LA DOLCEZZA DEL BUCO NERO

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Le parole di mio padre mi hanno colpita come un dardo. Ne ho sentito il sibilo penetrare nelle mie orecchie prima ancora che mi colpissero. Le ho sentite arrivare e non sono riuscita a fare nulla per evitarle. Sono state più veloci del mio rendermi conto di ciò che stava per accadere. Hanno fatto male ancora di più perché non mi aspettavo che mio padre, proprio colui che ho sempre considerato infallibile, impeccabile, potesse rovinare una serata per me tanto importante. Hanno ferito maggiormente perché l'uomo che credevo capace di qualsiasi reazione, l'uomo che non ha mai tenuto a freno il suo temperamento, le sue reazioni e le sue parole, non ha battuto ciglio. È rimasto impassibile nonostante i suoi occhi dicessero altro. Lo ha fatto per me e questo mi è stato chiaro nel momento in cui non ha nemmeno cercato il mio sguardo per non farmi pesare ancora di più quelle parole. Ho visto il senso di colpa attraversare il suo viso e tutta la delusione che provavo per lui l'ho sentita tramutarsi in rabbia per mio padre. Odio questo tumulto di emozioni che mi rendono fragile e vulnerabile. Odio il fatto di sentire questo bisogno irrefrenabile di essere vicino a Brandon, di volerlo rassicurare. Rassicurare... ma di cosa poi? Cosa posso assicurargli quando non so nemmeno io come potremo mai portare avanti questa nostra storia? Ma ho bisogno che lui lo sappia, che capisca che non ce l'ho con lui perché ho lasciato il lavoro o perché aspetto il nostro bambino. La stanza è vuota e lui è ancora fermo, con lo sguardo fisso sulla parete bianca. Le sue palpebre tremano per un istante prima di ritornare immobili ad incorniciare uno sguardo ferito. Prendo posto accanto a lui, dove era seduta mamma, ma lui sembra non accorgersi della mia presenza. Vorrei poter entrare in quella sua testa, sapere cosa stia pensando. Ho timore di parlare, ho paura che possa sfogare su di me il rancore verso mio padre. Me lo meriterei. In queste settimane non ho fatto altro che vomitargli addosso tutte le mie insicurezze. Di colpe ne ha da vendere, ma io non credo di essere stata migliore di lui . Oh papà, che gran bel guaio hai combinato. Non ti rendi conto quanto quel muro pieno di buchi e brecce fosse fragile e ora non posso fare a meno di avercela con te per aver ferito quest'uomo che mi sta dimostrando grande dignità, rispetto e tanto amore.
"Sono arrabbiata con mio padre." dico con un filo di voce, entrando in punta di piedi nella sua testa sommersa dai pensieri. Il suo viso si volta verso il mio e vedo i suoi occhi profondi brillare di una luce mai vista. Come se lo avessi colto alla sprovvista, come se stesse vedendo qualcosa che non si aspettava di vedere, eppure io ero qui, sono sempre stata qui. Vorrei potergli chiedere cosa sta pensando, ma non me la sento di essere invadente. Abbiamo condiviso già tanto quando ne avevo il diritto, ma ora? Ora è tutto diverso, noi siamo cambiati, le nostre vite sono cambiate e non sappiamo cosa ci porterà il futuro. Il suo suono del suo respiro accarezza le mie orecchie e mi ricorda di quando durante la notte mi svegliavo: restavo immobile tra le sue braccia ad ascoltarlo respirare e rimanevo sveglia fino all'alba solo per assaporare quel suono, incredula che tutto quello che stavo vivendo potesse essere vero. Ogni suo respiro era una goccia in più di vita instillata nel mio corpo. Alla mia frase annuisce impercettibilmente. Mi basta come conferma che ha capito che in questa cosa io sono con lui, che posso attribuirgli tante colpe, ma non quelle che pensa mio padre.
Distoglie lo sguardo dal mio e torna a guardare la parete bianca davanti a noi. Sembra più tranquillo ora, le sue palpebre non tremano e quell'ombra che attraversava i suoi occhi sembra non esserci più. Seguo la direzione del suo sguardo e con lui mi soffermo ad osservare la parete bianca di fronte a noi. In quest'aria sospesa avverto un briciolo di serenità che rilassa finalmente ogni muscolo del mio corpo. Troppo tempo è passato da quando ho sentito per l'ultima volta questa sensazione ed è stato proprio con lui, tra le sue braccia, sul suo petto. La mia mano scivola sulla sua e in quello stesso istante sento invece il suo corpo irrigidirsi per la sorpresa. Guardo di nuovo il suo viso mentre le mie dita intrecciano le sue che si schiudono. Morbide, gentili, avvolgono la mia mano, se ne impossessano e la stringono con bisogno, come se stesse accogliendo nel suo palmo il mio stesso cuore. Vorrei che non fosse così, vorrei non ammettere tristemente a me stessa di avere bisogno di quest'uomo per sentirmi viva, ma è così e proprio il mio cuore, traditore come sempre, inizia a darmi conferma di questo facendosi sentire forte nel mio petto. La sua bocca accenna ad un sorriso e i suoi occhi si chiudono con un movimento morbido e lento. Contemporaneamente un sospiro liberatorio alleggerisce i lineamenti del suo viso. La serata è ancora lunga, ma mi rendo conto di dovergli stare accanto, l'ho messo io in questa situazione ed ora non posso abbandonarlo.
Dalla cucina giungono le voci allegre di Claudio e Melania, ma di mamma e papà nulla. Immagino come mamma abbia strigliato per bene il caro maritino. Lo spero e, nel caso, ha fatto la cosa giusta. Un po' di responsabilità, in fin dei conti, ce l'ha anche lei, che mi ha incoraggiato ad invitare Brandon. Le voci si avvicinano sempre più a noi e mi rendo conto solo ora che non saprei come fare con queste nostre dita intrecciate. Ho fatto andare le cose troppo oltre, senza pensare che questo momento sarebbe arrivato, che qualcuno avrebbe visto e quindi tutto si complicherebbe ancora di più. Melania e mia madre darebbero per scontato che tra noi tutto si è sistemato e mio padre... oh, dopo la scenata di prima chissà cosa sarebbe in grado di dire e non so se questa volta Brandon starebbe al suo posto. Provo a sfilare le dita, ma Brandon mi fa capire chiaramente di non avere intenzione di liberarsi di me. Sai che c'è? Va bene, vediamo come si mettono le cose. Non mi va più di pensare o di stare a contrastare e controllare gli eventi. Queste mani intrecciate, il suo viso rilassato; non credo di potere più rinunciare a tutto questo. "Dobbiamo parlare, Brandon." gli dico cercando la sua attenzione. Finalmente i suoi occhi si rivolgono di nuovo a me, entrano nei miei con la luce che ormai li illuminano e, come se ci affondassi per la prima volta, resto senza fiato, consapevole di starci cascando di nuovo, di volerci cascare insieme a tutte le mie paure e le mie insicurezze. Si, ci sono cose che ancora non riesco a superare, ma ho bisogno di tutto questo, ho bisogno di sentire il contatto della sua pelle calda sulla mia, anche se si tratta solo delle nostre mani.
I primi ad entrare sono Melania e Claudio che notano subito il mio cambio di posto e si scambiano un'occhiata complice ed un sorriso d'intesa. Hanno portato solo tre piatti perché il mio amico ha un braccio bellamente impegnato a cingere le spalle della mia sorellina e, se per loro il mio avvicinamento a Brandon potrebbe sembrare inaspettato, il loro era da me più che sperato. Per il compiacimento, istintivamente stringo la mano di Brandon nella mia attirando la sua attenzione sulla scena davanti a noi. La nostra intesa si conferma anche in questo momento in cui riesco a leggere i suoi pensieri. Lo so che sta pensando a quanto sia stato stupido pensare che tra me e Claudio ci potesse essere qualcosa di più dell'amicizia. Nel momento in cui l'altra sua mano tocca le nostre unite, gli occhi di Claudio e Melania ricadono proprio lì, ad aumentare la loro sorpresa. In realtà non mi sembrano molto meravigliati da quanto stanno vedendo. È evidente che agli altri fosse più chiaro che a me che era questione di poco ed avrei ceduto. Diamine papà, cosa mi hai fatto combinare! Ed eccolo che entra il grande Geoffrey preceduto dalla sua Mary. Tra loro l'aria sembra piuttosto rilassata, anzi sembrano molto complici e in armonia mentre portano gli altri tre piatti. Anche loro notano subito la mia presenza accanto a Brandon e non battono ciglio, ma è quando i loro occhi cadono sulle nostre mani unite che rimango basita e sconcertata. Sul viso di mio padre affiora un enorme sorriso soddisfatto mentre guarda teneramente mamma e le si avvicina. Non so cosa le abbia detto all'orecchio, ma la sua espressione sembra tanto, molto, troppo soddisfatta per non farmi sospettare ad un piano bene architettato dal mio papà. Alla fine conosce bene il mio caratteraccio, perché è proprio come il suo, e sa bene che le provocazioni sono una miccia irresistibile ed io sono cascata in pieno nella sua trappola.
Guardo mia madre in cerca di spiegazioni, ma il suo viso è eloquente: con una smorfia mi fa intendere che non ne sapeva nulla fino a poco fa. Nel momento in cui i piatti sono davanti a tutti noi e tutti sono di nuovo seduti, provo a divincolare la mia mano destra intrappolata tra quelle di Brandon, ma lui di nuovo me la trattiene. "Mi serve per mangiare." sibilo tra i denti, provando a non dare nell'occhio, con poco successo sembra. Gli occhi di tutti sono puntati su di noi in maniera imbarazzante. Con un altro strattone riesco a liberarmi, ringraziando Brandon con un sorriso sarcastico. Evito di guardare gli altri ed in silenzio fingo attenzione solo per il piattino del dolce, da cui mangio voracemente il contenuto. Dannazione, che serata! Ma quando finirà?

Papà e Brandon. Parlano e chiacchierano davanti ai miei occhi increduli, in modo pacifico, come se quanto accaduto poco fa non fosse mai avvenuto. Mi sorprende constatare quanto mio padre sia ora un'altra persona, con un altro atteggiamento e... scherza anche. Scuoto la testa incredula per quanto sto vedendo mentre Melania, Claudio e mia madre guardano me e loro due con un sorriso consapevole di quanto io sia stata ingenua a cadere nel gioco di mio padre. Ci sono tante cose che però restano sospese. Nulla è dimenticato. Sono solo a riposo in questo momento, nell'attesa che si chiarisca questo nuovo equilibrio. Più volte Brandon ha allungato la sua mano di nuovo per prendere la mia, ma ogni volta ho preferito sottrarla, perché ora l'unica cosa che sento di voler fare è parlargli. Com'è paradossale questa situazione. Fino a qualche giorno fa non avrei mai pensato di poter condividere con lui nemmeno l'aria della stessa stanza, ma ora... ora voglio solo parlargli e stare un po' da soli. Perché mi sento sospesa, in bilico tra i nostri sentimenti e le nostre emozioni.
Nella mia confusione mentale ascolto i discorsi di mio padre che tedia anche Brandon con le sue vedute in fatto di politica, coinvolgendo anche mia madre. Nel frattempo Melania e Claudio parlottano fitto fitto tra loro e, dopo poco, Melania si alza da tavola, scusandosi. Guardo Claudio sperando in uno sguardo di chiarimento, ma lui non fa altro che sorridere e sorridere, perso nei suoi pensieri e chissà quali programmi con mia sorella. Insomma, da un lato ho una madre ed un padre che hanno monopolizzato il padre del mio bambino, Melania si è alzata e il mio caro amico Claudio è completamente rimbambito. E io? Io mi sento totalmente ignorata e trascurata e questa cosa mi sta dando fortemente sui nervi. Decido a questo punto di sparecchiare ed andarmene poi fuori a guardare le stelle. Mi alzo, inizio a prendere i piatti dalla tavola e finalmente qualcuno si ricorda che esisto anche io. "Ti aiuto!" Esclama Brandon, alzandosi di botto dalla sedia. Mio padre e mia madre sono colti di sorpresa dal suo scatto ed anche a me per poco non prende un colpo, tanto che mollo tutto ciò che avevo tra le mani . "Ragazzi, lasciate stare. Ci pensiamo io e Geoffrey. Voi... andate pure." Dice mia madre ammiccando con un occhiolino. Roteo gli occhi all'indietro per questo suo sottintendere qualcosa, anche se in fondo è la verità, ma quanto fastidio mi può dare? Cavolo, ho quasi 40 anni, sto per diventare madre e mi sento trattata ancora come se fossi in fase adolescenziale. "Grazie Mary." risponde prontamente Brandon che, senza indugio alcuno, prende la mia mano nella sua e mi trascina verso l'uscita prendendo al volo il mio e il suo soprabito. E Claudio? Beh, lui in tutto questo è stato uno spettatore muto, divertito da tutta la scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Ah, ma questa me la paga! E poi, che staranno architettando ancora lui e Melania? "Stavo pensando di andare a vedere mia sorella che sta combinando." dico strattonando la mia mano per liberarmi per dirigermi di sopra da lei, ma, come sempre, lui è più forte di me e la sua presa è così salda da non consentirmi di riuscire nell'impresa. Di riflesso vengo tirata verso di lui, scontrandomi violentemente contro il suo petto. Ed è una sorpresa anche per lui questo nostro scontro frontale. "Stai bene? Ti sei fatta male?" mi chiede con premura, toccandomi l'addome. Si, sto bene. Non potrei stare meglio, ahimè. Sotto il suo tocco lieve riesco a sentire quel brivido che mi mancava così tanto. Annuisco col capo basso, osservando la sua grande mano sul mio ventre che ancora non tradisce alcun cenno di ciò che custodisce. Sento le sue labbra sfiorarmi la testa e lasciare un piccolo bacio tra i miei capelli. Sono onesta, tutta questa sua dolcezza mi sorprende. Non me l'ha mai fatta assaporare prima e non credevo ne fosse capace e credo che nemmeno lui potesse mai pensare di esserlo. Posso solo soccombere sotto questo incantesimo fatto di attenzioni in cui sto precipitando senza speranza. "Ehm..." la voce di Melania mi fa capire che forse le stiamo intralciando il passaggio giù alle scale. Alzo la testa nella sua direzione sperando di trovare risposte. Stanno architettando qualcosa, ma cosa? Spero di non essere di nuovo io al centro delle loro macchinazioni perché per stasera ne ho abbastanza, grazie! "Allora?" Le chiedo con immensa aspettativa. "Allora cosa?" Mi risponde vaga mia sorella. Incrocio le braccia sul petto palesando il mio essere poco convinta della risposta. "Che avete in mente voi due? Spero non mi stiate tirando qualche altro scherzo, così come ha fatto papà." "Rilassati sorella! Non esisti mica solo tu?!" Mi dice con impertinente candore. "Claudio possiamo andare." Esclama verso la porta della camera da pranzo. "E dove andate esattamente?" Le chiedo ansiosa. "Vanno a New York a trascorrere la serata. È chiaro, non vedi che si è cambiata?" Mi bisbiglia Brandon nell'orecchio. "A quest'ora? A New York? Sono le 11 di sera, non credete che sia un po' tro-" nel frattempo Claudio ci ha raggiunti e mi ha subito messo una mano sulla bocca "Taci una buona volta e fidati, ok?" Li guardo, tutti e tre, che mi rivolgono la loro espressione divertita. Forse sto esagerando, ma mi preoccupo ancora per mia sorella, nonostante anche lei sia una donna più che matura. E con Claudio so che è in ottime mani. Mani? Oddio! L'immagine di loro in atteggiamenti intimi sfiora i miei pensieri e, mentre Claudio mi libera finalmente la bocca, lo guardo con rimprovero, come se già avesse toccato impropriamente mia sorella. Ma poi, a pensarci, guarda chi parla! Proprio io che con Brandon ho fatto di tutto e ora mi ritrovo anche incinta! E allora, sorrido al pensiero che questi due si possano essere innamorati. Proprio come avevo desiderato. "Mi stai spaventando Tara. I tuoi pensieri sono più veloci delle tue espressioni facciali oggi." Dice Melania divertita per poi abbracciarmi. "Passo la notte da lui. Mamma lo sa." Mi dice piano all'orecchio. Mamma lo sa, mamma è sicuramente più avanti di me. O sono io ad essere andata terribilmente indietro!

Li abbiamo visti uscire di casa, mano nella mano. Mi ha emozionato vedere Melania e Claudio così vicini, così in sintonia, complici. In fin dei conti io e Brandon non siamo mai stati così, o almeno io non lo percepivo. Probabilmente ero troppo confusa dalle mie fragilità per poter capire realmente quello che avevamo. Sicuramente l'incertezza di Brandon riguardo la nostra storia non ha agevolato un reale affiatamento. Risolvevamo sempre tutto lasciandoci andare ai nostri sensi, ci facevamo guidare dal piacere che ognuno di noi riusciva a suscitare nell'altro, senza realmente coltivare il nostro rapporto come una coppia. È questo che ci è mancato ed è questo che voglio ora. È necessario perché possiamo funzionare.
Osserviamo l'auto di Claudio allontanarsi, mentre ci accomodiamo sul patio, io e Brandon, sotto due strati di coperte calde e una tisana bollente, preparata più per scaldarci che per un vero desiderio. Siamo vicini e, nonostante sento che quanto sia accaduto a cena ci abbia riavvicinato, ancora non riesco a rilassarmi e mi sento sollevata per il fatto di mantenere questa tazza che, per un po', gli impedirà di prendermi la mano, ma per quanto ancora durerà?
Siamo entrambi imbarazzati ma vedo anche come gli brillano gli occhi e come le sue labbra non possono fare a meno di volgere all'insù, provocando le sue irresistibili grinzette sotto gli occhi. Lo guardo di sottecchi mentre sorseggiamo in silenzio il contenuto delle nostre tazze. Do un'occhiata al cielo e una di sfuggita a lui. Mi mancava la sua presenza accanto a me, il calore del suo corpo accanto al mio, il rumore del suo respiro. La quiete che ci avvolge amplifica ancora di più come tutte queste cose mi fossero mancate ma anche il disagio che provo ora a stargli accanto senza sapere esattamente che direzione prenderemo. Quale percorso potremmo mai intraprendere.
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Ho amato il modo in cui ha reagito quando ha saputo che Melania sarebbe andata a New York con Claudio. Era lei, premurosa, spontanea e genuina. Senza alcun filtro, senza alcun freno inibitorio. Ha espresso in pochi minuti tutte le sue emozioni. Attraverso il corpo, il viso, gli occhi. Anche il respiro esprimeva i suoi pensieri. Ed è questo che mi piace di lei, nel bene e nel male. Quando riesce a liberarsi dal suo contegno, dal controllo maniacale di sé, diventa buffa e incontenibile. Seduti qui, invece, è ritornata ad essere la solita Tara, imbrigliata tra le sue paure e il suo self-control. Sento il suo sguardo che di tanto in tanto si posa su di me, ma il suo corpo continua ad essere rigido e distante. Guardo il cielo davanti a noi, ma ciò che vorrei fissare sono i suoi occhi. Vorrei che il mio cuore battesse veloce perché mi sta toccando e non per il timore di dire quella frase sbagliata che potrebbe rovinare questo nostro precario equilibrio. Fino ad ora è andata bene. Alla fine il padre fa parte del mio team e a questo punto non credo che in quello di Tara ci siano molte persone. Scuoto la testa e sorrido, divertito da questa mia osservazione. Un gesto involontario che suscita la sua attenzione e avverto il suo sguardo poggiarsi nuovamente su di me. "Cosa ti diverte così tanto?" Mi chiede con tono stizzito. Ah, se potessi dirle la verità senza provocare il suo malumore. "Ricordati degli ormoni!" Mi ripeto nella mente, prima di risponderle. "Vuoi la verità o una bugia?" Le rispondo senza guardarla, ma mi rendo immediatamente conto di aver sbagliato risposta. La verità, è ovvio! Mai più bugie tra noi. Mai! Il mio cuore ora batte ancora più veloce. Ma come posso essere sempre così maldestro quando sono con lei? Come faccio a trovare sempre la frase sbagliata? Non le do il tempo di ribattere, perché già la sento irrigidirsi ulteriormente. Giro tutto il mio corpo verso di lei e le prendo quella maledetta tazza che possessivamente stringe tra le mani per poggiarla insieme alla mia sul tavolino. Ha un delizioso broncio sul viso mentre evita ancora di guardarmi. Come ho mai potuto pensare, anche solo per un secondo, di rinunciare a lottare per tanta bellezza? Qualsiasi cosa fosse accaduta, seppure non ci fosse stato questo nostro bambino, sarei tornato comunque a fissare questo viso, a scrutare dentro il verde intenso dei suoi occhi, a perdermi nel candore della sua pelle. "La verità. Sempre la verità. Anche se questa può far male, anche se può bruciare più della fiamma d'una candela. Tara, avrai sempre la verità da me. Te lo giuro!" Le dico tirando su il suo mento per fare incontrare i suoi occhi con i miei. Mi fissa, in silenzio, le iridi ferme a guardare le mie. Mi sto abituando ai suoi silenzi, ma non posso dire che mi piacciano. Ritornerà a parlare, tornerà a riempirmi le orecchie del suono della sua voce, del fiume incessante di parole che è capace di far sgorgare cristalline dalla sua bocca. I suoi occhi potrebbero sembrare privi di espressione, vuoti, ma io lo so che non è così. La sua mente e il suo cuore stanno viaggiando velocemente in questo momento, in cerca di una risposta da darmi e, soprattutto, stanno cercando di capire se e quanto si possono fidare di me. E io ho sempre paura che non creda alle mie parole, che ceda ai suoi dubbi e mi respinga ancora una volta.
Inclina il viso verso una spalla e la sua espressione cambia. Le si disegna sul volto una domanda: la richiesta e l'aspettativa di sapere cosa stessi pensando. "Era una sciocchezza, ma te la dirò." Mi giro di nuovo appoggiando tutta la schiena, rilassando totalmente il mio corpo contro la spalliera della panca. Si sente odore di legna bruciata nell'aria, segno che qualcuno ha acceso il camino. Mi rilassa questo odore. Lo ha sempre fatto, sin da ragazzino, quando ero pieno di adrenalina, anche troppa. Era difficile tenermi a bada. Ero iperattivo, pieno di energie che non si esaurivano mai e, soprattutto, troppo incline alla rissa. Ma questo odore ha sempre placato tutti i miei tumulti. Peccato che in città non era facile sentirlo, ma quando mi capitava di captarlo nell'aria, il suo effetto calmante era immediato, come adesso. Prendo finalmente nella mia la mano di Tara. Sono consapevole di averla presa alla sprovvista. Era quello che volevo. Se se lo fosse aspettato, non me lo avrebbe mai permesso. "Lo senti anche tu il profumo della legna bruciata? Non ti ho mai chiesto se ti piace." Sospiro, dando voce ai miei pensieri. Lo so, lo sento il suo sguardo su di me e forse non riesce a capire che anche questa è la verità. Perché le sto rivelando i miei pensieri nello stesso istante in cui attraversano la mia mente. "Tuo padre mi ha stupito, ecco cosa pensavo. Ora ho un altro alleato." Dico sorridendo a mezza bocca. Mi giro di nuovo a guardarla e l'espressione sul suo viso è proprio quella che mi aspettavo di trovare: un sopracciglio alzato e la linea delle labbra dritta. Solo i suoi occhi la tradiscono e, quando mi ci scontro e ci affondo i miei, il mio cuore tradisce me. Ha un luccichio lontano, ma riesco a percepirlo e tanto basta per fare impazzire il mio battito cardiaco. Ed è ora che le cose si fanno difficili. Se potessi sfogare i miei istinti, adesso le mie labbra già sarebbero sulle sue, che sto guardando con insistenza. Mi mordo un labbro per resistere alla tentazione, ma credo che lei abbia interpretato questo gesto nella maniera sbagliata, perché abbassa lo sguardo e tossisce per l'imbarazzo. Assolutamente adorabile! "Si, avrei voluto baciarti, ma mi stavo frenando. Non ho intenzione di fare nulla che possa darti fastidio Tara. Tu dimmi cosa vuoi da me e io farò in modo di dartelo. Mi ci impegnerò, con tutto me stesso. Io sono la creta e tu il mio scultore. Modellami per ciò che desideri." Stranamente stringe la mia mano. Come se un impulso improvviso avesse fatto scattare un interruttore e la sua mano si è stretta attorno alla mia, con leggerezza però. Sembra quasi una carezza di rassicurazione. "Davvero credi che io voglia questo, che voglia cambiarti?" Soffia via dalla sua bocca. I suoi occhi si alzano verso i miei, lucidi ed attraversati da una leggera ombra di preoccupazione. Ma sono sempre bellissimi, dolci ed intensi. Io invece brancolo nella confusione e il fiato mi si spezza in gola prima di riuscire a pronunciare le uniche parole che hanno un senso adesso, le uniche che esprimono totalmente il mio stato d'animo, la verità che le ho promesso. "Non lo so Tara. Non so più niente ormai. Qualsiasi cosa dico è sbagliata, ogni cosa che faccio si rivela un errore. L'unica certezza che ho è che sono disposto a tutto per riavere ciò che avevamo, per riavere te." "Ciò che avevamo..." sussurra con tono ed espressione sarcastica, incurvando a metà la bocca in un mezzo sorriso che un sorriso non è. Preferisco non ribattere a questo suo amaro commento. Lo so che le sembrava tutto precario, ma in fondo lo sa quanto me che invece era tutto già meravigliosamente profondo. "Saresti un'altra persona e io non voglio. Non vorrei cambiassi ciò che mi ha fatto innamorare di te. Sii tu, sempre. Irascibile, iperattivo, arrogante e presuntuoso. Voglio ritrovare tutto ciò che di fastidioso c'è in te, perché non ho trovato mai nessuno al mondo che mi faccia imbestialire ed eccitare allo stesso momento, così come fai tu." Quando finalmente finisce di parlare mi ritrovo sorpreso da questo fiume di parole che conservava nel suo cuore, così come lo sembra lei. E sorride, imbarazzata da questa piccola rivelazione che dentro di me già immaginavo, ma sentirglielo dire è tutt'altra cosa. "Sono cambiato, come lo sei tu. Puoi dire di essere la stessa donna che eri poco meno di un anno fa? Siamo cambiati o forse abbiamo finalmente rivelato noi stessi, le nostre vere anime che si erano già scontrate all'università e poi si sono disperse nel tempo tra gli eventi e le decisioni sbagliate." "Io sono sempre stata consapevole delle mie insicurezze e delle mie paure. Quello che non sapeva di averle eri tu." Mi sorride con tenera comprensione. "Sembra che i ruoli si siano invertiti. Tu sembri molto più sicura di te e di ciò che vuoi ora e io... io non so proprio più quale sia il modo giusto per prenderti." Tra noi cala il silenzio consapevole delle nostre parole. Le nostre schiene tornano ad abbandonarsi affiancate alla spalliera e i nostri occhi a guardare il cielo davanti a noi, ma le nostre mani restano unite, sotto la coperta, intrecciate come rami bisognosi di sentire di appartenere a quell'unico albero che è la nostra storia. Mi piace questo posto e ora mi è più chiaro perché è sempre venuta qui a rifugiarsi. Avrei voluto avere anche io un angolo di paradiso dove trovare le persone che mi amano. È una bella famiglia la sua, esattamente come me l'aveva descritta.
I minuti passano e il silenzio questa volta sembra sempre più confortante. Non c'è traccia di imbarazzo e sentire solo i nostri respiri che spezzano la quiete è rappacificante. Il suo respiro diventa sempre più calmo e pesante fino a quando la sua testa sorprendentemente si appoggia pesante sulla mia spalla. Ha ceduto alla stanchezza, si è addormentata. Accanto a me, come è avvenuto tante altre volte , ma stavolta questo gesto ha un valore maggiore. Si è finalmente rilassata e ha abbassato la guardia fino a questo punto. Appoggio le mie labbra sui suoi capelli e inalo il suo dolce profumo. Mi duole doverla lasciare qui anche stasera. Oltretutto i nostri discorsi sono rimasti sospesi, senza vere risposte. Per quanto possa sentirmi più rilassato, accettato, non riesco ancora a capire a che punto siamo arrivati e cosa posso aspettarmi.
Mi sposto leggermente per alzarmi. La porterò in camera sua, la bacerò sulla fronte e silenziosamente andrò via. Apro la porta di casa e la prendo tra le mie braccia. Nel momento in cui il suo viso si appoggia sul mio petto emette un verso di compiacimento ed accenna un sorriso. La stringo più forte a me, vorrei non lasciarla andare, vorrei essere per sempre il cuscino su cui si addormenterà ogni notte. Avverrà? Non lo so, ma stasera ancora una volta dovrò tornare da solo in quella casa troppo grande ormai solo per me. Eppure, quando l'avevo scelta, mi sembrava quasi piccola. Pensavo di essermi accontentato perché avevo fretta di traslocare con tutte le mie cose. Ora, senza i suoi balli, le sue chiacchiere, le sue canzoni, mi sembra veramente troppo silenziosa. Mentre salgo le scale, sotto lo sguardo attento di suo padre, farfuglia qualcosa di incomprensibile per poi risistemare il suo viso sul mio petto. Mancano pochi minuti e dovrò salutarla di nuovo. Potrei restare qui, nella sua stanza a fissarla per tutta la notte, ma credo che i suoi genitori mi prenderebbero per pazzo, quindi non credo sia la soluzione giusta. Mary mi apre gentilmente la porta della sua stanza e poi la chiude dietro di me. Il mio cuore si fa sempre più pesante man mano che si avvicina il momento di dovermi separare da lei. La appoggio sul letto e mi soffermo a guardarla. Ha una grinza che si è formata tra le sopracciglia, come se fosse contrariata. Inevitabilmente la mia mano scivola sul suo viso per posarle un'ultima carezza prima di baciarle la fronte. E dolorosamente indietreggio per andare via. "Brandon!" La sento sussurrare con i suoi occhi ancora chiusi. Non rispondo, probabilmente sta sognando. "Brandon, rispondimi. Lo so che sei ancora qui." I suoi occhi sempre serrati e le sue labbra incurvate in un furbo sorriso. Era sveglia. Per tutto il tempo in cui è stata tra le mie braccia, era sveglia e questa scoperta mi rende euforico, felice come se fossi un ragazzino. "Dimmi." le dico piano con un enorme sorriso che irrefrenabile è comparso sul mio viso. "Siediti accanto a me per favore." Lamenta quasi in tono di preghiera. Eseguo il suo comando come se fossi preda di un incantesimo, senza nemmeno chiedermi cosa possa mai significare. Mi accomodo sul letto con il cuore che ormai sento tamburellare in petto, impazzito ed emozionato come se fossimo al primo appuntamento. In quello stesso momento Tara apre i suoi occhi. Sono piccoli ed arrossati come quelli di una bambina che è stata strappata dal sonno più profondo. "Non mi piace che devi tornare a New York. Ho paura che ti possa succedere qualcosa." Il sogno, il suo sogno, si riaffaccia alla mente e la sento fremere per un istante accanto a me. "Non ho grandi alternative. A meno che tu non voglia venire con me." Le dico provocatorio, prendendole la mano. "Non potrei mai tornare in quella casa. Mai più." Mi dice in maniera fredda e infastidita. Si siede dritta sul letto, i suoi occhi ormai totalmente aperti e dritti nei miei, quasi a sfidarmi. In questo stesso istante un lampo colpisce i miei pensieri, improvviso e fulmineo. "Lo so. Troveremo la soluzione anche per questo. Lo capisci che non deve essere per forza una lotta tra noi, che non voglio una battaglia? E credo di sapere cosa devo fare ora. Ti fidi di me?" La testa di Tara si inclina interrogativa e curiosa, ma tutt'altro che sospettosa. Beh, lo ritengo un buon passo! "Non ti dirò nulla, ma l'importante è che tu ti fida." Le chiedo di nuovo. Annuisce immediatamente con un accennato sorriso. Potrei leggere quasi una punta di entusiasmo in quei piccoli occhi smeraldo. Le bacio la mano e accenno ad alzarmi ma è lei a trattenermi, tirandomi per quella stessa mano che ancora è intrecciata alla sua. I nostri visi sono ormai vicini, i suoi occhi emettono quella luce che conosco troppo bene e percorrono tutto il mio viso fino a fermarsi sulla mia bocca. Mi sta invitando o mi sta mettendo alla prova? Sono titubante e ho il timore che, sbagliando la mia prossima mossa, potrei perdere la sua fiducia per sempre. Scuote la testa su e giù per indicarmi la direzione giusta, il mio naso ormai sfiora il suo e i miei occhi scivolano sulla sua bocca schiusa. Un attimo ancora di esitazione e la sua mano scorre tra i miei capelli per avvicinare i nostri visi e colmarne la distanza. È una collisione, un'esplosione stellare, come essere risucchiati nel dolce vortice di un buco nero dove si perde totalmente la percezione del tempo, dello spazio, della dimensione. Ho desiderato questo bacio per così tanto tempo che quasi disperavo di poterlo raggiungere ed invece ora le sue morbide labbra sono impresse sulle mie. Calde, dolci. Esattamente come le avevo custodite nella mia memoria. Un bacio a stampo che non riesco a portare oltre questo limite, né lei accenna a volerlo e sono felice di questa nostra comune scelta. È come se stessimo marchiando a fuoco sulle nostre bocche il nostro amore, senza implicazioni sessuali o quel nostro desiderio che è stato così pericolosamente fuorviante. Le sue dita ancorate possessivamente ai miei capelli mi trattengono, mi impediscono di allontanarmi e io non potrei essere in nessun altro posto diverso da questo, in questo turbine infinito di emozioni e sentimenti che solo con lei riesco a provare.
Quando le nostre bocche si staccano sento il brivido dell'emozione scorrere dietro la mia schiena sentendo il suo respiro sul mio viso, le nostre fronti che si toccano e le sue labbra disegnate in un sincero sorriso, finalmente rilassato. "Aspetterò di sapere che sei arrivato salvo a casa prima di riaddormentarmi." Mi dice corrucciata. "Non ce ne sarebbe alcun bisogno, ma te lo consento perché mi fa piacere sentirti ancora." La mia mano scorre piano sui suoi capelli lisci e setosi, ancora più lucidi in questo ultimo periodo. "Che farai nel frattempo" le chiedo sfiorandole la guancia, percorrendo ogni angolo del suo viso. "Penserò a te e a quello che hai in serbo per me. Mi fido, nonostante la mia razionalità mi stia incitando a non farlo, nonostante, lucidamente, ti direi che dovrei stare lontana da te, io mi fido. Non tradire mai più questa mia fiducia, Brandon. Potrei morirne, perché lo strappo che ho sentito nel mio cuore è stato così violento e profondo che non potrebbe mai più essere ricucito se accadesse di nuovo." I suoi occhi si inumidiscono, segno che sta ripercorrendo emotivamente tutto il dolore che le ho causato. "Non pensare troppo. C'è il rischio che tu possa cambiare idea!" Ma so che non lo farà questa volta, altrimenti non mi avrebbe incoraggiato a baciarla. Le poggio un nuovo, piccolo bacio sulla punta della bocca, soffermandomi per un attimo, consapevole che il momento di salutarci per stasera è sempre più prossimo. "Tara noi andiamo a dormire" la voce di Mary fuori la porta, infatti, interrompe questo momento così difficile. La separazione è qualcosa che nessuno dei due è in grado di accettare con leggerezza ora e nessun momento sembra essere quello giusto. Mi alzo dal letto con ancora le nostre mani unite. Mi chino un istante per appoggiarci un bacio e stacco dolorosamente questo contatto che rappresenta la nostra rinascita. È un dolore fisico, che mi piega dentro le viscere, mi strappa da questa parte così radicata in me che è Tara. Osservo questa camera per cercare un modo per non soffrire ulteriormente, per staccare il mio stato di insofferenza da quello che vedo anche negli occhi di Tara. Entrare qui dentro è stato come attraversare la porta di una macchina del tempo. Tutto esprime la sua personalità e tutto rispecchia lei e ciò che è stata la sua storia. La carta da parati è ancora quella originale di quando era adolescente, con fiori rosa e lilla con lo sfondo grigio chiaro. Ogni oggetto o foto ha un significato e un peso ben preciso nella sua vita. Mi ha descritto questa stanza tante volte, ma solo essere immerso tra queste mura ha reso realmente l'idea di ciò che intendeva. Sulla scrivania c'è il suo libro preferito, Romeo e Giulietta. E poi i sonetti di Shakespeare di cui, alcuni, ne conosce a memoria i versi. Ha sempre amato leggerlo e rileggerlo e si rammaricava che negli ultimi anni non l'aveva fatto quanto avrebbe voluto, perché il libro era qui e non a New York o perché non aveva tempo. Erano tutte scuse, aveva confessato. Aveva ammesso che, ogni volta che rileggeva un qualsiasi verso d'amore, il suo pensiero si ripiegava su di me e le sofferenze attraversate e, quindi, aveva deciso che quel libro stava bene in questa stanza, rinchiuso insieme alle sue delusioni. Accarezzo le copertine di quei libri e rivolgo un ultimo sguardo a lei che mi osserva in silenzio, le sopracciglia leggermente incurvate dalla preoccupazione. "Stai tranquilla." Le dico per rassicurarla prima di attraversare la porta, quando sento la sua voce alle mie spalle che mi risponde "Chiamami quando sei arrivato, ma non lo fare da casa... Dalla macchina, si! Chiamami dalla macchina. Non mi piace immaginarti in quel posto." Mi dice poi soddisfatta di aver pensato qualcosa che a lei sembra geniale, mentre a me fa solo tanta rabbia e anche immensa tenerezza.
Le idee si fanno sempre più chiare nella mia mente mentre mi dirigo alla macchina per tornare a New York. In una casa i cui muri mi stanno stretti e, anche se mi risvegliano tanti bei ricordi, più di tutto risvegliano in me tanto dolore. Entrando scorgo la busta col regalo di Natale. Stasera non c'è stata l'occasione. Era inappropriato darglielo, ma presto, molto presto, ci sarà il modo. Il mio tatuaggio richiama la mia attenzione con il suo classico formicolio. Ho avuto la giusta idea, quella che sistemerà definitivamente le cose.
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Osservo Brandon allontanarsi verso la macchina. Il mio cuore sta vivendo talmente tante emozioni che potrei dire di ritenermi soddisfatta per tutto il resto della mia vita. Lo guardo mentre è fermo accanto alla sua auto. Osserva la mia finestra con sguardo malinconico e mi fa un cenno leggero con la mano prima di aprire lo sportello dell'auto. Non posso crederci che è successo davvero, che ho ceduto ancora una volta, che ho mandato all'aria tutto quello che mi ero ripromessa in queste ultime settimane. Eppure, mi sembra l'unica cosa giusta che potessi fare. Era giusto per il nostro bambino, ma, senza troppa ipocrisia, dico che era giusto per noi, per me. È giusto prendersi il rischio di soffrire ancora se questo significa vivere altri attimi di felicità insieme, momenti che rimarranno eternamente impressi nella memoria. Una piccola lacrima improvvisamente mi scende sul viso. Racchiude in sé tutto il dolore e la gioia che in questi ultimi giorni ho vissuto, partendo da quel maledetto pomeriggio fino a quest'ultimo bacio di cui ancora sento il marchio sulle labbra. Privo di desiderio carnale, senza ombra di lussuria, ma colmo di speranza, amore, rispetto, promesse. Sento che siamo entrambi sulla buona strada. Io sono disposta a rischiare quanto lui è disposto a mettersi in gioco. Abbiamo entrambi qualcosa da perdere e tutto da guadagnarci in questo nuovo equilibrio.
Sospiro contro il vetro della finestra mentre i fari della Porsche si accendono. Contemporaneamente una macchina poco distante abbaglia la strada con i suoi fari e parte improvvisamente, stridendo rumorosamente le ruote sull'asfalto. Un sobbalzo scuote il mio corpo. Il vetro è appannato dal mio respiro e non riesco a vedere di chi possa essere l'auto. Ci conosciamo tutti nel vicinato e, nonostante il vetro in queste condizioni, l'avrei riconosciuta comunque. Sarà stata di qualche amico matto di Mitzi, la figlia dei nostri vicini. E' in piena fase adolescenziale ribelle e frequenta un gruppo di ragazzi piuttosto irrequieti. Magari era un suo amico che pensava di fare lo spiritoso. Per fortuna è andato via e Brandon parte solo adesso per andare a casa. Ma mi rimane comunque quel senso d'inquietudine che quel rumore ha provocato. Il sogno è risuonato di nuovo nella mia mente. Il rumore acuto di lamiere e pneumatici che si contorcono. La sensazione di angoscia che mi ha strozzato il fiato in gola, come se qualcuno mi stesse tenendo le mani strette attorno al collo. Il cuore accelera i suoi battiti man mano che i ricordi e le sensazioni riaffiorano nella mia memoria insieme alla sensazione e alla paura che il destino non si può beffare, altrimenti, poi, ci riserva sorprese ancora peggiori. Ho paura, d'improvviso ne provo davvero tanta. Una sorta di presentimento che qualcosa possa andare storto. Respira Tara. Calma Tara. Respira, respira lentamente. Non fa bene al bambino e calmati, perché questi sono solo gli ormoni che ti provocano sbalzi di umore.

Il tempo sembra non passare mai. Secondi e minuti si susseguono sul display di questo cellulare che non si illumina diversamente. Mi accontenterei anche di un messaggio che mi tranquillizzi. Ma lui come potrebbe sapere ciò che si è affollato nella mia testa nel momento in cui è entrato in quella macchina? Per fortuna non lo sa. Chissà, forse si preoccuperebbe per me, che l'ansia potrebbe far male al nostro bambino, o forse mi prenderebbe in giro per sdrammatizzare.
30 minuti esatti ora. Contati uno per uno. A quest'ora non c'è traffico per cui a momenti mi chiamerà e io potrò andare a dormire tranquilla. Ho il fiato corto e l'ansia che di nuovo sale prepotente in superficie. Lo chiamo io? No, si distrarrebbe e sarebbe peggio. Chiama cazzo, chiama! Forse sto esagerando se dopo 35 minuti ancora non mi ha chiamata? 35, Quasi 36...
I secondi si rincorrono veloci e il trentasettesimo minuto sta per scoccare. Ed ecco che l'attesa si arricchisce di un nuovo numero. Mi viene da ridere, ma di un riso isterico. Avrei dovuto prendere una camomilla, mi avrebbe aiutato a trascorrere il tempo, a distrarmi e soprattutto a calmarmi. Esagero sempre troppo e ora quel nuovo minuto che è appena scattato mi fa innervosire. Decido di andare in cucina per quella camomilla. Apro la porta della camera stringendo nella mia mano quel maledetto dispositivo che secondo me ha un orologio troppo luminoso. Dovrebbero farli meno evidenti, mettono davvero troppa ansia. Mi avvicino alle scale quando una voce alle mie spalle mi chiama. Mio padre, il mr. cupido della serata, mi si avvicina con sguardo preoccupato "Non riesci a dormire? Ti senti bene?" Mi accarezza il viso come quando ero bambina. "Volevo solo una camomilla papà." Protesto per questa sua preoccupazione. "Già, sei una donna ormai. Stai per diventare madre... ma hai una testa dura, bambina mia, che la metà basterebbe!" Mi dice con scherno. Non riesco a reagire a questa sua frase. Lo so che racchiude tutto il suo amore. D'altronde il nostro rapporto non è stato mai tanto espansivo. Si è sempre limitato a conversazioni di questo tipo, con frasi sottintese e prese in giro che dicono solo la verità. E a me è andata sempre bene così. Annuisco consapevole di quello che mi vorrebbe dire ma non è nella sua natura esprimere con troppe parole. Gli accarezzo un braccio e provo ad avviarmi verso la cucina ma il mio telefono inaspettatamente squilla. Quel maledetto orologio su quel dannato display finalmente viene rimpiazzato dalla foto e dal nome di Brandon e tutta la mia ansia ora si scioglie in un abbraccio a mio padre, che viene preso alla sprovvista da questa mia reazione. Mi allontano verso la mia stanza mentre scorro il dito sul display per rispondere, lasciando un uomo, il mio papà, in piedi ad osservarmi sorpreso. "Sei arrivato?" Chiedo mentre sto per chiudere la porta, ma il mio sguardo è catturato da mio padre, ancora fermo lì, che forse si aspettava qualcosa in più stasera da parte mia. Senza sentire la risposta di Brandon decido che quel qualcosa forse mio padre lo merita. "Aspetta un attimo Brandon." Senza chiudere la telefonata richiamo mio padre che sta per andare di nuovo a letto "grazie papà!" Il grande Geoffrey gira la testa all'indietro, sulla sua spalla, e mi guarda con occhi lucidi ed il sorriso soddisfatto di chi sa di aver fatto la cosa giusta. Sarà un bravo nonno, così come è un bravo papà.
"Ce ne hai messo di tempo a capire che era la cosa giusta da fare. Più di 40 minuti!" La voce di Brandon commenta sarcastica ciò che ho appena fatto, ma io non ci bado. Mi interessa solo sapere che sta bene. "Ci hai messo tanto anche tu ad arrivare a casa!" "Eri preoccupata?" "Quanto basta." mento. "Lo immaginavo. Ho sentito la sgommata di quella macchina prima che partissi da Riverdale. Pensa che ha agitato anche me." Non riesco a capire se sta facendo sul serio o è un modo per sminuire ciò che è accaduto, ma la risposta arriva subito, condita dal suo tono serio. "Dico sul serio Tara. Quella macchina aveva un comportamento strano. Me la sono ritrovata davanti lungo la strada e poi mi ha seguito fin sotto casa. Ora sembra essersi dileguata, ma è stato strano. È andata alla mia andatura per tutto il tragitto: se aumentavo la velocità, lo stesso faceva quella macchina, così come se rallentavo. Non mi sono preoccupato, ma l'ho trovato veramente strano... veramente... strano." Scandisce le ultime parole pensieroso, come se stesse ripercorrendo nella sua testa tutto il tragitto e gli eventi fin sotto casa sua. "Hey, stai bene però?" Interrompo i suoi pensieri. "Si certo. Non potrei stare meglio stasera. Ora vado a dormire. Ti posso chiamare domani? È sabato e..." mi chiede timoroso, lasciando la frase incompleta. Colpa mia che l'ho trattato veramente male, ma posso rimediare "Chiamami tutte le volte che vuoi, anche di notte." rido libera mentre glielo dico. Si, libera di poterglielo concedere, libera di provare ciò che provo, libera di amare l'unico uomo che mi fa arrabbiare e preoccupare e ridere e piangere. "Wow! Un gran balzo in avanti dal <<Non chiamarmi più>>, sono commosso!" Ride anche lui. Ridiamo insieme, come due stupidi, al telefono. Una risata liberatoria, piena di significati che solo noi possiamo sapere, piena di tutto quel tempo sprecato che purtroppo non possiamo riportare indietro, della nostra storia fatta di lunghe separazioni e negazioni. Ora è tutto chiaro ad entrambi, non ci sono dubbi, né ostacoli. Solo noi e il nostro futuro che già si è creato e siamo più forti ora, più consapevoli, più maturi e più innamorati di sempre

Nota dell'autrice:
Allora, chi si aspettava questo colpo di scena da parte del padre di Tara?
Contenti della nuova piega degli eventi?
Bene... Ma non adagiatevi troppo!

Che dite, me la sono meritata una stellina!? Su, non siate avari ❤️
Grazie
TY

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