45 - Solo un attimo

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*piccolo spazio autrice abusivo*
Lo so, lo so, questa volta vi ho dato davvero troppo poco tempo per rispondere e solo in pochissime avete avuto il tempo di vedere le stories, ancora meno di partecipare... In ogni caso, vi ripropongo anche qui il nuovo gioco, SPOILER ZEPETATO, il gioco in cui io vi posto un'immagine o un video fatto con l'app Zepeto che rappresenta una scena specifica o il mood generale del capitolo di riferimento e voi dovere formulare la vostra teoria in proposito...
Siete pronti? Ecco a voi lo SPOILER ZEPETATO!

Cosa succederà mai! Se volete provare a formulare la vostra teoria avere spazio in commento, altrimenti...
BUONA LETTURA!

💘💘💘

ADAM

La notte che ho passato è di sicuro una delle più nere dell'ultimo periodo.

Non sono riuscito a chiudere gli occhi neanche per un secondo, o almeno questa è la sensazione.

La testa mi pulsa in una maniera tremenda e ho così tanti pensieri da non riuscire nemmeno a districarli, scegliere di ascoltarne uno piuttosto che un altro.

Sono giorni, ormai, che non esco di casa. Ho lasciato credere a mia mamma sia a causa di una forma influenzale, lei ha fatto un brodo di carne, ha tirato fuori dall'armadietto dei medicinali un paio di confezioni e mi ha raccomandato di prenderli.

Mattino, pomeriggio e sera, mi ha detto. La Tachipirina solo se serve.

Servisse almeno a qualcosa, dico io... ci ho provato più di una volta a trangugiare qualche pillola nel tentativo di far smettere il mal di testa, ma non è servito a niente, se non a portarmi una dose in più di frustrazione. Non funziona. Niente funziona.

Ho voglia di scappare, e non so neanche io da cosa, ma è come se non ne avessi la forza.

Quasi fosse un gesto meccanico, infilo una mano sotto il materasso e tasto bene a controllare se sia rimasto almeno qualche altro grammo in più della scorta d'erba che tengo in casa. Non c'è niente – come del resto l'ultima volta che ho controllato, non so neanche più quanti minuti fa.

Forse, potrei chiamare Vins. Lui ha sempre roba da poter smerciare. Potrei dirgli che è un'emergenza – ho finito l'erba ed è l'unica cosa che almeno per un momento mi fa sentire i pensieri più leggeri, cazzo! Potrei, ma il mio ego non me lo permette.

Da quel brutto episodio a casa di Giotto, non ci siamo più sentiti. Io ho addirittura evitato di dare retta al telefono che ha vibrato vicino a me in continuazione. Sono ancora troppo incazzato per leggere anche solo per errore le stronzate che gli altri avranno scritto sul gruppo.

Che si fottano, cazzo!

Guardo l'orologio e mi dico che, se non mi muovo a scendere da questo letto, a Buk scoppierà la vescica. Dopo qualche attimo di preparazione psicologica, lo faccio. Scendo. Buk mi fa le feste come se non mi vedesse da una vita. Io vado in cucina, stuzzico con quel che trovo nel frigorifero. Guardo il mio cane e gli dico la parola magica – andiamo – che ha sempre il potere di emozionarlo tanto da farmi avere paura che prima o poi possa spiccare il volo, per quanto agita quella coda. Pare un elicottero, e anche se l'ho visto in questo stato almeno un altro centinaio di volte ha comunque la capacità di strapparmi un sorriso.

Meno male che ci sei, amico.

Facciamo esattamente quello che la parola magica dice e, una volta usciti di casa, andiamo. Fuori ormai è buio, data la tarda serata, ma camminiamo a lungo. Lascio che il vento freddo del severo Novembre mi pizzichi il viso e che la musica che le cuffiette sparano a mille nelle mie orecchie sovrasti i pensieri. Trovo una panchina e, non importa il gelo, mi ci siedo.

Non so perché io abbia scelto proprio questa panchina. È una cazzo di panchina sul ciglio di una strada piuttosto buia in cui ogni tanto sfreccia qualche auto, il più delle volte incurante del limite di velocità. Un alberello nell'aiuola a sinistra e uno in quello a destra della seduta. Palazzine alle mie spalle e dall'altra parte delle corsie. Tutto qui.

Guardo la strada e le macchine che passano di fronte a me, una dopo l'altra, ed è un attimo, un flash: ho un'immagine di me che mi alzo e mi faccio prendere in pieno da una di queste, una di quelle che sfreccia più veloce. Posso quasi percepire l'urto e la sensazione dei fanali che accecano gli occhi. È solo un attimo, ma così verosimile da farmi sobbalzare dalla fredda panchina su cui siedo.

Che mi sta succedendo?

Un senso di terrore denso e pregnante mi invade. Mi mozza il fiato. Mi congela i pensieri. Riesco solo a percepire la paura, una paura pura, quasi primordiale. Vorrei alzarmi e andare, ma il mio corpo è come bloccato.

Che mi sta succedendo?

Faccio forza con tutto me stesso e, malgrado le gambe pesanti, riesco finalmente a mettermi in piedi.

Buk mi guarda, sembra sconcertato. Guaisce e piagnucola, muovendo la coda in modo spasmodico.

Mi incammino verso casa, un passo alla volta, i miei piedi come macigni. E mi sento osservato, quasi come se qualcuno mi seguisse. È una sensazione che non mi piace per niente, ghiaccio che scorre nelle vene e si avventa sul cuore. Cerco di andare più veloce, accelerare il passo, mettere più distanza fra me e chiunque mi stia inseguendo, ma è come mi stesse sempre più vicino, sempre più addosso. Percepisco il suo respiro sulla mia pelle, sul mio corpo, e mi fa ammattire per quanta paura mi provoca. Mi giro di scatto, ma non trovo nessuno. La strada è deserta.

Buk, sempre più sconcertato, guaisce ancora, fa un verso simile ad un urlo o un ululato e tira, quasi si strozza con il guinzaglio per la foga con la quale mi costringe a seguirlo. Inizia a tossire, se continua così si farà male, così faccio come vuole, riprendo a camminare, ci allontaniamo.

Il mio cane muove le zampe veloci e io cerco di stargli dietro, ma la sensazione di essere osservato e seguito non si allontana. Mi giro a intermittenza cercando non so cosa alle mie spalle, ma la percezione rimane ogni volta frustrata e sollevata al contempo: non c'è nessuno.

È un attimo: mi butto e tutto questo schifo cesserà.

Per la seconda volta nella serata, e in generale nella vita, la mia mente mi suggerisce cose che io mai neanche lontanamente ho mai sfiorato con il pensiero, mai sul serio. Che mi sta succedendo?

Buk continua a tirare come un ossesso in direzione di casa, ma la sensazione di blocco nelle gambe si intensifica, si irradia a tutto il corpo, mi immobilizza. Una strana attrazione mi spinge verso la strada.

Una macchina sfreccia.

Ecco, vedi, basterebbe solo un attimo.

Quasi fosse una forza diversa dalla mia ad agirle, le mie gambe prendono a muoversi verso la carreggiata. Vedo dei fari in lontananza fendere la notte e i miei piedi non smettono di camminare. Un passo alla volta. Il terrore che aveva attanagliato il mio cuore sembra improvvisamente darmi tregua, lascia spazio a un senso di assenza che annebbia tutti i miei pensieri e le mie percezioni. Non sento neanche più la paura adesso. Quasi neanche bado più a Buk, faccio cadere il guinzaglio a terra. Scendo giù dal marciapiede. La macchina si fa progressivamente più vicina. I miei piedi non smettono di muoversi. Vanno più veloci ora. La luce è sempre più accecante. E, sul ciglio della corsia, attendo. È tutto così distante. Assente. La macchina è ormai a pochissimi metri di distanza.

È solo un attimo.

Il fastidiosissimo rumore del clacson che prende a starnazzare mi riempie le orecchie. Lo spostamento d'aria provocato dal rapido movimento della vettura sulla strada mi solletica il viso.

Il suono è sempre più assordante. La luce sempre più accecante.

Solo un attimo e tutto questo schifo sarà finito.

Trasalisco, quando la vibrazione improvvisa del cellulare riposto nella tasca della tuta che indosso prende a solleticarmi insistentemente la gamba già in procinto di compiere il passo.

Vedo la macchina sfrecciare via a pochi centimetri dal mio corpo. Lo spostamento d'aria è come uno schiaffo in viso. Il clacson non smette con quel suo rumore assordante e prolungato, malgrado la macchina mi abbia ormai superato lasciandomi indenne. Io osservo il tutto in uno strano stato di torpore, quasi come fossi fuori di me.

La vibrazione non cessa e, d'istinto, porto la mano nella tasca dei pantaloni, dalla quale estraggo il cellulare. Osservo il nome che compare sullo schermo ad annunciare la chiamata in entrata.

Non faccio tempo a chiedermi che senso abbia tutto ciò che sta succedendo che il mio dito trascina da sé l'icona verde della cornetta.

Una voce esagitata mi risuona nell'orecchio che avvicino alla superficie liscia dello smartphone: «Adam, come stai?».


💘💘💘

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Rieccoci qui, ancora una volta in ritardo di una settimana... 😅 Scusatemi, scusatemi davvero... 😭 Non so che stia succedendo alla mia vita nell'ultimo periodo... L'hashtag #prayforsharon è un sempreverde, ma voi lo state facendo?

Voglio ringraziarvi dal profondo del cuore perché siete state moltissime a scrivermi, anche in privato, per avere notizie e per sapere come stavo. Grazie, l'ho apprezzato davvero tanto.

Grazie a Mars, che non smette di sostenermi e incoraggiarmi e perché oggi ha battuto tutti i suoi record di velocità, correggendomi il capitolo in pratica appena ricevuto. Grazie, MC_Peregrine, sei stata davvero flash, a sto giro.

E, a proposito del capitolo, che ne pensate? Ciò che è successo ad Adam è qualcosa di forte, e anche un tantino sinistro, ve lo aspettavate? Ha rischiato proprio grosso, questa volta... E chi è secondo voi a chiamarlo, nell'ultima battuta?

Io come sempre vi ringrazio. Siamo arrivati a 144k di view e, avete presente Sebastian ne La Sirenetta? Beh, la mia mandibola fa simile alla sua.

Come sempre vi esorto a scrivermi se avete commenti, dubbi, perplessità o consigli a proposito di questa storia.

Ho quasi paura di darvi appuntamento per il capitolo di martedì prossimo,non si sa mai che me le chiamo addosso le cose della vita, ma io ci voglio credere: A MARTEDÌ PROSSIMO!

Intanto voi... #prayhardforsharon!

Un bacio a testa,
S.C.
😘

P.S. Prima di chiudere, parliamone, ma quanto siamo belli io, Eden e Adam in versione Zepetata?

PARLIAMONE.

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