Capitolo 32: Dubbi

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《Qualcuno è stato a casa mia, ha spostato i miei vinili. Tu, per caso, ne sai qualcosa?》

Colton sedeva alla scrivania, con le braccia conserte. Lauren poté solo intravedere una punta d'astio nella voce del medico, seguita a ruota da una fervida curiosità maturata all'interno della conversazione.
Ad entrambi fu chiaro il fatto che stessero giocando al gatto e al topo. Colton molto furbo, ma Lauren sempre nettamente in vantaggio.

《Io non sono mai stata a casa tua, Victor. 》concluse lei, nella speranza di risultare convincente. Cercò di restare posata, sicura di sé stessa. Certo, si trovava davanti ad uno psicologo, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di fregarlo. Sopratutto, mentirgli spudoratamente.

《Ho già parlato con mio figlio, mi ha detto che non ne sa niente. Speravo di ottenere qualche informazione da te, visto che ho trovato un calzino proprio accanto al divano. 》

Un calzino?

Lauren cercò di fare mente locale. Non aveva dimenticato nulla nella taverna di Colton, quel calzino non sarebbe mai potuto essere suo. Sì, si sentì certa, più che sicura. Era tornata a casa con scarpe e calze al proprio posto.

《Ti ripeto, io non sono mai stata a casa tua. Era un calzino da uomo o da donna?》cercò di intrattenersi in modo cauto. Restare vaga le sembrò la cosa migliore.

Colton ci pensò su un momento. Cercò altresì di ricordare con certezza le fattezze dell'indumento.

《Beh, direi da donna. Bianco, bordato di pizzo. Direi non adatto proprio ad un uomo.》

A Lauren prese un colpo. Lei non possedeva niente di bianco e nulla di pizzo. Non era proprio il suo genere.
La prima cosa che le venne in mente, malauguratamente, fu che Stephen non avesse portato solo lei nella taverna.
Le venne da vomitare. Semmai fosse stato così, non glielo avrebbe perdonato mai.

《Odio il bianco. Detesto il pizzo. Vieni pure a vedere nel mio armadio, Victor. Non ci troverai nulla che somigli alla tua descrizione. E non troverai nessun calzino spaiato. 》

《D'accordo, ok. Mi fido di te. Non ti sto accusando, Lauren. Però capirai che non è legale intrufolarsi in casa d'altri senza permesso. 》

Colton la fece accomodare sulla poltrona, ma percepì lo sdegno di Lauren nei confronti della seduta. Il medico tentò di giustificare i propri dubbi, alla meno peggio. Si chiese se non stesse accusando una persona potenzialmente innocente.

《Non voglio alludere tu sia stata con mio figlio in taverna, ma capirai sia stato lecito per me sospettarlo. 》

《Io e suo figlio non abbiamo rapporti, di nessun genere. 》concluse, certa che, alla fine, se Stephen fosse stato davvero un tale bugiardo cronico, sarebbe finita con l'allontanarlo definitivamente e per davvero.

Lauren, comunque, si trovava nello studio di Colton per altri motivi e non per parlare di Stephen. Si convinse di volerlo scacciare dalla mente, al fine di concentrarsi solo sulla seduta. Avrebbe risolto in un secondo momento quella faccenda scomoda, ma solo con il diretto interessato.

《Molto bene, allora torniamo alla mansarda. Te ne sei andata, lasciando Franklin da solo. Cosa è successo dopo?》le chiese, speranzoso che Lauren potesse finalmente concentrarsi.

《Sento un telefono che suona, che squilla di continuo. 》

《Bene, aggrappiamoci a questo ricordo. Perché suona? Chi ti sta cercando, Lauren?》

Maria siede sul letto, infastidita dall'insistenza del cellulare di Lauren. Glielo passa, distrattamente, perché essa possa rispondere.

"È Franklin, di nuovo, non è cosi?" Le domanda, ma Lauren non si esprime.
È l'ennesimo messaggio pieno di scuse che riceve, si sente stanca. Ha cercato di ignorarlo in ogni modo, ma si rende conto che la cosa sta diventando molto difficile da sopportare.

"Dillo agli zii. Se fa lo stalker, dovresti avvertirli. Non fare tutto da sola, come al solito."
Lauren scorre gli innumerevoli messaggi di Frank. Sono tutti uno più smielato dell'altro. In uno dice che la ama, nell'altro la implora di perdonarlo. Ma nell'ultimo, Franklin ha cambiato tono. Le scrive che è una stronza, che almeno potrebbe rispondere. Le dice anche di essere una bambina viziata, di non valere un fico secco.
Lauren legge il messaggio e non può che spaventarsi. Due minuti dopo, riceve un altro sms, il quale recita di guardarsi le spalle. Franklin non accetta l'essere rifiutato, non ha intenzione di mollare.

"Mi sta spaventando" confessa Lauren, porgendo il telefono a Maria.
"Te l'ho detto, dillo agli zii. Mio padre andrà personalmente a rompergli il muso."
Lauren prende coraggio, scende in salotto. Zio Jean è come al solito davanti alla televisione, guarda una partita di football e urla insieme al telecronista.
"Zio, ho un problema. " dice Lauren, a ridosso del divano.
qualcosa di urgente?" Risponde lui, senza togliere gli occhi dal monitor della televisione.
"No, ma... potrebbe diventarlo."

Zio Jean non le presta attenzione. È troppo preso dalla partita, dal tifo sfegatato in cui si sta cimentando.
La ignora, al punto da spingerla ad andarsene.

"Tuo padre non mi ha dato retta."
"Avresti dovuto insistere. Sai come diventa quando è davanti ad una partita di football. Torna lì e fatti ascoltare."
Lauren scuote la testa. Sente di averne già abbastanza. Se la caverà da sola, come ha sempre fatto.

Risponde a Franklin, gli dice di voler essere lasciata in pace. Di rimando, il ragazzo le chiede un incontro, uno soltanto, per poter discutere dei fatti accaduti.
"Non accettare." Maria fa da eco a suoi pensieri. Lauren non vorrebbe acconsentire, ma sente il bisogno di spiegazioni.
"Vieni con me, così potrai controllare tutto e starmi accanto."
La cugina ci pensa su qualche secondo, prima di decidersi. Andrà con Lauren, ma solo perché non si fida a lasciarla da sola insieme ad uno psicopatico.
Le dita digitano una risposta piccata. Lauren accetta di incontrare Franklin, ma in un posto sicuro, sotto gli occhi di tutti.

Maria ha paura possa succederle qualcosa, si presta per accompagnarla, pur restando nell'ombra.
L'appuntamento è stato fissato al pub O'Sullivan, luogo di ritrovo abituale della compagnia, tra un ora.
"Credo sia una pessima idea, Lauren. Stai rischiando troppo per nulla."
Entrambe ne sono consapevoli. Maria ha ragione, ma ormai la scelta è stata presa.
Lauren si sente pronta a chiarire una volta per tutte con Franklin e, allo stesso modo, chiudere definitivamente con lui.

《No, no. Non voglio andare!》urlò la giovane, stretta tra le braccia di Victor.

《Rilassati, Franklin non è quì. Nessuno può farti del male. Lui è lontano, tenuto sotto controllo. Non è più una minaccia.》

Lauren si scostò dal corpo di Colton infastidita dal contatto, tornando infine al proprio posto sulla poltrona.

《Uno stalker? Così è inziato tutto?》chiese al medico, alla ricerca di conferme.

《Rivedi similitudini tra i messaggi inviati dal Franklin passato, rispetto a quello odierno?》

Ci pensò su un momento. No, i messaggi ricevuti di recente erano molto più scabrosi, parecchio più forti, rispetto a quelli rivangati dai propri ricordi. Ricordi, per altro, nemmeno tanto accurati.

《Ho una paura folle. Non ho più ricevuto nulla, ma temo che Franklin sia sempre dietro l'angolo in attesa di vedermi fragile, per attaccare. 》

《Siamo così vicini alla soluzione del problema, non possiamo mollare adesso. Insistiamo, dobbiamo accendere all'incontro con Franklin. Dovremmo farlo ora. 》

Colton si fece insistente, ma Lauren capì di essere arrivata alla resa dei conti. Lei, più di ogni altro, aveva necessità di sapere tutto e pensò che fosse arrivato il momento di farlo per davvero.
Basta giocare, è ora di finirla.

《Va bene, scaviamo ancora. Non uscirò da quì se non avrò ricordato ogni cosa.》

Tornò a stendersi sulla poltrona, in attesa che Colton agisse sul suo inconscio. Si sentì pronta, non le restava che mettere al proprio posto gli ultimi pezzi del puzzle.

Avrebbe dato un ricordo nitido a quelle urla, alle botte, alla prigionia di cui era stata vittima, barbarizzata e, non di meno, a tutte le clip vocali.
Quelle che aveva udito, inviate al suo cellulare con l'intento di farle del male, intenzionate a renderla, di nuovo, quella persona fragile che, ormai, non poteva più permettersi di essere.





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