Capitolo 11

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Hold me close

Hold me close and don't let me go

Hold me close

Like I'm someone that you might know

- U2


Con Iris riuscì a scambiare quattro chiacchiere solo più tardi, quando lei gli fece visita in camera, mezz'ora prima di cena. Non aveva potuto parlarle perché era stata occupata a mettere a posto le sue cose; lui, dal canto suo, era stato impegnato nel subire una rimbeccata dalla madre di nascosto al padre perché, a detta sua, il suo comportamento era stato troppo imbarazzante, quindi avrebbe taciuto con Stephen a patto che ne fosse pentito. A suo favore rimaneva il fatto che Alec era davvero dispiaciuto, e non c'era bisogno che si prodigasse per dimostrarlo, dal momento che l'aveva scritto in faccia.

Si era quindi liberato di Louise piuttosto con facilità, sentendo crescere l'urgenza di vedere la sorella ogni secondo di più. Ciononostante, non aveva voluto disturbarla: già il viaggio doveva essere stato stancante. Era però venuto a conoscenza del rifiuto categorico della giovane nei confronti di Adam, quando le era stato presentato, proprio come si sarebbe aspettato da lei.

«Alec!» esclamò la ragazza correndo verso di lui dopo essersi richiusa la porta alle spalle.

I due si scambiarono un lungo abbraccio. Non avevano, forse, il più tranquillo rapporto di fratellanza, ma erano molto uniti e in situazioni del genere potevano esserne pienamente sicuri.

Dopo che Iris gli ebbe fatto notare quanto fosse strano con la testa quasi del tutto rasata, gli si sedette accanto sul letto, facendo ciondolare le gambe che da quell'altezza non toccavano terra.

Alec osservò come i capelli dorati di lei sembravano essere cresciuti in quei giorni, come per dimostrargli la lontananza che li aveva tenuti separati. Il fiocco che li teneva parzialmente raccolti si era afflosciato, segno che non lo sistemava da un pezzo, e ora pendeva dalle ciocche come se minacciasse di cadere da un momento all'altro. Allungò una mano e lo tirò via. Sul viso infantile di lei si dipinse un sorriso che le riempì le guance. A volte Alec si domandava come potesse essere così autoritaria e diligente se all'apparenza ricordava una bambina. Ma lui aveva sempre amato il suo aspetto, quindi sperava che non cambiasse poi troppo col trascorrere degli anni.

«Mi sei mancato» gli rivelò lei, pizzicandogli un braccio. «Al tuo posto non sarei mai sopravvissuta da sola in territorio nemico.»

Se c'era qualcuno che, forse, odiava stare in casa Brass più di lui, quella era Iris, che fin dall'infanzia si era programmata un futuro perfetto, e quest'ultimo non prevedeva un matrimonio, specialmente se non ben ponderato.

«La vita qui non è così impossibile. Abbiamo piani per scampare ai progetti di Louise, ma dovremo tener duro.»

Alla ragazza non sfuggì il modo insolito con cui Alec aveva chiamato la loro madre, ma non disse nulla. Invece inarcò le sopracciglia e lo invitò a spiegarsi, specie per quell'uso del plurale, gli occhi color del mare fissi nella loro attenzione. Da che ne aveva memoria, a Iris non era mai sfuggito nulla che lei non volesse tenere in considerazione, pertanto gli era arduo nasconderle segreti. Ciò era tuttavia utile quando percepiva il bisogno di parlarle, come in quel momento, in cui lei si era messa subito in ascolto senza che nemmeno glielo chiedesse.

«Io e Mya...» iniziò, ma lei lo interruppe.

«Non dirmi che gliel'hai data vinta!» urlò con una voce stridula che non le apparteneva, dopo essersi alzata in piedi. Il materasso, libero del poco peso, si era rigonfiato come se lei non vi ci fosse mai stata seduta.

Alec rise davanti alla sua faccia scioccata, emettendo un misto di isteria e ilarità che non riusciva più a trattenere. Con Iris poteva permettersi uno sfogo temporaneo, anche se lei non sembrava dello stesso avviso: i lineamenti del suo viso erano contratti in un'espressione diffidente e indagatrice.

«No» si decise quindi a dire per tranquillizzarla, poi proseguì con la parte più complessa: «Abbiamo trovato un compromesso grazie all'aiuto di Adam.»

Al nome del suo promesso, la ragazza si fece infastidita, mentre tornava a occupare il posto di prima. «Che intendi?» domandò scrocchiando le dita. Alec la imitò quasi inconsciamente, ma incontrò un doloroso fastidio nella mano destra, nel punto in cui aveva colpito Adam.

In brevi e semplici concetti le spiegò il piano. Non ci volle molto affinché la sorella spalancasse la bocca per lo stupore. La vedeva riflettere sulle informazioni, in contraddizione con sé stessa.

«Potresti fare lo stesso con Adam» tentò, cauto.

A quella frase, Iris esplose. «Stai scherzando?! Ti è forse partita qualche rotella a forza di stare qui dentro? Se solo provassi a dargli corda, se ne approfitterebbe di sicuro.»

Alec la osservò assorto, ricordandosi che lui aveva pensato la stessa cosa del giovane Brass prima di conoscerlo. Adesso però non riusciva a considerarlo un pericolo, tutt'altro. Ciononostante, evitò di dirlo perché conosceva Iris e sapeva che non gli avrebbe creduto finché non l'avesse testato sulla propria pelle. Concluse che se ne sarebbe accorta da sola, come se ne era accorto anche lui.

«Prova a parlare almeno con Mya» suggerì, e la vide subito tranquillizzarsi. Aveva optato per la scelta di parole migliore. La ragazza sembrava meno diffidente con la più grande dei due Brass.

Iris sospirò e si stiracchiò. Probabilmente era stanchissima. «Mamma ed Eleanor hanno organizzato un'uscita "tra donne" lunedì, mentre papà si occuperà del trasferimento, quindi passerò il pomeriggio con lei. Vedrò cosa fare, ma non ti prometto nulla.»

Alec la guardò sorpreso, non era al corrente di tutto ciò. Ringraziò di non essere rientrato nei pensieri delle due donne, stavolta, e annuì fiero per ciò che aveva appena udito.

Quando passarono a discorsi più leggeri si sentì rasserenato, tuttavia l'effetto svanì purtroppo nel momento in cui la sorella andò a riposarsi: Alec sapeva già che lo aspettava una notte insonne, ma questa volta era pronto.

Dal cassetto del comodino di fianco al letto tirò fuori il libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca e finalmente iniziò a leggerlo davvero.

*

Alzò gli occhi dalle pagine e si accorse che era passata l'alba da un pezzo. Il libro lo aveva assorbito così tanto che non si era reso conto del trascorrere del tempo. In realtà la trama appariva inizialmente piuttosto scontata, un classico: era la storia di due ragazzi che per via dei genitori non avevano la possibilità di stare insieme, e raccontava le vicende e le peripezie che questi ultimi avevano dovuto affrontare. Non era quello però che l'aveva colpito, bensì il modo in cui tutto scorreva magneticamente nonostante la semplicità delle cose, il coinvolgimento che l' autore riusciva a donare a chi leggeva attraverso i suoi ideali, trasformati in quelli dei protagonisti e poi stampati su carta. Era la particolare purezza di entrambi i personaggi che lo attirava, il dolore che essi provavano e la sensibilità con cui il tutto era stato trattato. Non credeva di poter nemmeno pensare di provare cose del genere, eppure erano state riportate con fedeltà e gli avevano fatto venire i brividi. Sentiva un'empatia unica verso la penna originaria di quel romanzo.

Quasi alle nove di mattina chiuse il volume e lo ripose sul comodino. Aveva letto tanto a lungo che la vista aveva iniziato a incrociarglisi, ma se non fosse stato per quest'ultima avrebbe continuato volentieri, curioso e avido di divorare il finale. Per quanto la storia gli fosse sembrata chiara all'inizio, ora niente era prevedibile, quindi non sapeva cosa aspettarsi.

Le palpebre gli si chiusero, pesanti, e si lasciò andare contro il materasso, felice di poter finalmente dormire. Si accasciò sul cuscino, inspirando l'odore troppo dolce che questo emanava.

In quel momento, alcuni battiti secchi e ripetuti lo richiamarono alla realtà ancor prima che vi si distaccasse completamente.

«Alec, sei sveglio?»

Si mise seduto in fretta nel riconoscere la voce di Adam. Si stropicciò il viso e controllò l'ora: le nove e cinque.

«Entra.» Con un gesto spontaneo si sistemò i capelli, sebbene fossero così corti che non serviva. Non aveva ancora fatto abitudine alla loro mancanza.

La porta si aprì ed entrarono due figure, che per via del sonno ci mise qualche istante a focalizzare. Adam, ovviamente, e Mya; ma che cosa volevano? Li fissò stanco, in attesa che parlassero. La pelle attorno all'occhio di Adam risultava un po' più schiarita rispetto al giorno precedente, immaginava ci avesse messe qualcosa per alleviare il gonfiore poiché stava già tornando alla normalità. Per fortuna non era stato un colpo troppo potente, anche se ciò non lo giustificava davanti all'atto compiuto.

«Mi dispiace se ti abbiamo svegliato» si scusò il giovane Brass con fin troppo ardore. Forse aveva preso a cuore la sua insonnia.

«Ero già sveglio» gli rispose, beccando Mya che lo osservava concentrata. «A cosa devo l'onore?»

Adam gli si accostò e si sedette sul bordo del letto, mentre la sorella rimase in piedi nelle vicinanze a guardarsi intorno in modo vago. Ora che ci pensava, era la prima volta che entrava nella sua stanza. «Volevo stabilire un piano per oggi pomeriggio. Ormai è parecchio che sei con noi, si aspettano qualcosa da te e Mya.»

Intontito dal sonno, non fece altro che reprimere uno sbadiglio e restare in ascolto.

«Staremo a pranzo tutti insieme» intervenne la ragazza. «Sediamoci vicini. Adam non vuole forzare Iris, quindi anche lei starà accanto a te.»

In quel frangente si ricordò della sua chiacchierata della sera prima con la sorella. «Già, lei... è complicata. Non si fida del piano, nonostante sia stato io a proporglielo.»

Adam assunse per un attimo un'espressione sofferente, forse domandandosi perché a lui fosse toccata la sorte più ardua. Poi tornò sorridente e ironizzò: «Avercela con Adam è un difetto genetico, a quanto pare.»

Alec trattenne una risata e ribatté: «Mah, io non lo chiamerei proprio "difetto".»

Mya rise ed entrambi si voltarono verso di lei, sorpresi. Poi si unirono all'entusiasmo per concedersi un momento di svago.

«D'accordo. Dopo il pranzo mia madre porterà i tuoi a visitare il giardino...»

Alec lo interruppe. «Come lo sai?»

Fu Mya a rispondere: «È domenica, lei fa sempre una passeggiata in giardino dopo pranzo.»

«Ma non sa che tu e Mya sarete lì "per caso"» continuò Adam, mimando delle virgolette con le dita.

«Saremo lì?» chiese, senza capire. Si sentiva un po' intontito, forse per via del sonno.

Lui annuì. «Ti sei già dimenticato del piano? Dobbiamo prendere tempo, assecondarli, finché... beh, finché non saremo abbastanza indipendenti da farci una vita nostra e mandarli a quel paese.» Aveva pronunciato quelle parole con leggerezza, ma adesso che Alec lo conosceva un po' meglio riusciva a intravedere la punta di sofferenza nascosta dietro a quel menefreghismo. Certo, dare le spalle all'intera famiglia era qualcosa che spaventava anche lui, ma come loro l'avrebbe fatto se necessario. Così come avrebbe recitato fino a raggiungere l'età per potersene andare.

«Sicuro, assecondarli» gli fece eco quindi.

Adam proseguì con la spiegazione. «Dicevo, tu e Mya sarete lì a cercare un po' di tranquillità per fare ciò che, visto la coppia che siete, volete fare.»

I due chiamati in causa si scambiarono sguardi dubbiosi senza comprensione, ai quali Adam alzò gli occhi al cielo, come se la cosa dovesse essere scontata.

«Baciarvi, ovviamente.»

Il silenzio scese sulla stanza, simulando una quiete che antecedeva la tempesta. Alec poteva sentirla quasi in via di esplosione; la scorgeva sul viso di Mya, sui suoi muscoli pietrificati. La avvertiva anche in sé, persa nel respiro che gli si era bloccato in gola.

«Certo, perché non sposarci subito, allora? Così li facciamo contenti!» inveì la giovane contro il proprio fratello, evidentemente contrariata dall'idea.

«È solo una finta, Mya!»

Lei assunse un'espressione buffa che fece scoppiare a ridere Alec. Quando si voltò nella sua direzione per capire cosa ci fosse di così esilarante, non fece che aumentare le sue risate.

«Ok, dopo pranzo» disse infine per comunicare la sua collaborazione. Non gli interessava alcunché di baciare Mya o meno. Con tutte le ragazze che aveva avuto ai suoi piedi, una in più non avrebbe fatto di certo la differenza. Era solo il modo in cui lei sembrava infastidita a rendere più interessante la cosa.

«Stai scherzando?!» fece Mya, sbalordita per essersi ritrovata sola contro entrambi.

Alec le fece l'occhiolino. «Sì, sto scherzando: mi sto prendendo gioco dei miei genitori, e tu farai esattamente la stessa cosa.»

Lei fece per replicare, ma Adam la pregò. «Avanti, Mya. Si tratta solo di mostrare loro quanto vi "volete bene"» rise.

La ragazza sbuffò sonoramente, ma alla fine accettò, forse più per via del fatto che era in minoranza che per acconsentire al disegno del fratello. «Va bene, ma non voglio sopportarvi un secondo di più. Ci vediamo a pranzo.»

Uscì dalla stanza a passo di marcia senza aggiungere altro, portando via con sé il profumo fruttato che aveva riempito l'aria fino a quel momento.

Adam sospirò e si lasciò andare di peso contro il materasso. Atterrò con il capo accanto al fianco di Alec, che lo guardò sorpreso di tanta vicinanza. Appariva all'improvviso più stanco.

«Cosa c'è che non va?» indagò.

Il giovane si passò un avambraccio sulla fronte e piantò i propri zaffiri nelle iridi cineree di Alec. Il sole del mattino li faceva rilucere più del solito. «Sono in pensiero per Iris. Sarà dura convincerla a non rovinarsi da sola. Sembra persino più cocciuta di te.»

Alec rise, senza offendersi alla sua osservazione. Era un dato di fatto che aveva la testa dura. Confidava, però, in sua sorella, che era meno impulsiva e più intelligente di lui. Le sarebbe bastato poco per accorgersi che stava sbagliando.

«Puoi farcela, devi solo conquistare la sua fiducia, proprio come hai fatto con me» si lasciò scappare, pentendosene subito.

L'altro sorrise. «Quindi ho la tua fiducia?» chiese impertinente.

«No.»

«Invece sì!» insistette.

Alec distolse lo sguardo. «Falla finita.»

La risata di Adam esplose, cristallina. «D'accordo. Per ora mi accontento che tu l'abbia detto una volta.»

«Ma io non l'ho detto» mentì il giovane Callaway.

La risata risuonò ancora. «Ok, ok» disse Adam mentre alzava le mani in segno di resa.

Soddisfatto di aver chiuso il discorso, Alec provò a sistemarsi meglio sul letto in modo da dare più spazio al suo ospite, ma un fragoroso sbadiglio lo interruppe.

«Quanto hai dormito questa notte?» volle sapere Adam. Perché continuava a fare caso sempre a tutto?

Alec pensò al romanzo che aveva letto e quasi glielo raccontò. Poi gli venne in mente che lui l'aveva definito "noioso", quindi se lo tenne per sé e iniziò a riflettere sul sonno che aveva. Non poteva dirgli che non aveva chiuso occhio, non gli andava di rivelare così tanto dei suoi fatti personali.

«Mh?» lo incalzò il ragazzo.

«Non sono affari tuoi» si vide costretto a replicare, ma Adam non si offese.

«Vuoi dormire?» gli propose invece, ruotando in modo da essere in linea con Alec, la testa appena sotto i cuscini.

Gli sarebbe piaciuto, ma ormai la conversazione aveva annullato quelle poche possibilità che aveva. «Vorrei... se potessi.» Si sdraiò comunque, ritrovandosi a condividere la piazza e mezza con l'altro.

Forse lui lo interpretò come se fosse colpa sua, poiché chiese: «Vuoi che me ne vada?»

«No» rispose subito Alec, senza sapere nemmeno il perché. La loro "riunione" era giunta al termine e non aveva più senso che Adam restasse, ma era conscio che non sarebbe più stato in grado di dormire, e non voleva che se ne andasse lasciandolo solo.

«D'accordo» sorrise il giovane Brass. Sembrava felice di rimanere.

Alec chiuse le palpebre e si scoprì improvvisamente rilassato. L'ira verso la madre, la tensione per la situazione generale e il peso imminente di quel pomeriggio scemarono come se non fossero mai esistiti. La vicinanza di Adam lo tranquillizzava, lo faceva sentire al sicuro. Forse era un'illusione originata dall'impressione di non essere solo o forse perché quel ragazzo pareva aver sempre tutto sotto controllo, eppure con lui non riusciva mai ad alzare troppo la guardia. Le sue difese si afflosciavano così come i suoi pensieri, che finivano in un angolo della mente, mentre lui veniva trascinato alla deriva dal sonno.

Prima di addormentarsi, si sentì sfiorare appena una guancia, ma era troppo immerso nel dormiveglia per rendersene conto. Sorrise per la sensazione di beatitudine e si lasciò andare definitivamente.

*

Il pranzo scorse tranquillo se non venivano contate le occhiatacce che Iris rivolgeva a chiunque tranne ai due membri maschili della famiglia Callaway. Si era particolarmente avvicinata al fratello, non avendo nessuno su cui fare affidamento, e lui non poteva che essere felice di ciò; non per il fatto che fosse sola, ma perché aveva scelto lui come punto di riferimento. Voleva dimostrarle che non c'era nulla da temere, che c'era un modo per scampare a tutto. Almeno per il momento. A ciò che li avrebbe attesi a lungo andare avrebbero pensato poi, non era da lui arrovellarsi per il futuro. Si domandò se anche Adam fosse fiero di essere una guida per lui e Mya, ma si sentì in imbarazzo ad ammettere di aver bisogno di lui.

Quando si era svegliato, rischiando di fare tardi a tavola, il ragazzo non era più lì a condividere il letto con lui. In compenso, era incorso in una chiacchierata con il padre che non gli sarebbe dispiaciuta se lui non avesse mantenuto quell'atteggiamento indagatore per tutto il tempo. Gli aveva chiesto come si trovasse in villa Brass e, più nello specifico, con Mya, ma era parso più preoccupato per lui che per il progetto di Louise. Nel rendersene conto, Alec aveva quasi rischiato di mostrare le sue debolezze e mandare a monte la messinscena, ma aveva perseverato nel mentire perché sapeva che l'uomo, nonostante le buone intenzioni, si sarebbe comunque schierato dalla parte del nemico nel caso in cui avesse dovuto scegliere se rivelare la sua recita o no.

Dopo mangiato, Iris si alzò sbrigativamente e con un saluto appena mormorato fuggì verso il piano di sopra quasi fosse malata, i capelli dorati e la postura in ordine sebbene la fretta. Alec la capiva, si era sentito allo stesso modo i primi giorni, ma poi Adam aveva alleggerito ogni sua pena.

Sospirò, conscio di non poter far nulla per la sorella se non aspettare. Confidava che il minore dei Brass sarebbe riuscito presto a fare breccia nel suo guscio.

I tre rimasti si prepararono per attuare il loro piano. La "coppia" si posizionò non lontano dalla stradina d'ingresso, dove in una nicchia nel muro pietroso vi era abbastanza spazio per sedersi vicini. Da lì era possibile scorgere la piscina, che Alec ammirò in lontananza. Ammise tra sé che a quell'ora faceva piuttosto caldo e che un bagno se lo sarebbe fatto volentieri, ma sarebbe stato fin troppo complicato, senza contare che sua madre non gliel'avrebbe mai fatta passare liscia. Lo tormentava eccessivamente per la sua condizione e la rendeva anche peggiore da affrontare.

Adam si stabilì in una posizione strategica accanto alla finestra del soggiorno, da cui avrebbe tenuto sotto controllo sia i ragazzi che gli adulti. Era questione di momenti prima che uscissero per visitare le verdeggianti distese di prati e fiori.

Sistemarono i preparativi iniziando una chiamata che Alec e Mya ricevettero tramite delle cuffie. Ne tenevano una per uno, come se stessero ascoltando la musica insieme, mentre invece erano le istruzioni di Adam a uscire dagli auricolari.

Si accordarono di seguire le sue indicazioni, poi Alec infilò il telefono in tasca, poggiando la schiena al muro. Al suo fianco, Mya era così tesa che dava l'impressione di rischiare di rompersi.

«Ti spaventa così tanto baciarmi? Guarda che non mordo» scherzò apertamente. Adam non poteva ascoltarli perché le cuffie erano sprovviste di microfono e il cellulare era lontano.

«Non mi spaventa» rispose lei, stizzita. «Idiota» aggiunse, sentendo il bisogno di precisarlo.

«E allora cosa c'è?» rise lui, ignorando l'insulto.

Lei borbottò qualcosa che non riuscì a comprendere.

Era strana, più sulla difensiva del solito. Non l'aveva mai vista così, quasi stesse per affrontare qualcosa che l'avrebbe resa vulnerabile. Come se un bacio fosse per lei un fatto di inestimabile valore. A un tratto gli venne il dubbio che per lei fosse il primo.

Alzò un sopracciglio e chiese: «Hai mai baciato qualcuno, Mya?»

La ragazza sgranò gli occhi per un istante e le sue guance si colorarono di un rosso intenso. Lo sguardo di lei sfuggì dal suo e capì di aver centrato il punto.

«Certo che ho baciato qualcuno» disse a mezza bocca, evitandolo ancora.

«Ah, davvero? E chi?» la punzecchiò malignamente, deciso a farle vuotare il sacco. Poggiò una mano sulla nuda roccia e si sorprese nel constatare quanto fosse fredda. Ma dopotutto, il sole che era miracolosamente uscito dopo la tempesta lì dentro non li raggiungeva.

La sua interlocutrice abbassò così tanto la voce che a malapena la sentì. «Un amico, al gioco della bottiglia.»

L'atteggiamento di lei gli suscitava una forte ilarità, che si sforzò di tenere a freno. Era sincera, lo sapeva, quindi doveva essere una situazione molto delicata per lei. S'impegnò a tornare serio, poi le prese il mento e la obbligò a guardarlo. Nella lucidità delle sue iridi ebbe modo di scorgere l'imbarazzo che l'assaliva, accentuato di più dalle gote arrossate.

«Possiamo ancora ripensarci.»

Per lui un bacio non era niente più di una conquista, solitamente, ma capiva il punto di vista della ragazza, e cercava di rispettarlo dato che lei era sua alleata. Ne avrebbe avuto cura, altrimenti sarebbe saltato il piano.

Mya scosse la testa e si liberò della sua presa. «È solo un bacio» mormorò. «Ed è per una giusta causa» aggiunse, quasi come se dovesse convincere sé stessa.

Alec le regalò un sorriso sghembo che in passato aveva convinto molte e si avvicinò di più a lei. «Lo prometto, sarà meglio di qualsiasi altro primo bacio che avresti potuto ricevere» le sussurrò nell'orecchio, vedendola rabbrividire.

Mya alzò gli occhi al cielo come per sfotterlo, ma il rossore sul suo viso si era fatto ancora più intenso, e quello non poteva nasconderlo né mascherarlo. Alec rise e nello stesso momento gli arrivò la voce di Adam, chiara e vivace.

«Ok, stanno per uscire. Tenetevi pronti» li avvertì senza attendere risposta.

Mya si irrigidì di nuovo, così tanto che sarebbe passata facilmente per una statua.

«Siate naturali. Ok, Mya?» raccomandò il fratello, e lei annuì appena, anche se sapeva che in lontananza il movimento non sarebbe stato distinto. Cercò di mostrarsi spontanea, ma fallì miseramente.

Alec le avvicinò il naso al lobo per cercare di farla sciogliere. Tutto sommato non gli dispiaceva giocare un po' con lei. Finché le cose non si fossero fatte serie, certo.

«Mi stai troppo vicino, idiota!» lo sgridò lei a bassa voce.

Alec rise. «Ok, chiedo a Adam se posso baciarti a distanza» ribatté ironico, e fece per tirare fuori il telefono dalla tasca.

Lei lo bloccò stringendogli un polso. «Ok, ok. Ma se provi ad approfittartene me la paghi.»

Il sorriso non lo abbandonò. «Rilassati.»

«Ok. Partite» ordinò Adam, che dalla finestra dell'atrio d'ingresso teneva conto di ogni spostamento dei loro genitori. Quello era il segnale che stava a significare la loro uscita nel giardino. Da lì ci avrebbero messo una decina di secondi ad accorgersi di loro.

Visto che Mya continuava a restare immobile, Alec avvicinò il volto al suo, così tanto che venne di nuovo assalito dal profumo dei suoi capelli. Abbassò le palpebre e inspirò a fondo prima di proseguire. Sentì la ragazza gemere sommessamente e li riaprì per constatare le sue condizioni. Era intimorita e imbarazzata, ma non sembrava voler scappare a gambe levate. Era piuttosto decisa, così tanto che fu lei a colmare gli ultimi pochi centimetri rimasti tra loro. Poggiò le labbra rigide sulle sue e chiuse gli occhi così forte da strizzarli. Alec si lasciò andare alle sensazioni che, seppur derivate da finzione, erano comunque reali. Premette delicatamente su di esse finché queste non si ammorbidirono e schiusero, sfociando in un bacio freddo ma abbastanza realistico.

«Siate più convincenti! Mya, sei una pessima attrice» la prese in giro Adam, facendola imbarazzare ulteriormente.

Alec capì che era tutto nelle sue mani. Tirò a sé Mya, circondandole il fianco con un braccio per poi passarle le dita tra le ciocche castane, che strinse dopo aver spinto piano il suo viso contro quello di lei.

«Stanno chiacchierando. Non vi hanno ancora individuati.» La voce di Adam gli parve lontana mentre era preso da altro.

Pian piano sentì Mya sciogliersi un po', finché non si mosse appena per rispondere alla sua guida. Gli portò una mano sulla spalla e adagiò timidamente l'altra sulla sua guancia. Alec sospirò per incitarla a continuare, e lei gli si fece più vicina, fino a schiacciare il proprio corpo contro il suo.

«Fantastici, continuate così, vi hanno visti!» esclamò Adam, vittorioso, e Alec percepì che Mya stava lasciando andare un piccolo sorriso. La ragazza fece scorrere lentamente le dita sul suo volto e lo accarezzò fino ad arrivare ai capelli corti, solleticandogli il capo.

Adam rise. «Non possono crederci» li informò tra le risate.

Alec si lasciò andare a un basso mormorio di piacere, che probabilmente Mya trovò affascinante, poiché premette più convinta contro le sue labbra.

«Alec, stai scendendo troppo nel personaggio. Guarda che non ci metto niente a restituirti il pugno» se ne uscì Adam, ed entrambi risero. La cosa non fece altro che rendere il momento più naturale.

Alec pensò che un po' se lo sarebbe meritato, non per quello, ma per averlo colpito senza motivo, tuttavia non disse nulla, continuando a sfiorare Mya, ma meno ardentemente di prima.

«Se ne sono andati. Rientrate» comunicò serio il minore dei Brass, riagganciando la chiamata.

Alec inarcò un sopracciglio. «Se l'è presa davvero?» chiese mentre si allontanava da Mya.

«È pur sempre mio fratello, Alec. Dovresti sapere bene che i fratelli sono protettivi» lo punzecchiò lei.

Nonostante volesse apparire superiore, Mya era rossa come un pomodoro, e nei suoi occhi poteva scorgere una scintilla di eccitazione che, ne era consapevole, si rispecchiava nei propri.

«Beh, non è stato male, no? Sono promosso?» contrattaccò ridendo, cercando di non pensare al fastidio improvviso che aveva avvertito in Adam. Forse era vero che ci aveva messo troppa enfasi, ma aveva promesso di fare del suo meglio.

Mya lo fulminò con lo sguardo e si alzò dal muretto decidendo di non rispondergli.

«Lo prendo come un assenso» rise, ma lei si incamminò lasciandolo lì da solo, impossibilitato a sbrigarsi. «Aspetta!» le urlò dietro, e la ragazza si girò verso di lui per rivolgergli una linguaccia. Ad Alec non sfuggì il sorriso che non era riuscita a trattenere. Rimase stupito dal suo comportamento, ma poi si sentì fiero di sé per averla resa felice. O almeno così pareva; lui di rapporti umani ne capiva poco e niente. 

*Revisionato*

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro