Arancia meccanica

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Volavano schiaffi, insulti e sedie in nel paese dei balocchi, l'alta val Bisagno genovese. Luca scendeva dal bus e la prima cosa che faceva era sputare per terra, tanto quella periferia del cazzo non era la sua città. A passeggio tra le alture perennemente adombranti il quartiere, lo scrittore in erba rollava la sua canna; Azzurra lo attendeva dietro al cimitero, con applicato in viso abbondante trucco per mascherare il ceffone ricevuto. Quella volta aveva solo risposto male al padre, un meritato "fanculo" per averla epitetata con ingiurie da caserma.

Aveva voglia di piangere più che fumare, se lo impedì. Forte, decisa, bisognava essere un'altra persona per sopravvivere da quelle parti. Le faceva schifo la violenza, eppure, volente o nolente, l'avrebbe sempre vista: a casa, tra gli "amici", sul lavoro, ovunque si girasse qualcuno subiva la sua triste sorte di quindicenne figlia di retrogradi. Alcuni momenti si vergognava delle sue origini al punto da forzarsi a imparare il dialetto che Luca, non si scherza, le insegnava per purificarla – ariana onoraria in un reich del disagio. La ragione riguardava sempre la violenza, l'aveva associata alla gente che iniziò a distinguere con nomi specifici. Parlava della sua famiglia dicendo "gli animali", gli altri del quartiere erano "la specie". Quando scappò di casa all'ennesima molestia di suo zio, ormai era tardi per cancellare il vissuto, e Azzurra crebbe senza poter scordare le percosse dove il sangue versato era la soddisfazione del capofamiglia.

Si ritrovò coinvolta in risse di strada, ma mai con un Luca di fianco, mai con uno a cui non si sarebbe mostrata dura mentre si cagava addosso. Nella rissa c'è di nuovo in mezzo, un branco di pivelli lotta contro Rossano.

Luca è rigido come un blocco di cemento, immobile nel vicolo a farle da scudo. Uno dei pivelli si allarma a sentire che qualcuno sta chiamando la polizia, scappa, non guarda dove va. L'allarme di Azzurra è come un fischio a un mastino, è lo stesso urletto che lo scrittore udì nel cesso di una discoteca di Praga. C'erano altri ragazzini, neodiplomati preferenti la "figa facile" dell'Europa orientale allo scontato viaggetto a Ibiza, e Zdena, cioè la ragazza che chiamava aiuto, fortunatamente amica dell'alcolizzato entrato per pisciare. L'indomani Zdena avrebbe intrapreso un percorso per superare l'angoscia datale dai quattro, mentre Luca, andato a comprarle due dolcetti, non si curava di aver mandato in coma uno stupido.

Ugualmente non avrebbe dato peso a certi degeneri punitivi più perseguibili, nei cinque anni da espatriato si è divertito assai a dar manate facendo il cavaliere. Se non era per prendere le difese di una fanciulla era per frustrazione, perché non è facile essere stranieri, perché aveva attriti col capo e beveva, beveva, si scolava tanto da perdere le staffe alla minima cagata.

Ora non si parla di Zdena, di Lujza o di Juliska, né ci sono seccature al lavoro che ha già deciso di mollare. È la sua cazzo di serata con Azzurra, e lei, oltre che ad averlo innervosito poco fa, si è appena spaventata. Se si aggiungono alcuni marocchini freschi di gommone, scimmiette che come vedono una rissa si gettano a capofitto, è un attimo ritrovarsi accerchiati, con uno dei giovani balordi che approfitta della confusione per dare una manata agli unici glutei vietati del pianeta.

Ciò che sale a Luca è una commistione di razzismo, machismo e rabbia repressa che offusca ogni ragione, dettando quindi i principi della giungla urbana per annientare tutti quelli che potrà.

Lo sventurato è uno degli obbiettivi di Rossano, a vedersi avrà metà degli anni del romanziere. Cosa lo sbarbatello ha più di lui è un atteggiamento snervante, una lingua lunga e una sfacciataggine irrecuperabile.

Certi non capiscono le parole, è convinto Luca; solo le botte, come gli animali. La rieducazione comincia pertanto dall'agguantarlo per la collottola, rafforzare la presa stringendo i capelli e schiacciargli la faccia contro alla parete più vicina senza preoccuparsi del dolore che soffrirà, perché la strada impartisce una chiara lezione: se devi ricorrere alla violenza, assicurati che l'avversario non si rialzi più.

Luca, mai veramente violento, è stato un ottimo studente e applica a dovere quanto appreso. Poi, quando la faccia è abbastanza grattugiata, spinge il ragazzino per terra e lo sfianca a suon di pestoni dritti allo sterno.

Lo fa meccanicamente, non pensa, non prova nulla se non una sporca gratificazione. Stessa sorte tocca a uno degli amichetti, solo che a quello va fin bene perché un pugno secco sul naso provoca un'immediata colata di sangue e dunque il panico che lo fa svenire. Il terzo è uno dei marocchini, Luca non si schiera con nessuna parte quando c'è da darle a caso; il quarto è un altro fottuto musulmano o quel che è, intervenuto per salvare il compare strangolato e buttato sui vetri della finestra precedentemente infranta; il quinto è l'unico che controbatte al pugno mirando al mento, e il bruciore che lo scrittore percepisce è benzina sul fuoco.

È un mondo infame e crudele quello in cui viviamo, pochi hanno molto e tanti pascolano tra gli scarti. I veri cattivi non esistono di base, ma un giorno accade qualcosa che corrompe. Forti, decisi, bisogna essere altre persone per sopravvivere: Azzurra ha soffocato migliaia di lacrime e Luca ha perso una parte di sé alla morte di Camilla, a ogni rottura di palle della madre che lo vorrebbe più responsabile, alle crisi economiche del cazzo e ai lavoracci cui si è dovuto prestare per rimane comunque un fallimento della società. A pagarne le spese adesso saranno dei ragazzini di merda, e per lui è più che giusto finché non sente un "Basta" diverso, commosso, terrificato.

Lei l'ha visto tante volte dare il peggio, questo è un normalissimo sfogo di tensione al confronto; è cambiato il sentimento, è maggiore l'apprensione per i probabili guai che Luca passerà qualora non smettesse d'imbrattare i vicoli con brandelli di gioventù bruciata. Il problema allora non è la violenza, ma separarsi da lui perché in carcere – una sintesi perfetta delle priorità della loro dimensione, Grand Theft Auto Love and crime.

«Amore, basta!»

Amore. Non Luca, non "stronzo". Efficace come un proiettile, piacevole più delle sinfonie di Offenbach che il romanziere stava canticchiandosi in testa per darsi il ritmo. Amore, come soleva chiamarlo nessun'altra.

Azzurra è la primissima e manco se n'è accorta. Lo sta stringendo per la vita, fa il possibile per frenarlo e tirarlo via. Vista la recente esperienza con le amfetamine, la sciocca cubista non ha un filo di grasso in corpo, salvo dove Luca va doppiamente pazzo di lei. Ovvio che non abbia neppure muscoli, teneva troppo alla linea per non intossicarsi ulteriormente; se ne pente adesso che c'è da avere energia, sentendosi ancor più debole dato che Luca non è per niente un toro, nonostante la foga.

Sicché restano gli scongiuri, Azzurra ripete "amore" e lo accosta ad altre richieste: «Amore, andiamo via» e «Amore, smettila, ti prego».

Funzionano. Non abbassano l'adrenalina, ma sono le preghiere che Luca non può ignorare.

Sedici anni aveva Azzurra quando scappava di casa. Luca ne aveva diciotto e nessuno sapeva spiegare come diavolo facesse a mantenere pulita la fedina penale. Andò una notte a dar fuoco alla macelleria dei genitori di lei, così, per fare un dispetto. Se solo glielo avesse ordinato, già allora avrebbe invece bruciato direttamente loro. Finirla di picchiare dei mocciosi sbruffoni è il minimo, in fondo devono ancora godersi la loro serata speciale.

«Sì sì, andiamo, mi sono calmato» torna normale Luca. Di sangue per terra ce n'è però troppo e Azzurra non può fingere il contrario.



All'allontanamento della coppia novella è coincidentale l'arrivo delle forze dell'ordine a sedare i facinorosi.

Si respira un'aria anomala nei vicoli stasera. In genere Luca è più tranquillo a camminarci, ma un brivido gli percorre la schiena. In alcuni vi è troppo silenzio, in altri nota le saracinesche abbassate in anticipo; non c'è l'odore di scitto dove se lo aspetta, le prostitute sono barricate in casa, sirene lontane annunciano che gli sbirri siano a caccia. E, strano più dell'atmosfera, di donne in giro ne ha avvistate pochissime, non possono essere tutte da Rocco.

Pace, forse è solo suggestione causata dal precedente pericolo.

Azzurra viene prima dell'allerta che non gli fa abbassare la guardia. Da qualche parte deve pur portarla e sceglie la soluzione politicamente corretta. Al BlaBla c'è Aneta in turno, splendore della notte con tante bestemmie soffocate perché almeno l'otto di marzo potevano dargliela la serata libera. Con lei a servire i tavoli dello scadente locale, Luca si sente sollevato: teste di cazzo e allupati saranno troppo impegnati a sbavare dietro al suo soffice e curvo sedere per badare ad Azzurra o ad avviare altre stupide risse. Inoltre, il BlaBla è noto per la qualità della musica e per l'età media della sua clientela, tutti nostalgici cresciuti con poca voglia di casini. Ci si beve un ottimo Orange Blossom, perfetto per riprendere a parlare da dove sono stati interrotti.

Azzurra però non pare molto in vena, è ancora provata dallo sbotto dell'amante.

«Tutto bene, gioia?» s'interessa lui mortificato. L'offerta della bevanda è gradita, ma non promuove risposte migliori di un mugugno di negazione. «No, domanda stupida. Non serve riconoscere che ho esagerato, sarebbe altrettanto stupido...»

«In realtà non è per come hai scrollato*, c'ero quando allo Yes lanciavi lo spumante ai pierre» gli risponde lei sconsolata. «Sono presa male per la manata sul culo...»

«Che è il motivo per cui non ci ho più visto» precisa Luca, stanco di saperla vittima di una molestia. «Non l'avesse fatto, ti avrei portata via subito.»

Azzurra storce il naso. «Sicuro? Eri parecchio fuori di te.»

A lui non va di mentirle. Dell'est è aggiornata, ha voluto confessarle perché abbia ritenuto necessario rivolgersi a una psicologa. Sarà comprensiva anche in questo caso. «Sono cambiate molte cose in questi anni. Anche se ti sembro uguale, non ho più la calma di una volta.»

«Siamo in due, e come sai sono manesca con le donne» dice la cubista, poi sospira. «Lu... quand'è che siamo diventati cattivi?»

Una domanda curiosa. «Tu non sei cattiva.»

«Sono una rompicazzo.»

«Ma non cattiva.»

«Mi faccio di cocaina e ho un sacco di debiti.»

«Infatti sei scema. Risolveremo tutto comunque, anche con la forza.»

«Allora siamo cattivi.»

Luca la osserva e gli si stringe il poco cuore che gli rimane. La ragazza stona nel bel clima del BlaBla, è mogia, pensierosa. La regressione all'infanzia d'inizio serata si è modificata in un ritorno al passato, con le malinconie di giorni perduti che non potranno essere cambiati. Ancora soffre per la sua famiglia di stronzi, i primi responsabili della sua caduta.

Benché lo scrittore avalli la teoria delle responsabilità ripartite - ognuno ha il potere di scrivere il proprio destino -, non ce la fa a dirle di piantarla di piangersi addosso. «Io sono il cattivo, non tu. A me è andata meglio che a te, eppure sono un disastro di essere umano.»

«Non è vero, non sei un disastro» lo incoraggia lei con la voce dell'amore.

«Lo dici perché sei presa, giudicami con lucidità. La famiglia l'ho avuta, le amicizie più sane le ho avute e tant'è appartengo ai rifiuti della civiltà. Quelle testoline di merda le avrei suonate come tamburi con o senza manata sul culo, è questa la verità. Ma hai la mia parola, ci lavorerò su.»

«Un rifiuto della civiltà che mi difende...» mormora lei osservando i pugni raccolti tra le mani. Bell'intreccio da ammirare, stanno bene le dita congiunte. «Mi sento più al sicuro quando sono con te. I debiti mi preoccupano di meno.»

«Lavoreremo anche su questo» replica lo scrittore comprendendo il valore del suo gesto affettuoso. «Implicitamente, il nostro sì comporta tante promesse.»

«Sono pronta a mantenerle» risponde ella annuendo, ma sono parole dettate dalla ragione eclissata dalle emozioni. Lo shinigami le accetta per pietà, con la speranza di farle vincere la battaglia persa da Camilla.

«E sei pronta a mantenere quella che ci facemmo anni fa? Basta con questa vita, diamoci una ripulita

«A tutte le promesse» replica a pezzi Azzurra, mossa invece dalla speranza che la felicità non sia lontana.

Le liti sono la sua insofferenza, la fame di quel di più che non arriva mai. Ora che il di più c'è, ed è vero, scelto, aggiunge: «Giuro che la smetto di urlarti contro», e a lui vien da ridere perché alle liti non ci pensa.

Oggi battono il loro record, tre giorni di quiete dopo essersi ripromessi di non discutere. Nei cinque minuti che intercorrono tra il baciarsi le mani e lo spazientirsi, il nuovo campione che guasta la festa è Mafia, l'irreprensibile e virtuoso Mafia.

Trattasi di uno stereotipo vivente, delinquente non istruito dal soprannome evocativo, riassunto della provenienza che invita Luca a nozze. Fabbro di professione e spacciatore per passione, ha mani in pasta un po' ovunque, ma al BlaBla ci viene poiché, come un po' tutti, non resiste al fascino rom di Aneta, già stroncata dalla nausea alla sua venuta.

Mentre il popolo anonimo ha un riguardo per il quale Aneta vada sedotta poco alla volta, Mafia possiede più senso pratico e va dritto al punto. Ad ascoltarlo biascicare, carico di zibibbo, a Luca vengono i medesimi conati della cameriera, ed è l'unico che ha abbastanza palle da alzarsi per andargli testa a testa, a minacciarlo di buttargli giù i denti storti che si ritrova se non la smette di annoiarla.

Luca non è al corrente che Mafia sia uno dei tanti debiti di Azzurra, ancor meno che sia armato di lama e che stasera sia in giro anche per riscuotere.

La ragazza, d'un tratto, non si sente più sicura come sosteneva di essere. Improvvisa l'intenzione di andar via che non convince lui, sospettoso che il delinquente sia uno di quelli che al mancato pagamento in contanti la farebbe rimediare con la natura, se per purissimo caso la scema gli avesse comprato della merce.

Doppia scusa per spaccargli la testa. In un attimo è il finimondo.

Non perché Mafia sia Mafia, bensì perché: «Ci sono andata a letto la settimana scorsa, ho saldato duecento euro.»

Il cuoricino di Azzurra temeva che l'amato si sarebbe arrabbiato se l'avesse scoperto, perciò l'ha tenuto per sé.

Luca sclera sul serio.

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*Scrollare: impazzire, dar di matto.

Spazio autore

Warning: Qualcuno le sta per buscare male, ma tanto.

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