti, l'hai detto a loro, a me non hai detto proprio niente>> mi rispose con il suo solito sorrisetto, poi mi guardò attentamente <<vieni di là, non ti fa bene stare sempre sola>>

<<Non mi posso alzare>>

<<Bhe, se è questo il problema lo possiamo risolvere facilmente>>

Detto questo, mi sfilò di dosso il lenzuolo che mi copriva le gambe e si avvicinò, posizionò il suo braccio destro attorno al mio collo e il braccio sinistro sotto le mie gambe per sollevarmi, come una principessa.

<<Che stai facendo?>> urlai anche se non avevo bisogno che me lo spiegasse.

<<Ti porto di là, hai detto che non ti potevi alzare, ma c'è una soluzione a tutto... ti avviso che sei piuttosto leggera e facilmente trasportabile>>

Facilmente trasportabile? Ero diventata un pacco postale?

<<Dai... Cedric>> mi lamentai, mentre entravamo in salotto e mi depositava sul divano.

<<Non ci credo!>> esclamò Ashley <<Sei riuscito veramente a farla uscire da quel buco.>>

<<La mia camera non è un buco, é più grande della tua!>> mi ribelliai, anche se sapevo che la sua frase non era riferita all' area della camera.

<<È sempre la solita>> ridacchiò Cedric sedendosi accanto a me <<non le passerà mai la sua ironia>>

<<Per fortuna>> aggiunse Ashley <<Eloise senza la sua ironia non sarebbe più Eloise>>

<<Lo so, sono troppo simpatica>> commentai sempre ironica, era bello sapere che nonostante tutto quello che avevo passato il nostro rapporto era sempre lo stesso... battute e prese in giro.

Però dentro di me sentivo un vocina che mi consigliava di godermi il momento, perché mi attendevano periodi bui.

Ashley si alzò e andò verso la porta saltellando, con un sorriso troppo radioso per i suoi standard. Nello stesso momento, mi accorsi anche che non indossava una t-shirt e un paio di shorts come suo solito ma bensì un elegante vestitino a fiori che non mi sarei mai aspettava di vederle addosso.

<<È per me>>

Appena Ashley aprì la porta, notai una ragazza dai lunghi capelli castano scuro e un sorriso stupendo che salutò mia sorella con un bacio sulle labbra.

La ragazza a me sconosciuta era piuttosto alta e di costituzione media, ma il vestitino che indossava la slanciava.

<<Esmeralda>> disse a modo di saluto Asher, non era né sorpreso né preoccupato di chi fosse la ragazza e sospettai che sapessero qualcosa in più di me.

Sapevamo che Ashley era attratta principalmente dalle ragazze, una cosa che non ci turbava particolarmente e tantomeno ai nostri genitori, per fortuna, ma non sapevo che si fosse fidanzata.

<<Esmeralda?>> domandai in un sussurro a Cedric che era posizionato a pochi millimetri da me <<Cosa mi sono persa?>>

<<È la sua ragazza>> rispose sempre in un sussurro.

<<Grazie, non l'avevo capito>> ironizzai.

<<Non aspettatemi per cena>> avvisò Ashley mentre usciva di casa mano nella mano con la bruna.

<<Ah, bene, c' è qualcun'altro che si è fidanzato tra di voi?>> domandai appena fui certa che le due ragazze erano fuori portata d' orecchio.

Se avessi saputo che quella sarebbe stata l' ultima cosa che avrei detto senza essere tormentata dal continuo presentimento che tutti in torno a me mi stessero nascondendo qualcosa, probabilmente avrei evitato di dire quelle parole.

<<Sì, tuo fratello ha deciso di uscire con le tue barbie>> rise Cedric, mentre mio fratello gli alzava il dito medio.

<<Non mi sorprende, dato che ormai è uscito con tutte le barbie a scuola>> commentai io con un tono leggermente acido, quel suo fare da badboy con tutte le sue compagne mi aveva sempre infastidita ed era una delle cose che odiavo più di lui.

Se Cedric chiedeva a una ragazza di uscire solo quando ormai ne era completamente cotto, Asher era l' esatto opposto: se una ragazza gli sembrava carina ci tentava, senza mai avere idee troppo serie.

 <<Non le puoi dare torto, praticamente ti sei fatto quasi tutte le cheerleader>> mi appoggiò Cedric.

<<Non esagerate>> si difese <<perché invece non parliamo di Cedric che lascia rose nelle camere di povere ragazze ricoverate?>>

Quella fu la frase che trasformò la nostra discussione.

Per la prima volta mi sembrò di percepire nella voce di Asher non solo il tono scherzoso e strafottente che assumeva solitamente con Cedric e con chiunque altro si trovasse davanti, il quale infastidiva tanto mia madre, ma anche una sfumatura acida che dava alla frase un tono di... sfida? Rabbia? Gelosia? Rancore?

Si, forse era proprio gelosia; ma non era semplice gelosia fraterna...

Cedric avvampò e un rossore che gli donava gli colorì il viso, tuttavia lui non diede segno di essersene accorto e rispose senza imbarazzo nella voce.

<<Un pensiero gentile, c' è chi le ragazze non le usa solo per andarci al letto>>

Aveva punto nel vivo.

<<Non esagerare, non ho mai toccato ragazze come Alexa Lodge o Betty Drake. Sappiamo bene che non tutte le ragazze sono uguali>>

Una persona che li avrebbe ascoltati, avrebbe pensato a normali battutine tra amici. Ma io non ero una persona qualunque e sapevo riconoscere quando scherzavano e quando no.

Mi sembrava di trovarmi in un bar con due persone che se le sarebbero date di santa ragione, ma per qualche motivo non potevano farlo in quel luogo o in quel momento e perciò si limitavano a frecciatine piuttosto acide.

E la cosa mi preoccupava perché era evidente che avevano litigato, e loro non litigavano mai.

Cedric stava per ribattere, ma mia madre entrò in casa e fece finire la discussione, non sapevo se fosse una cosa positiva in quanto li aveva fatti smettere di litigare o pessima perché non avrei mai capito quale fosse la causa delle loro liti.

<<Dobbiamo andare>> disse semplicemente guardandomi, ma appena provai ad alzarmi la poca gioia che avevo accumulato in quei momenti di normalità svanì, riportandomi alla triste realtà in cui io non ero che un'invalida.

Prima che potessi chiederlo Cedric mi prese in braccio per aiutarmi a scendere, la cosa positiva dell' essere una ballerina era che il mio corpo era abituato a essere sollevato.

<<Amore, sicura di non volere...>> iniziò mia madre appena salì in macchina grazie all' aiuto di Cedric che mi salutò con un bacio sulla guancia.

<<Devo riprendere a camminare, è una questione di tempo. Tra qualche settimana inizierò a camminare con le stampelle>> la bloccai prima che potesse ribattere <<Io riprenderò a camminare>>

<<Eloise... lo sai che ci vuole tempo. Ci potrebbero volere mesi... anni persino.>>

<<Farò gli esercizi anche di notte se necessario. Farò qualsiasi cosa, qualsiasi cosa mi verrà chiesta pur di riprendere a danzare>>

Mia madre tirò un sospirò.

<<So che per te è difficile. Ma per ora sei qua, sei viva, respiri e mi basta questo, con il tempo riprenderai a camminare. Ci basta che sei viva>>

<<A qualcuno invece bastava che non lo fossi >>

Lo dissi sottovoce, così piano che pensavo non mi avesse sentito, non volevo che si dispiacesse ancora di più per me. Non avrei dovuto dirlo, ma era stato più forte di me dire per una volta il mio pensiero ad alta voce.

Scoprì che mi aveva sentito, quando mi rispose un po' rammaricata.

<<Per ora stiamo indagando, già abbiamo i primi sospettati. Ti assicuro che quando scopriremo chi è stato, desidererà essersi buttato anche lui dal tetto quel giorno.>>

Sospettai che sapesse qualcosa di più di quanto lasciasse trapelare... magari avevano già una pista o qualcosa del genere, ma non feci domande sapendo che sarebbero rimaste senza risposta. E forse, nemmeno la volevo.

<<Matt e Havana Gray?>> chiesi con un sopracciglio alzato, nessuno aveva accennato a loro ma immaginavo che qualcosa da dire su di loro ci fosse.

<<In attesa del processo... so che non vuoi rivederli in faccia, ma se non chiedo troppo vorrei che fossi presente quel giorno>> rispose in tono abbastanza deciso.

<<Non ho scelta, vero?>> 

<<Eloise, abbiamo sempre una scelta. Però io penso che dovresti venire.>>

Stavo per domandarle il perchè, quando però fermò la macchina di fronte a un grande centro ospedaliero che da quel momento in poi sarebbe diventato come una seconda casa.

<<Siamo arrivati>>

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