Charlotte

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 Cammino avanti e indietro nel corridoio dell'ospedale, sento i miei passi rimbombare nel silenzio asettico, cercando di ignorare l'angoscia che mi attanaglia il petto. Charlotte, la figlia dei nostri vicini, è stata portata qui d'urgenza dopo aver ingerito candeggina. Non riesco a togliermi dalla mente i loro volti, quelle urla soffocate attraverso le pareti sottili della nostra casa. Mi rimbombano in testa, quelle parole piene di rabbia, "un errore", la chiamavano così, come se fosse colpa sua essere nata.

Mi fermo un attimo e cerco di controllare il respiro, ma sento il nodo alla gola che si fa sempre più stretto. Dovevo fare qualcosa di più. Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava, lo sentivo. Gliel'ho detto anche a Bellamy, ma lui, con il suo solito pragmatismo, mi ha risposto che non poteva fare nulla senza una denuncia formale. Razionale, sempre così dannatamente razionale.

Lo sento avvicinarsi e, senza nemmeno guardarlo, sento il suo sguardo su di me, preoccupato ma fermo.

«Clarke, vedrai che starà bene».

Dice con una voce che cerca di trasmettere sicurezza, ma che tradisce un leggero tremore.

Mi giro verso di lui, con il cuore in frantumi.

«Starò bene? Ho visto morire mia sorella allo stesso modo dopo il divorzio dei miei...»

La voce mi si spezza e gli occhi si riempiono di lacrime.

«Non voglio che anche Charlotte...»

Le parole si perdono, il pensiero di perdere un'altra persona mi soffoca.

Bellamy fa un passo verso di me, mi prende per le spalle e mi attira a sé. Sento il calore del suo corpo che mi avvolge, la forza delle sue braccia che mi tengono stretta, come se volesse proteggermi dal mondo intero. Sento il suo respiro caldo contro la mia testa, poi un bacio leggero sulla fronte.

«Vedrai che Charlotte è forte, ok?»

Annuisco, ma il dolore è troppo. Non riesco a fermare le lacrime che iniziano a scendere, uno dopo l'altro, fino a diventare un fiume in piena. Singhiozzo, lasciando uscire tutto il dolore che ho tenuto dentro per troppo tempo, e Bellamy mi stringe più forte, sussurrandomi parole rassicuranti a cui cerco disperatamente di credere. Ma la paura è lì, e non mi lascia andare.  

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