Tu sei il mio porto sicuro

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 La tensione nel nostro modesto appartamento sembra palpabile, avvolgendomi come un'ombra inquietante. Siedo al tavolo della cucina, le pagine del libro di matematica aperte di fronte a me, ma la mia mente è altrove, lontano da qui, lontano da Finn e dalle sue urla, dalle sue mani crude e violente.

Finn è il mio fratello maggiore, ma la parola "fratello" sembra così estranea quando penso a lui. Dopo la morte dei nostri genitori, sono stata affidata a lui, cinque anni più grande di me, ma non c'è mai stato amore né protezione nelle sue azioni. Finn si è perso lungo la strada, annegando i suoi demoni nell'alcol e nelle droghe, e ogni volta che ritorna a casa, è come se un uragano si scatenasse nella nostra vita.

Questo pomeriggio non fa eccezione. Siedo al tavolo, cercando di concentrarmi sui compiti, ma il suono della porta che si apre bruscamente mi fa sobbalzare. Finn è di nuovo qui, con gli occhi lucidi dietro le lenti sporche degli occhiali, il viso contorto dall'ira che lo consuma dall'interno.

«Ma guarda chi c'è!»

Grida Finn, la sua voce un'onda di rabbia che mi avvolge.

«La piccola sorellina intenta a fare i compitini. Che cosa credi di fare qui, huh?»

Cerco di evitare il suo sguardo, stringendo le mani sulle pagine del libro con un misto di paura e rabbia repressa.

«Sto solo studiando, Finn».

Rispondo con voce flebile, sperando che questa volta passa lasciarmi in pace.

«Studiando?»

Ride sarcastico, avanzando verso di me con passo pesante.

«Non hai idea di cosa sia lo studio, piccola. Io ti mostrerò cosa significa davvero vivere».

Le sue parole sono come lame affilate che squarciano l'aria intorno a me, e quando finalmente si avvicina, so cosa aspettarmi. Le sue mani diventano artigli, colpendo con ferocia la mia pelle indifesa, il suo respiro pesante come un macigno sul mio petto.

Un calcio sul fianco mi fa gemere di dolore, ma non c'è pietà nei suoi occhi.

«Ti farò vedere io cosa significa studiare, dannazione!»

Urla, la sua voce roca dietro le parole cariche di disprezzo.

Sono stanca, stanca di questa vita fatta di paura e di dolore. Sento un fiume di coraggio scorrere nelle mie vene, mentre mi alzo in piedi e lo affronto. Lo spingo con tutta la forza che ho, facendolo cadere dal dietro, e poi scappo. Scappo dalla cucina, dalla casa, da lui.

Corro per le strade, le lacrime che si mescolano alla pioggia che cade incessante dal cielo grigio. Raggiungo la casa di Raven, la mia roccia, il mio porto sicuro in questo mare tempestoso. Lei mi guarda con occhi pieni di compassione, capendo senza che io dica una parola.

«Clarke, cosa è successo?»

Chiede con voce preoccupata mentre mi abbraccia stretta.

Chiedo a Raven se posso andare in bagno, sentendo il bisogno urgente di lavare via tutto questo dolore che mi attanaglia l'anima. Lei annuisce con gentilezza, indicandomi la direzione.

Dopo dieci interminabili minuti di silenzio, il corridoio finalmente risuona di voci familiari. Le mie orecchie riconoscono istintivamente il timbro rassicurante di Bellamy e la voce calma di Raven che risponde alle sue domande. Sono lì da venti minuti, dice lei, e sento il mio stomaco stringersi in un nodo di ansia.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, i passi che risalgono le scale mi avvertono della loro presenza imminente. Un brivido di terrore mi percorre la schiena mentre il cuore mi martella nel petto. Bussano alla porta, una piccola e fragile barriera tra me e il mondo esterno che minaccia di crollare da un momento all'altro.

«Clarke, sei lì dentro?»

Chiede Bellamy, la sua voce impregnata di preoccupazione e amore fraterno. Posso percepire la sua ansia, il timore di non trovarmi bene, e vorrei potergli promettere che tutto andrà per il meglio.

Apro la porta e, appena Bellamy varca la soglia, mi rifugio tra le sue braccia, come se quel semplice gesto potesse proteggermi da tutto il male del mondo. La sua presenza è un faro di sicurezza nella tempesta che è diventata la mia vita.

«Clarke, amore mio, cosa è successo?»

Chiede Bellamy, il suo tono carico di preoccupazione mentre mi accarezza i capelli con gesti delicati ma decisi.

Appena la sua mano sfiora i miei fianchi, un'ondata di dolore mi travolge, un dolore così acuto da farmi lanciare un urlo di tormento. La mia voce si perde nell'aria densa di tensione mentre cerco di riprendere fiato, mentre le lacrime rigano il mio volto segnato dalla sofferenza.

Il suo sguardo diventa più oscuro e intenso mentre osserva il livido che macchia la mia pelle pallida. Un ringhio di rabbia gli sfugge dalle labbra, e posso percepire la sua furia che brucia come un fuoco dentro di lui.

Sa che è Finn il colpevole di ogni mio livido, di ogni mia lacrima. E nel suo sguardo, trovo la promessa silenziosa che non sarò più sola, che insieme affronteremo questa tempesta fino alla fine.  

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