16 - Gesù, aiutami tu!

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EDEN

Mancano ancora diversi istanti al termine della lezione, ma io ho già messo a posto tutte le mie cose e chiuso la cartella. Quest'oggi non mi interessa di perdere gli ultimi cinque minuti di appunti, ciò che mi preme ora è altro.

È questa la ragione per la quale, appena la campanella suona, raggiungo velocemente l'uscita della scuola dove mi fermo, appoggiata all'angolo fra il muro e la porta. Ho ancora il fiatone, ma sono fiera di me stessa: non sono mai stata così veloce nel prepararmi per andare.

Lascio spazio alla fiumana di studenti che fuoriesce dal portone, ma rimango lì, pazientemente in attesa.

Non si fa attendere troppo, in effetti ancora mi stupisco di essere riuscita a batterlo sul tempo. Appena scorgo il cappuccio scuro fare capolino, lo blocco.

«Ehi, Adam, non ci siamo ancora salutati... Ciao!», attiro maldestramente la sua attenzione, la voce mi arriva alle orecchie fin troppo squillante.

Lui si volta di scatto, gli occhi ancora celati dalle lenti scure e la mascella indurita, sembra un cane rabbioso pronto ad attaccare.

«Ciao a te.»

Non c'è emozione o entusiasmo nella sua voce. Esce piatta, asciutta, indecifrabile.

«Ti va se andiamo in là insieme?», propongo «In stazione, dico...». Cerco di dissimularlo, ma non mi sento a mio agio. Adam è strano, più strano del solito, e io provo un terribile imbarazzo per ciò che gli ho appena chiesto.

Sono stata troppo avventata?

Lui tira un'alzata di spalle.

«Come vuoi», dice solo.

Non mi aspetta neanche e prosegue dritto. Batte la mano o la stringe a chi gliela porge, dispensa cenni con i mento a chi attira di più la sua attenzione, saluta chi lo saluta con quel suo sorriso radioso e sghembo.

È la tua faccia da tolla, Adam?

Agile, si fa largo tra la folla. È veloce nell'allontanarsi dalla scuola e non bada al fatto che io, a differenza sua, faccia fatica a farmi spazio così velocemente in tutta quella calca, data la mia piccola mole.

Non ci sono Scar e Giotto e mi stupisco del fatto che lui non se ne curi e proceda con il suo incedere, così glielo chiedo: «Non aspettiamo i tuoi amici?»

«Quali amici?»

Ma ci è o ci fa?

Inizio a pensare che le botte che ha preso gli abbiano danneggiato qualcosa a livello cerebrale.

«Giotto e Scar...?!», gli faccio, come fosse la cosa più scontata al mondo.

«Loro oggi si intrattengono in zona», mi risponde con sufficienza.

Cammina, ma tanto veloce che sembra scappare. E le mie gambe sono troppo più corte delle sue per riuscire a mantenere il passo.

«E tu no?», gli chiedo mentre il respiro mi si fa sempre più corto, nel tentativo di mantenere il ritmo della sua falcata.

«No.»

«Come mai?»

«Perché ho altro da fare.»

«Oh...», recupero un po' di fiato, «C'entra con l'occhio nero?»

Per poco non gli vado a sbattere contro, quando, inavvertitamente, lui arresta il suo incedere e si volta di scatto. Con movimento rapido, si toglie gli occhiali e avvicina il suo viso al mio, tanto che i nostri nasi quasi si sfiorano. Mi guarda con certi occhi che fanno spavento, specie se mi soffermo sulla macchia violacea che gli abita metà del viso.

«Non te n'è mai fregato niente di me, Maria», ringhia, «mi spieghi che cazzo vuoi, ora?»

Sento il suo respiro umido grattarmi il viso. Vorrei scansarmi, allontanarmi, rimettere la giusta distanza fra me e lui, ma non voglio dare a vedere che non riesco a sostenere il suo sguardo. La verità è che, anche se volessi, non ci riuscirei. Sono come pietrificata, il respiro bloccato in gola e le palpebre incapaci di battere.

Vorrei essere in grado di rispondere qualcosa, ma mi sento... Non lo so nemmeno io come mi sento... Spaventata? Lo sono, non mi aspettavo tutta questa aggressività nei miei confronti da parte sua, nessuno si è mai rivoltato così verso di me. Rotta? Sì, mi sento rotta, dentro. Mi sento rotta perché – che stupida che sono – pensavo che "Maria" fosse una cosa passata ormai, almeno fra di noi, dico.

Vorrei essere in grado di rispondere qualcosa, ma non riesco che a balbettare: «Io... Io...»

Adam rimane in silenzio, ma non distoglie i suoi occhi carichi di rabbia e disprezzo dai miei. Poi, con parole tanto appuntite da sembrare pezzi di vetro rotto, sancisce: «Ecco, appunto: "Io, io"», muove il capo dinoccolandolo, nel chiaro intento di scimmiottarmi, «Nemmeno riesci a parlarmi, ora. Fai un favore a te stessa: stammi lontana e torna nel tuo mondo fatato.»

Non aspetta neanche che io provi a rispondergli qualcosa. Si gira e mi molla così. E non gliene frega niente se intorno a noi schiere e schiere di studenti diretti verso la stazione hanno osservato tutta la scena.

«Ehi, tutto ok?», mi chiede addirittura una ragazza che conosco solo di vista, visibilmente preoccupata, facendomi trasalire dallo stato di trance in cui inevitabilmente ero piombata.

Mi sistemo i capelli dietro alle orecchie, mentre temporeggio e cerco di contenere le mie emozioni, e le rispondo: «Sì, sì... non preoccuparti...»

Dopo la mia frase volta a rassicurarla, lei prosegue per la sua strada, sebbene titubante, e anche io, dopo aver preso una grossa quantità di aria, riprendo il mio cammino.

Adam ormai mi è avanti di diversi metri. La felpona nera che indossa oscilla a ogni suo passo. Non si volta, nemmeno una volta, e me ne accorgo perché io invece non distolgo il mio sguardo da lui, neppure per un secondo.

Non riesco nemmeno ad ascoltare i miei pensieri, perché la mia mente, adesso, è solo un groviglio di vuoto assordante che pare ingoiare tutto, cuore compreso.

È la forza d'inerzia che mi porta avanti fino a quando, dopo pochi minuti, entrambi raggiungiamo la stazione.

Sotto i miei occhi, Adam sparisce nel sottopassaggio per poi riemergere dall'altra parte, proprio vicino al suo binario, mentre io mi avvicino al mio.

Margherita e Alice ancora non ci sono. Occupo però una panchina che trovo ancora libera, così anche le mie compagne di viaggio avranno dove sedersi, non appena arriveranno.

Quasi come stessimo giocando al gioco degli specchi, anche Adam, dall'altra parte, si indirizza verso il primo posto libero. Non è la panchina esattamente di fronte alla mia, ma quella vicina.

Continua a non guardarmi – non so se proprio perché non si accorge della mia presenza o perché obbliga se stesso a non farlo – e si infila le cuffiette nelle orecchie. Dopo poco prende a cadenzare con il capo, probabilmente per tenere il ritmo del brano che sta ascoltando. Poi, con un gesto rapido, quasi trasalendo, si infila di nuovo gli occhiali da sole, così da celare almeno in parte l'ematoma.

Per tutto il tempo, i miei occhi non si staccano dalla sua figura, ma le lenti scure mi impediscono di capire se lui almeno uno sguardo lo posi su di me.

«E così è ritornato!». Quasi mi fa saltare dalla mia seduta il modo in cui Margherita annuncia il suo arrivo, seguita a ruota da Alice che continua: «A volte ritornano...!»

«Che ha avuto si è scoperto?», vogliono subito sapere.

«Macché... magari!», mi obbligo a rispondere io, «A scuola dicono si sia trattato di una rissa in discoteca, ma io non ne sono tanto sicura.»

«Perché non lo chiedi direttamente a lui?», prorompe Margherita.

«Ci ho provato.»

«E...?»

E lui mi ha aggredita in mezzo alla strada; mi ha chiamata di nuovo Maria, e non so neanche il perché.

«E niente... Non mi ha voluto rispondere.»

«Bravo bravo, 'sto pezzo di sciupafemmine...! Si fa desiderare, eh?! ...Bravo!»

Fremo. Non vedo l'ora che arrivi il treno e mi porti via.

«Quanto manca?», chiedo impaziente, riferendomi all'orario previsto per la nostra partenza.

«Dovrebbe essere qui a momenti...»

«Speriamo arrivi in fretta.»

«Perché?»

Perché mi sento stupida e vorrei scappare il più presto possibile da qui.

«Perché ho fame e ho un gran mal di testa.»

«Oh, tesoro... Se vuoi ho una barretta, ti va?»

«No, tranquilla, Ali... Non voglio guastarmi il pasto...»

«Eddai, insisto», continua lei, iniziando a frugare nella tasca esterna dello zaino, «Magari è un calo di zuccheri... e la tua linea può di certo permettersi di assumere qualche decina di calorie in più», allude alla mia forma fisica, «male di certo non ti fa.»

Afferro la barretta multicereali che mi porge, ma più per mettere fine alle tante parole alle quali non ho la forza di far fronte che per altro. Con un movimento rapido, la scarto e la porto alla bocca. È una di quelle ai frutti rossi, che normalmente apprezzo, eppure ora sembra stranamente amara e dura, sotto i miei denti, quasi fosse una metafora della mia sfera emotiva.

Adam è ora accerchiato da una serie di studenti, ragazzi e ragazze (soprattutto ragazze). Dispensa sorrisi scintillanti a tutti e, a un certo punto, si sfila pure gli occhiali per ostentare con fierezza la sua nuova faccia tumefatta. Mi chiedo quale storia sul suo conto sceglierà di confermare per giustificare gli evidenti segni che gli deturpano il viso.

Indica l'ematoma che gli si estende tutto intorno all'occhio con fare divertito. Gli altri, tutti intorno a lui, sembrano soddisfatti del suo racconto.

Bravo. Bravo, primo attore.

Qualcuna delle ragazze approfitta del volto ferito del povero ragazzo per approcciare a un contatto fisico con lo sventurato. Si fingono dispiaciute meglio che possono e allungano le loro mani per dispensare carezze.

È il volto che gli hanno colpito. Non la coscia. Facciamo un bel ripasso di anatomia?

Quasi mi scoccia constatare quanto alcuni membri del genere femminile siano così fortemente frivoli.

Ma tu davvero gli dai corda, Adam? Così poco ti basta?

Mi sento sollevata quando l'arrivo del nostro treno finalmente si frappone fra me e lui, interrompendo la mia visuale. Mi stupisco nel constatare che nemmeno mi ero accorta dell'annuncio del suo arrivo.

Saliamo e prendiamo posto.

Il treno parte. E io, mentre tengo gli occhi fissi al di là del finestrino, immagino di potermi allontanare, con quello stesso treno, da quel brutto episodio e dalle brutte sensazioni provate.

Scivoliamo sui binari e io ci provo a lasciare che scivoli anche quel senso di vuoto confuso che dentro mi assorda. Ci provo, ma è come se avessi un macigno a schiacciarmi il cuore.

Gesù, ti prego, prendi tutto ciò che mi appesantisce ora. Perché mi sento così triste?







♡♡♡







//
Buongiorno, meraviglie! 😀

Come state? 😊

Vi avevo avvisate: Adam sarebbe stato odioso. E, a mio avviso, lo è stato... Che ne pensate di questa svolta? Ve la aspettavate in questi termini? Come mai, secondo voi?

Comunicazione/spoiler:
Udite, udite... il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Adam...! 😱😍😱

E niente... Al solito non vedo l'ora di farvelo leggere (come gli altri che ho già scritto 😎😍)... 😍

Vi voglio bene.

Grazie per le 8k di views superate. 💝

Un bacio a testa,
S.C.
😘

P.s.: MC_Peregrine, quasi che dimenticavo di taggarti! 😱 Grazie di tutto e per tutto. 💓

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