24 | Ora tu sei qui

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CAPITOLO 24
Ora tu sei qui

Non so nemmeno per quanto tempo rimango così, a cavalcioni sulle sue cosce, con lui al mio petto, non ne ho idea ma so solo che d'un tratto le sue mani si alzano e si posano su di me e quando succede, lo stringo di più.
Mi abbraccia e si abbandona nell'incavo del mio collo, mentre i fuochi d'artificio continuano imperterriti.
Ad un certo punto mi allontano di poco, abbasso gli occhi e lo guardo, afferrandogli il viso tra le mani.
Lui sbatte le ciglia, mi fissa mi silenzio. Porto una mano sul suo petto, sul cuore.
Chiudo per un istante gli occhi e appoggio la fronte contro la sua scoprendo finalmente che batte regolarmente, un po' forse veloce, ma non più all'impazzata, il che è... una buona cosa, no?

Allontano il viso da suo e alzo un dito, consapevole che non possa sentirmi. Quindi prendo il cellulare, scorro tra i vari brani e trovo finalmente la canzone, premo play su Just Dance di Lady Gaga.

Afferro le sue mani, le intreccio nelle mie e le muovo a ritmo. Nicholas alla fine ride lievemente e scuote la testa.
Muovo la testa, le spalle e le nostre mani cantando i versi e facendolo sorridere. Non mi rendo nemmeno conto quando i fuochi d'artificio terminano e allora gli tolgo gli auricolari. Vicino a noi solo la musica che suona a casa di Ethan e nient'altro fortunatamente.

Nicholas si limita solo a guardarmi.
«Ti porto via da qui» dico e tiro un profondo respiro. «E guido io... ma prima vado a cercare le chiavi della tua auto in casa e se qualcuno se l'è prese, lo scaravento contro una centrale nucleare e gli faccio esplodere il culo» gli dico seria.
Con un sorriso appena accennato, mi tiro su, controllo le mie tasche, tiro fuori il pacchetto di sigaretta, ne accendo una, faccio due tiri sotto il suo sguardo che mi fissa. Caccio il fumo e mi abbasso, ficcandogliela tra le labbra.
«Non mi interessa se non fumi perché fai palestra e bla bla bla. Tira qualche fumo, calmati e stai tranquillo. Ora scompaio per qualche istante, ma torno, ti prendo e ti riporto a casa, okay?» mi rialzo, guardo la casa di Ethan e tiro un altro sospiro.
«Se ti hanno rubato la chiavi, giuro che stasera spacco la faccia a qualcuno» dico a denti stretti legando frettolosamente i capelli con l'elastico che ho al polso e mi indirizzo dentro.

Se avessi avuto quelle cazzo di chiavi, adesso lui sarebbe stato dentro all'auto.
Lo uccido quel figlio di puttana che le ha prese.

Alla fine, dopo qualche minuto di ricerca, esco fuori. Nicholas è in piedi e appoggiato al cofano ha tra le mani il mio cellulare.
Non appena gli sono vicina e mi nota, alzo una mano e sblocco gli sportelli della sua auto col pulsante del portachiavi e gli faccio cenno di salire al posto del passeggero mentre io salgo davanti lo sterzo.
Accendo il quadro elettrico, metto in moto, tiro un po' più avanti il sedile e raddrizzo lo specchietto retrovisore per poi mettere la prima di marcia e abbassare di stazionamento. Faccio inversione con fare seccato, tanto che le ruote stridono contro l'asfalto.

«Mi erano cadute?»
Finalmente sento la sua voce. Mi giro un secondo e lo guardo.
«Certo e sono magicamente finite nella tasca di un tizio» replico.
Lui aggrotta la fronte.
«Che hai fatto?» chiede dopo alcuni istanti di silenzio.
Alzo semplicemente la mano destra, mostrandogli il dorso con le nocche sbucciate e poi la abbasso sul cambio di marce, scalo e mi infilo della corsia di accelerazione, controllo negli specchietti laterali e mi immetto nella statale a sei corsie, tre per entrambi i sensi di marcia.
Infine riporto la mano destra sullo sterzo, il gomito del braccio sinistro lo poggio sulla portiera e sprofondo di spalle contro il sedile mentre le macchine sfrecciano accanto a me e alcune mi sorpassano.

È notte ormai. Non era così che pensavo di trascorrere la mia domenica francamente parlando. Domani a lavoro pretendendo delle scuse da Ethan perché stasera mi ha fatto passare un inferno.
«Che c'è?» chiedo d'un tratto. Sento il suo sguardo addosso da un po'.
«Niente» dice.
Con gli occhi sulla strada. Mi volto per un secondo. «Come stai?» gli chiedo.
«Bene.»
Annuisco. «Bene.»
«Quello che è success-» cerca di dire lui improvvisamente nervoso, ma lo interrompo.
«Non è successo niente» mi volto rapidamente e lo guardo, sembra preoccupato. «Io non ricordo niente. Tu ricordi qualcosa?»

Nicholas mi guarda e annuisce.
«Ma se...» faccio una breve pausa lanciandogli un'occhiata fugace. «... quel niente, che non è assolutamente successo, dovesse essere in realtà un gran bel niente... anche io so ascoltare» dico sperando che abbia capito.

A lui che piace tanto parlare delle sue cose, questa volta però tace.

«Non avresti mai dovuto vedermi così» lo sento dopo interminabili secondi di silenzio, dal tono di voce sembra quasi come se fosse incazzato con se stesso.

La mano sinistra preme sulla spia di destra e accosto sulla banchina di emergenza.
«Che stai facendo?»
Tiro su il freno a mano e lo guardo.
«Perché?» chiedo a mia volta.
Nicholas indica la strada.
«Potresti ripartire?»
«No.»
La mia risposta lo lascia visibilmente di sasso.
«Perché non avrei mai dovuto?»
«Riparti» ordina nonostante tutto, ma io non mi muovo affatto.
«Ronnie, per favore, potresti ripartire?» chiede questa voce con un tono più pacato.
Mi tolgo la cintura e mi giro completamente verso di lui che sembra in difficoltà.
«Perché non avrei dovuto?» gli rifaccio la stessa domanda, ma Nicholas questa volta non risponde come fa sempre. Si chiude in se stesso e sposta lo sguardo da me a davanti, oltre il parabrezza.

«È per il tuo lavoro?» chiedo cercando di beccare la risposta.
«Io sono idoneo e quello che è successo non cambia niente, perché sono idoneo e posso fare il mio lavoro» risponde in uno strano modo, come a convincere di più se stesso che me.
«E allora cos'è?» ritento la domanda che sta ignorando.
«Potresti ripartire?» si gira di scatto indicandomi con un cenno la strada.
«Mi vuoi rispondere?»
Silenzio.
«Nicholas...» lo chiamo a me. «Che c'è che non va? Sei strano da quando ti ho detto di entrare dentro la casa di Ethan, avevi il battito accelerato in un modo spaventoso. Quindi cosa c'è?»
Lui sembra impallidire.
«Mi hai controllato il battito?» chiede con uno sbuffo di risata con fare incredulo. Sembra terribilmente infastidito e non capisco... ma perché reagisce così? Non era lui quello che diceva sempre la verità perché per lui la verità è importante?

«Ora puoi ripartire?» chiede di nuovo, serio. Spaventosamente serio.
«No.»
«Riparti, ho detto» sibila a denti stretti.
«No» ripeto reggendo il suo sguardo senza demordere. Nicholas scatta d'improvviso e si slaccia seccato la cintura. «E allora scendi» asserisce tutto d'un tratto lasciandomi a dir poco spiazzata.

«Scendi. Questa è la mia auto, quindi scendi e fallo subito» ordina, ma non mi muovo.
Lo vedo aprire lo sportello di getto, fa il giro della macchina e poi apre quello mio.
«Scendi.»
Ispiro profondamente e mi tolgo la cintura. Con i nervi a fior di pelle, faccio come dice, chiudo lo sportello e lo guardo diritto negli occhi, sostenendo il suo sguardo che pare tanto incazzato ma... non lo è.
È questo il punto.
So riconoscere bene la rabbia, l'ho provata sulla mia stessa pelle per tantissimo tempo e quella rabbia mi ha fatto fare cose che non avrei mai voluto, ma in lui succede qualcosa di ben diverso che non è assolutamente rabbia.

«Ora che vuoi fare?» gli chiedo. Lui mi spinge di lato e fa per aprire la portiera per salire a bordo ma si ferma di scatto.
Le macchine, intanto, sfrecciano accanto a noi a tutta velocità sollevando qualche sbuffo d'aria mentre il vento serale mi scompiglia le ciocche uscite dal nodo dell'elastico.

Passano diversi secondi, secondi in cui non si muove. Tiro un forte respiro e gli poggio la mano sul braccio. Lui si gira, punta lo sguardo prima in basso e poi lo solleva. La mia mano sale fino al suo viso e i miei occhi si incastrano nei suoi.
Mi avvicino lentamente, mi alzo sulle punte dei piedi e lo tiro a me, circondandogli il collo con le braccia, sento il suo viso nell'incavo del mio e rabbrividisco copiosamente soprattutto quando mi stringe a lui.

Rimaniamo così. In piedi accanto alla sua auto, su un'area di sosta di emergenza mentre le macchine sfrecciano e il vento tira piano.
«Va tutto bene, Nick» dico vicino al suo orecchio. «Ora tu sei qui. Non in quel posto, non tra quella gente. Tu sei qui, a San Francisco, vicino alla tua auto e con me.»

Lui non è arrabbiato perché quello che prova è semplice paura.
Ecco cos'è successo a casa di Ethan. Lui si è pietrificato dalla paura.

La registrazione a casa sua gira a ripetizione nella mia testa. La bomba, l'esplosione, il bambino colpito dal proiettile che gli muore tra le braccia. È solo una piccola parte di quello che è successo, non oso immaginare cosa sia accaduto subito dopo. C'era una data su quel DVD. Era risalente al novembre dell'anno scorso.
Cos'ha fatto per metà anno prima di farsi accettare nel Corpo di Polizia?
E cosa gli è successo in quella che pare la sua ultima missione in Afghanistan? Che gli hanno fatto?

«Sei tornato lì» dico sovrappensiero. «Per alcuni minuti tu sei tornato lì e ti sei disconnesso. Io ti parlavo e tu non c'eri.»
Nicholas resta in silenzio.
«Ma è tutto okay perché ora...» allungo una mano e gli accarezzo i capelli. «Tu sei qui» dico. «Sei a San Francisco, vicino a un'auto, la tua auto, e sei qui con me. Non c'è nient'altro. E nessuno può farti del male e né ferire le persone intorno a te perché sei qui... con me» faccio una breve pausa. «Ora...» mi allontano leggermente quanto basta per guardarlo in viso, «andiamo a mangiare qualcosa perché ho una fame tremenda, uh? Che ne dici?» gli sorrido lievemente. Nicholas mi fissa, sembra assente, ma alla fine annuisce.

E lo guardo. Finisco solo col guardarlo. Immersa nei suoi occhi col cuore che mi batte, con lenti e sismici battiti da togliere il fiato.
Le pupille si abbassano sulle sue labbra e ci restano per parecchi istanti mentre dentro vacillo fin alle ossa.

«Ora torna al tuo posto» dico svegliandomi di colpo da qualunque cosa sia successa e mi allontano.
Nicholas aggrotta leggermente le sopracciglia e una lieve ombra di sorriso gli appare in viso.
«È un ordine?»
Sorrido. «Dai, fila dentro la macchina» gli faccio cenno con la testa.
Lui mi manda un'ultima occhiata e annuisce.

***

Dopo quaranta minuti di viaggio in macchina finalmente arriviamo al suo appartamento. Lui va al bagno per farsi una doccia, io invece raggiungo il frigorifero, tiro fuori dei pomodorini e prendo il necessario per della pasta semplice che so fare. Non è tanto, ma sto morendo di fame. Perciò mi metto e taglio pomodorini sul tagliere, butto a bollire degli spaghetti e nel frattempo faccio il sugo, muovendo la padella per mescolarlo.

Improvvisamente delle mani mi sfiorano i fianchi. I miei polmoni si comprimono tanto quanto il suo petto che aderisce alle mie spalle.
China la testa nell'incavo del mio collo e mi bacia la spalla. Rabbrividisco.
«No, Nicholas... aspett-» mi interrompo di scatto quando lo rifà, ancora una volta e un'altra ancora salendo sul mio collo. Le corde vocali mi si stringono come di conseguenza. Chiudo gli occhi per qualche istante.
«No, no, no... aspetta, io s-sto cercando di cucinare e...» ispiro profondamente e scariche elettriche si propagano lungo ogni terminale nervoso quando mi sfiora con la lingua.
«H-ho fame, devo cucinare perciò... fermati, devi-»
«Ho fame anch'io» sussurra e stringe il mio corpo nelle sue mani, mi attira di più a lui e lo sento contro il mio fondoschiena. Duro, che spinge. Il respiro mi trema, brividi mi percuotono ogni muscolo e l'intimità mi pulsa di colpo avvolta in fiamme che mi divampano dall'interno.
«A-allora mangiamo...»
«Uh, uh.»
«Nicholas...» cerco di lamentarmi e farlo smettere ma lui continua e il desiderio si fa largo tra le mie gambe.
«Il s-sugo... me lo fai... me lo stai facendo bruciare» biascico chiudendo di nuovo gli occhi non appena una mano scivola sotto i miei slip.
Cazzo...

Poggio la mia sul suo avambraccio per fermarlo, ma anziché riuscirci mi lascio scappare un ansimo di piacere.
Mi fa girare e gli finisco sotto lo sguardo. Il petto nudo, addosso solo un asciugamano. Mi fissa mentre continua a muovere le dita su di me e si avvicina, spingendomi contro il fornello.
«I-il sugo...» mormoro a fatica deglutendo. La mano libera si avvicina a me, spegne il fornello e poi sale sul mio corpo, lo sfiora facendomi andare in un incendio senza precedenti fin quando non raggiunge il mio collo, che afferra e solleva di più il mento mentre io lo guardo ad occhi socchiusi. Avvicina il suo viso e torna a lasciarmi una scia di baci là dove aveva iniziato.
Con una mano contro il banco da cucina del fornello e una sul suo braccio, mi lascio sfuggire un gemito.

Mi afferra d'improvviso e d'istinto allaccio le braccia intorno al suo collo. I miei piedi si staccano dal pavimento e le gambe finiscono intorno ai suoi fianchi.

Un battito di ciglia e sono di spalle contro il letto, lui sopra di me mentre entra ed esce, mentre gemo sincronizzata alle spinte, mentre aumenta ancora di più e la mia schiena si incarca, rabbrividisco e sussulto. Mi lamento e la sua mano mi tappa in automatico la bocca. I miei occhi si sgranano.
La stringe forte quasi togliendomi del tutto il respiro e si china, mi stuzzica il collo, l'orecchio, e stringe con violenza il mio fianco.
Le mie mani sulle sue spalle mi tengono stretta a lui mentre le unghie sono infilzate nella sua carne e le mie gambe lo stringono ancora di più, volendo di più.
La mano sul mio fianco scende e al culmine del piacere esce via da me, lo afferra in mano e lo poggia sulla clitoride.
Mi si mozza il fiato. È rovente, brucia tanto è caldo. Mi accarezza, su e giù e movimenti circolare mentre alza la testa e inietta le sue iridi nelle mie.
Lo fa scivolare in basso sulle grandi labbra, ci gioca mentre io sto divampando dal bisogno che torni dentro di me. Col respiro affannato, il cuore che batte a mille, chiudo gli occhi e muovo il bacino, mi muovo al suo stesso ritmo.
Con la punta scivola ed ed entra un po', solo per farmi mandare fuori di testa perché risale, mi stuzzica ancora nel lungo più sensibile finché non irrigidisco i muscoli e le mie unghie non affondano ancora di più nelle sue spalle quando una scarica elettrica mi attraversa la carne.

È allora che ritorna, che lo spinge con forza, che gemo di piacere, che si muove tanto rapidamente e con prepotenza, che rafforza la stretta sulla mia bocca per farmi tacere affondando la mia testa nel materasso tra le coperte.
Molla la testa accanto alla mia non spezzando il ritmo che ha preso. Stringo di più le gambe intorno a lui non appena un'altra scarica mi attraversa e rabbrividisco tanto forte da lacrimare.
Gemo contro il suo palmo e lui fa lo stesso accanto al mio orecchio facendo trasalire il mio cuore che batte a mille.
Viene insieme a me e rallenta copiosamente. Entra ed esce ancora un paio di volte prima di allontanarsi, sfilare il preservativo e guardarmi.
Di spalle sul letto, nuda, i capelli sudati, tremolante e scossa per quello che mi ha fatto, mi guarda mentre il mio petto si alza e abbassa a fatica.
Si china sul letto, mi sfiora la coscia, sale fino alle grandi labbra che mi pulsano ancora con violenza. Infila due dita dentro togliendomi il respiro, le muove mentre avvicina il viso al mio e non appena sulle mie labbra, toglie le dita le avvicina alla sua bocca. Deglutisco.
Se le mette dentro sotto i miei occhi che lo fissano sbarrati e in silenzio. Le assapora e le infila nella mia bocca socchiusa.
I suoi occhi che mi guardano nella penombra della stanza, illuminati dalla luce che viene dal soggiorno... è una sensazione talmente rovente da mozzarmi il fiato.

«Hai detto niente baci sulla bocca...» sussurra sul mio viso, le sue dita che portano il mio sapore e quello della sua saliva. «Ma non hai detto no a questo» sorride con soddisfazione.

Oh, cazzo...

Mi toglie via le dita facendole strusciare lentamente sul mio labbro inferiore, china la testa e mi lascia una scia di baci sulla clavicola che mi fanno rabbrividire. Poi mi guarda.

«Ora... vai a lavarti mentre io riprendo il tuo sugo al pomodoro... e vedo un po' che hai combinato» dice con fare divertito. «Se è buono, ti preparo un piccolo dessert al volo.»
«Sai fare i dessert?» gli chiedo stupita.
Lui annuisce con un sorriso a dir poco equivoco. «So fare parecchie cose...»

***

Angolo autrice
Mhm va bene, sta iniziando a piacere questa cosa del scrivere scene spinte 👀🔥
E niente, Nicholas è... uff, vabbè lasciamo perdere perché non ci sono abbastanza aggettivi ahahaha

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