XX.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

"Prima o poi troverai la felicità... Aspettati sempre il meglio dalla vita." Mi sembra tutto una presa in giro, come faccio a vedere il bicchiere mezzo pieno, a pensare positivo, se mi capitano solo cose brutte?

Non credo di aver mai fatto qualcosa di sbagliato in vita mia, qualcosa di tanto crudele da meritarmi tutto questo dolore, nessuno dovrebbe soffrire quanto me in questo momento. Mi sento come se fossi su una montagna russa, prima parte lentamente, poi inizia la salita e, quando finalmente sto per raggiungere l'apice della felicità, inizia la discesa e molto velocemente mi ritrovo a sprofondare negli abissi. Ci sono discese piccole, quasi innocue, questa volta però la discesa è molto lunga e veloce, non so se riuscirò mai a risalire.

«Eva, piccola mia.» Il lamento straziante di mio padre mi fa tornare alla realtà, lamento, non voce soave.

Questa sua frase è uscita dalla sua bocca quasi come un grido strozzato, non con la sua solita allegria, ma come se qualcosa dentro di lui si sia rotto.

Alzo lo sguardo - prima puntato sulle mie ciabatte ospedaliere - per guardare il volto di mio padre affranto e distrutto.

Sembra invecchiato di cinque anni, le rughe sulla fronte sono più pronunciate, i pochi capelli che ha sono diventati più bianchi, i suoi grandi occhi marroni sembrano più piccoli e più spenti, sono lucidi come i miei.

Indossa dei vecchi pantaloni beige, un maglione nero e un cappotto del medesimo colore, è triste, fa male vederlo così.

Non è mai stato tanto presente nella vita mia e di mio fratello Ethan, ma prima della partenza è riuscito finalmente a comportarsi da padre e, dal suo aspetto, credo anche che la casa di cura abbia funzionato e che abbia smesso di bere.

Mi alzo dalla poltrona e corro ad abbracciarlo, il suo profumo invade le mie narici, mi era mancato. Vedo una lacrima bagnare il suo viso dalla carnagione olivastra e un sorriso farsi spazio tra le sue labbra.

«Vieni, ti porto a casa tesoro.» Ci stacchiamo dall'abbraccio e, con le sue mani posate sulle mie spalle, mi guarda dritto negli occhi.

«Papà... Non voglio lasciare Ethan solo, per favore...» Abbasso nuovamente lo sguardo, non reggo il contatto visivo con lui, ho paura di poter crollare da un momento all'altro.

«Eva devi riposare, sei stremata. Non puoi stare qui tutta sola.» Era vero, Tyler e Lauryn sono andati a casa due orette fa per riposare, io ero troppo impegnata a pensare che neanche mi sono accorta dell'orario e del fatto che ormai fuori il cielo sia buio.

«Va bene, vengo a casa per farmi una doccia e cambiarmi, ma poi torno subito qui.»

«Vai a prendere le tue cose, io vado a controllare Ethan.»

Ormai ho capito bene quello che provo, le emozioni dentro di me finalmente hanno parlato. Non sono triste, non sono arrabbiata, ho paura.

Ho paura dei miei sentimenti.

Ho paura di ridurmi in piccoli pezzi e di non riuscire ad aggiustarmi.

Ho paura di perdere tutto.

Ho paura di farmi ancora male.

Ho paura di tutto quello che provo.

Ho paura del mio cuore.

Credo sia normale avere paura, queste cose non dovrebbero capitare a nessuno, ma quando succedono ti colgono sempre alla sprovvista, non sai mai come comportarti.

«Andrà tutto bene Eva.» Lo sguardo rassicurante e accogliente di mio padre mi colpisce dritta in pieno.

Vorrei credere a quelle parole, vorrei credere che finirà tutto alla perfezione, ma ormai non ho più tanta speranza.

Queste parole sono state pronunciate talmente tante volte che hanno perso il loro significato, sono diventate cenere. Ormai mi sono rassegnata, non riuscirò mai ad essere felice, non potrò mai vivere la vita a pieno.

Porgo lo sguardo verso il finestrino appannato e osservo la città calarsi nel buio più totale e morire al calar del Sole. Le strade deserte sono illuminate da dei fiochi lampioni, mentre dalle finestre delle case si possono osservare delle giocose e divertenti cene di famiglia, persone all'apparenza allegre e senza preoccupazioni, obbligate a portare una maschera ogni giorno.

Ogni ora, ogni minuto e ogni secondo di ogni singolo giorno siamo costretti a portare una maschera, potremmo diventare tutti attori per quanto siamo bravi a recitare.

Il punto è che siamo costretti a mentire perché a un "come stai?" ci sono infinite risposte apparentemente sbagliate e una sola perfettamente corretta.

Non possiamo dire veramente come stiamo perché nessuno riuscirebbe a capirlo quanto noi, nessuno è realmente interessato quindi molte volte si risponde con un banale "bene" per evitare altre domande.

Portiamo tutti delle maschere, ci sono persone che usano quelle leggere e occasionalmente, ma ce ne sono altre che sono stanche di indossare la pesantezza di una maschera ormai diventata di ferro.

Io sono stanca di soccombere sotto il suo peso, non voglio più nascondere le mie emozioni.

«Arrivati.» Mio padre posa una mano sulla mia coscia e mi guarda con preoccupazione.

«Ti prego, ora vai a cambiarti e dopo vieni a fare una passeggiata con me al chiaro di luna, mi manca la mia piccolina.»

«Va bene papà.»

Non posso ignorarlo o lasciarlo solo, lui sta soffrendo tanto quanto me anche se non lo da' a vedere. A modo suo cerca di essere forte, ma i suoi occhi lucidi e straziati parlano da soli, traspaiono tristezza.

Apro la portiera e subito il vento gelido invernale mi fa rabbrividire. Tremolante mi avvicino a casa mia ed entro.

Trovo le cose per come le avevo lasciate. Lo stesso salotto dalle mura grigie, la stessa cucina dai pensili bordeaux e le stesse ripide scale bianche che portano al piano superiore.

Lentamente le salgo e, appena vedo la porta della stanza di Ethan socchiusa, sento un vuoto e le gambe cedere. Non troverò mai il coraggio di entrarci senza di lui, anche perché non me lo perdonerebbe mai. L'unica volta che sono entrata in camera sua senza il suo consenso avevo dodici anni ed ero molto curiosa di vedere cosa nascondesse all'interno di una vecchia scatola sotto il letto. Morale della favola: mi ha beccata due secondi dopo e tuttora non conosco il contenuto di quella scatola, magari un giorno sarà lui stesso a mostrarmela. Sorrido felice di questo ricordo, non vedo l'ora di poterlo abbracciare, mi manca come l'aria.

Entro in camera mia e sento un'improvvisa nostalgia attraversare la mia pelle. L'ultima volta che sono stata qui non sapevo ancora nulla di quello che mi ha fatto Ryan alle spalle, buffo pensare che siano passati solo cinque giorni, sembra siano passati secoli.

Prendo un paio di pantaloni neri e un maglione rosa e mi fiondo sotto la doccia. La sensazione piacevole dell'acqua calda sulla mia pelle ghiacciata è un toccasana, una gioia incredibile.

Sto' sotto la doccia per circa dieci minuti e quando esco una sensazione di gelo pervade il mio corpo.

Asciugo i lunghi capelli marroni - ormai fin troppo lunghi - e poi mi vesto.

L'odore frizzante della cristallina acqua del mare pervade le mie narici e il vento gelido e impetuoso mi fa rabbrividire. Le mie vecchie nike affondano nella sabbia umida e ghiacciata. A falcate, io e mio padre raggiungiamo degli scogli solitari in mezzo alla spiaggia e ci sediamo stremati da quella camminata.

«Guarda come sono forti le onde.» La sua grande mano si posa sulla mia spalla esile mentre i suoi occhi scrutano la mia figura.

«Già... Peccato che io non sia come loro, non lo sono mai stata.»

«Non è vero Eveline, tu sei forte anche mamma l'ha detto.»

Mi giro verso di lui sorpresa, come fa a saperlo?

«L'ho incontrata anche io, una sera è venuta a trovarmi in sogno.» Un sorriso si fa spazio tra le sue labbra, è felice.

«Mi ha detto di tenere l'anello, mi ha detto anche che lei mi proteggerà per sempre.» Lui annuisce e io continuo.

«Ma papà, come faccio ad essere felice, fiera di me stessa, se anche i miei genitori biologici mi hanno abbandonata?» Riporto lo sguardo verso il mare, lasciandomi travolgere dal movimento ondulatorio delle onde.

«No Eveline, non devi pensare questo. Non conosciamo i veri genitori di te e di Ethan, ma se vi hanno abbandonati come hai detto tu, avranno avuto le loro buone ragioni.» Si alza dallo scoglio e si inginocchia davanti a me costringendomi a guardarlo.

«Poi non devi pensare a questo, pensa a me e a tua madre che siamo stati felici di accogliere te e Ethan come foste realmente nostri figli, vi vogliamo bene allo stesso modo, come dei genitori vogliono bene ai figli, non è un legame di sangue a stabilire un rapporto.»

Sorrido. «Scusa papà, è che molte volte mi di sento troppo in questo mondo.»

«Ora ti racconto una storia, sai che quando abbiamo adottato te e tuo fratello non conoscevamo i vostri nomi? Nessuno li sapeva e abbiamo deciso noi i vostri nomi. Il nome Ethan significa forte proprio come lui in questo momento, lui è forte perché lotta costantemente per svegliarsi dal coma e poterti abbracciare.

Il tuo nome Eveline significa desiderio perché noi ti volevamo davvero, non pensare mai di essere troppo per questo mondo, non lo sei.

Sei sempre stata il desiderio costante mio e di tua madre, sei perfetta così come sei e devi lottare per essere felice.»

Le sue parole sono musica per le mie orecchie, un genitore capisce quando hai bisogno di lui, quando sei triste, quando ti senti un peso per il mondo, quando il mondo stesso sta per schiacciarti e ti aiuta a uscire fuori dalla fossa, si prende il peso del mondo per te, ti tende una mano e la tiene stretta per aiutarti a risorgere.

Ed eccoci qui, di nuovo in questo noiosissimo e triste ospedale di New Haven, che ormai potrebbe diventare benissimo la mia seconda casa.

Io e mio padre arriviamo al piano della stanza di Ethan e un brivido pervade il mio corpo.

Tutta questa monotonia mi turba abbastanza, non riesco a pensare a cose positive in questo momento.

Alla fine mi ritrovo sempre in un ospedale, ad attendere che le persone a me care facciano un passo.

Non si sa mai se questo passo sarà in avanti o indietro, solo il tempo può dircelo.

Vedo subito Tyler e Lauryn parlare con un medico e mi avvicino a passo svelto per sentire meglio.

«Non sappiamo se riuscirà mai a risvegliarsi, in questo momento è la macchina a tenerlo in vita, lui non sembra migliorare.»

«Ci deve essere un altro modo, non possiamo lasciarlo andare cos, non merita di andarsene.» Tyler ha gli occhi lucidi e vederlo così mi fa stringere il cuore in mille pezzi.

«P-posso vederlo? Prima che... prima di staccare la spina, posso dirgli addio?»

Non riesco a guardare nessuno in faccia, mi tremano le gambe, non ho piú le forze per fare niente.

Odio essere debole, odio mostrarmi così alle persone, ma sono talmente distrutta che per una volta ho deciso di mettere l'orgoglio da parte. E' già abbastanza pesante dover reggere tutto questo dolore, non posso anche preoccuparmi di quello che pensano gli altri.

«Certo, potete vederlo tutti.» Il medico fa un sorriso e se ne va, lasciando me, Lauryn, Tyler e mio padre in un religioso silenzio.

Tyler

Con il cuore in gola, entro nella spoglia stanza d'ospedale, dove sul lettino giace Ethan, che vedrò molto probabilmente per l'ultima volta.

«Ehi, amico.» La mia voce trema.

«Alla fine non siamo riusciti a conquistare Sparta...» Accenno un sorriso e improvvisamente mi rendo conto di quanto lui sia importante per la mia vita.

«Mi sei sempre stato accanto nei momenti bui, non mi dicevi mai i tuoi segreti perché tanto sapevi che io li conoscevo già.

Abbiamo fatto tante, tantissime cazzate insieme, abbiamo riso, abbiamo scherzato, abbiamo sparlato le persone, ci siamo voluti bene.

Sei come un fratello per me e lo sarai per sempre, purtroppo la vita è una stronza.

Mi dispiace che il peso del mondo sia ricaduto su di te, mi dispiace di doverti lasciare andare cosí giovane.

Non ti rendi conto delle cose che hai finché non le perdi, e io mi sono reso conto troppo tardi di quello che tu significhi per me.

Ti ringrazio di tutto amico mio.»

Con le lacrime agli occhi, gli do un bacio sulla bianca e candida fronte.

«Sappi che se mai dovessi adottare un figlio in futuro, lui avrà il tuo nome.»

Sussurro al suo orecchio prima di uscire dalla stanza e scoppiare a piangere.

Steve

«Ethan, ragazzo mio...»

Mi siedo sulla poltroncina vicino al suo lettino e lo osservo.

«I tuoi capelli sono sempre stati neri e ricci, tanto ricci, talmente tanto che tua mamma Kathrine ogni volta si lamentava perché non riusciva mai a tenerli a bada! I tuoi occhi sono sempre stati ipnotizzanti per me, sono di un normale nocciola, ma hanno quel pizzico di giallo che ti rende unico, tu sei mille colori in uno, tu sei tutti i colori felici e tutti i colori tristi, sei un'intera palette di colori e li mostri ogni giorno e ogni ora.

Mi dispiace di essermi comportato male con te e tua sorella, mi dispiace di essermi perso parte della vostra adolescenza, anni che non riavrò più indietro.

Mio caro ragazzo, ti ho dato il nome di Ethan proprio perché pensavo che tu fossi forte.

Lo sei stato, lo sei sempre stato e l'hai dimostrato ogni giorno e forse è proprio per questo che adesso non riesci a svegliarti.

Magari non ci riesci perché sei stato troppo forte durante la tua vita perché hai sempre messo gli altri al primo posto, mentre adesso, ti serve tutta la forza del mondo, ma tu, per darla agli altri, sei rimasto senza.

Ti ho sempre ammirato per questo e spero un giorno di riuscire a diventare come te, figlio mio.

Prenditi cura della mamma, io penserò a tua sorella Eveline, ti voglio bene.»

Lauryn

Il buco nello stomaco che si sta facendo spazio dentro di me è insopportabile.

Mi sento come se qualcuno stesse togliendo a uno a uno tutti gli organi dentro di me, tremo e respiro a fatica, non riesco a pensare a nulla.

«Ehi, tesoro...»

Mi avvicino al lettino e asciugo velocemente le lacrime impedendo loro di solcare il mio viso.

Chi l'avrebbe mai detto che Lauryn Richardsen avrebbe mai provato dei sentimenti così forti per un ragazzo.

Tutti mi hanno sempre etichettata come la classica secchiona senza cuore, che pensa solo agli studi e mai alla vita sociale.

Peccato che effettivamente io abbia un cuore, e che sfortunatamente questo sia stato fatto a pezzi come se fosse fatto di carta.

«Mi dispiace che sia andata a finire in questo modo, io ti amavo e ti amo tutt'ora, ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo di presenza. Non so se in questo momento tu mi stia ascoltando o meno, però ricorda che un giorno noi ci rincontreremo e io non smetterò mai di amarti.

C'è chi ti sceglie perché non ha altro, e chi ti sceglie perché non vuole altro, io sceglierò sempre te. Anche fra vent'anni, quando magari sarò sposata e avrò dei figli io non smetterò mai di pensare a te.

Sappi che tu sei riuscito a riportare in me il sorriso, ogni giorno hai alimentato in me la fiamma che mi ha cambiato la vita. Grazie a te ho provato emozioni mai provate prima, grazie a te la mia vita è cambiata, grazie a te il mio cuore ha ricominciato a battere, peccato però che il tuo abbia smesso di lottare.

Un giorno ci rincontreremo, e quello sarà il giorno piú bello della mia vita.

Ti amo, Ethan Moor.»

Eveline

E per la milionesima volta, mi ritrovo qui a fissare il corpo di mio fratello Ethan attaccato a un macchinario.

Sono stanca di vederlo così, privo di emozioni, privo di forze, quasi privo di vita.

«Ethan, suppongo che questo sia un addio... no anzi, non mi piace vederla da questo punto di vista, lo prendo come un arrivederci.

Perché noi due siamo gemelli, se tu sei triste io sono triste, se tu sei felice io sono felice e se ti spegni tu, mi spengo anche io.

Avevi promesso di essere forte, di non mollare mai, eppure ti stai spegnendo e con te, anche io.

Da piccoli abbiamo passato i migliori momenti insieme, ancora ricordo quando mamma e papà ci hanno portato a casa e noi non volevamo separarci, infatti stavamo sempre insieme.

Crescendo poi, ci siamo abituati alla nuova famiglia e ridevamo ogni giorno, eravamo davvero felici.

Perché Ethan, perché tutta la felicità ci è stata portata via ed è stata risucchiata in un buco nero piú grande di noi?

Come può la vita essere così crudele da rendere tutte le giornate tristi e spente?

Come può una cosa così colorata come la vita, portare solo colori grigi?

Come dovrei fare a trovare l'arcobaleno, se io ormai vedo il mondo in bianco e nero?

Come posso far finta di essere felice, quando io la felicità non l'ho mai vissuta a pieno?

Spiegami Ethan, come farò a vivere senza di te?

Tu eri l'unica persona a farmi sentire ancora viva, e adesso che te ne sei andato, smetterò di vivere con te.

Smetterò di pensare, smetterò di provare dolore, smetterò di farmi abbattere da questa fottuta vita del cazzo che non ha mai smesso di deludermi.»

Accompagnato dai miei lamenti, il suono del suo cuore, che piano piano rallenta, fino a non sentire più rumore.

E' andato via, chissà dove sarà, spero che un giorno riuscirò a rivedere il suo sorriso, il primo mai visto in vita mia.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro