6. Sesto Atto

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QUANDO SI DICE IL CASO


Era stata una settimana impegnativa. Come al solito, Kristen aveva assolto i propri doveri con il consueto zelo e l'indiscussa professionalità che le avevano fatto guadagnare la stima e l'affetto di molti colleghi. Non si poteva dire che fosse stata una passeggiata: in alcuni momenti della giornata, il tarlo di Marcus continuava a infastidirla e a farle compagnia, gettandola in uno stato di profondo sconforto. Non voleva legarsi a nessun uomo, e non voleva altresì catalogare come "importanti" delle semplici avventurette sessuali. D'altra parte, in un paio di occasioni le era capitato che l'omuncolo di turno, una volta conseguito il suo scopo primario, adducesse la solita scusa del non sentirsi abbastanza pronto a una relazione a lungo termine. E come sempre, lei si era invece illusa che le cose potessero andare diversamente. Non lo avrebbe fatto mai più: quanto accaduto con Marcus non era stata che una parentesi.

Kristen arrivò al Prior Dene Cottage poco prima delle dieci. Si era portata dietro un piccolo borsone con tutto il necessario per trascorrere serenamente un tranquillo weekend. Un buon libro, un pigiamone invernale e della biancheria pulita – spazzolino da denti compreso. Scese dalla vettura e inspirò l'aria a pieni polmoni: quel posto totalmente immerso nel verde riusciva, come pochi altri, a farla sentire a casa. Il piccolo cottage sorgeva infatti ai piedi di un'enorme distesa di colline piene di fiori profumati e piante selvatiche, che crescevano rigogliose e altrettanto indisturbate, contribuendo a dipingere uno scenario che non poteva che definirsi idilliaco.

Quando Kristen estrasse il mazzetto di chiavi dalla borsetta, però, scoprì che la porta del cottage era già aperta. Molto strano, pensò, quindi avanzò di qualche passo e vi entrò. Sembrava tutto come al solito. Il caminetto acceso alla sua sinistra – Dereck aveva l'abitudine, ovviamente nei mesi invernali, di accendere il fuoco poco prima che arrivassero i suoi amati ospiti –, il tavolino al centro e il divano a due piazze sulla destra. Il pavimento in parquet perfettamente tirato a lucido, le quattro pareti verdognole abbellite da qualche cornice.

A un certo punto, un leggero rumore di passi la spinse, di riflesso, a indietreggiare. Qualcuno stava scendendo le scale del piano di sopra.

Kristen strinse forte il borsone, lo sguardo fisso sulla porta semi aperta che dava sul corridoio. Non appena la persona in questione comparì nel soggiorno, la donna rimase sopraffatta dalla sorpresa e non riuscì a spicciare una sola parola.

Anche l'altro rimase interdetto, gli occhi sbarrati e un'espressione sbigottita.

«Cosa ci fa qui?» si decise a chiedergli lei, squadrandolo da capo a piedi. Il suo tono di voce assunse un'aria più ostile di quanto non volesse apparire in realtà.

«Avevo tutta l'intenzione di trascorrere qui l'intero weekend, perciò ho prenotato questo cottage qualche giorno fa.»

«Ho fatto lo stesso anch'io. Ma... ma com'è possibile? Dereck non può essersi sbagliato! Mi aveva detto che non ci sarebbe stato nessun altro.»

Lui fece spallucce, lo sguardo rivolto al caminetto acceso. «Non so che dirle. Magari non è stato questo Dereck a registrare la mia prenotazione.»

Dev'essere stato quel pasticcione di Fabien, pensò Kristen, sempre più in imbarazzo. E adesso? La cosa più saggia da fare sarebbe tornarsene a casa, visto che è arrivato prima lui.

«Credo... credo sia meglio che me ne vada», dichiarò infatti, poco convinta.

«Si prenda almeno una tazza di tè», le propose lui. «L'ho appena fatto ed è ancora caldo. Vuole favorire?»

Kristen trasalì. Perché avrebbe dovuto?

«Senta... mi dispiace moltissimo per l'altra sera», proseguì lui. «Le assicuro che non è mia abitudine—»

«Tradire sua moglie?» completò Kristen, alzando la voce di un'ottava.

Marcus si strinse nelle spalle con aria colpevole, mentre l'altra si chiese dove diamine avesse trovato il coraggio di accennare alla sua consorte.

«Può anche non credermi, però è così. Non mi era mai successo di... sì, insomma, di solito non perdo il controllo tanto facilmente. Non avevo mai fatto nulla del genere, prima di... prima di quella sera. Ma è stato più forte di me.»

Quell'ultima affermazione le provocò un intenso brivido lungo la schiena.

Per me è stato lo stesso. Sarebbe stato impossibile fermarmi.

Kristen rimase immobile sulla soglia, in bilico tra l'esigenza di andarsene e il desiderio impellente di rimanere ancora un po' con lui. Di lasciarsi cullare dal suono della sua voce.

«D'accordo. Accetto volentieri una tazza di tè», si decise a dirgli, la serietà impressa sul suo viso.

Brutta stupida. Dovevi dirgli di no!

L'altro annuì, quindi si avviò in cucina e Kristen lo seguì a ruota, dopo aver sistemato il borsone accanto al caminetto.

Stava giocando col fuoco, e il rischio di scottarsi – di nuovo – era più che concreto. Perché lei non riusciva a guardarlo con indifferenza.

Tantomeno con disgusto.

Si sentiva ancora terribilmente attratta da lui.

L'uomo trafficò con un paio di tazze di porcellana e gliene porse una. Lei lo ringraziò e prese posto sul tavolo; Marcus fece lo stesso. Se ne restarono seduti, l'uno di fronte all'altra, immersi nel più assoluto silenzio, gli sguardi che si incrociavano di tanto in tanto. Il senso di calore che sprigionavano quelle tazze non era, probabilmente, paragonabile al fuoco indomabile che Kristen aveva dentro. In un'altra situazione si sarebbe sentita non poco a disagio, ma in quel frangente riusciva soltanto ad ascoltare i segnali inequivocabili che le trasmetteva il suo corpo. Un'intensa, irrefrenabile eccitazione.

Aveva annullato completamente la ragione. Si trovava in quel bellissimo posto insieme a un uomo tanto affascinante quanto misterioso, e... e si stavano bevendo un tè. E quell'uomo era sposato. Eppure, la cosa non sembrava importarle più. Ciò che più la turbava era il suo sguardo, la cui espressione non sapeva decifrare. La spaventava oltremodo il senso di profonda familiarità che quel quadretto stava ispirandole.

«Conosce da molto tempo questa zona di Scarborough?» gli domandò, incapace di frenare la propria curiosità.

«Intende dire se è la prima volta che mi ritiro in solitaria al Prior Dene Cottage? Stavo per farle la stessa domanda... Comunque no. Sono venuto qui tante di quelle volte che ormai ho perso il conto.»

«Anch'io. Mi è sempre piaciuto rifugiarmici. Di solito è il mio modo per ricaricare le energie.»

«E per "scappare" dai propri problemi», dichiarò lui, un sorriso appena accennato che si portava addosso un coacervo di tristezza.

«A quelli non si può sfuggire, purtroppo. Ma si cerca comunque di andare avanti.»

«Già. A quarantatré anni suonati mi chiedo ancora come si faccia, però. Soprattutto quando poi, del tutto inaspettatamente, sopraggiunge qualcosa di nuovo. O magari qualcuno», sussurrò, quindi la guardò negli occhi per un fugace istante.

Un istante che suscitò, nella mente di Kristen, i più svariati interrogativi. Forse anche lui si era ritrovato a pensarla più del dovuto?

Impossibile, si disse. Tra noi due non c'è stato proprio niente.

Il suo cuore, però, non era poi così d'accordo. Batteva più velocemente del normale. E la stava quasi spingendo a dirgli la verità.

Ti ho pensato tanto. Troppo. E ti ho cercato in lungo e in largo per il Brunch per tutta la settimana come se ne andasse della mia vita.

Kristen fissò la sua tazza di tè. Non poteva dirglielo, o ai suoi occhi sarebbe sembrata un'autentica disperata.

Voleva forse dargli quell'impressione?

Neanche morta.

«Spero che accetterai le mie scuse», riprese lui, passando di nuovo al tu. «Ma vorrei anche dirti che... che per quanto sia stato tutto sbagliato, per la prima volta dopo tanto tempo ho sentito che dentro di me c'è ancora qualcosa. E devo dire che questo mi ha un po' spaventato, ma forse ha pure acceso una piccola scintilla di speranza dentro di me.»

Kristen rimase allibita. Marcus le aveva appena aperto il suo cuore e lei non sapeva proprio cosa rispondergli.

«Marcus, io—»

«Non devi dire niente», le disse lui. «Lungi da me dal metterti in difficoltà. Però... però ti confesso che non mi dispiacerebbe affatto se restassi ancora un po'. Almeno fino all'ora di cena. Per domani, se lo desideri, posso anche cederti il cottage. Magari possiamo dividerci la spesa, visto il caos che hanno creato.»

L'altra rimase ancora più sconcertata. Marcus le stava davvero chiedendo di restare? Fino all'ora di cena? Per un istante, Kristen credette che avrebbe rigettato il tè – e tutto per l'agitazione che le aveva abbrancato il cuore e lo stomaco a causa di quelle parole.

«Non credo sarebbe una buona idea», trovò la forza di dirgli lei, sebbene il suo corpo si ostinasse a gridare l'esatto contrario. Negli ultimi giorni, le era spesso capitato di toccarsi pensando a lui. E se da un lato quella cosa la imbarazzava, dall'altro le aveva fatto capire che Marcus, in qualche modo, avesse lasciato un segno indelebile dentro di lei.

«Forse no, sono d'accordo», ammise lui, fissandola negli occhi.

Kristen scostò prontamente i suoi, le guance arrossate. Ringraziò il fatto che non potesse leggerle nella mente, o si sarebbe scontrato con l'immagine di una donna che si dava piacere nei posti più impensati: davanti allo specchio della sua camera da letto, sul divano del soggiorno mentre guardava – si fa per dire! – i soliti filmetti d'amore, alcune volte persino dentro al bagno del suo ufficio. Il desiderio più intenso, però, le era scattato molto spesso sotto la doccia. La sensazione paradisiaca del getto caldo che le accendeva i sensi, quell'insensata voglia di tornare a fare sesso con un uomo che, però, non fosse altri che Marcus.

«Puoi accomodarti di là in soggiorno, se vuoi», riprese lui. «Oppure, se proprio non te la senti di restare...» Scrollò le spalle. «Non so, scegli tu.»

Kristen si riscosse da quei pensierini tutt'altro che casti. «Credo... credo che andrò a farmi una passeggiata nei dintorni», farfugliò, alzandosi di colpo dalla sedia. Avere Marcus vicino senza poterlo nemmeno sfiorare si stava rivelando una completa tortura.

Doveva allontanarsene.

«D'accordo. Ti aspetto per pranzo, allora.»

Kristen lo squadrò da capo a piedi un'ultima volta – nel mentre, lui si era voltato per pulire alla bell'e meglio il piano cottura con la pezzetta che aveva trovato nella credenza. Maglione color pesca, jeans invernali, scarpe scure.

Riesce a essere sexy persino quando si mette a fare le pulizie, pensò Kristen, quindi gli rispose con un flebile e, a passo svelto, s'allontanò.

Doveva tornare in sé.


Le lunghe distese di prati con annessa, fiorente vegetazione riuscivano ancora ad affascinarla. Kristen si ritrovò in mezzo a una graziosa radura non molto lontana dal cottage, ma abbastanza distaccata perché cercasse di immaginarsi lì da sola. Non c'era mai stata insieme a Herbert, tantomeno con qualcun altro. Quello era sempre stato il suo personalissimo rifugio, e lei non voleva condividerlo con nessuno. Adesso era costretta a farlo con Marcus, però. E la cosa – suo malgrado – non le dispiaceva affatto.

Chissà cosa starà facendo, pensò distrattamente, la punta delle dita che sfiorava l'erba alta mentre veniva cullata da un vento piuttosto freddo. Magari stava guardando il televisore. Oppure rimuginando su quanto successo quella maledetta sera. Sul suo tradimento, sulla proposta – tutt'altro che appropriata – che le aveva fatto.

Sarebbe stato meglio non dargli corda. Adesso sarai costretta a sorbirti le sue labbra per tutto il tempo, e senza poterle assaggiare di nuovo.

Sì, lei moriva dalla voglia di farlo. Non pensava di aver mai provato un desiderio così forte in vita sua. Le era sempre piaciuto baciare Herbert – benché non avesse desiderato spupazzarselo all'istante –, ma il primo bacio con Marcus, per quanto privo di dolcezza, le aveva scatenato brividi in tutto il corpo. Con gli altri uomini che c'erano stati dopo il suo ex, invece... neanche a parlarne. Agli inizi, non aveva provato chissà cosa per loro – probabilmente anche alla luce della rottura con Herbert, che non aveva mai davvero superato.

Marcus l'aveva stregata. Con lui, aveva ripreso a sentire. A sentirsi. Era stato splendido baciarlo e stringerlo a sé, come stupefacente era stata l'intesa sessuale che avevano sperimentato. Dall'inizio alla fine, le era quasi sembrato di entrare in un mondo parallelo, che non aveva niente a che vedere con quello terreno. Per poi tornare in quello reale, dove la cruda verità le era stata sbattuta in faccia senza troppi complimenti.

Ma c'era un ma. Anche Marcus, a detta sua, aveva scoperto che dentro di lui c'era ancora qualcosa. Una scintilla di speranza, aveva dichiarato. Questo poteva anche significare che fare sesso con Kristen l'avesse aiutato a comprendere più di quanto non osasse sperare. Cosa poteva aver capito, però? Kristen preferì non chiederselo.

Continuò a camminare per almeno una buona mezz'ora, anche se il freddo pungente stava cominciando a penetrarle sin dentro le ossa. Doveva tornare indietro, se voleva scongiurare il rischio di buscarsi un fastidioso raffreddore con annesso mal di gola.

Fa' finta che lui non ci sia, si comandò, ben sapendo quanto sarebbe stato inutile. Era più forte di lei.

Sospirò. Resistere ai propri impulsi, questa volta, le sarebbe costato un sacrificio enorme.

Verso le tredici, Marcus fece ritorno al cottage e Kristen si risvegliò di soprassalto. Incredibile a dirsi, era riuscita a farsi una bella dormita rannicchiandosi sul divano, e questo le aveva anche impedito di pensare più del dovuto all'assurda situazione in cui era incappata.

«Scusami tanto, non volevo svegliarti», le disse lui, richiudendo piano la porta. «Avevo bisogno di prendere aria anch'io, quindi sono uscito per un po'.»

Kristen scattò in piedi, la schiena leggermente indolenzita. «Non fa nulla», gli rispose. Sapeva che avrebbe dovuto approfittare della sua assenza per scappare a gambe levate, ma chiaramente non l'aveva fatto.

Marcus, nel frattempo, si avviò in cucina e preparò un gustoso risotto alla pescatora. L'altra lo osservò di sottecchi per quasi tutto il tempo, come incantata. Non si scambiarono neanche una parola, nemmeno durante il pranzo. Kristen si costrinse a trangugiare tutto, benché il suo stomaco non ne fosse poi tanto entusiasta.

«Davvero buonissimo», gli disse, a pasto concluso. Di tanto in tanto, si erano guardati negli occhi e sembrava quasi che ciascuno dei due volesse dire qualcosa, ma di fatto nessuno dei due aveva avuto il coraggio di prendere l'iniziativa. «Adesso è meglio che vada, però.»

Anche Marcus si era alzato in piedi, un sorriso appena accennato. «Figurati. Allora, be'... addio, Kristen», le disse, tornando serio.

«Addio, Marcus.»

Non ebbe neanche il tempo di girare i tacchi e scappare da quella trappola, che subito le scattò nella testa un pensiero pericoloso, che di razionale non aveva proprio nulla. Gli si avvicinò e, incapace di trattenersi, gli sfiorò appena la guancia destra con le labbra.

Fu l'inizio della fine.

Non appena si scostò, Marcus l'afferrò con prontezza e altrettanta dolcezza. Il modo in cui la guardò le fece tremare le gambe. Le accarezzò di sfuggita il mento e si fiondò su di lei. Il bacio fu, perlomeno inizialmente, piuttosto tenero, le labbra di Marcus che suggellavano quelle di lei con insolita discrezione e, a tratti, un pizzico di indecisione. Kristen prese a succhiargliele con impazienza, e a quel punto non ci volle molto perché prendessero a divorarsi a vicenda. Le difese di Kristen crollarono al pari di quelle di lui, che l'afferrò per i fianchi e la sistemò sopra al tavolo della cucina. Di riflesso, Kristen gli si spalmò addosso, gli circondò le gambe e continuò a sbaciucchiarlo. Marcus insinuò entrambe le mani sotto al suo maglione color cipria e impazzì seduta stante nello scoprire che la donna non aveva indossato il reggiseno. Gli scappò un lamento e tastò con ingordigia quelle sensuali rotondità veneree a palmi aperti, titillandole più volte i capezzoli. Anche Kristen gemette contro la sua bocca, l'erezione di Marcus che premeva per uscire. La donna riusciva a sentirla distintamente, essendosi spinta contro di lui non appena l'uomo le aveva sfiorato la pelle.

Marcus la privò del maglione e prese a toccarla con più delicatezza, le sue mani che vagavano da un punto all'altro del suo corpo. La fece distendere dopo qualche istante, la schiena contro il tavolo. Si sbarazzò, con movimenti affettati, dei propri vestiti, – boxer compresi –, le pupille dilatate, uno sguardo di fuoco, carico di sottintesi, perennemente rivolto a lei. Kristen se lo mangiò con gli occhi, mentre di tanto in tanto si sfiorava i seni cercando di ovviare alla tentazione di intrappolare la sua erezione per giocarci un po', come aveva fatto la prima volta. Il solo pensiero la faceva scalpitare, e vederlo così eccitato suscitava in lei una miriade di sensazioni. Si chinò per baciarla e le mormorò un torno subito che la fece tremare, milioni di farfalle a svolazzare nel suo stomaco. Kristen ne approfittò per succhiargli il labbro inferiore e carezzargli il petto con foga, finché lui non si allontanò, uscendo a passo svelto dalla cucina.

Kristen ne approfittò per riprendere fiato, ma non riuscì comunque a smettere di toccarsi. Si sbottonò i pantaloni e allungò la mano verso le mutandine, quindi vi inserì dentro un paio di dita e prese a rotearle con una certa impazienza.

Averlo rivisto completamente nudo era stato un richiamo sin troppo forte al bisogno di assecondare l'impulso sessuale che lo stesso Marcus le scatenava. Dopo pochi secondi, l'uomo tornò in cucina e si bloccò di colpo. Kristen, pur accorgendosene, non provò il benché minimo imbarazzo, e, anzi, continuò a sospirare di piacere, i fianchi che si muovevano su e giù, assecondando i suoi stessi movimenti. L'altro si avvicinò a lei con curiosità, una bustina tra le mani che – Kristen lo appurò in quel momento – conteneva indubbiamente un preservativo.

La posò sul tavolino senza smettere, però, di osservare con sincero interesse quel processo di profonda auto stimolazione. Le mutandine abbassate per metà, i jeans che ancora ricoprivano le sue splendide gambe, quelle dita che si infiltravano con urgenza sempre più in profondità – e senza esitazione alcuna. Kristen lo guardò nella sua totalità, il piacere che aumentava a dismisura. Nemmeno l'eccitazione di Marcus accennava a diminuire, e non appena la donna risalì con il pollice addolcendo d'un colpo il ritmo, anche l'uomo, del tutto incapace di restarsene con le mani in mano di fronte a quell'accesso di puro erotismo, incominciò a stuzzicare la propria erezione di fronte a lei, un sospiro profondo ad accompagnare l'azione. Spiaccicò il palmo sinistro sul suo seno e ne tastò ancora una volta la consistenza, come a volerne rivendicare la proprietà.

Non ci volle molto perché entrambi riprendessero a parlarsi in un linguaggio piuttosto diverso ma non troppo nuovo, del tutto coinvolti in un giochetto che, a più riprese, li portò quasi al limite, tanto che Marcus dovette spesso fermarsi. Kristen si sentiva orgogliosa: l'aveva naturalmente spinto a darsi piacere davanti a lei, e senza che nei suoi occhi vi trapelasse alcun accenno di imbarazzo. I suoi movimenti erano netti, precisi, sensuali; veloci e lenti insieme, quasi quanto quelli di Kristen, che ne osservava le affascinanti variazioni con grande avidità.

Quando furono stanchi di continuare quella partita, Marcus terminò di spogliare Kristen con estrema calma, e con altrettanta cura si infilò il preservativo. Le loro intimità, questa volta, si scontrarono dolcemente. Lui la penetrò piano, assaporando fino in fondo la sensazione di completo benessere che quel contatto gli suscitava. L'altra si perse nel suo sguardo, mentre Marcus aveva cominciato a spingersi in avanti sorreggendole con garbo i polpacci. Sembrava volesse prenderla con calma, si muoveva tanto lentamente che a Kristen quasi parve che lui la stesse cullando. La donna sorrise e ricacciò un sospiro. Non ricordava nemmeno più quand'era stata l'ultima volta che un uomo l'avesse trattata con un simile riguardo.

Marcus non aveva fretta; le sue spinte erano gentili, composte. Quasi timide. Quell'accesa frenesia che l'aveva tanto colpito durante il loro primo incontro sessuale era, di fatto, completamente svanita. Fortissime scosse di piacere pervasero il corpo di Kristen, che, perlomeno di tanto in tanto, non resisteva dall'andargli incontro e approfondire il contatto, i palmi di Marcus ad accarezzarla ovunque. E lei si sentiva una donna a tutti gli effetti. Dopo tanto tempo, si sentiva di nuovo bella. Sensuale. Estremamente sicura di sé. E non c'era nemmeno bisogno che Marcus glielo dicesse, perché era proprio il suo sguardo a parlare per lui. Ai suoi occhi, non si sentiva affatto stupida, tantomeno una bambolina priva di volontà. Stavano giocando ad armi pari. E soprattutto, lo volevano entrambi.

Poco prima che Kristen scoprisse il tradimento di Herbert, lei si era sentita letteralmente costretta ad assecondarlo in qualsiasi cosa. Aveva fatto di tutto, pur di tenerlo legato a sé. Pur di sentirsi di nuovo apprezzata da lui, pur di non chiudere una relazione che per lei era stata così totalizzante tanto da non riuscire nemmeno a concepire l'idea di potersi concedere a un altro uomo. A causa sua, aveva perduto tantissime occasioni di rinascita, si era chiusa in se stessa in balia una depressione profonda. Dopo qualche tempo – anche grazie al supporto costante di Ramona – aveva trovato il coraggio di dire basta.

Non sarebbe riuscita a dire lo stesso a Marcus, però. Nonostante fosse tutto sbagliato, si sarebbe gettata continuamente tra le sue braccia. Gli avrebbe concesso qualsiasi cosa, se soltanto gliel'avesse chiesto. Si spinse contro di lui sempre più spesso, incapace di assecondarlo nella sua totalità. Voleva di più e, accelerando di colpo l'andatura, si sforzò di non chiudere gli occhi. Si sarebbe lasciata consumare da lui all'infinito, avrebbe gridato con tutto il fiato che aveva in gola. Marcus, dal canto suo, continuava a sfiorarle a più riprese le cosce, quindi si piegò ai desideri di Kristen. La frequenza delle spinte che aumentava progressivamente, le sue placide carezze che si mescolavano a quel trait d'union dal carattere sempre più selvaggio, a tratti spudorato. Quasi disperato.

Kristen si rialzò sulla schiena senza smettere di muoversi, il consueto sfregamento tra i corpi si faceva tanto più intenso quanto più lei cercava di avvicinarsi a Marcus. Sentiva l'esigenza di stringersi a lui ma, soprattutto, baciarlo ancora. L'uomo la capì al volo e l'aiutò ad alzarsi, cosicché Kristen incontrò le sue labbra ancora una volta.

Morbide, calde. Leggermente arrossate.

Fu il bacio che le scoccò a darle il colpo di grazia, mentre lui si era concesso un altro paio di spinte andando incontro a un'esplosione finale che li lasciò storditi, sudati e senza fiato.

Kristen si accoccolò sulla sua spalla, lui che le accarezzava dolcemente la schiena. I cuori di entrambi che, all'unisono, scalpitavano per lo sforzo.

Sarebbe stato troppo pretendere un altro bacio? Desiderare di poter fermare il tempo affinché quel momento durasse per sempre?

Kristen chiuse gli occhi per qualche secondo, quindi li riaprì.

Non era cambiato (ancora) niente. Ma non erano certo due statue di cera.

Sarebbe stato troppo chiedergli di continuare a stringerla a sé per almeno i prossimi dieci minuti?

Scosse appena la testa.

Sì, sarebbe stato decisamente troppo.

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