Capitolo 37: A galla

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Stesa in un letto caldo, fatto di lenzuola inodore e non famigliari, Lauren capisce di essere ancora in stato confusionale.

Non è totalmente incosciente, ma le viene difficile aprire gli occhi e rispondere alle domande del suo nuovo interlocutore. È un uomo e, dalla voce, non lo riconosce.

Con una mano accarezza appena le lenzuola, vorrebbe capire per lo meno il luogo in cui il suo corpo è stato deposto. In un primo momento pensa di essere morta. Più passa il tempo, più si rende conto che no, respira, ma di sicuro non è messa benissimo. Si trova in un letto di ospedale e, con tutte le proprie forze, sta cercando di ricordare cosa sia successo, i motivi per i quali sia giunta lì.

L'uomo continua a parlarle. Le chiede di alzare una mano, se riesce. Successivamente, la intima ad aprire gli occhi. Lauren non obbedisce a nessuno dei comandi, rimane inerme nel letto e attende che tutti se ne vadano. Giura a sé stessa di sentirsi stanca morta, vorrebbe solo tornare a dormire. Spera che non assecondando il medico questo la lasci in pace.

Riconosce le prime voci famigliari poco dopo. Prima quella di zia Beth, calda e armoniosa, poi di zio Jean. È nei confronti dello zio che prova maggior stupore. Di fatti, Jean sta piangendo. Lauren se ne accorge, ma è pressoché incredula. Lui non aveva mai pianto prima d'allora, nemmeno per il funerale della madre.

La coppia resta a vegliarla per un bel po' di tempo, parlottando e scambiandosi opinioni. È Maria che ha chiamato i soccorsi, dopo il colpo inferto ricevuto da Lauren. Anch'essa è lì, nella stanza. Parla meno degli altri, non si esprime sulla faccenda. Dice solo di essere a pezzi, di sentirsi in colpa per ciò che è successo. Se potesse tornare indietro, cambierebbe di certo le sorti di Lauren o, per lo meno, cercherebbe di impedirle l'incontro con Franklin.

Eppure, Lauren, sente che Maria non è stata del tutto sincera con gli zii. Essa, infatti, pare abbia raccontato una versione incompleta della storia e di questo Lauren è certa. Sa di esserne sicura, perché rivangando nella propria memoria, non ricorda Maria alla finestra, nel momento del colpo.

Nei pochi secondi prima di ricevere il pugno, Lauren ricorda di aver cercato Maria con lo sguardo oltre le vetrate del pub e di non averla vista al solito posto. Lei le aveva promesso che non si sarebbe mossa da lì, ma la verità è che Maria si è mossa, eccome. Lauren è certa che la cugina si sia spostata per ordinare un drink o, più semplicemente, per andare in bagno. Il che porta Lauren a pensare che Maria non abbia visto nulla. Tutti giungono convinti che la versione di Maria sia quella giusta, ma Lauren, sebbene non la ricordi, è sicura che non sia andata davvero così.

Pare che Franklin l'abbia picchiata. Lei ricorda il ragazzo nel parcheggio, ricorda i toni forti di lui, ma il pugno che tutti dicono lui le abbia sferrato, per un qualche motivo, lo ha rimosso.

I medici invitano la famiglia perché lascino la stanza. Lauren deve riposare, recuperare le forze. Gli inquirenti giungeranno non appena la ragazza avrà recupero abbastanza per poter avvalorare la tesi espressa da Maria, unica testimone dell'avvenuto.

Il buio avvolge Lauren, tanto fuori, quanto dentro sé stessa. La stanza torna ad essere silenziosa, isolata dal resto del mondo. Solo dei passi la destano dal sonno in cui sta lasciandosi andare.
È tornata a non essere sola e la cosa non può che disturbarla. Una mano si posa sulla sua, è calda. Non di meno, è grande, cosa che le fa credere non possa essere di una donna. Viene scartata l'ipotesi possa trattarsi di Beth o di Maria.

"Mi dispiace averti lasciata sola. Non avrei dovuto."

Lauren cerca di mettere a fuoco la tonalità dell'uomo. In un primo momento non ci riesce.

"Sono stato un vigliacco, non me ne sarei dovuto andare. Se solo fossi rimasto cinque minuti in più, tutto questo non sarebbe successo. Avrei dovuto crederti, invece di mettere in discussione le tue confidenze. "

È un sogno, oppure si tratta davvero di Franklin?
Confidenze? Quali confidenze? Lauren non ricorda di essersi mai aperta con Franklin in merito a segreti. In realtà, Lauren sente di non ricordare più niente. Il suo nome, a malapena quello degli zii, ma nulla legato alla sua vita passata. Solo volti, profumi, ma nessun episodio significativo. Sente che si sta agitando. Sente di essere un guscio vuoto e non capisce come sia possibile.

"Maria mi ha accusato, so che i tuoi zii faranno lo stesso, ma non sono stato io. Te lo giuro, se ti sveglierai tutta intera, spero ricorderai i fatti per come sono andati davvero. Non sono stato io!"

Franklin piagnucola. Dalla voce, a Lauren, sembra sincero. Una parte di sé crede possa davvero dire la verità. Eppure sono tutti così sicuri sia stato lui, sopratutto Maria. Come è possibile?

"Sul tuo telefono troveranno delle foto, un video. Lascia che gli inquirenti giungano ad esse. Sono tutte le cose che hai raccontato a me, per le quali io non ho voluto sostenerti sino in fondo. Ho pensato solo tu stessi estremizzando una cosa da nulla. La verità è che il mio comportamento ti è costato caro. "

Qualcuno giunge nella stanza con l'intenzione di interrompere il monologo di Franklin.

"Che ci fai tu quì? Via, la paziente deve riposare e l'orario di visita è finito da un pezzo."

È la voce di una donna a parlare, forse di un'infermiera. Afferra Franklin per le spalle e lo esorta ad andarsene.

"Lauren, ti prego. Ricorda! I video, le foto, sono sul tuo cellulare! Mostra quelli, fai in modo di scagionarmi. So che lo farai!" Le dice, prima di uscire definitivamente dalla stanza.

In un rantolo di paura e con il fiatone, Lauren tornò alla realtà. Afferrò i bordi delle lenzuola e si rese conto di non essere nello stesso letto del proprio sogno. Si trovava ancora in hotel, con suo padre dormiente, nel letto a fianco.

《Che succede?》chiese Patrik, svegliato dal respiro pesante della figlia e per via di una serie di rumori provenienti dal suo giaciglio.

《Ho fatto un sogno strano, non sono certa si tratti di un ricordo. So solo che, per qualche motivo, sto mettendo in dubbio che possa essere stato Franklin a farmi questo. 》

《E chi allora? Non ti capisco, Lauren.》

Patrik accese la luce e trovò la figlia, seduta sul letto, con gli occhi rivolti davanti a se.

《Non lo so, ma nel mio sogno Franklin si è scusato per non essere rimasto con me più a lungo. Per non aver impedito che mi facessero del male.》

《Non vorrei tu ti facessi altro male con questa storia. Perché Jean e Beth hanno avuto la pretesa che tu scavassi in profondità nei ricordi?》

《Perché non ne potevano più di vedermi così. Ho rasentato la depressione, papà. Credo solo l'abbiano fatto perché potessi giungere a ricordare e metterci una pietra sopra. Il problema è che, oltre ai sogni confusi, sto iniziando a dubitare dei ricordi a cui ho attinto con Colton. 》

Patrik inizialmente non rispose. Rimase in silenzio per un po', cercando di dare una spiegazione alle parole di Lauren.

《Tua zia mi ha detto qualcosa circa delle sedute di ipnosi. Potrebbe essere che ti stiano facendo più male che bene. 》

Sì, su questo Lauren non avrebbe avuto più alcun dubbio. Con Colton aveva ricordato solo parzialmente la faccenda, iniziò a esserne certa.

《Papà, so che ti sembrerà assurdo, ma devo trovare Franklin. Se il mio sogno avesse attinto davvero alla realtà, allora lui dovrebbe essere l'unico a sapere qualcosa. 》

Sebbene la trovasse un'idea folle, Lauren si sentì certa fosse la cosa giusta da fare. Pregò che Patrik propendesse per aiutarla.

《Se la cosa può riportarti a stare bene, lo faremo. Ad una sola condizione. Non ti lascerò sola con lui, qualora lo trovassimo. 》

Lauren acconsentì con il capo. Le sembrò una giusta via di mezzo con la propria richiesta.
Lo avrebbe trovavo e avrebbe parlato con Franklin. In un qualche modo, sarebbe riuscita a scagionarlo definitivamente, così come avrebbe dovuto fare due anni prima.

Iniziò ad ascoltare se stessa, come non aveva fatto mai.
Si rese conto altresì che non avrebbe più avuto bisogno di Colton. I ricordi stavano tornando a galla da soli e, non di meno, avrebbe iniziato a fidarsi solo di sé stessa.




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