Pioggia

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A Queenie la pioggia non piaceva.
In realtà non le aveva mai portato tanta allegria, ma da quando si era trasferita a Londra, non riusciva proprio a sopportarla, specialmente negli ultimi tempi.
Nella Grande Mela, sebbene anche lì fossero ricorrenti degli sbalzi di fenomeni atmosferici, non le dispiaceva un cielo grigio piangente: il tempo avrebbe ricompensato con qualche giorno certo di sole.
Ma nella rinomata capitale inglese, la situazione era diversa: Apollo decideva di lavorare come massimo fino a due settimane (rigorosamente d'estate), per poi farsi imbrogliare da suo zio Poseidone, il quale non perdeva occasione per ridere di lui in un lasso di tempo piuttosto vasto.
E poi c'erano quelle volte in cui il Dio del Mare (o dell'acqua, per essere più precisi) era talmente libero dagli impegni che decideva di prendersi ancora di più gioco della divinità del Sole: spesso iniziava a far piovere delle leggere goccioline, sottili, delicate, che non facevano male, come è usualmente la pioggia di Londra. Poi, pian piano, rafforzava l'intensità delle lacrime celesti, rendendole da fastidiose ad addirittura pesanti e lievemente dolorose.
E, quando sembrava che fosse tutto finito, se la filava, lasciando un libero Apollo pallido e timido, ancora dietro le soffici nuvole grigie.

Quel giorno era proprio così: aveva accompagnato i suoi figli al circo per l'allenamento, ed era partita con passo lento e tranquillo sotto il bel sole di quel tramonto. Non aveva voluto usare la Smaterializzazione, quella brezza di inizio settembre era tanto piacevole...
Poi aveva sentito un minuscolo tocco freddo sulla guancia, che aveva a scorrere lungo essa come una lacrima salata. Un'altra. Un minuto dopo, un'altra ancora.
Aveva guardato a terra, e aveva sorpreso qualche segno bagnato anche sul marciapiede.
Era stata una questione di secondi prima che i segni cominciassero a moltiplicarsi, e dovette afferrare la bacchetta per fare apparire un ombrello, fingendo di aprirlo come se fosse un oggetto Babbano. Se c'era una cosa che negli anni aveva imparato, era che i londinesi del centro erano troppo occupati e a testa bassa (specialmente durante la pioggia!) per notare i particolari.
Ciononostante, non erano decisamente così sciocchi da non accorgersi di una persona che, tutto ad un tratto, scompariva. La Smaterializzazione, a quel punto della strada, era da escludere.

Continuò a camminare a passo svelto, cercando di vedere qualcosa oltre le fitte gocce sottili che rimbalzavano sull'asfalto davanti a lei.
Avvertì forti e chiari i pensieri di un uomo con il cappotto grigio, il cappello premuto sulla testa come unica sua protezione dall'acqua:
"Santo Cielo, Santo Cielo! Quando Margaret arriverà a casa e non mi vedrà... oh, chissà cosa andrà a pensare, povera donna! Maledettissimo Club dei Venticinque Lettori!".
Queenie ridacchiò sottovoce, la sua risata limpida e cristallina come al solito.
Il Club dei Venticinque Lettori era un gruppo di abitanti di Londra che si ritrovava ogni mercoledì alle cinque del pomeriggio.
Ogni membro aveva una settimana per trovare un libro che si attenesse al tema dato. Se, per esempio, un giorno ad essi veniva detta la parola “Felicità”, dovevano cercare qualcosa che avesse suscitato loro quell'emozione. Oppure, se il tema era “Il mare”, il titolo o l'opera erano tenuti a richiamarlo.
Strano a dirsi, il rappresentante di questo progetto era Jacob. Jacob Kowalski.
Una sera, dopo che Altair e Diana erano andati a dormire, l'ometto era arrivato ciondolando dalla moglie appena uscita dalla camera dei bambini, tenendo un volume enorme stretto al suo petto, abbracciandolo come se fosse un oggetto di grande valore. Le spiegò che si trattava di un'edizione di sua nonna (fiorentina d'origine) de I Promessi Sposi, opera di un certo Alessandro Manzoni. Lo scrittore faceva spesso riferimento ai suoi ipotetici “venticinque lettori” (numero che, tra l'altro, veniva continuamente ripetuto durante tutta la durata dei trentotto capitoli che costituivano il libro), e le mostrò dei volantini che avrebbe esposto in pasticceria per sponsorizzare un certo club a numero chiuso.
Nel giro di tre settimane, i venticinque prescelti arrivarono, e si appassionarono sia all'opera stessa che al resto del procedimento dell'attività. Jacob era diventato il Re dei Dolci e dei Venticinque.

Queenie svoltò velocemente in Abbey Road (//la migliore del mondo-) e il tendone a righe verticali rosse e bianche si faceva sempre più vicino. Sembrava una caramella, da lontano, uno di quei bastoncini di zucchero che si appendono agli alberi di Natale. Sarebbe piaciuto moltissimo ai Babbani, se solo fossero stati capaci di vederlo: Phineas aveva preso la saggia decisione di allontanare i Non Magici da quell'ambiente decisamente troppo… magicamente esplicito, ecco, erano le uniche due parole per descriverlo. E, comunque, ancora nessuno era completamente al sicuro. Durante il giorno tutto sembrava normale, ma se per caso a qualcuno capitava di svegliarsi durante la notte, i pensieri si rivolgevano come inevitabile conseguenza agli avvenimenti degli anni precedenti, e il terrore che Grindelwald entrasse dalla loro finestra persisteva.
La strega cercò di scacciare quei ricordi, soprattutto poiché era ormai arrivata al tendone del Cirque des Rêves.
Si sistemò i capelli già perfettamente ordinati - nonostante il vento e la pioggia - e chiuse l'ombrello, facendo il suo ingresso al circo.
L'accogliente calore bastò per ridonare vita alle sue guance rosee, e si tolse il cappotto, rivolgendo uno sguardo ai suoi figli, che parlavano con Phineas. Non appena la videro, i due gemelli corsero da lei, iniziando a comunicarle qualcosa contemporaneamente, confondendola.
Rise lievemente e accarezzò loro le guance con dolcezza:
«Parlate piano, uno alla volta!»
Diana avanzò di un passo verso di lei:
«Inizio io perché sono femmina».
«Ma io sono nato prima di te!» ribatté l'altro, incrociando le braccia.
«Ma vengono sempre prima le signorine» tagliò corto la ragazzina, ammonendolo «Mamma, mamma! Phin ha detto che possiamo esibirci questo sabato!».
«Volevo dirglielo io!» la rimproverò Altair, ma prima che potesse replicare, Queenie sfoggiò un sorriso raggiante:
«Davvero? Ma è fantastico, tesori miei!» esclamò, e si abbassò al loro livello per stringerli a sé.
«Sono migliorati, non c'è altro da aggiungere» ammise Phineas, indossando il suo amato cappello «Quindi, se tuo marito non sarà impegnato con quel Don Abbondio, potreste venire a vederli».

~My space~
Mmmh, alla fine vi ho fatti aspettare lo stesso…
Come state?
Beh, capitolo un po' noioso, ma tornerà parecchio utile più avanti.
Credo di starvi già anticipando troppe cose…
Avete sentito la novità sull'inizio delle riprese a febbraio, se non sbaglio? Sto già sclerando, non sapete quanto!
Love ya all!
Cami ❤️🎶🌻 (sì, amo i girasoli)

P.S. perché “Tiny Dancer”? Perché mi sa di Queenie. Avete mai visto “Rocketman”?

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