40 - Il grillo parlante di Adam

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*piccolo spazio autrice abusivo*
E con il mio ritorno con la (ex)consueta pubblicazione del sabato diamo il via a...
#ESTRATTIFOCACCIATI
L'unico gioco che fa ponte fra Wattpad e Instagram in cui le paorle diventano focaccie!
(Cavoli, se pulisco bene quest la frase, potrebbe diventare uno slogan! 😜)
Per chi non mi segue su IG, spiego qui le regole. Dunque: io posto un'estratto del capitolo in via di pubblicazione sulle mie stories di IG occultando uno dei termini con la parola FOCACCIA (o derivati, se necessario) e voi dovete indovinare che parola sia...

Allelo l'esempio di stories (così non devo neanche fare il copia e incolla qui del passaggio citato. Sono un genio indiscusso! 😎)

Bene.

Ora, bando alle ciance, vi lascio al capitolo...
Tanti auguri a tutti i giocatori e...
BUONA LETTURA!


♡♡♡


ADAM

Uno scatto improvviso quasi solleva il mio corpo dal materasso su cui sono sdraiato, costringendomi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vedo, appena le mie palpebre si dischiudono, sono una massa di capelli ricci e informi. Osservo lo spazio in cui mi trovo, scorrendo con lo sguardo le pareti sconosciute che lo comprendono, illuminate solo dalla fioca luce dei lampioni che filtra dalla finestra semi aperta, ed è inevitabile la sensazione di spaesamento che mi assale.

Dove mi trovo?

Ci metto diversi istanti prima di collegare tutti i tasselli insieme.

Ero a casa di Eden.
Poi Vins.
Chiacchiere e birre.
Forse un po' di fumo.
Pub.
Altro alcol. Tanto alcol.
Le ragazze conosciute al tavolo.
Sono più grandi di noi ma ci stanno.
Altro fumo. Altro alcol.
Tanto.
Flirt. Pomiciate.
"Vieni da me?".

Ed eccomi qui.

È stata una gran bella scopata. Mi piace andare con le ragazze più grandi, sanno cosa gli piace e non hanno timore a prenderselo. E, poi, mi guardano come fossi un dio... forse compiaciute del fatto che un ragazzo giovane e bello come me possa davvero essere attratto da loro, che magari non si sentono più nel fiore della giovinezza.

La ragazza vicino a me si gira, ora riesco a intravedere il suo volto fra i ricci arruffati dai riflessi color rame. Ha il trucco sfatto che la rende simile ad un panda, ma continua a rimanere bella, le labbra carnose, lievemente imbronciate dalla posizione che utilizza mentre dorme, con un braccio sotto il viso. Se potesse sollevare le palpebre, sarebbe ancora più bella, ricordo che ha gli occhi verdi.

Eden li ha quasi blu. Sembrano fatti di cielo gli occhi di Eden.
...Perché sto pensando a lei, in questo momento?

Mi accorgo che stupidamente non ho fatto altro che pensarci tutta la sera prima. Ho cercato costantemente di impormi di non farlo, ma inevitabilmente il mio pensiero è volato da lei.

Flirtavo con la tipa. Chissà come flirterebbe Eden.
Baciavo la tipa. Chissà che sapore hanno le labbra di Eden e come si incastrerebbero nelle mie.
Accarezzavo il suo corpo. Chissà quando riuscirò ad accarezzare il corpo di Eden.

D'istinto, mi viene da irrigidire tutti i muscoli, gli arti tesi in uno scatto che manifesta tutto il mio nervosismo.

Neanche una sana scopata mi ha aiutato nell'intento di togliermela dalla testa e io mi sento... come se mi mancasse qualcosa, come se ci fosse qualcosa che mi sfugge, che mi sto perdendo, proprio ora. Mi sento vuoto come non mai.

Cerco di recuperare il cellulare. Lo trovo nella tasca dei jeans lasciati cadere a terra durante la notte trascorsa. Accendo il display e guardo l'ora. Sono le 5.44. Se fossi a casa potrei dormire ancora un'altra ora almeno prima di costringermi a svegliarmi per andare a scuola. Mi dico che potrei rimanere, riposare un'altro po', ma qui l'aria è asfissiante e ho la percezione che le pareti si avvicinino minacciosamente a me per stritolarmi, per soffocarmi. Lo so, ne sono consapevole: non è l'atmosfera nella stanza in sé, ad essere irrespirabile, si tratta di me. È in me, nella mia testa, che non c'è possibilità di respiro.

Il crescente senso di irrequietezza mi spinge a scattare in piedi, raccattare in modo spasmodico i miei vestiti sparsi per la camera, infilarmeli e uscire.

Devo andarmene. Voglio uscire di qui. Ho bisogno d'aria.

Cerco di non fare rumore. Non voglio svegliare la tipa. Non ne ho voglia di vuoti discorsi di circostanza.

Sono quasi alla porta, che ho cercato completamente a caso, perché ieri quando ci sono entrato non sono stato a badare all'architettura dell'appartamento. Le chiavi sono inserite nella toppa, alleluiaPerché ora inneggio alleluia? –, ma quando la superficie fredda si incontra con la mia mano realizzo che se me ne vado così sembro un prostituto, un gigolò da quattro soldi, e io non voglio sentirmi così, non ho bisogno di sentirmi così, oggi.

Nervosamente, afferro il portafoglio che tengo nella tasca posteriore dei jeans, cerco un pezzo di carta su cui scrivere. Ci trovo dentro lo scontrino del pub di ieri e decido che va bene così – in fondo non deve sembrare un gesto romantico, solo una forma di cortesia – recupero una penna che trovo facilmente sul mobile posto vicino alla porta e ci scrivo su: "Grazie per questa notte. Ci si vede in giro!". Non lo firmo. Non voglio che pensi che voglio che lei si ricordi di me. Voglio solo mettere in chiaro che è lei che è servita a me e non in contrario, non solo almeno.

Non sono un gigolò, non sono un toy boy. Sono stato io a volerla e a volerla più grande. Quanti anni avrà? Non ricordo, probabilmente si avvicina alla trentina. Ma perché tutte ste paranoie?

Voglio aria. Ho bisogno d'aria.

Rientro nella sua camera e, sul suo comodino, poso lo scontrino su cui ho scritto il mio messaggio.

Ecco, così va meglio, mi dico.

Mi sembra di riprendere il controllo.

Torno alla porta, do un giro di chiave e, richiudendola con cautela alle mie spalle, mi allontano.

Raggiungo la strada, è ancora buio e, dato il periodo dell'anno, il sole tarderà ancora un po' a sorgere, questa mattina. Non so neanche dove cazzo ho lasciato la macchina, ora. La cerco con lo sguardo lungo la via che mi pare di non aver visto mai in vita mia, ma non la trovo.

Mi sforzo di pensare a dove e quando io l'abbia lasciata. Le chiavi le ho io in tasca e quindi è impossibile che io, per qualsiasi ragione, l'abbia lasciata a Vins. Al pub ci siamo arrivati insieme, io e Vins, questo è certo. Se non è qui la mia macchina deve essere per forza lì, credo. Cerco il nome del locale su Google, per verificare la distanza dal punto in cui mi trovo. Venticinque minuti, né troppo bene né troppo male.

Mi metto subito in cammino, ma ad ogni passo sento l'ansia salire. Nemmeno l'aria frizzante del mattino mi è di conforto

Il fiato mi sembra sempre più corto.

Ho bisogno di respirare...

Non è la prima volta che mi trovo in situazioni simili. Mi sento disorientato nauseato, il cervello mi pulsa nel cranio come ci fosse un concerto di musica techno all'interno, e pure il cellulare, ad appena il 14% di batteria sembra pronto ad abbandonarmi da un momento all'altro. Penso che sarebbe meglio disattivare il gps, almeno, ma se non raggiungo la mia macchina sono fottuto.

Ma che cazzo di senso c'ha sta vita?!
Ok, bella serata. Bella scopata. E poi?! Che cazzo di senso c'ha?

Continuo a camminare, un piede dopo l'altro, e la percentuale di carica scende vertiginosamente. A ogni numero che decresce sento una stretta allo stomaco. Cerco di prevenire lo spegnimento guardando dalla mappa tutto il percorso che che ancora mi aspetta. Conto le strade che precedono le svolte, cerco di scovare qualsiasi punto di riferimento utile. Poi la comparsa del logo sullo schermo mi annuncia che, ufficialmente, il cellulare mi è morto.

Cazzo, no!

Fatico a pensare lucidamente, ma proseguo.

Era a destra o a sinistra? Non lo so, ma continuo. Continuo, per inerzia. Perché se continuo almeno arrivo da qualche parte, che rimanere fermi non serve a niente.

Sono un coglione, cazzo! Un coglione!

Che la botta, tutta l'euforia di ieri, mi è svanita e mi sento come il mio smartphone, ora, senza più carica, completamente esaurito, svilito, vuoto.

Come non bastasse tutto il casino che sento dentro, addosso, la mia testa inizia a essere abitata dalla voce di quel folle del padre di Eden, a loop, a mo' di grillo parlante.

"I ragazzacci come noi sanno come divertirsi, è così?"
"Eppure, per quanto quei successi mi facessero sentire grande e potente, ogni volta che finiva il momento – l'adrenalina, mi capisci? – realizzavo di essere ancora grande così: piccolo come un insetto, sudicio come uno scarafaggio..."

L'immagine di Stefano che avvicina il pollice all'indice per rendere l'idea mi rimbalza nel cervello e io realizzo che, sì, io mi sento grande esattamente come quella misura.

Sono solo un coglione. Un povero coglione incapace di stare al mondo.

Vorrei poter spegnere il cervello, non essere costretto ancora ad ascoltare il suono assordante dei miei pensieri, ma non c'è modo di zittire il mio personale nuovo grillo parlante che continua imperterrito a ripetermi: "Non è un caso, non è un caso se tu sei in classe con Eden. Si tratta di una Diocidenza! Un appuntamento pensato da Dio, affinché tu possa conoscerlo! Apri le porte del tuo cuore a Gesù e lui stravolgerà la tua vita!"

Cristo santo, se esisti, ti prego, fammi trovare la mia cazzo di macchina.

È ufficiale: sono impazzito. Nemmeno ricordo più quando è l'ultima preghiera che ho fatto, non sono neanche sicuro di averne mai fatto una, ma questa ha tutta l'aria di esserlo. In un'altra circostanza forse potrei anche riuscire a riderci su, ma in questo momento proprio non mi riesce. Sono sempre più in ansia, sempre più angosciato e il mio cellulare, malgrado i ripetuti tentativi non accenna ad accendersi.

Cazzo! Gesù, Signore, Dio o come cazzo preferisci essere chiamato, aiutami!

Non so per quale scherzo del destino – ho paura di dire divino – ma, dopo un paio di svolte che faccio quasi senza accorgermi, mi ritrovo esattamente di fronte alla mia macchina, che sta lì come se mi stesse aspettando.

"Diocidenza! Diocidenza!", esulta il grillo parlante nella mia testa.

Mi rispondo da solo dicendo che è solo un caso che Dio, Gesù, o chi per lui, non c'entra proprio niente. È solo un caso.

Però, ora, finalmente seduto sul sedile della mia adorata macchina e con il cellulare attaccato tramite il cavetto che tengo sempre in auto al caricatore dello stereo, con ancora il cuore che mi batte all'impazzata nel petto per l'agitazione, realizzo di avere bisogno solo di una cosa... l'unica cosa che, fino a prova contraria, sembra in grado di placare realmente i mostri che ho dentro, e senza essere costretto a farmi di qualcosa per riuscirci almeno temporaneamente... la vicinanza a Eden.

Eden. Ho bisogno di Eden.




♡♡♡



//
Oh. Mio. Dio.
Sono arrivata al 40esimo capitolo e la cosa mi sta un poco sfuggendo di mano. Non pensavo di scrivere un tomo grande quanto la Divina Commedia, quando ho iniziato a scrivere CIDELAS...

Oh. Mio. Dio.
Quaranta (e di roba che deve succedere ce n'è ancora tanta).
Quaranta.
Ora sono in crisi. Vi sto annoiando? La sto tirando troppo per le lunghe? So che è una domanda del tutto arbitraria, ma di quanti capitoli dovrebbe essere composto un libro, secondo voi?

Ora, fingiamo che sia passata la crisi...
Pensiamo al capitolo. Un capitolo alla volta (Quaranta. Oh. Mio. Dio.)... vi è piaciuto? Cosa ne pensate della reazione di Adam? Riuscite a capire il suo stato d'animo? Vi siete mai sentiti così? (Scusate la carrellata di domande, ma è un passaggio sul quale ho diversi interrogativi - MC_Peregrine ne è al corrente... 😅 Colgo l'occasione per: GRAZIE, MARTHA! 😇😍💘)

In ogni caso...
Oggi è Sabato e ho pubblicato! E mi sa che è arrivato il momento in cui posso comunicarvi che riuscirò di nuovo a gestire il giorno di pubblicazione fisso, quindi... il #prayhardforsharon sussiste, ma sabato prossimo - se pregate veramente hard - vi aspetta un nuovo capitolo, e - spoiler - sarà dal punto di vista di Eden... cosa pensate che potrà succedere?

Io vi stringo forte, ora devo scappare.

Vi voglio bene. Grazie per i 69k. 💘

Un bacio dolce su ciascuna testa,
S.C.
😘

P.S. C'è un dubbio che afflige me e la sopra citata Martha al quale spero che voi possiate porre rimedio... si scrive uno gigolò o un gigolò?
[Le vostre opinioni qui→]
[E quasi quasi propongo anche sulle stories di IG, così ci acculturiamo un po' anche lì... 😜]

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