16. Incomplete - Parte II

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Cari lettori

Eccoci qui con la SECONDA PARTE del capitolo 16 di capitolo di BROKEN - Il passato tra noi :)

Come al solito vi ringrazio per tutto il vostro appoggio, per ogni voto e ogni commento che mi fanno sapere che là fuori c'è qualcuno che apprezza la mia storia

Cosa avrà trattenuto Marco dal prendere il pullman e incontrare Aurora? 

Venitelo a scoprire :D

Vi auguro buona lettura ❤ 

Vi adoro ❤❤❤


Erano le sei di martedì mattina e Marco era già in piedi. In realtà non aveva chiuso occhio tutta la notte, troppo occupato a progettare ed affinare il suo piano per entrare nello studio e rubare il manoscritto inedito di sua madre. In un modo o in un altro quel giorno il libro sarebbe stato nelle sue mani, e lui avrebbe scoperto quale verità la donna gli aveva lasciato in quelle pagine.

La prima parte del piano consisteva nel rubare la chiave dello studio, legata ad un laccetto che suo padre custodiva gelosamente al collo, nascosto sotto la camicia. L'unico momento in cui suo padre se ne separava era durante i pochi minuti della doccia mattutina. Il piano quindi prevedeva che Marco entrasse in bagno mentre il padre era intento a lavarsi, prendesse la chiave, togliesse le mandate dalla porta dello studio, e poi riportasse la chiave al suo posto. Tutto ciò nella speranza che Stefano non si accorgesse della momentanea sparizione.

Se questa parte avesse avuto successo, il resto del piano sarebbe stato piuttosto semplice: gli sarebbe bastato attendere che il padre uscisse per andare a lavoro e poi avrebbe avuto tutto il tempo per entrare nello studio e prendere il manoscritto.

Quello che non aveva considerato era che, di ritorno da scuola, suo padre sarebbe andato subito a rifugiarsi in quella stanza e avrebbe ben presto scoperto che non era più chiusa a chiave. Questo lo avrebbe certamente insospettito e indisposto, ed era l'ultima cosa che Marco desiderava. Sapeva bene quanto fragile fosse l'equilibrio emotivo di suo padre e non voleva certo metterlo in subbuglio compiendo un errore di quel tipo.

Quindi l'unica chance che gli rimaneva era quella di sottrargli la chiave durante la doccia mattutina, aprire lo studio, prendere il manoscritto nel minor tempo possibile, e poi richiudere la porta e rimettere la chiave al suo posto.

Era un piano ugualmente rischioso e Marco ne era consapevole. Mille cose potevano andare storte: avrebbe avuto a disposizione solo pochissimi minuti e il manoscritto poteva non essere stato lasciato in bella vista. Cercarlo avrebbe richiesto più tempo di quanto ne avesse a disposizione. E in caso fosse riuscito a prendere l'oggetto del desiderio, suo padre, una volta tornato a casa, avrebbe potuto notarne l'assenza, prima che Marco avesse la possibilità di leggerlo tutto e di replicare il suo piano per poter rimettere il libro al suo posto.

Poteva solamente immaginare le disastrose conseguenze se uno solo dei passaggi del suo piano fosse andato storto, ma una parte di lui, la più grande, era disposta a correre dei rischi pur di impossessarsi di quel manoscritto.

Così, alle sei del mattino, Marco era disteso sotto le coperte, gli occhi spalancati nel buio, le orecchie tese pronte a captare anche il più piccolo rumore, in attesa di sentire suo padre alzarsi e dirigersi verso il bagno. Quello sarebbe stato il suo segnale.

E quando mezz'ora dopo Stefano aprì la porta della camera da letto diretto sotto la doccia, Marco scostò bruscamente le coperte e fu in piedi con un balzo. Poggiò l'orecchio sulla porta chiusa della sua camera, tutti i sensi in massima allerta, i battiti del cuore che si rincorrevano all'impazzata e gli rimbombavano nelle orecchie.

Sapeva che doveva calmarsi, o avrebbe mandato il piano a gambe all'aria. Così si allontanò di qualche passo dalla porta e fece un respiro profondo. Sentì l'aria fluire attraverso il naso, riempirgli i polmoni e poi scivolare lentamente fuori attraverso le labbra. Ci vollero diversi secondi perché il cuore decelerasse quanto bastava a renderlo di nuovo padrone dei suoi sensi, fino a poco prima in preda al panico.

Quando finalmente Marco sentì il rumore dell'acqua della doccia scorrere, seppe che quello era il momento di entrare in azione. Così aprì piano la porta della sua camera, sperando che suo fratello dormisse ancora profondamente e non lo interrompesse nel momento meno opportuno.

Si avviò lungo il corridoio con passo felpato verso il bagno. Quando vi fu davanti, abbassò pianissimo la maniglia e fu sollevato nel constatare che suo padre non l'aveva chiusa a chiave. Aprì la porta solo di uno spiraglio e sbirciò all'interno. Stefano era sotto la doccia, nascosto dalle pareti serigrafate della cabina di vetro.

Poi la vide: la chiave era a meno di trenta centimetri da lui, legata al suo cordoncino e posata sul mobiletto del lavabo.

Marco non riusciva a credere alla sua fortuna. Gli bastò aprire di altri pochi centimetri la porta, allungare la mano e afferrare il cordoncino. Poi la richiuse con estrema attenzione, cercando di non fare il minimo rumore, e quando fu certo che suo padre non si era accorto di nulla, si diresse in tutta fretta verso lo studio.

Inserì la chiave nella toppa, la girò due volte e fu dentro. Accese la luce e si richiuse la porta alle spalle. Ora non gli restava che trovare il manoscritto.

Marco si avvicinò subito alla scrivania e guardò nel primo cassetto, dove aveva visto suo padre riporre il fascicolo l'ultima volta che era stato in quella stanza. Ma come si aspettava, il manoscritto non era lì e questo complicava la sua missione.

Così iniziò a cercare tra le pile di scartoffie ammucchiate sul ripiano, sperando che non fosse nascosto altrove.

Nella prima pila non trovò nulla, nemmeno nella seconda e nella terza. I minuti scorrevano veloci e non gli restava molto tempo prima che suo padre uscisse dalla doccia. Se per allora la chiave non fosse stata al suo posto, la situazione si sarebbe messa male. Molto male.

Dopo aver cercato per dieci minuti senza nessun risultato, Marco si era arreso. Continuare sarebbe stato troppo rischioso. Avrebbe dovuto tentare la sorte un'altra volta.

Ma proprio mentre si stava avviando verso la porta, fu allora che qualcosa attirò la sua attenzione. Un rigonfiamento nel cuscino della seduta del divano. E non appena lo sollevò, lo vide. Il manoscritto era nascosto lì, dove nessuno avrebbe mai pensato di cercarlo. Con l'adrenalina a mille, Marco lo afferrò, spense la luce, uscì dallo studio e chiuse di nuovo la porta a chiave.

Il grosso della missione aveva avuto successo. Non gli restava che riporre la chiave al proprio posto. Per sua fortuna, sentiva ancora l'acqua della doccia scorrere. Così aprì di nuovo con cautela la porta del bagno, sbirciò che suo padre non stesse guardando verso il lavandino e poi con un movimento cauto adagiò delicatamente la chiave dove l'aveva trovata.

E proprio mentre stava per richiudere la porta, sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

Il sangue gli si gelò nelle vene in un istante.

«Marco, che stai facendo?»

La voce assonnata di Alessandro alle sue spalle lo fece sobbalzare. Non riusciva più a muoversi, la sua mente sembrava essersi inceppata e ritornare costantemente, come in un loop infinito, sullo stesso quesito: e ora come ne sarebbe uscito?

La sua mano destra era ancora aggrappata alla maniglia della porta del bagno, mentre la sinistra stringeva come in una morsa il manoscritto di sua madre. Se suo padre lo avesse scoperto con quel libro, sarebbe sicuramente andato fuori di testa.

Nelle orecchie continuavano a risuonare i battiti accelerati del suo cuore, ormai spinto dall'adrenalina in una corsa frenetica contro sé stesso. Doveva assolutamente calmarsi e riprendere il controllo della situazione.

E proprio mentre appoggiava la porta allo stipite e stava per lasciare la maniglia, sentì una forza tirarla verso l'interno del bagno. Un secondo dopo si ritrovò di fronte a suo padre, in accappatoio, con lo sguardo, di solito vacuo, in quel momento sospettoso.

«Che ci fate voi due in piedi a quest'ora davanti alla porta del bagno?»

Marco, con un movimento discreto, portò la mano sinistra dietro la schiena, nel disperato tentativo di nascondere il manoscritto alla vista di Stefano.

«Niente papà, avevo bisogno del bagno e sono entrato senza bussare. Non mi ero accorto che fosse già occupato» provò a giustificarsi Marco, sperando che il padre non facesse altre domande, e ancora, che suo fratello stesse al gioco e non lo smentisse.

«E tu invece? Che ci fai in piedi a quest'ora?» domandò Stefano, rivolgendosi ad Alessandro.

Marco voltò appena la testa per incrociare lo sguardo di suo fratello. Sapeva che aveva visto il manoscritto tra le sue mani, e sperava più di ogni altra cosa che capisse che la situazione richiedeva la sua complicità.

«Ho sentito Marco alzarsi e, dato l'orario, volevo controllare che fosse tutto a posto» replicò Alessandro.

Il padre li scrutò entrambi ancora per qualche secondo, poi fece un passo indietro e ritornò alle sue faccende mattutine.

Non appena la porta nascose Stefano alla sua vista, Marco riprese a respirare. Era stato così nel panico che non si era nemmeno accorto di aver trattenuto il fiato.

Una volta soli, i due fratelli si guardarono negli occhi per alcuni secondi, poi Marco afferrò Alessandro per l'avambraccio e lo guidò verso la sua stanza. Una volta dentro, chiuse la porta, posò il manoscritto sulla scrivania e si sedette lì, con lo sguardo fisso sulla pila di fogli rilegati.

Rimasero così per un po', in silenzio, Marco troppo nervoso per parlare, e Alessandro troppo confuso per fare domande.

Marco sapeva che suo fratello aveva visto il libro e, avendogliene accennato lui stesso qualche giorno prima, poteva facilmente immaginare che non se la sarebbe cavata con una semplice bugia. Alessandro avrebbe fatto domande. Su come se lo fosse procurato, su cosa ci fosse scritto al suo interno, sul perché fosse rimasto nascosto a tutti per così tanto tempo.

E come aveva previsto, fu il piccolo di casa a rompere il silenzio.

«Allora? Pensi di darmi qualche spiegazione o hai intenzione di rimanere in silenzio ancora per molto?»

L'ironia nel tono di suo fratello suggeriva a Marco che avrebbe fatto meglio a raccontargli la verità, oppure avrebbe indagato per conto suo e, con molta probabilità, avrebbe mandato all'aria il suo piano.

«No, ti dirò tutto Ale, ma non ora. Devi avere ancora un po' di pazienza» cercò di temporeggiare.

«E quanto dovrò aspettare, di grazia?» replicò seccato suo fratello. Stava per perdere la pazienza, lo intuiva.

«Ho bisogno che aspetti che papà vada a lavoro. È una questione che richiederà tempo e soprattutto calma, e al momento non abbiamo né l'uno né l'altra» disse Marco in tono asciutto, sperando che la sua determinazione fosse sufficiente a convincere Alessandro a non insistere con le domande.

Il fratello lo fissò con sguardo seccato, poi si passò le mani tra i capelli e sbuffò.

«D'accordo» disse «aspetterò che papà vada al lavoro. Ma poi mi dirai tutto. Intesi?» e gli puntò l'indice della mano destra contro, in attesa di una conferma.

Marco si sentì subito sollevato. Si alzò, si avvicinò al fratello e gli posò le mani sulle spalle.

«Certo Ale. Ancora un po' di pazienza e ti dirò tutto. Ora vai in camera tua, o papà potrebbe insospettirsi.»

Seguendo le direttive del fratello maggiore, Alessandro fece un respiro profondo e si avviò alla porta. Ma non appena stava per uscire dalla stanza, Marco lo chiamò.

«Ale?»

«Sì?» disse lui, voltandosi.

«Grazie, per prima. Per avermi retto il gioco.»

Il fratello minore accennò un lieve sorriso complice, fece un cenno con la testa e poi uscì, richiudendosi la porta alle spalle.

Non appena fu solo, Marco tornò a fissare la copertina del manoscritto. Stentava a credere di essere riuscito nell'impresa di impossessarsene. Una parte di lui era impaziente di sfogliare quelle pagine, di divorare ogni singola macchia di inchiostro e scoprire quale misteriosa verità avesse voluto comunicargli sua madre.

Eppure un'altra parte di lui, più piccola e più radicata nei meandri della sua mente e della sua anima, aveva voglia solamente di fuggire, intuendo che niente sarebbe più stato lo stesso dopo quella lettura.

Nel caso avesse deciso di intraprendere quel viaggio, o meglio quando, sarebbe stato un viaggio di sola andata, Marco lo sapeva bene. Tornare indietro non sarebbe stato possibile, ne era paurosamente cosciente.

Continuò a fissare la pila di fogli senza muovere un muscolo, inconsapevole e disinteressato allo scorrere del tempo al di fuori della sua stanza.

E quando suo padre, un'ora più tardi, uscì di casa per recarsi a scuola, Marco non se ne accorse neppure. Fu Alessandro a risvegliarlo dal suo stato di trance, quando entrò nella sua stanza qualche minuto dopo.

Squadrò il fratello maggiore per qualche secondo, preoccupato di trovarlo ancora seduto alla scrivania, esattamente dove lo aveva lasciato più di un'ora prima.

«Marco, ti senti bene? Cosa è successo stamattina?»

Sebbene il suo tono fosse cauto, Alessandro era determinato a ricevere delle spiegazioni.

Marco si voltò di scatto a guardarlo, come se avesse notato solo in quel momento la presenza del ragazzo. Poi si stropicciò gli occhi con entrambe le mani, come a voler spazzar via tutta lo stress e la stanchezza accumulati sino a quel momento, fece un respiro profondo e si preparò a rispondere alle domande di Alessandro.

«Sì, sto bene, sono solo un po' stanco» esordì. E dopo alcuni secondi di pausa: «Quello che sto per raccontarti dovrà rimanere tra noi Ale, d'accordo? Per nessun motivo papà deve venirlo a sapere, o darà di matto, ne sono certo.»

Alessandro lo guardò, perplesso, tentando di capire cosa potesse aver fatto suo fratello di tanto sconvolgente da poter abbattere il muro di silenzio dietro al quale si era rifugiato suo padre. Ma decise di assecondare Marco.

«D'accordo. Ma ora parla. E comincia dall'inizio.»

Marco gli spiegò brevemente del piano che aveva architettato e messo in atto per sottrarre il manoscritto senza che Stefano lo scoprisse, e infine gli mostrò la dedica sulla prima pagina.

«Non avevo idea che mamma avesse scritto un altro libro... Non l'ho mai visto in giro per casa, né questa copia né nessun'altra...» disse Alessandro, continuando a fissare la copertina in cartoncino.

«Già, credo sia l'unica copia. Non penso che sia stato scritto per essere pubblicato, credo che fosse destinato a me sin dall'inizio... Ma la domanda è: perché non darmelo lei stessa? O, ancora meglio, perché scrivere un libro per farmi conoscere una verità che avrebbe potuto benissimo rivelarmi di persona? Non riesco proprio a capire...» disse Marco in tono esasperato e con il volto teso.

Alessandro rimase qualche secondo in silenzio, poi azzardò: «Ma lo hai già letto?»

«No, non sono riuscito ad andare oltre la prima pagina quando l'ho visto la prima volta, perché papà me lo ha strappato dalle mani prima che potessi fare altro. E stamattina perché... non ho ancora trovato il coraggio» rispose Marco, nascondendo il viso tra le mani.

Ne era consapevole, era giunto il momento di scoperchiare il vaso di Pandora. Non sarebbe stato possibile rimandare oltre. Presto avrebbe dovuto rimettere il libro al suo posto, nella speranza che suo padre non ne notasse l'assenza nel frattempo.

Alessandro gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla sinistra, stringendola appena, per dargli l'appoggio e il conforto necessari per compiere l'ultimo passo.

Marco fece un respiro profondo, prese il manoscritto, lo aprì alla pagina della dedica, e poi cominciò la lettura. Suo fratello si andò a sedere sul suo letto, una presenza discreta, pronto a sostenerlo in caso di bisogno.

E fu così che Marco salpò per il suo viaggio senza ritorno.    

Cosa ci sarà scritto nel libro inedito che la madre di Marco gli ha dedicato?

Quale verità è rimasta celata sino ad ora?

Io come sempre ho la bocca cucita! ahah

Tranquilli, prometto che per la prossima parte non vi farò aspettare molto ^-^

E se vi piace la storia lasciate un commento e una stellina, mi renderebbe molto felice

Sempre vostra ❤ 

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