5. Quinto Atto

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CERCANDO DI TE


«E quindi abbiamo fatto sesso», concluse Kristen con un sospiro.

«E dimmi... com'è stato?» le chiese Ramona, curiosa di conoscere la spinosa vicenda in tutti i suoi dettagli.

«Se ti riferisci a com'è stato nello specifico, ti basti sapere che è stato il sesso migliore che abbia mai fatto nella mia vita.»

Ramona spalancò gli occhi, smettendo subito di bere il suo amatissimo tè alla pesca.

«Quanto a lui, invece...» tentennò Kristen, «non lo so, mi era sembrato piuttosto diverso dagli altri. In effetti, non si è comportato come il solito uomo egocentrico che pensa soltanto a svuotarsele prima del tempo, non so se mi spiego.»

L'altra sfoggiò un sorrisetto. «Ti spieghi benissimo. La fretta, in quei momenti, è proprio deleteria. E quindi questo... Marcus ti avrà fatto godere un sacco.»

Kristen avvampò. «Mi sono lasciata andare senza pensarci troppo. Di solito mi faccio mille problemi, ma questa volta... io non so davvero cosa mi sia preso.»

«È molto semplice», le rispose Ramona, scostandosi un ciuffo ribelle dalla fronte – la sua chioma era tanto sbarazzina quanto biondissima. «Da un sacco di tempo non interagivi con un uomo, e... e l'astinenza ha fatto il resto.»

In un'altra circostanza, Kristen sarebbe probabilmente scoppiata a ridere. Ramona era sempre stata molto diretta, la classica donna senza peli sulla lingua.

«Ehi, va tutto bene?» le chiese poi, notando che l'amica non aveva sorriso alla battuta.

«Per niente», rispose lei. «Io e lui non ci vedremo mai più.»

«Ma come? Ma se mi hai appena detto che—»

«Il fatto che si sia comportato diversamente dagli altri non significa che sia l'uomo perfetto. Anzi, in realtà mi sono imbattuta in uno di quelli della peggior specie.»

«Non ti seguo», ammise Ramona, lo sguardo confuso.

«Quell'uomo è sposato!» le sussurrò Kristen, a denti stretti. Non voleva certo che la direttrice entrasse nel suo ufficio in quel frangente.

A Ramona andò quasi di traverso il tè. «No... non ci credo!»

«Credici, invece.»

Ramona scosse la testa, sbigottita. «Ma allora è... ma allora è un dannatissimo bastardo!»

Già. Peccato che non riesca a togliermelo dalla testa, "il dannatissimo bastardo". «La colpa è stata anche mia. Non mi sono accorta che indossasse la fede e, cosa ancora peggiore, l'ho invitato io a salire a casa mia. Solo dopo ho capito perché non aveva detto subito di sì. E perché aveva quello sguardo da cane bastonato non appena l'ho visto lì al Brunch, a scolarsi solo soletto un'intera bottiglia di vino. Aveva litigato con sua moglie.»

«E tu? Si può sapere perché sei andata al Brunch proprio ieri?»

«Dovresti saperlo», rispose Kristen. Inserì un paio di pratiche all'interno di una cartelletta di plastica e richiuse a chiave il cassetto della scrivania. Se non altro, tra pochi minuti sarebbe potuta tornare a casa.

«Dio, Kris! Dovresti smetterla di pensare a quel deficiente del tuo ex. Ormai è passato tanto tempo, no?»

«Lo so. E ti assicuro che non lo amo più da un pezzo. Da quando ho scoperto che se la faceva con quella Bridget, mi è crollato il mondo addosso. Ma, allo stesso tempo, mi sono anche accorta di quanto mi avesse trattata male nell'ultimo anno e mezzo che "siamo stati insieme". E a quel punto, ha cominciato davvero a farmi schifo. Mi faceva sentire una nullità. Per lui ero sempre io, quella sbagliata. È stato allora che ho cominciato ad amarmi un po' di più. Però...» Kristen fece spallucce.

«Però la cosa ti fa ancora stare male.» Ramona si alzò dalla sedia e la strinse in un solido abbraccio. «Senti, io ti capisco. Ma non devi lasciarti influenzare dalle parole di quel cretino.»

«Non dovrei, hai ragione. Ma dopo quello che è successo ieri sera...» Sbuffò appena. «Non lo so, si direbbe che attirare uomini sbagliati sia la mia specialità.»

«Ma non sarà così per sempre!» esclamò l'amica, cercando di tirarla un po' su. «Dimmi la verità, però. Senti qualcosa per quel Marcus?»

«Cosa dovrei sentire? Ho provato un fortissimo trasporto fisico. E nient'altro», precisò, voltandole le spalle.

Non dire cazzate, Kristen. Il fatto che fosse sposato ti ha delusa più di quanto tu non riesca ad ammettere.

«Se lo dici tu. Sarà meglio dimenticarti di lui, a questo punto.»

«Sì, è proprio quello che farò», le assicurò Kristen, per nulla convinta di riuscire nell'impresa. «Avanti, andiamo a casa. Non vedo l'ora di farmi una bella doccia.»

Ramona e Kristen raccattarono le loro cose e uscirono dall'istituto verso le diciotto e trenta. «Non mi hai ancora detto com'è andata con Thomas Hunt, però», le fece notare l'amica, con finta nonchalance.

«Avevi ragione tu, è decisamente più affascinante dal vivo che non in foto», l'accontentò Kristen, trattenendo a stento un sorriso.

Le labbra di Ramona si piegarono in un ghigno soddisfatto. «Be', cosa ti aspettavi? Sono o non sono una buongustaia?»

Io ti seguo a ruota. Se solo avessi visto Marcus...

Kristen serrò la mascella. Doveva darsi una calmata. Quello là era off-limits. «Mai dubitato», le rispose. «Ma quello che conta non è certo questo. Lo sai che vuole adottare Robert?»

«Che? Il nostro Robert?»

«In persona.»

«Sua moglie è d'accordo?»

«È quello che voglio scoprire. Secondo me c'è qualcosa sotto.»

«Cioè?»

«La sua Jane non è venuta all'appuntamento, e il signorino ha accampato la scusa di volerle fare una sorpresa. Ergo, per il momento non vorrebbe farle sapere niente... Almeno fino a quando non avrà la certezza che potranno adottare Robert.»

«L'ha definita proprio così? La sua Jane

Kristen ridacchiò. Si aspettava che Ramona le rivolgesse quella domanda. «No, ma poco ci è mancato», scherzò. «Sia chiaro, non sto mettendo in discussione la relazione con sua moglie. O almeno non troppo. Mi sono ripromessa di approfondire alcune questioni che li riguardano, però. Ho avuto la sensazione che lui non mi abbia detto proprio tutto. L'ho visto un po' nervosetto, e non sono sicura che il suo stato d'animo fosse dovuto al nostro incontro.»

«Forse temeva che gli rivolgessi qualche domanda di troppo?»

«Può darsi. Ma è ancora presto per fare delle congetture. Comunque, avrò modo di conoscerlo meglio.»

«Beata te», le disse l'altra, un filino dispiaciuta.

«Cosa direbbe il tuo Jeremy se ti sentisse parlare così?» la provocò Kristen, inarcando le sopracciglia.

Ramona le rifilò un'occhiataccia. «Guarda che lui ne è sempre stato al corrente!»

«Di cosa? Della tua incresciosa passione per il magnifico Thomas Orson Hunt?» la schernì, una risatina sommessa le sfuggì dalle labbra.

«Esattamente», confermò Ramona, facendole la linguaccia.

«E come ha reagito?»

Le guance di Ramona si fecero di porpora.

«Ho capito, ti ha "condannata" a fare sesso sfrenato per tutto il weekend.»

Ramona, questa volta, la prese sul ridere. «Per un'intera settimana, a dire il vero. E più volte al giorno!»

Kristen si unì alla risata. «Ottima punizione, direi. Da quanto state insieme?»

«Da quasi sei mesi.»

«E come procede?»

«Abbastanza bene, anche se delle volte ci capita di accapigliarci per qualsiasi cosa.»

«L'amore non è bello se non è litigarello, no?»

«Chissà, potresti avere ragione.»

Quando Kristen raggiunse la macchina, chiese a Ramona se avesse bisogno di un passaggio. Lei declinò l'offerta. «Preferisco fare due passi a piedi. Però ti ringrazio.» L'abbracciò ancora una volta e fece per allontanarsi, ma non appena Kristen estrasse il solito mazzo di chiavi dalla tasca della sua lunga giacca di lana scura, Ramona notò che si era persa qualcosa.

«E questo?» le chiese, mentre raccoglieva da terra un pezzettino di carta ripiegato più volte.

Kristen glielo strappò di mano. «Oh, è soltanto una banale lista della spesa», le disse, cercando di suonare convincente.

Ramona le sorrise maliziosamente; con uno scatto felino si attaccò al braccio dell'amica e, con una semplice mossa da karateka, la bloccò costringendola ad arrendersi.

Riprese il bigliettino tra le mani e si allontanò quel tanto che bastava perché Kristen non tornasse all'attacco.

«Allora? Sei ancora convinta che le ragazze siano negate per il karate?» la sfotté Ramona, mentre l'altra la guardava scioccata.

L'amica portò l'attenzione sul foglietto e ne lesse, a voce alta, il contenuto. «Scusami tanto. Te l'ha scritto lui?» le chiese, interdetta.

«Sì. E adesso potresti ridarmelo, per favore?»

Ramona non si fece pregare e glielo porse. «Però! Non è da tutti scusarsi con un biglietto. La trovo una cosa piuttosto insolita. Non capisco per quale motivo non ti abbia porto queste fantomatiche scuse di persona.»

«Dopo che mi ha confessato di essere sposato, abbiamo parlato per qualche minuto. Poi sono scappata in bagno perché volevo farmi una doccia, non prima di avergli detto, però, che sarebbe stato meglio far finta che non fosse successo niente», le spiegò Kristen, leggermente imbarazzata. «Quando sono tornata in cucina, lui non c'era più. E mi ha lasciato quel bigliettino sul tavolo.»

«Cioè... mi stai dicendo che tu, Kristen Francis Moore, la ragazza che non si è mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, non gli hai urlato contro? Non gli hai fatto nessuna scenata?»

«No», ammise l'altra, la gola secca. Quella constatazione, da silente che era, diventò spaventosamente reale ai suoi occhi.

«Be', se la sarebbe meritata», l'ammonì Ramona.

«Lo so. Ma la sua confessione mi ha spiazzata così tanto, che... che non sono ancora riuscita a metabolizzare a la cosa. Né a mandarlo al diavolo.»

«Né a gettare via questo biglietto», le fece notare l'amica, a mezza voce.

Sarebbe stata la seconda cosa che avresti dovuto fare. Dopo averlo rispedito al mittente, ovvio.

Kristen scosse la testa. I suoi pensieri, purtroppo, non combaciavano con quanto le diceva l'istinto – e forse anche il cuore. Benché fosse perfettamente consapevole di aver sbagliato, non riusciva a relegare il tutto a una semplice avventura. Per quanto reputasse superficiale andare subito al dunque con un uomo, le era bastato incontrare quel tale affinché "rivedesse", almeno in parte, la sua già consolidata posizione. Forse non poi così consolidata, dopotutto.

Era stata precipitosa? Ovviamente sì.

Aveva fatto una cavolata a lasciarsi trasportare dal desiderio? Sì e no.

Non c'erano dubbi sul fatto che si fosse comportata da perfetta irresponsabile, tantomeno poteva negare l'effettivo coinvolgimento emotivo che l'aveva spinta a concedersi a lui. Sperava soltanto che dal quel gesto sconsiderato non avrebbe tratto delle conseguenze a dir poco terribili, se non addirittura fatali. Si ripromise, comunque, di effettuare quanto prima i dovuti accertamenti, anche se dentro di sé era convinta che Marcus non fosse solito andare di fiore in fiore senza premunirsi del consueto aggeggio che l'avrebbe protetto da eventuali malattie sessualmente trasmissibili. O almeno era quello di cui stava cercando, da qualche ora a quella parte, di convincersi.

«Hai ragione. Ma soltanto perché me ne sono dimenticata», dichiarò Kristen, rispondendo per le rime alla domanda sottaciuta dell'amica. «E adesso scusami, ma sono molto stanca. Ci vediamo domattina, d'accordo?»

Ramona non insisté, ma la pregò di fare attenzione. «In caso di bisogno non esitare a chiamarmi, okay?»

L'amica le sorrise con sentita riconoscenza. «Lo farò. E grazie di tutto.»

Kristen sollevò il ricevitore e compose il numero. Ormai lo aveva digitato talmente tante volte da ricordarselo a memoria. Il proprietario del cottage le rispose quasi subito.

«Prior Dene Cottage. Desidera?»

«Buonasera, Dereck, sono Kristen. Kristen Moore.»

«Ehi, Kristen! Ma che piacere risentirti! Come stai?»

«Non c'è male, Dereck, ti ringrazio. Ma ti confesso che non mi dispiacerebbe concedermi un po' di relax. In effetti, mi piacerebbe tanto trascorrere questo weekend nel tuo splendido cottage. Sarebbe possibile affittarlo?»

«Mmh... aspetta un momento, controllo subito.»

Dall'altro capo della linea, Kristen sentì che Dereck stava armeggiando con la sua fedelissima agenda – il rumore che produceva quella carta era inconfondibile.

«Nessun problema, il cottage è tutto tuo.»

«Perfetto. A presto, allora.»

Dereck la salutò con vivo entusiasmo, mentre Kristen tornò a rannicchiarsi sul divano, lo sguardo perso nel vuoto. Se non altro poteva approfittarne per tornare a Ravenscar. Senza contare che era da un pezzo che non metteva piede in quella bellissima tenuta, e lei non credeva vi fosse occasione più propizia di quella per tentare di rimettersi in sesto. Avrebbe potuto mettere ordine nella sua testa cercando di allontanare i cattivi pensieri e ritrovare, nel contempo, se stessa. L'immagine di Marcus, però, continuava a tartassarla. Quell'uomo aveva fatto nascere in lei una folle curiosità, di cui non riusciva proprio a sbarazzarsi. Non l'aveva approcciata in alcun modo, eppure ne era stata subito attratta.

Forse, ad attrarla era stato anche quel velo di sentita tristezza che aveva ammantato non solo i suoi occhi, ma tutta la sua persona.

Lei, che con quel sentimento aveva dovuto imparare a conviverci, poteva benissimo immaginare cosa stesse passando.

Ma lui poteva forse immaginare come si stesse sentendo lei? Poteva forse immaginare che quel semplicissimo messaggio di scuse la stava facendo ripiombare, a poco a poco, nella disperata voglia di confluire di nuovo in lui? Nel desiderio viscerale di sentirsi di nuovo viva? Di nuovo sua?

Ma tu non sei mai stata sua. Nemmeno quando vi siete dati alla pazza gioia. Non lo sei stata nemmeno per un secondo.

Si strinse nelle braccia e immaginò di averlo accanto. Il suo fiato caldo sul collo, le labbra morbide che le premevano sui seni, le sue mani esperte che vagavano senza sosta in ogni angolo del suo corpo.

Chiuse gli occhi, un intenso formicolio che la trascinava sempre di più nel vortice del ricordo. Il ricordo di ciò che era stato e che, suo malgrado, non avrebbe vissuto mai più.

Ma è stato solo sesso. Perché te la stai prendendo tanto? Un po' di sesso facile si può trovare ovunque.

Riaprì gli occhi. Non ce la faceva più a fantasticare. Non in quel modo. Si rialzò dal divano, prese il cappotto e uscì immediatamente. Corse in giardino e mise in moto la Smart.

In poco più di dieci minuti, raggiunse il Brunch e, una volta entrata lì dentro, ordinò un quarto di tequila e prese posto sul primo tavolino libero, quindi si mise ad aspettare per circa un'oretta, sperando che lui comparisse. Ovviamente non arrivò.

Tra la confusione generale e l'eccitazione costante, Kristen fece un enorme sforzo mentale per cercare di individuare Marcus in mezzo a tutto quel marasma di ragazzi più o meno ubriachi, che con aria concitata saltellavano di qua e di là ballando come scimmie.

Avrebbe tanto voluto rivederlo – e a dispetto di tutto. Persino di sua moglie.

Quando si decise a tornare a casa – erano ormai passate le ventitré –, raggiunse il bagno e si sbarazzò dei propri vestiti, quindi si infilò nella doccia. Prese a lavarsi con estrema cura, passando dovunque la spugnetta intrisa di sapone. A un certo punto, però, iniziò ad accarezzarsi in modo diverso.

Complice il desiderio di sentirsi di nuovo donna, posò i propri palmi sui seni e cominciò a sfiorarsi i capezzoli con movimenti circolari. Di riflesso inarcò la schiena, gli occhi socchiusi. Immaginò un bel paio di labbra che, succhiandoglieli con forza, ne lambiva anche la pelle che gli stava intorno, baciandola e leccandola con passione. Se li strofinò ancora più intensamente, mentre qualche spasmo cominciava a diffondersi in tutto il suo corpo.

L'impulso fu davvero troppo forte perché Kristen non prendesse a toccarsi anche più in basso, l'indice e il medio che scomparivano e rispuntavano a tratti, immersi fra le sensuali pieghe della sua intimità. La donna non si era mai toccata in quel modo; da quando era rimasta single non ne aveva mai sentito la necessità, tantomeno quando stava con Herbert. Le sfuggì più di qualche gemito, ora sommesso ora più forte, il bacino che si muoveva sempre più velocemente.

Inutile specificare a chi stesse pensando in quel momento. Inutile altrettanto precisare a chi, – nel suo immaginario –, appartenessero quelle dita.

Di certo non erano quelle di Herbert.

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