48 - Materassi e vicinanze

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*piccolo spazio autrice abusivo*
Solo per dirvi che, no, non sono deceduta; che a questo giro, no, non vi ho proposto nessuno giochino fesso... e per augurarvi una buona lettura (nei prossimi capitoli succederanno cose e non vedo l'ora di sapere che ne pensate! 😍)!

💘💘💘

EDEN

Il punto in cui sono seduta sembra terribilmente scomodo. Ok, forse non è la seduta in sé, ma tutta la situazione in cui mi sono trovata impelagata.

Adam Donati è di nuovo in camera mia, seduto, di nuovo, davanti a me e alla mia scrivania. Ho provato a fissare un nostro incontro in un luogo più neutrale, come un bar o simili, anche giocandomi la carta "ma no, dai, abitiamo lontani, almeno ti eviti il viaggio", tuttavia lui ha insistito dicendo che non gli costa nulla e che almeno a casa mia abbiamo più tempo a disposizione per avviare per bene il compito e nessuna ansia di dover per forza consumare qualcosa per permettersi il lusso di continuare a rimanere seduti al tavolino.

Sto studiando minuziosamente le punte dei miei piedi, quando lo sento esordire:

«Bene, questo è il momento in cui io e te ci relazioniamo al fine di fare una buona fotografia.»

A quella frase tira fuori dallo zaino che si è portato dietro un quadernetto e una penna che, con fare ieratico, apre e poggia sul ginocchio della gamba che ha piegata e appoggiata all'altra. Toglie il tappo della penna per incastrarlo nella sua parte opposta alla punta, poi fissa i suoi occhi su di me.

«Quindi, iniziamo, che cosa si deve sapere di Eden Neve...»

Questo è l'invito al quale io, nella sua testa, dovrei rispondere, ma non è così scontato sapere in che modo farlo. Le cose da dire sarebbero tante, ma proprio per la loro molteplicità non so davvero da dove partire e, anche se non ha senso che mi susciti questa sensazione, pensare di risponde a quella domanda così a bruciapelo mi provoca imbarazzo.

«Quanta serietà», opto per buttarla sulla battuta, «Addirittura il taccuino? Hai preso questo compito davvero sul serio, vedo.»

«Ti ricordo che sei un terzo del mio voto, quindi ovvio che faccio sul serio...», ribatte prontamente lui, «dicevamo... cosa si deve sapere su Eden Neve?»

Il mio tentativo di fugare quella domanda si dimostra fallimentare e io mi ci ritrovo di nuovo inchiodata.

«Non lo so... cosa vorresti sapere?», cerco di passare la patata bollente a lui.

«Quali sono i tuoi interessi, che cosa ti piace fare, i tuoi sogni, le tue paure, il tuo colore preferito-»

«Ehi! Frena, frena! Non ti sembra di esagerare? Vuoi sapere anche il mio codice fiscale?»

«Il professore ha detto che la chiave per un buon ritratto è parlare, relazionarsi e stabilire un feeling. Avvicinarsi al soggetto», illustra lui senza lasciarmi possibilità di scampo. «Anzi, sai che ti dico?», continua saltando su dalla sedia, «mi siedo qui», nel dirlo raggiunge me, che sono seduta al fondo del mio letto, e prende posto vicino a me, «vicini, vicini.»

Segue qualche secondo di silenzio che lui è subito pronto a riempire dicendo: «I materassi sono i luoghi in cui, da sempre, ho trovato più facilità a instaurare vicinanze». Pone il suo viso, più vicino al mio, avvantaggiandosi con il busto. Ha un sorrisetto sardonico cucito alle labbra e gli occhi palesemente indirizzati alla mia bocca.

«Ehi, bello, a cuccia!». Non mi lascio abbindolare e lo rimetto subito al posto allontanandolo da me ponendo una mano sul suo petto.

«Ok, ok. Forse ho esagerato», ammette ridendo, «ma è vera la cosa che ti dicevo, dei materassi e della vicinanza...»

Quasi nemmeno gli do tempo di finire la frase che afferro il cuscino posto sul mio letto e glielo sbatto addosso.

Lui non reagisce, ma prende a ridere di gusto. «Ma che ci posso fare io! È la verità...!»

Si sbellica così tanto da trascinarmi a ridere con lui. È divertente vederlo così.

«Comunque mi è venuta un'idea!», esordisco ad un certo punto. «Dal momento che rispondere a una domanda vaga come quella che mi hai posto tu manderebbe in crisi chiunque, facciamo una bella cosa: ognuno di noi scrive delle domande di vario genere su un fogliettino e poi le mettiamo...», sto elaborando il piano mentre lo sto esprimendo, quindi ancora non ho bene idea di tutti i dettagli... «dentro al tuo cappello!», è la soluzione a cui penso, nel momento esatto in cui la esprimo indicando il copricapo che indossa.

«Ah, il mio cappello...», fa lui, con il tono di chi non ha la minima intenzione di acconsentire a metterlo a disposizione.

«Ricorda: sono un terzo del tuo volto», gli dico con tono sicuro.

«Ah, se è così...», alza le mani in segno di resa, poi le pone sul capo e, afferrato il cappellino di lana che indossa, me lo mette tra le mani. «Continua», mi esorta.

Io scelgo di non fare ironia sulla strana piega che hanno assunto i suoi capelli costretti per non so quante ore sotto il cappello per non metterlo in imbarazzo e faccio come dice: «Quindi, a turno, pescheremo dal cappello una domanda alla quale dovremo rispondere, e anche l'altro sarà tenuto a rispondere alla stessa, prima di prenderne una nuova... e via così fino alla fine!»

Espongo il mio piano e sono piuttosto soddisfatta dell'idea.

«Questa cosa l'hai imparata in chiesa?», vuol sapere, il tono perplesso.

«Ad un ritiro, sì...»

«Belle cose che insegnano!», esclama in modo sarcastico, smorzando subito il mio entusiasmo, «Ma va bene. Facciamolo diverso...», abbassa il tono della voce e continua dicendo: «mi piacciono le cose originali, e una cosa del genere su un materasso non l'ho mai fatta.»

È un attimo. Il cuscino ci mette non più di due secondi a ritrovarsi di nuovo sbattuto con forza sul suo viso, mentre il suono del mio «Dai!», che quasi urlo, mentre cerco di trattenere le risate, fa da sottofondo all'impatto.

«Devi piantarla con il fare ste battute a doppio senso», lo intimo.

«Solo quando tu la pianterai di imbarazzarti così per cose del genere», è la sua pronta risposta.

Fingo non aver sentito quella sua ultima frase e mi alzo per prendere due fogli di carta, uno per uno, dalla risma per la stampante.

«Cominciamo», ordino.

Lui con un sorrisetto divertito stampato in faccia, e dopo aver scosso il capo un paio di volte incredulo, impugna la penna, la pone sul foglio che gli ho dato e inizia a scriverci su. Faccio lo stesso anche io. Appunto ogni domanda che mi viene in mente fino al momento in cui annuncio: «Io credo di aver terminato. Tu?»

Tira su le spalle con aria di sufficienza e fa per passarmi il foglio, ma subito esclama: «Ah, no! Mi è venuta in mente un'altra bella domanda!». La appunta e il ghigno divertito che ha mentre lo fa non mi piace per niente.

«Ora le tagliamo e le mettiamo ripiegate tutte nel tuo cappello, ok?», comunico.

Ci mettiamo non più di una manciata di minuti a farlo e siamo pronti ad iniziare.

«Prima tu», decide lui.

Io lo guardo con un'espressione alla "ma devo proprio?", ma lui risponde alla mia silente domanda dicendo: «Tu hai suggerito questa modalità e a te l'onore di iniziare. E poi... prima le donne! Se non te lo permettessi che cavaliere sarei?»

Cerco di ingoiare la battuta che ho in canna - "Proprio ora scegli di fare il cavaliere?" - e, senza provare ad oppormi, infilo una mano nel cappellino di Adam e ne tiro fuori un bigliettino che subito apro, leggendone ad alta voce il contenuto: «Qual è o quali sono i tuoi colori preferiti. Bene, questa è facile e l'ho fatta io... Da più piccolina ero fissata con il rosa, sai che originalità, ma ultimamente amo troppo il verde acqua, o l'azzurrino tenue... mi trasmettono un sacco serenità... e il tuo, o i tuoi?»

«Il rosso o l'arancione, credo. Anche il blu mi è sempre piaciuto», mi comunica deciso.

«Bene. Tocca a te», mi assicuro che abbia compreso le regole.

Lui prende a sua volta un bigliettino e legge: «Il posto in cui vorresti fare un viaggio. Ah! Facile! Amsterdam, ovviamente

Per un attimo lo guardo storta, perché ho colto benissimo a cosa vuole alludere con quel suo "ovviamente", ma scelgo di non dar troppa corda ai suoi sogni da fattone commentando: «Hai ragione, io non ci sono mai stata, ma mi hanno detto sia stupenda! Io amerei visitarne i parchi... e poi c'è il museo di Van Gogh! È lì, no? Sarebbe grandioso andarci!». Mi lascio cullare dalle immagini che mi si materializzano nella mente, poi proseguo con il dire: «Io, però - forse cado nello scontato - vorrei troppo visitare Parigi. Non ci sono ancora mai stata, sai? Mi affascina un casino... Gli Champs-Élysées, il Louvre, la Torre Eiffel, Montmartre-»

«Il quartiere a luci rosse!»

Io lo fulmino con gli occhi. È davvero incorreggibile...

«Il quartiere di Pigalle. È ai piedi di Montmartre e ha un fascino tutto particolare... e poi c'è il Moulin Rouge!»

«Oh... amo quel film!», mi tocca ammettere.

«Non puoi amare davvero quel film e non aver mai visto dal vivo il Moulin Rouge... Dai, magari un giorno ti ci porto!», ammicca colpendomi delicatamente con il gomito e mostrandomi la lingua per qualche secondo.

Lascio cadere quella sua battuta nel dimenticatoio, nel momento stesso in cui la dice. Lui per primo è consapevole che Parigi non è proprio dietro l'angolo e l'ha detto solo per gioco. È solo un gioco.

«Dunque, a chi toccava?», chiedo, cercando di ritornare sul discorso principale.

«A te», risponde lui sollevando di poco il mento nella mia direzione.

Pesco il biglietto: piatto preferito. Pasta agli scampi per me e pizza per lui.

È il suo turno: materia preferita. Concordiamo entrambi per Fotografia, io sorvolo sul fatto che lui ha sentito l'esigenza di giustificare la sua scelta con: «Perchè è la materia che mi sta permettendo di fare questo compito con te, caro terzo del mio voto». Andiamo avanti così scoprendo cose più o meno interessanti di entrambi come il fatto che io ami i pinguini, mentre lui i ghepardi; o che entrambi preferiamo l'estate all'inverno, anche se concordiamo sul fatto che anche l'inverno abbia i suoi vantaggi come ad esempio la neve o dormire con i piumini.

Procede tutto liscio e in maniera piuttosto divertente fino al momento in cui tocca di nuovo a me, pesco il biglietto, lo apro e ne leggo in contenuto ad alta voce, quasi sovrappensiero, presa dall'ilaritá della situazione: «Racconta del tuo primo bacio».

No, aspetta. Che cosa ho appena letto?

💘💘💘

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Ciao a tutte le meraviglie che leggono!

So che arrivo in extremis sulla giornata di pubblicazione e con ben una settimana di ritardo...! 😅

La scorsa settimana è stata decisamente molto impegnativa - del genere che dubito fortemente che me ne succederà un'altra simile, nel corso della mia vita... 😅

Nell'ordine:
1 - Casa allagata.
2 - Macchina che non parte.
3 - Cosa di cui al momento non posso parlare ma che prima o poi vi condividerò.

Insomma, non ho avuto né il tempo, né la testa per riuscire a mettere insieme anche solo due parole... 🤯

Ma ora... Eccomi qua! 🥳 E posso dirvi con gioia che, in pratica, ho già scritto i prossimi due capitoli (diciamo la verità: era uno mega che io ho spezzettato), quindi, udite udite, in occasione dei nostri prossimi appuntamenti sarò iper puntuale! 😍 E, con ogni probabilità, avrò anche il tempo di proporvi qualcuno di quei giochini fessi che vi piacciono tanto... 😏

A tal proposito, questa volta non sono riuscita a condividere con voi lo #spoilerzepetato, ma ve lo metto qua di seguito come bonus...

Non sono troppo belli? 😍😍😍

Se volete potete seguirli entrambi scaricando l'app di Zepeto, li trovare come Eden Neve e Adam Donati. 😜

Ah, ovviamente ci sono anche io (caso mai non l'aveste notato nei capitoli precedenti! 😜)...


E, dato che siamo in vena di presentazioni, vi introduco anche MC_Peregrine (cogliendo anche questa occasione per ringraziarla per aver betato anche questo capitolo! 😍)...!

Se ve lo state chiedendo, sì, lei è stata costretta da me medesima ad iscriversi e farsi uno Zepeto (che ci volete fare, mi diverto con poco... 😜).

Ma ora, bando alle ciance... Che ne pensate di questo capitolo??? Fremo nell'attesa di avere un vostro parere (quindi fatemi sapere 💘)! 😍

Vi voglio bene.

Grazie per i 176k e per i tanti voti che continuate a lasciarmi! 💘

Un bacio a testa,
S.C.
😘

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