18. The lonely - Parte II

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Quando quella sera rientrò a casa, la ragazza trovò la famiglia riunita intorno al tavolo della cucina, in attesa di lei per la cena.

Sapeva che erano tutti preoccupati, l'avevano chiamata almeno una ventina di volte nelle ultime due ore. Prima suo fratello, poi suo padre, e infine sua madre.

Ma non aveva risposto di proposito.

L'ultima cosa di cui aveva voglia era parlare.

Così aveva allungato il suo percorso per tornare a casa e si era fermata sulle rive dell'Arno, alla disperata ricerca della pace e del conforto che una volta le procurava osservare il mare dalla veranda della sua casa.

Aveva piovuto tutto il giorno e, nonostante avesse con sé nello zaino un ombrello, aveva preferito non utilizzarlo e passeggiare sotto la pioggia.

Era rimasta seduta sulla riva del fiume, con la pioggia che le incollava i capelli scuri al volto e al collo, la musica dell'ipod come unica compagna di solitudine, ad immaginare di essere ancora una volta a Polignano, all'imbrunire, sulla veranda illuminata appena dalla luce del tramonto, seduta sullo sgabello del suo pianoforte, a suonare tutta la musica che sentiva dentro di sé, e che ora giaceva intrappolata nel suo cuore e nella punta delle sue dita lunghe e sottili, desiderosa di essere eseguita e di esplodere in una fragorosa moltitudine di emozioni troppo a lungo represse.

E dopo esser rimasta un'ora sotto l'acquazzone, si era incamminata verso casa, completamente fradicia e talmente stanca da sentirsi svuotata.

Mentre attraversava Piazza di Santa Maria Novella, Aurora aveva guardato in direzione della grande basilica che dominava lo spiazzo, notando che uno dei portali laterali della facciata rinascimentale era aperto. Senza sapersi spiegare il perché, aveva sentito l'esigenza di deviare dal suo percorso, per entrare in quel luogo sacro a lei ancora ignoto.

Aveva trascorso già diverse settimane in una delle città più belle del Paese, eppure di Firenze aveva visto poco o nulla, se non qualcosa di sfuggita durante i suoi spostamenti in macchina oppure in autobus.

Le pietre di marmo bianco che costituivano la maggior parte della facciata della chiesa, bagnate dalla pioggia scrosciante, apparivano di una tonalità grigia scura, conferendo solennità all'edificio.

Dinanzi al portone del colore della giada, Aurora si era sentita piccola, quasi soffocata dall'imponenza di quella parete che la sovrastava, dandole l'impressione di poterle cadere addosso, schiacciandola proprio come stava facendo il suo passato.

Aveva oltrepassato la soglia della basilica senza quasi rendersene conto.

Poste lungo le pareti laterali, dinanzi agli altari minori, le candele illuminavano fiocamente l'interno dagli alti archi a sesto acuto, mentre l'abside era circondato da una serie di faretti dalla luce più intensa, diventando così il punto focale dello sguardo di ogni avventuriero.

La ragazza si era mossa a passi lenti verso il centro dell'edificio, con la testa reclinata indietro e gli occhi fissi sulle alte volte a crociera quasi totalmente celate dall'oscurità.

Aveva sempre amato la storia dell'arte e aveva studiato l'architettura di quella chiesa non molti anni prima, innamorandosene.

Ma in quel momento la mente di Aurora era altrove, persa nei meandri del suo sordo dolore.

E quando si era ritrovata dinanzi al crocifisso posto in cima all'altare, le ginocchia avevano ceduto, lasciandola scivolare sul freddo marmo del pavimento, ormai esausta e perduta.

Non aveva mai creduto in Dio.

Si era sempre ripetuta che la felicità non poteva arrivare da un'entità impalpabile e invisibile agli occhi del mondo. La sua felicità era sempre venuta dalla musica e dall'amore delle persone che la circondavano, e non aveva mai preteso o desiderato altro.

E, dopo l'incidente, si era convinta ancora di più che non potesse esistere un Dio capace di farle passare un inferno simile.

Da quel giorno nulla aveva avuto più senso per lei.

Eppure, in quel pomeriggio di pioggia, in quella chiesa fredda e buia, Aurora aveva sentito il desiderio di pregare.

Non aveva idea di come si facesse, se ci fosse una formula precisa, un rituale da dover rispettare affinché la preghiera venisse ascoltata. Non sapeva bene neppure lei chi o cosa pregare. Così aveva deciso di cominciare, lasciando per una volta che fossero le parole a guidare i suoi pensieri, e non il contrario.

«Non so bene come rivolgermi a te... In realtà non so neppure se ci sia effettivamente qualcuno in ascolto lassù.»

Il suo tono era incerto, la voce appena tremolante a causa degli indumenti bagnati che portava incollati al corpo ormai da ore. Ma Aurora non si era fermata.

«La scienza mi insegna che non esiste un creatore e che prima del Big Bang non c'era nulla, né lo spazio né il tempo. Ha avuto origine tutto così, con un punto di materia di densità e temperatura talmente elevate da tendere all'infinito e che, espandendosi nel corso dei millenni, è divenuto quello che oggi chiamiamo universo. Nessuna esplosione, come i più credono, né nessuna creazione. Solo un agglomerato di particelle dal nulla cosmico.

Perciò probabilmente in questo momento sto semplicemente parlando alle pietre, come una perfetta pazza.

Ma non ha importanza, perché ho bisogno di una risposta e, a questo punto, sono disposta a cercarla ovunque, anche qui. Quindi ora lancerò la mia domanda nell'etere e, se dovesse giungere a qualcuno lassù, gradirei che si degnasse di rispondermi.»

Aurora si era interrotta alcuni secondi, facendo vagare lo sguardo attorno a lei per controllare che nessun orecchio umano fosse in ascolto. Poi aveva riportato lo sguardo alla volta appena illuminata e aveva interrogato il silenzio.

«Vorrei sapere perché sono sopravvissuta. Questa domanda continua rimbalzare nel mio cervello dal giorno in cui ho riaperto gli occhi, senza darmi tregua. Dio, se esisti, dimmi: perché salvarmi? A quale scopo? Quella notte mi è stato portato via tutto: la serenità, la musica, l'amore, la mia identità. Allora perché? Perché farmi sopravvivere? Perché costringermi a continuare una vita che non sento più mia? Perché salvarmi se non posso essere felice?»

Le domande di Aurora erano riverberate appena tra le alte mura della basilica, riempendo per un attimo il silenzio spettrale che risuonava cupo contro lo scrosciare della pioggia al di là delle pareti.

La ragazza era rimasta in ascolto per diversi secondi, col fiato sospeso, in attesa di una risposta che non arrivò mai.

Così, dopo qualche minuto, si era rimessa in piedi, tremante per il freddo, ed era uscita dalla chiesa senza più voltarsi indietro.

Cari lettori, ecco a voi un primo scorcio di Firenze :) Spero abbiate gradito ^-^

E spero anche che questo piccolo momento di "preghiera" di Aurora vi abbia emozionato come ha emozionato me scriverlo

E per chi se lo stesse chiedendo (probabilmente nessuno xD), la semplicistica "spiegazione" del Big Bang è scientificamente corretta :D Nessuna esplosione, al contrario di quanto raccontano la maggior parte dei libri di scuola superiore :)

E come sempre, se quello che avete letto vi è piaciuto, lasciate pure un commento e una stellina ^-^

A presto

Sempre vostra

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