Capitolo 39: Casa, dolce casa

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《Lui ti viene a prendere, ti porta a cena e io sono d'accordo. In ogni caso, però, pretendo tu ti faccia sentire spesso per garantirmi che stai bene. Io non sarò distante, non mi va di saperti in giro da sola. 》

Patrik le concesse di partecipare all'appuntamento con Stephen. Non di meno, Lauren si vide obbligata, per convincerlo, a raccontargli tutto di quel ragazzo di cui, per un motivo strano, era finita per innamorarsi.

《Non mi capiterà nulla. Te lo garantisco. Stephen è un bravo ragazzo, con la testa sulle spalle. Non permetterebbe mai a qualcuno di avvicinarsi per farmi del male. 》

《Sai, Lauren, allora dovresti proprio indossare quel vestito che ti sei portata dietro. L'ho notato appeso nell'armadio. 》

Cercò di fare mente locale, ma non le venne in mente nessun vestito. Ne possedeva uno solo, ma sentì di essere sicura non averlo portato con sé.

《Di che vestito parli, papà?》

《Del monospalla nero che hai lì, accanto al maglioncino color cenere. 》

Lauren lo sfiorò e si rese conto che sì, si trattava davvero del suo vestito, l'unico che avesse mai posseduto nella vita. Lo aveva indossato una sola volta per una cerimonia. O forse due.
Per molto tempo aveva pensato di gettarlo, ma per un qualche motivo, non l'aveva fatto mai.

《Nemmeno mi sono accorta di averlo portato con me. 》

《Deve essere un segno del destino, allora. 》

A Lauren venne in mente Maria.
Una cosa l'ho messa io, le aveva detto la cugina, poco prima di salutarla.

Altruista Maria, pensò, riconoscendole il merito. Glielo aveva detto spesso che quell'abito le donava e, non di meno, era l'unica a sapere delle intenzioni di Lauren di volerlo gettare. Riporlo nella sacca dei ricordi avrebbe permesso a Maria di salvare la vita al monospalla. Del resto, così era successo.

《Stephen resterà senza fiato.》confessò Patrik, non appena vide Lauren con l'abito addosso. In effetti, doveva starle ancora davvero a pennello. Negli anni aveva mantenuto bene o male la stessa silhouette, pertanto, immaginò le calzasse ancora alla perfezione.

《Che ore sono?》chiese. Sentì l'ansia farsi sempre più insistente in vista dell'arrivo di Stephen.

《Mancano pochi minuti alle diciannove. Ormai dovrebbe essere quì. 》

Non fecero in tempo a scambiarsi le ultime battute padre e figlia che, puntuale come un orologio svizzero, Stephen bussò alla porta della stanza.

Stai benissimo. Vai e divertiti!》bisbigliò Patrik.

Lauren prese coraggio e aprì la porta.

《Non ho il bastone.》

《Buonasera anche a te!》

Entrambi risero. Stephen si rese conto del nervosismo di Lauren e cercò di tranquillizzarla.

《Stai benissimo con questo vestito. Hai un cappotto?》

《Sta lì, accanto alla porta. 》

Stephen l'aiutò ad infilarlo, con dolcezza.

《Ehi, ragazzo. Vedi di comportarti bene, di trattarla con i guanti. 》

《Non si preoccupi signor Gale. Ho in serbo solo belle cose per Lauren. 》

I due uomini si strinsero la mano, con vigore. Stephen cercò di afferrarla con virilità, per dimostrare di essere un ragazzo con le palle.

Patrik li seguì con lo sguardo prima avvicinarsi per un bacio, poi uscire mano nella mano dalla stanza.

D'istinto gli venne in mente la sua prima moglie, la madre di Lauren. Pensò a lei con la malinconia nel cuore, un dolore incessante legato alla sua assenza. Sottolineò tutte le somiglianze tra la donna della sua vita e la figlia da poco ritrovata, giungendo alla conclusione che, se solo Joy l'avesse potuta vedere, sarebbe stata altrettanto orgogliosa di lei.

**********

《Dove mi porti?》chiese Lauren, stretta al corpo di Stephen.

《In un posto dove ti divertirai. 》

《E non mangiamo?》piagnucolò, per via della fame e dell'ansia.

《Stai calma, Lauren. È tutto organizzato. Mangerai, non temere. 》

Stephen la accompagnò in silenzio sino al posto stabilito.

《Mi vuoi dire dove siamo?》iniziò a diventare sofferente.

《Metti un piede lì e tienimi la mano.》

Lauren eseguì il comando senza proferire parola. Si accorse, con stupore, di essere alla casetta sull'albero, proprio a ridosso della scaletta di legno.

《Ho pensato fosse il posto migliore per stare insieme, l'ultima volta. 》

《Pensavo volessi portarmi al pub. 》

《Il pub è venuto da noi, stasera. Sali, non te ne pentirai. 》

Una volta giunti sulla sommità, Lauren venne accolta dal profumo di qualcosa di buono. Si accomodò, per permettere a Stephen di mettere in atto per bene il piano per la serata. Una dolce musica si sprigionò nell'atmosfera, le note di Phil Collins e della sua In the air tonight.

《Credo sia la nostra canzone, non trovi?》le chiese, speranzoso del fatto che stesse apprezzando l'appuntamento, tutto ciò che aveva organizzato per lei.

《Credo tu abbia davvero ragione. Grazie per tutto questo. Non me lo sarei mai aspettata, è ancora meglio del previsto.》

Stephen l'aiutò a proteggere il vestito con un bavero di carta improvvisato. Un pezzo di tovaglia usa e getta variopinto e strappato alla bene e meglio.

Signorina, ecco le Sue ostriche al limone. A seguire, vorrei proporle un filetto di salmone marinato, accompagnato da verdure. 》

《Hai cucinato tutto da solo?》gli chiese, letteralmente stupefatta.

《In realtà no, mi ha aiutato la zia Norma, ma ho promesso che non te l'avrei detto, perciò fai finta sia così. 》

Lauren portò alla bocca la prima ostrica, assaporando il dolce sapore del mollusco. Riconobbe di non averne mai mangiate di così buone.
Stephen rimase in silenzio per osservarla mangiare, compiaciuto per il fatto di aver avuto una splendida idea, notevolmente diversa dal solito.

《Assaggia il salmone e dimmi che pensi. L'ho acquistato fresco in mattinata, dopo il nostro incontro. 》

Non c'era nulla che avesse cucinato Stephen che non gli fosse venuto magnificamente.

《Sei un ottimo cuoco, perché non pensi di farlo per mestiere? Non sapevo fossi tanto bravo.》

《In realtà, siamo quì anche perché vorrei dirti una cosa. 》confessò lui, posando la forchetta nel piatto.
《Mi hanno assunto come lavapiatti in un ristorante. Potremmo permetterci una casa quì a Dublino. Potresti restare con me.》

《Ne abbiamo già parlato, Stephen. Non è così semplice.》

《Mi sto sbattendo perché tu non te ne vada. Per favore, almeno dammi una possibilità. Non mi immagino senza te attorno. Oggi, oltre ad aver cucinato, ho fatto di tutto per trovare un posto. Mio padre non è contento, crede avrei potuto fare di meglio, ma io me ne frego. So che questo lavoro mi permetterà di mantenerti, di convincerti a restare. 》

Lauren sì stizzì, lasciò cadere le posate a sua volta nel piatto, abbandonando l'idea di mangiare. Tutto d'un tratto sentì lo stomaco chiudersi.

《Io non voglio essere mantenuta. Se decidessi di restare, lo farei per essere indipendente, non la tua bambolina. 》

《Non intendevo questo e lo sai.》Stephen alzò di poco i toni. Capì di essersi posto male.

《Cosa intendevi, allora? Tu hai parlato di mantenere.》

《Lo farei, ma solo finché anche tu non avrai trovato un lavoro. Lo farei per te, credimi. Non voglio metterti a disagio, non è mia intenzione. Dico solo che, finché non sarai autonoma, potrei badare a te e aiutarti nella ricerca di un impiego adatto. 》

《E con mio padre, che faccio? È tornato quì per me, per stare insieme.》si addolcì. In fondo, le fu chiaro che Stephen stesse facendo tutto per lei e in parte avrebbe dovuto riconoscergli almeno lo sforzo.

《Non lo perderai. Capirà. Tu hai una vita quì, non lo puoi dimenticare.》le disse, avvicinandosi di più.
《Lauren, io sento di amarti e vorrei tu non andassi via. Lo so che tutto è stato complicato sin dall'inizio, ma credimi, da quella volta sono sempre stato sincero con te. 》

《Hai portato qualcun altro in taverna, oltre a me?》

Le ultime parole di Stephen mossero in Lauren il bisogno di sapere, il desiderio di mettersi in cuore in pace. Quel calzino bianco bordato di pizzo non le era mai uscito dalla testa, dal momento in cui Colton le aveva chiesto se fosse mai stato suo.

《No, te lo assicuro. Perché ora mi chiedi questo?》

《Perché tuo padre dice di aver trovato una calza femminile accanto al divano e io, sono sicura, non sia mia. 》

《Che calza? No, Lauren. Ti assicuro di no. Alla taverna sono stato solo con te. Da quando ti frequento non ho visto altre ragazze, te lo giuro su quello che vuoi. Fidati, non ho nulla da nascondere. 》

《Chi ti ha picchiato, Stephen?》chiese, sulla soglia di una crisi. Iniziò a vedere nella mente delle cose, sempre più nitide.

《Che significa? Nessuno. Sono caduto in skate, te l'ho detto.》

《Non mentirmi. Dimmi chi ti ha picchiato. 》insistette, sicura delle proprie ragioni.

Stephen tentennò, insicuro. Lauren se ne rese conto per via del silenzio sceso tra loro.

《Ho avuto una discussione con mio padre, ma tu non c'entri niente.》

Lauren si alzò in piedi, non solo irritata, ma anche delusa.

《Avevamo detto niente più bugie. Perché ti ostini a mentirmi? Riportami in hotel, adesso.》

Il tavolino improvvisato cadde a terra, scosso dall'impeto della ragazza. I piatti, le stoviglie, riversarono il proprio contenuto sul pavimento di legno.

《No, Lauren! Ascoltami, per favore. Io ho dei problemi con mio padre che non ti riguardano. Ho solo pensato di non renderti partecipe, tutto quì. Non ti ho mentito per farti del male, ma per preservare me stesso.》cercò di fermarla, ma invano.

Lauren aveva già preso la propria decisione, la quale avrebbe implicato che la serata finisse così, tra parole non dette e pavimenti da ripulire dallo sporco.

《Ti ho detto di riportarmi in hotel, Stephen. Adesso. Credo di non avere più nulla da dirti, per stasera.》

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