4. Quarto Atto

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(NON SI PUÒ) DIMENTICARE


Kristen si era svegliata di pessimo umore. Aveva dormito sì e no un paio d'ore, e non soltanto a causa di quel Marcus. L'indomani avrebbe dovuto incontrarsi con un certo Thomas Hunt, un famosissimo regista che nel corso della sua carriera aveva conquistato numerosi riconoscimenti, tra cui un Premio Oscar e un Grammy Award. La donna, però, non aveva mai visto nessuno dei suoi film, contrariamente alla sua amica Ramona che, invece, ne era una fan sfegatata. "Oddio, che hai detto? Devi vederti con quel tipo? Sul serio?" le aveva chiesto lei, fremendo dall'eccitazione. "Quell'uomo è un sogno! È di un'eleganza spaventosa! Cosa darei per poter essere sua moglie!"

"Sbaglio o è già sposato?" aveva ribattuto Kristen, sorridendole divertita.

"Purtroppo sì. Con una sua ex studentessa, pensa. Con tutte le attrici che poteva accaparrarsi, ha preferito una semplice ragazzina acqua e sapone che nemmeno fa parte del mondo dello spettacolo."

Kristen sospirò, quindi uscì di casa per recarsi al Children's Home.

Mentre tu, con tutti gli uomini single che ci sono in giro, ti sei andata a scontrare proprio con uno sposato. In tutti i sensi.

Quel pensiero la colpì talmente nel vivo, che per un momento pensò di disdire l'appuntamento con il signor Hunt e passare l'intera giornata ad annoiarsi sotto le coperte. Magari avrebbe potuto approfittarne per recuperare tutti i suoi film, no? Kristen si affrettò a scacciare quell'idea tanto infantile dalla mente. La direttrice dell'istituto le aveva affidato un compito molto importante, e lei non poteva dare forfait. Doveva recuperare la sua Smart, però. Per colpa del suo interesse per Marcus, non si era minimamente preoccupata di lasciarla incustodita nei pressi del Brunch per tutta la nottata, con il rischio concreto che un gruppo di vandali – magari ubriachi – potesse conciarla per le feste.

Sei proprio un'idiota, si ammonì, lo sguardo fisso sulla strada.

Avresti potuto fare sesso con chiunque, se proprio sentivi il bisogno di scaricare lo stress. Invece ti sei andata a prendere un fedifrago seriale. Che ha persino la sfacciataggine di abbordare qualsiasi donna senza neanche preoccuparsi di nascondere la fede.

Kristen si bloccò di colpo, fermandosi a metà strada.

Che motivo avrebbe, un uomo che vuole tradire intenzionalmente – e in maniera sistematica – la propria compagna, di indossare la fede nuziale con il rischio che la preda di turno non accetti di fare sesso con lui? Mi sembra un controsenso, in effetti. Ma magari la tiene apposta al dito di modo che le donne che gli capitano sotto tiro siano del tutto consapevoli della scelta che stanno per fare. Del guaio in cui andrebbero a cacciarsi.

Peccato che lei non si fosse proprio accorta di niente.

Avresti bisogno di un paio d'occhiali, allora. Anzi, di una bella visita oculistica, tanto per cominciare.

Riprese a camminare sulle note di un fastidioso tormento interiore che non accennava a diminuire. L'immagine di lei e Marcus che si lasciavano trasportare, del tutto dimentichi del resto del mondo, dal semplice impulso sessuale non le dava tregua, ripresentandosi più e più volte nella sua mente.

Continuava a pensare ai suoi occhi tanto belli quanto tristi, alla sua amarezza mentre alludeva al suo rapporto conflittuale con la moglie. Al velato accenno di sorriso mentre erano in macchina. All'impetuosa dolcezza cui aveva fatto appello mentre abbracciavano la passione. Alle sue labbra, capaci di scoccare baci travolgenti. Al suo biglietto di scuse.

Perlomeno si è sentito in colpa. Avrebbe anche potuto starsene zitto e non dire una sola parola. O meglio, omettere il fatto che fosse sposato.

Questo, a detta di Kristen, poteva anche significare che Marcus non volesse davvero prenderla in giro. Forse aveva accettato la sua proposta per mera gentilezza, ma poi le cose gli erano sfuggite di mano. Dal suo atteggiamento, lei aveva infatti capito che non sarebbe stato Marcus a prendere l'iniziativa. Non aveva cercato di sedurla, tantomeno abbindolarla con falsi sorrisi. Tutto sommato si era mostrato rispettoso. Persino durante il sesso – per quanto non si fossero prodigati in sdolcinatezze da romanzo rosa.

Kristen attraversò gli angoli più fatiscenti di Staintondale fino ad arrivare al Brunch, e tutto nel giro di dieci minuti. Lungo il percorso, si era imbattuta nei soliti mendicanti che la pregarono di dar loro una monetina come contributo per sfamarsi, ma Kristen aveva proseguito per la sua strada. Non ci teneva ad arrivare tardi all'incontro. Mise in moto la macchina e azionò i tergicristalli, il cielo ricoperto da nuvole grigie. Aveva cominciato a piovere. Controllò se all'interno dello sportelletto situato di fronte al sedile del passeggero vi fosse un ombrello. Niente da fare. 

E adesso ti becchi anche la pioggia.

Sospirò e svoltò sulla destra. Il grazioso distretto di Scarborough, situato a soli sette miglia dal villaggio di Staintondale, si distingueva soprattutto per la quiete che vi si respirava. Peccato che nei giorni di pioggia il centro cittadino diventasse ancora più silenzioso; forse appariva persino poco interessante agli occhi di un qualsiasi turista che di tanto in tanto vi si affacciava. Il villaggio, comunque, godeva di splendidi scorci e aree immerse nel verde, tutte zone nelle quali ci si poteva isolare apprezzando appieno le meraviglie della natura.

Kristen lo faceva spesso. Quando si sentiva triste o scoraggiata, si recava nel Prior Dene Cottage e vi restava, qualora nessun altro l'avesse affittato, almeno per un paio di giorni. In alternativa, prendeva la sua Smart e si spingeva fino a Ravenscar, un villaggio costiero non molto distante da Scarborough, dove, tra le altre cose, poteva ammirare una bellissima serie di scogliere sul mare che le infondevano assoluta calma, conforto e altrettanta fiducia.

La donna attraversò la strada principale e raggiunse il Children's Home. Per sua fortuna non pioveva più. Salutò la direttrice – una donna piuttosto corpulenta e dal volto gentile – e si diresse nel suo studio. Il signor Hunt si sarebbe presentato a momenti. Si sistemò dietro la scrivania in legno di noce ed estrasse l'intero faldone inerente a Robert Manetti, un bambino di undici anni che avrebbero dovuto dare in adozione. Lesse e rilesse la prima manciata di fogli con la vana speranza di imprimersi per bene nella testa i punti principali illustrati nella prima parte del fascicolo. Non si sentiva per niente in forma, ma doveva sforzarsi di pensare a quella povera creatura tanto sfortunata per la quale anche Ramona si stava prodigando con tanto affanno. Speravano con tutto il cuore di trovargli una famiglia che gli donasse serenità. Kristen, in primis, non poteva permettersi il minimo errore. Dopo il conseguimento di una laurea in Psicologia e Scienze Sociali, aveva faticato parecchio a trovare un impiego che potesse soddisfare, seppur in piccola parte, le sue aspettative di gioventù. Dopo qualche anno, i suoi desideri erano stati esauditi: occupare il ruolo di co-direttrice di un valido istituto come il Children's Home Society le procurava un'infinità di soddisfazioni.

A differenza di altre cose, pensò, mordendosi la lingua. Concentrati, Kristen. Concentrati.

D'un colpo si alzò dalla sedia, esasperata. Aveva urgente bisogno di una tazza di caffè.


Uomo distinto, portamento fiero ed elegante, capelli corti e occhi scuri, di un intenso color nocciola. Non era poi così diverso da come l'aveva visto in foto. Eccetto che dal vivo – incredibile a dirsi, per una volta concordava con Ramona! – era decisamente più affascinante. Il signor Hunt si presentò nel suo ufficio alle nove in punto, come stabilito. Si era quindi accomodato di fronte allo scrittoio e Kristen gli aveva gentilmente chiesto se desiderasse del caffè. L'uomo aveva rifiutato, non mancando, però, di ringraziarla per la sua cortesia.

Il signor Hunt era andato subito al dunque. Avrebbe tanto voluto adottare Robert Manetti e costruirsi una famiglia con sua moglie. Il suo discorso l'aveva commossa profondamente. Che il regista volesse bene a quel bambino era più che evidente, ma Kristen non poteva comunque lasciarsi prendere dai sentimentalismi. Doveva saperne di più.

«Come mai non è venuta anche sua moglie?» gli domandò, assai curiosa di conoscere la risposta di Hunt.

«Be'...» tentennò lui, «in realtà, vede, avevo pensato di farle una sorpresa. Le confesso che all'inizio non ero poi così convinto che adottare un bambino fosse la scelta più giusta.»

«E adesso lo è?»

«Sì», rispose lui, questa volta senza esitazione.

«Ne è sicuro? Adottare un bambino comporta delle grandi responsabilità, e non vorrei che si ritrovasse invischiato in qualcosa che magari si ritroverebbe a giudicare più grande di lei.»

«Avere un figlio è sempre stato il nostro desiderio più grande, sin da quando ci siamo sposati», rilanciò Thomas, per nulla infastidito dall'insistenza di Kristen. «In questi ultimi mesi ho avuto modo di conoscere Robert, e mi sono affezionato molto a lui. Ha sofferto davvero tanto nella vita... ed è proprio grazie a Jane che ha ritrovato la speranza, sa?»

Kristen annuì, impressionata.

«Jane è sua moglie?»

«Già.»

Lei ebbe un tuffo al cuore. Il modo con cui aveva pronunciato il suo nome le aveva fatto capire il forte sentimento che doveva nutrire nei suoi confronti. C'era qualcosa che non andava, però. Dai suoi occhi, come pure dal tono di voce, le era parso di intravedere una punta di nervosismo. Oltre al fatto che non sempre riusciva a sostenere il suo sguardo.

Ti stai sbagliando. È innamorato pazzo della moglie, non vedi?

Ma questo non significa che non ci sia alcun problema tra loro due. Magari sta mentendo. O più semplicemente, non ti sta dicendo tutta la verità.

«Poco fa mi ha detto che all'inizio lei era contrario all'adozione.»

«Non ho detto di essere contrario. Ho solo detto che non ne ero convinto», precisò lui con tono gentile.

Kristen lo squadrò dall'alto in basso. Non riuscì a capire se le avesse detto o meno una bugia.

«Capisco. Sua moglie, invece? Avrebbe voluto adottare Robert?»

«Sì. Fosse stato per lei, si sarebbe attivata anche subito.»

«Ma lei non era d'accordo.»

Thomas sospirò. Era evidente che stesse cercando di mantenere la calma. «Non lo ero, no. Ma non perché escludessi categoricamente quella possibilità. Diciamo che... abbiamo passato un periodo un po' complicato. È da almeno tre anni che stiamo provando ad avere un figlio, ma non ci siamo ancora riusciti.»

«E questo fatto ha scompensato in qualche modo i vostri equilibri... di coppia?»

Thomas aggrottò la fronte. «Cosa intende dire?»

«Intendo dire se ci siano state discussioni in merito alla questione della gravidanza mancata.»

Thomas fece spallucce, ma l'espressione del suo viso si fece di colpo meno distesa. Era quasi paragonabile a una scorza dura e impenetrabile.

«Nessuno dei due ha mai imputato la colpa all'altro, se è questo che sta insinuando», rispose lui, con malcelato fastidio.

Bingo! pensò Kristen. Devo approfondire questo argomento. Ma non adesso.

«Non insinuo niente, stia tranquillo. Faccio soltanto il mio lavoro.»

«Non ne dubito, signorina Moore. Anzi, le sono davvero riconoscente per il suo tempo», le disse Thomas, ricomponendosi all'istante.

La donna estrasse qualcosa dal cassetto della scrivania. «Senta, le do un paio di fascicoli inerenti alla tematica dell'adozione e dell'affido. Li legga con attenzione, d'accordo? Così potrà farsi un'idea ancora più precisa su tutto. Per oggi abbiamo finito.»

L'uomo accettò di buon grado e le strinse mano. E quando con l'altra afferrò entrambi i fascicoli, s'imbatté nella consueta fedina d'oro che molti uomini ostentavano, con segreto orgoglio, al pari delle donne. Quel particolare la fece di nuovo tornare alla sera prima.

Ripensò al bigliettino di Marcus e a quanto vi era scritto, ripensò a come si era sentita prima che lui la riportasse alla realtà. Quindi – di nuovo – alle sue labbra. No, non ce la faceva proprio a dimenticare.

E soprattutto prese coscienza del fatto che, nonostante il terribile errore che aveva commesso, lei continuava a desiderarlo. E lo desiderava ancora più di prima.

Con tutte le sue forze.

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