36 | Non sei la mia piccola Ronnie

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CAPITOLO 36
Non sei la mia piccola Ronnie

https://www.youtube.com/watch?v=s-YtTNZM42Q

Davanti allo specchio del bagno della mia stanza guardo il mio riflesso. Occhi marroni insignificanti, sopracciglia un po' folte, naso tirato leggermente all'insù come lo aveva mamma. Qualche vaga traccia di lentiggini sul setto nasale e sulle guance... e poi i capelli lunghi, capelli che ormai paiono sfiorare il mio fondoschiena, capelli con cui Logan giocava spesso dicendo che li ho come quelli delle principesse Disney.
Il solo pensiero mi fa sorridere di poco.

Mi guardo un'ultima volta. Faccio un bel respiro e abbasso la testa verso il lavabo bagnando i capelli. Assorbo l'acqua in eccesso con un asciugamano, li pettino e poi li lego con un elastico.
Infine afferro il paio di forbici.
Mi guardo ancora una volta prima di afferrare la coda e tagliarla con solo quattro movimenti. Quando finisco guardo i centimetri color ebano nella mia mano e li butto nel cestino del bagno, poi sollevo gli occhi verso il mio riflesso.
Adesso mi arrivano appena sotto il mento.
Con attenzione taglio le ciocche frontali in modo obliquo e scalo le doppie punte.
Il lavandino bianco pian piano si riempie di ciocche marroni.

Li asciugo con il phon, uso la piastra per sistemare le punte e non appena finisco mi guardo allo specchio. Adesso va meglio.

La sigaretta tra le dita, gli occhi stanchi e rossi che mi scrutano, inclino di poco la testa e sorrido lievemente nell'angolo della bocca.
Mi piace il modo in cui mi stanno e come alcune ciocche ricadono sulla mia fronte in modo confuso. Le scompiglio con la mano, facendone andare alcune sugli occhi e poggio le mani sul bordo della lavandino.
Mi mordo un labbro staccando la pelle secca fino al sangue e passo la lingua sopra di esso.

Qualcuno bussa alla mia porta.

Aggrotto inevitabilmente la fronte, esco dal bagno lasciando la luce accesa e con la sigaretta raggiungo la porta d'ingresso, aprendola.
Occhi scuri, capelli raccolti, alcune ciocche che scappano via dall'elastico.
Logan punta gli occhi su di me, corruccia le sopracciglia davanti il mio nuovo taglio e poi le pupille scivolano in basso, sul crop top nero che indosso, gli slip dello stesso colore e nient'altro.

«Ti sei perso?» chiedo con un sorriso rifilandogli una sua vecchia battuta che mi fece tempo fa, quando mi sono fatta tre ore di viaggio in taxi per cercare di capire dove fosse finito. Mi appoggio di spalla contro lo stipite della porta e tiro un fumo dalla sigaretta.
Qualcuno passa alle sue spalle, rallenta il passo di colpo alla mia vista. Logan lo nota e in automatico fa un rapido movimento e si mette davanti a me, nascondendomi con la sua stazza.

«Ronnie, ma che cazzo...?» mi spinge con una mano dentro e chiude immediatamente la porta alle sue spalle. Rido lievemente e raggiungo la scrivania sotto i suoi occhi che mi osservano in silenzio. Afferro la bottiglia di birra, mi siedo sulla sedia girevole, accavallo le gambe nude e ne bevo un sorso.
«Sei venuto per dirmi qualcosa?»
«Ti vuoi mettere qualcosa addosso?» replica però lui indicandomi con una mano.
Scuoto la testa. «Perché?»
«Sei ubriaca?»
«No» rispondo e indico la mano destra. «E questa è una sigaretta normale.»
«E allora copriti con qualcosa.»
«Sono nella mia stanza da letto, sto come mi pare. Mi vuoi dire che ci fai qui?» chiedo poggiando la bottiglia sulla scrivania e rimanendo con solo la sigaretta da cui tiro un altro fumo osservandolo in attesa che parli.

Lui, invece, raggiunge il mio armadio, tira fuori una t-shirt XXL di qualche fandom e viene da me, buttandomela addosso.
«Copriti subito» ordina con gli occhi fissi nei miei. È tremendamente serio e questa situazione è a dir poco esilarante.
«Ti metto a disagio?» ridacchio divertita.
Lui resta in silenzio, chiude gli occhi e tira un profondo respiro. Con lo sguardo basso si massaggia nervosamente il setto nasale.
«Vuoi metterti quella maglietta, per favore?» mi fa senza guardarmi più.
Il tono che gli esce è così autoritario che mi lascia perplessa. Sospiro e alla fine lo faccio. Non appena finisco spalanco le braccia.
«Contento?» sollevo le sopracciglia.

Logan finalmente torna con lo sguardo su di me.
«Ma sei normale? Come ti salta in testa di aprire in quel modo? E se fosse stato il rettore dell'Università?»
«Alle undici di sera?» rido alzandomi in piedi e andando verso il bagno, spengo la lampadina e chiudo la porta.
«Ma che... che diavolo hai adesso?»
«Niente» dico girandomi, torno alla scrivania, mi metto seduta e poggio un gomito sulla superficie in legno, il palmo a reggere il viso.
Sul suo viso appare una smorfia di disappunto.
«Allora... me lo dici perché sei qui o no?» gli rifaccio nuovamente la domanda e riprendo la birra che lui si avvicina e mi strappa dalla mano.
«Dovresti dormire a quest'ora, non ubriacarti» dice raggiungendo il bagno. Lo fisso scocciata mentre la versa nel lavabo.
«Una birra non mi fa niente. Come sei esagerato...» sbuffo e prendo a giocare sulla sedia girevole.
Lo vedo buttare la bottiglia nel cestino accanto la scrivania, in piedi davanti a me mi fissa dall'alto, quindi sono obbligata ad alzare il mento per vedergli quella espressione di pura delusione stampata in faccia.

«Che hai fatto ai capelli?» chiede subito dopo. Mi passo in automatico una mano sotto la nuca, afferrando qualche ciocca.
«Ti piacciono?» ammicco con un sorriso.
Non risponde. Metto il gomito sul bracciolo della sedia e aspetto qualcosa da parte sua, forse qualche battuta, dopotutto era lui quello a stuzzicarmi mesi fa.
Ora che sono io a farlo, mi aspetto che lui faccia lo stesso.

«Perché li hai tagliati?»
Alzo le spalle con noncuranza. «Volevo cambiare un po' e poi qui fa sempre caldo» dico riferendomi a San Francisco.
«Dovevo chiederti il permesso per farlo?» alzo le sopracciglia.

Lui, con le sopracciglia aggrottate, mi fissa senza dire altro.
«Non ti piaccio così?» gli sorrido. «Sto meglio, non credi?»
Lo indico. «Tu li hai lasciati crescere, io li ho tagliati, che importanza ha?» caccio un cenno di risata per poi mollargli una lunga occhiata prima di afferrarlo con una mano per la cintura che porta ai jeans e lo tirarlo con uno strattone vicino a me.

Lui sbarra gli occhi, colto completamente di sprovvista, fa per allontanarsi ma lo fermo, avvolgendo le mie gambe intorno alle sue e bloccandolo tra le mie cosce.
«Stai scappando da qualche parte?» chiedo guardandolo dal basso con un sorrisetto a labbra chiuse.
«Che stai facendo?» chiede e la voce gli si incrina di poco.
«Ci ho pensato...» prendo a parlare con fare vago. Lentamente gli slaccio la cintura, lui abbassa le sue mani sulle mie e cerca di fermarmi. «E rispetto a tutte le altre volte in cui non mi ricordavo niente, questa volta mi ricordo invece tutto. Ogni singola cosa. Hai detto che mi vuoi» confesso guardandolo intensamente negli occhi. «E hai anche detto "domani ne riparliamo" no?»
Mi alzo in piedi e lo spingo di spalle contro la scrivania, intrappolandolo senza modo per fuggire da alcuna parte.
«Allora parliamo» dico.
I miei occhi nei suoi, il mio petto a contatto col suo e le mie mani che gli slacciano la cintura. Si alzano lungo i suoi fianchi, sfiorano con le dita la pelle sotto la maglietta che si solleva di poco e lo sento chiaramente il modo in cui sussulta sotto il mio tocco.
«Non sei in te. E ora allontanati» dice ma tutta la sicurezza di prima è scemata, scomparsa nel nulla. Lo guardo intensamente.
«Sono sobria, Cisco» gli dico sincera. «Avevo pensato di fare tutto questo domani, ma tu ti sei presentato qui da me... quindi perché aspettare ancora?» sorrido. Alzo le mani sotto il suo sguardo confuso, afferro l'anello che porto all'anulare della mano sinistra e lo sfilo via.
Mi fissa confuso. Non capisce.
Alzo l'anello tra noi due, gli do un'ultima occhiata e lo appoggio sulla scrivania, per poi guardare lui.

Mi avvicino rapidamente al suo viso, sfiorando le sue labbra con le mie.
«Ora togliti i vestiti» ordino e mi allontano quando basta per gustarmi la sua reazione. La mascella serrata, il respiro pesante. Lo vedo deglutire a fatica.
«Perché stasera ti voglio scopare» aggiungo scrutandolo col cuore che mi aumenta in quarta la velocità. La carne mi va a fuoco, ogni singola particella di me è un incendio senza eguali.
Non ho bisogno di una risposta da parte sua. Poggio le mani sul suo viso e chiudo lentamente gli occhi mentre la mia bocca va sulla sua.
Le mie labbra si poggiano finalmente sulle sue e mi lascio andare al suo sapore che tanto ho desiderato. Non so nemmeno quante volte, troppe, questo è certo. Ma mi son sempre detta che non posso rovinare la nostra amicizia per una piccola cotta, ma Logan non è affatto una piccola cotta, ora lo so, e non è nemmeno solo attrazione sessuale. Non è come quello che c'era tra Adrien e me. Questo è diverso e stasera io lo voglio più dello stesso ossigeno.
Muovo la bocca sulla sua, mi inebrio di lui, una mano gli spinge la testa ancora di più verso di me, l'altra è sul suo fianco dove le dita premono e lo tengono fermo mentre la mia intimità sfrega con la sua e mi sento andare a fuoco ancora di più.

Improvvisamente delle mani si poggiano sulle mie braccia e mi staccano dalla sua bocca, spingendomi via.
Con la bocca impastata ancora dal suo sapore, lo guardo confusa.
«Io no, invece» dice con una voce talmente piatta da lasciarmi di stucco. Aggrotto inevitabilmente le sopracciglia.
«Cosa?» chiedo.
Ora quella ad essere presa di sprovvista sono io.

Logan si allontana da me, raggiunge la porta e si volta un'ultima volta, mollandomi una strana espressione che non gli ho mai visto in faccia. Mi fissa a lungo in silenzio per poi passarsi una mano sulla bocca e asciugandosi il labbro inferiore con le dita.
«Quella ad essersi persa sei tu.»

Mi libero in un sorriso a labbra chiuse, non capendo il senso delle sue parole.

«Non so che ti prende, se è solo una fase o se è questo il tuo modo per reagire a quello che è successo a Seattle, ma ti sei persa. Perché questa non sei tu. Chiunque tu sia...» fa una pausa e scuote leggermente la testa con delusione. «Non sei la mia piccola Ronnie. Non più.»
Sorride lievemente con tristezza e se ne va, chiudendo la porta alle sue spalle. Porta che fisso con sconcerto, incredula, del tutto... incredula.

Sono appena stata rifiutata da Logan Price?

Resto inebetita per un paio di secondi che paiono infiniti, e d'un tratto incazzata raggiungo la porta e la apro, puntando lo sguardo in lontananza dove scorgo le spalle di Logan. Mi avvicino a lui.
«Ma di che cazzo parli adesso?!» gli ringhio contro afferrandolo per una spalla e lo spingo contro la parete, talmente forte che sulla sua faccia dipinge una smorfia. Solo dopo realizzo di averlo sbattuto contro la spalla lussata e che, anche se guarita, lui sta facendo ancora fisioterapia.
Sbarro gli occhi per qualche frazione di secondo.

La mia rabbia però è troppa, tanto che lascio perdere completamente la sua situazione del cazzo e inietto le mie pupille nelle sue.
Rido senza poterlo evitare.
«Mi spieghi qual è il cazzo di problema che ti affligge così tanto? Insomma, non volevi portarmi a letto da tempo? Ecco, adesso lo voglio anche io, quindi qual è il problema adesso?» chiedo con un falso sorriso a labbra serrate con tanto di tono garbato, e il nervoso a fior di pelle, i denti stretti al massimo.
«Lasciami andare» risponde lui e cerca di togliersi la mano che ho sul suo petto e l'altra sulla sua spalla, mano che gliela stringe di più.
«No.» Sibilo. «Cos'è? Non ti piaccio più adesso?» scuoto la testa non capendo veramente quel cavolo che sta succedendo tra noi due.
«Mi stai facendo male» dice a denti stretti.
Mi allargo in un sorriso sornione e mi avvicino al suo viso.
«Cosa ti attraeva di me? Eh?» chiedo sul serio confusa. «Il modo in cui mi correvi dietro come un cagnolino quando io avevo disperatamente bisogno di una spalla su cui piangere? Ti piaceva vedermi sola e indifesa? Proteggermi? Farmi da scudo perché io non riuscivo a farlo da sola? Volevi essere il mio cazzo di eroe che mi salvava all'ultimo? Vuoi sentirti importante e ora che non ho più bisogno di tutte queste cose non ti interesso più?» chiedo a raffica, una domanda dietro all'altra, rafforzando sempre di più la stretta sulla sua spalla incurante di qualunque piccolo dolore lui possa soffrire. Non mi interessa.

«Io non dovevo fare niente, perciò non so di che diavolo stai parlando. È tutto nella tua testa.»

Faccio una smorfia contrariata.
«E ora come sono? Cos'è cambiato?» chiedo scuotendo la testa.
Logan serra gli occhi, evidentemente sofferente, ma cerca di ignorare la presa sulla sua spalla.
«Io ti amavo, Ronnie» risponde e il mio cuore crolla a pezzi, almeno quel poco che mi era rimasto. «Ti ho amato anche quando ho detto che mi sarebbe passata e l'ho continuato a fare anche a Seattle. Sono andato con te perché ti amavo.»

Lentamente la presa sulla sua spalla si allenta finché la mia mano non si stacca. Faccio un passo indietro, terrorizzata di colpo dalle sue parole che non mi aspettavo per niente.
Logan fa una smorfia di dolore poggiando la mano sulla spalla per poi guardarmi. Caccia un sospiro e si stacca dalla parete. Mi guarda ancora per qualche istante per poi abbassare lo sguardo per terra e liberarsi in un piccolo sorriso ricolmo di amarezza. Quando riporta le pupille nelle mie, i suoi occhi brillano copiosamente.

«Ti amavo» annuisce da solo. «Ma la persona che amavo non c'è più ora e stasera ne ho avuto la prova definitiva.»
«Non me l'hai mai detto» replico contrariata riferendomi alla prima parte, a quelle due parole, mentre inizia a mancarmi il respiro.

«Non dovevo dirtelo» ribatte. «Io ho provato a mostrartelo in ogni modo possibile perché le parole sono facili da dire, ma i fatti sono ben altro. Per te...» si ferma, fa un passo e mi punta un dito contro il petto. «Ho lasciato la mia famiglia durante Natale. Mi sono fatto più di tremila chilometri di viaggio e poi ne ho fatti altri a Capodanno per esserti vicino perché non potevo lasciarti da sol-»
«Non te l'ho mai chiesto» controbatto, interrompendolo.
Logan si ferma a guardarmi per alcuni istanti, mi toglie via il dito e indietreggia.

«Non dovevi chiederlo» scuote la testa. «L'ho fatto perché sentivo che era giusto e a me bastava così... anche se mi volevi come un semplice amico. L'ho accettato. Me lo sono fatto andare bene. Sai, a Seattle credevo davvero che qualcosa tra noi due fosse cambiato e che tu ci avessi ripensato e che finalmente avessi il coraggio per fare quello che non avevi affatto.»

Aggrotto le sopracciglia.
«Il coraggio per fare cosa?»
Logan esita.
«La sera prima della festa da Teresa... a casa mia eri ubriaca fradicia e mi avevi detto di amarmi» sorride con tristezza e imbarazzo. Si porta una mano sul viso mentre io lo fisso ad occhi sbarrati.

Non era un sogno?
Credevo che fosse... un sogno.

«Dicesti che tu non mi meriti perché mi hai portato solo problemi nella vita e che io devo rimanere fuori dalla tua lista di errori» si allontana di qualche passo.
«Ma forse non avrei dovuto prendere niente sul serio, dopotutto erano le parole di una ragazza ubriaca, no? Ma ci ho creduto per un attimo e... niente» alza le mani in aria, rilasciandole lungo i fianchi con un sospiro. «Sono stato un vero coglione.»

«Dici di amarmi ma usi il passato...» osservo confusa, il respiro irregolare.
Logan annuisce.
«Io non ti conosco» risponde lasciandomi di sasso. «Non conosco chi sei adesso. La Ronnie che conoscevo non... mi avrebbe mai fatto quello che hai fatto tu poco fa. Lei mi ha protetto, più di una volta e io...» una lacrima gli scende sul viso e la scaccia via sorridendo con tristezza. «Adoravo la sua gentilezza, la sua dolcezza, forse a volte era un po' testarda e dava di matto, ma la adoravo... Quindi...» prende un profondo respiro.
«Credo che sia meglio finirla qua.»

Smetto di respirare di colpo. Non ho il coraggio di parlare.
«Addio» dice asciugandosi il viso dalle lacrime. «E questa volta non metterò più in pausa niente, questo è un vero addio, definitivo.»

Brividi mi attraversano ogni particella di carne. Ma che... cosa sta succedendo? Non lo capisco. Qualunque cosa sia sta succedendo troppo rapidamente e non riesco a fermarla, a controllarla, io...

«Spero solo che magari un giorno riuscirai a tornare in te. Mi fa male...» fa un'altra pausa e ispira profondamente, «... lasciarti andare così... ma io sono stanco di correrti dietro, davvero. Sono stanco e per la persona che ora sei non ne vale più la pena» mi osserva dalla testa ai piedi in un modo che mi strugge lentamente, che mi stringe il cuore in una morsa violenta e brutale.

Fa per andarsene ma ritorna indietro subito.
«Quasi dimenticavo...» si schiarisce la voce e mi si avvicina. Afferra qualcosa dalla tasca posteriore dei jeans e me lo porge. Abbasso gli occhi.
Il ciondolo di mia madre.

«L'avevi perso a casa di Kim. Ho pensato che lo rivolessi, era di tua madre, no?»
Alzo una mano e lui lo lascia cadere sul mio palmo senza sfiorarmi nemmeno per sbaglio.
«Per questo ero venuto da te» conclude e mi volta le spalle, andando via.
Resto ferma, nel corridoio, in mano la collana di mamma che non mi ero nemmeno resa conto di non avere più al collo...

***

Angolo autrice
E niente.
Non so che dire perché sto piangendo. Logan, mio piccolo amore...

Comunque rega non so se lo avete notato, ma... non vi sembra famigliare questa situazione? No, non parlo di quella volta in spiaggia quando Logan le aveva detto che fosse innamorato di lei, ma di Ronnie ed Adrien.

Ronnie è uscita col cuore a pezzi dopo che lui è cambiato.
Logan è uscito col cuore a pezzi dopo che Ronnie è cambiata.

Beh... penso proprio che lei sia diventata tutto ciò che odiava di più e da questo non so se troverà un modo per risalire a galla, soprattutto senza Logan al suo fianco.

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