Capitolo 3

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Emily's Pov

Guardo, imbarazzata, questa ragazza perché sono rimasta per un bel po' dietro la porta della sua stanza senza fare niente.

È poco più alta di me e ha dei bei capelli lunghi, mossi e castani che tiene sciolti. Ha le guance piene di lentiggini e gli occhi sono molto grandi e di color marrone nocciola.

È vestita con una tuta beije,una giacca bianca e delle scarpe di ginnastica bianche. È vestita come me, praticamente, solo che io ho i vestiti tutti neri.

Lei mi riscuote dai miei pensieri sorridendomi e chiedendomi «Sei nuova?» io ricambio il sorriso e rispondo, timidamente «Si sono nuova, scusami se sono stata per troppo tempo dietro la porta della tua stanza, ma mi avevano detto che la mia stanza, qui, sarebbe stata la trentanove C del terzo piano e, appena sono arrivata, sono rimasta scioccata vedendo il nome di un'altra ragazza sopra perché mi ha fatto pensare che, forse, non sarò sola nella mia stanza e, non perché voglio stare sola, semplicemente, non me l'aspettavo, tutto qui...»
Le ultime due parole le dico pensando che, praticamente: sto parlando con una sconosciuta, che non so nemmeno se sia la mia compagna di stanza...
Sono messa bene...

Mi sorride ancora e, poi, mi risponde «Oh stai tranquilla, non sono affacciata in corridorio perché mi dava fastidio, solo che io ho un fratello che studia con me alla New York university e che sta nella sezione maschile del dormitorio, sta sera è andato a una festa a una confraternita molto vicino a questo domitorio...» si ferma per abbassare la voce e poi continua bisbigliando «Pensavo, sentendo i tuoi passi, che ci fosse lui dietro la porta della mia stanza, ubriaco...» poi mi porge la mano, mi fa entrare, chiude la porta e aggiunge «Comunque, io sono Martha, da come hai potuto leggere dalla porta...» dice indicando prima sé stessa e poi la porta e continuando «...Quindi, sono la tua compagna di stanza... Tu, invece, come ti chiami?»

«Sono Emily e arrivo da Seattle...» dico perché non so cosa altro dire. Lei mi guarda stranita e poi domanda

«Seattle? Ho sentito che in quella città c'è anche un college molto simile a questo, come mai ti sei trasferita in questo?» domanda, incredula.

Incomincio a raccontarle tutti gli ultimi eventi della mia relazione con Ken e, alla fine, lei mi mette una mano sulla spalla e mi consola «Credimi, hai fatto bene, vero è che io non me ne intendo di relazioni (perché non ne ho mai avuto veramente una) però, se fossi stata in te, avrei fatto la stessa cosa. Insomma, è stato veramente un pezzo di merda... Si dovrebbe vergognare.»
Cerco di cambiare argomento. Sinceramente, non mi sento a mio agio, parlando di Ken.
Quello lì è un mostro che voglio dimenticare al più presto.

«Come mai non hai mai avuto un fidanzato?» domando, incredula, pensando che lei non abbia mai avuto un fidanzato.

E' strano che non ne abbia mai avuto uno. Sembra una bella e simpatica ragazza. I ragazzi che non la riconoscono come tale sono ciechi o, semplicemente, deficienti.

Lei mi sorride «Cosa credi? Sono io che rifiuto relazioni, gli unici rapporti con i ragazzi che ho sono il rapporto amichevole tra me e mio fratello e poi frequento qualcuno ma solo come amico. Niente di più, niente di meno. Non ho voglia di relazioni preferisco rimanere sola.»

Io, allora, la guardo stranita, ma decido di non domandarle niente sull'argomento per non farla imbarazzare o, peggio, innervosire...

Così, cambio nuovamente argomento e le domando «Che corsi frequenti tu?»

«Corso di letteratura americana, corso di letteratura inglese, corso di pisicologia, corso di religioni del mondo e corso di jogging femminile, tu?»

«Io frequento quasi tutti i tuoi corsi solo che, al posto di quelli di pisicologia e di religioni del mondo, frequento: il corso di filosofia e il corso di yoga...» lei mi sorride di nuovo ed esclama «Abbiamo proprio dei bei corsi!»

Solo ora mi accorgo delle fossette che formano il suo sorriso, carine, magari le avessi anche io, chissà, però, come mi starebbero...
Vengo riscossa dai miei pensieri con il suo sbadiglio e lei mi domanda «Ti va se mettiamo le letterine del tuo nome nella porta sotto a quelle mie e poi ci addormentiamo? Ho un gran sonno, non ho dormito molto, ultimamente.»

Io annuisco e lei prende uno scatolone che, penso, sia suo, dove prende delle letterine colorate e me le porge, poi io le attacco alla porta sotto le sue e ci andiamo a cambiare nei bagni dei dormitori.

Quando torniamo, io incomincio a disfare le valigie e a sistemare le mie cose nella stanza e nell'armadio, lei, invece, disfa il suo letto e si corica coprendosi e prima di addormentarsi mi domanda
«Quanti anni hai tu?»

«Ne ho diciannove, tu?»

«Venti» risponde, per poi aggiungere «Quasi dimenticavo... Domani, mio fratello ci verrà a prendere per andare insieme a lezione, quindi se ti svegli e vedi un ragazzo in questa stanza, sta tranquilla perché è mio fratello. Buonanotte, Emily.»

«Buonanotte, Martha.».

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