Capitolo 3: Asher

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''I hate and love. Perhaps you're asking why I do that?

I don't know, but I feel it happenning, and I am racked.''

Guy Lee, traduzione Odi et amo (Catullo)


Ero in balcone con lo sguardo rivolto verso il cielo, era passata la mezzanotte da un po' ed essendo che era martedì non c'era molta confusione nella zona, così avevo la possibilità di poter stare là sopra a pensare a quanto facesse schifo la mia vita.

Ero perdutamente innamorato di una ragazza che mi odiava; forse non mi odiava nel vero senso della parola, ma i nostri rapporti non erano troppo amichevoli. Certo, dall' andare in disaccordo all' odiarsi, c'era un oceano... 

E speravo con tutto il cuore che quell' oceano persistesse, non avrei mai potuto accettare l' idea che lei mi odiasse, anche se ero abbastanza convinto che se avesse saputo quello che provavo per lei, l'avrebbe fatto.

Prima, pensavo che se non l' avessi più vista per un po' di tempo magari sarei stato meglio e avrei smesso di pensarla, poi, durante il mio terzo anno avevo passato un trimestre in Europa lontano da lei,  e avevo cambiato idea: preferivo vederla tutti i giorni, pur cosciente che non l' avrei mai potuta avere, che non vederla mai.

Molte persone avrebbero pensato che il mio fosse masochismo, invece non era così.

Io potevo guardarla, parlarle, chiacchierare con lei, chiederle di uscire, abbracciarla quando volevo con la sola scusa che mi andava di farlo.
Potevo dirle che la amavo.
Potevo essere geloso ed essere giustificato, solo, non potevo averla.

Non potevo baciarla, non potevo passare le notti  abbracciato a lei, non avrei mai potuto avere dei figli con lei o un qualsiasi rapporto di quel genere. Non le avrei mai potuto dire un ''Ti amo'' mentre le donavo un anello.

Quelle cose le avrebbe fatte con qualcunaltro e avrei dovuto starle accanto in quei momenti, dirle che ero felice per lei.

Quando invece sarei stato tutto tranne che felice.

Io potevo starle vicino in eterno, al contrario di molti ragazzi che non avevano la mia stessa fortuna con la loro amata. Ma non avrei mai potuto portarla su una ruota panoramica vicino il Golden Gate Bridge, e mentre dall' alto si vedeva tutta San Francisco e dirle ciò che provavo.

Tuttavia, l' ultima cosa che desideravo era confessarglielo, perché quel segreto era il primo di una lunga catena di segreti incofessabili.

Improvvisamente sentii dei suoni provenire dalla camera accanto che mi distrassero dai pensieri che ultimamente, sempre più spesso, mi attanagliavano insieme a decine di preoccupazioni. Inizialmente pensai di averli solo immaginati, uno scherzo crudele del sonno: ero stanchissimo, ma tuttavia non riuscivo a chiudere occhio.

Poi li risentii e decisi di entrare a controllare, appena passai vicino la camera di Eloise ebbi un tuffo al cuore.

Eloise era una di quelle ragazze che solitamente quando dormivano sembravano la reincarnazione dell' arcangelo Gabriele: una chioma bionda che le contornava il volto, le labbra sottili e gli occhi socchiusi,quella bellezza che resteresti a guardare per ore e ore.

In quel momento, invece, sembrava piuttosto che fosse posseduta: il letto era completamente sfatto, le lenzuola tirate tanto da far vedere il materasso, i piedi scoperti e i capelli le ricadevano sul viso finendole anche in bocca.

Decisi di avvicinarmi per coprirla bene, in modo che non le venisse qualche malanno e in quel momento mi resi conto che stava parlando.

<<No, no... per favore.>> si iniziò a dimenare e mi diede un involontario schiaffo sulla mano (o almeno sperai che fosse involontario)<<stammi lontano stronzo>>

Sentii il mio cuore spezzarsi, pensando che fosse cosciente e che fosse arrabbiata con me, poi però parlò di nuovo e capii che stava ancora dormento.

<<Matt>>

Mi avvicinai e mi resi conto che aveva il viso bagnato da milioni di lacrime, mi faceva male al cuore vederla in quello stato.

<<Eloise svegliati>> sussurrai senza che però lei mi sentisse<<Eloise>>

Sembrò calmarsi ma non si svegliò, quindi mi limati a sedermi sul bordo del comodino e a prenderle la mano per accarezzarle il dorso.

Smise di muoversi e smise anche di parlare, ma aumentarono le lacrime.

Per un momento fui tentato di svegliarla e dirle che andava tutto bene, che ero là per lei e ci sarei sempre stato finché avesse voluto la mia presenza e probabilmente anche quando non l'avrebbe voluta, tuttavia non feci nulla e rimasi semplicemente fermo ad accarezzarle la mano.

Era troppo buona perché le accadesse una cosa del genere. Perché l'universo la odiava così tanto? Perché sembrava che volese schiacciarla, sopprimerla?

Poi riprese ad agitarsi con violenza e mi morsi un labbro per reprimere l'istinto di svegliarla e stringerla a me, guardarla negli occhi e rassicurarla del fatto che andasse tutto bene.

Da qualche parte avevo letto che era meglio non svegliare le persone durante i loro incubi... tuttavia, dopo pochi secondi iniziò ad agitarsi ancora di più e non riuscii a trattenermi, prima che potessi riflettere l'avevo già svegliata.

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