28 | Ogni cosa

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CAPITOLO 28
Ogni cosa

«Perché non hai paura di me?» gli chiedo tutto d'un non capendo.
Nicholas caccia un mezzo sorriso.
«Paura di cosa?» fa confuso.
Esito. «Sono... un disastro, io prendo e distruggo tutto quello che ho intorno e... non so che fare della mia vita e sono stata una alcolizzata, i-io... fumavo anche erba... ho provato ad uccidermi una volta e non ci sono riuscita perché Ethan dice che sono svenuta perché troppo ubriaca, i-io... io» io non respiro. Ho il fiato corto.

«Tu...» fa lui asciugandomi il viso e portando alcune ciocche dietro all'orecchio. «Hai solo bisogno di amare un po' di più te stessa.»
«Non c'è niente da amare, Nick... non c'è niente» abbasso gli occhi che si annebbiano ancora di più. «Non h-ho niente che sia un pregio, non ho niente da offrire, non ho niente... e quando gli altri mi vedono veramente, mi vedono per ciò che sono scappano via. L-loro se ne vanno... se ne vanno tutti... sempre.»
Le lacrime scivolano, scendono sul mio viso, sul mio mento.
«La mia famiglia, mio padre, il mio ragazzo... se ne sono andati tutti. Ho solo Ethan che...» ispiro pesantemente. «Un giorno si stuferà del mio carattere di merda e... e se ne andrà anche lui» tiro su col naso mentre arranco aria a fatica.
«I-io non ho nessuno» singhiozzo. «Non ho... non ho n-nessuno, non h-ho nessuno perché nessuno vuole a... a che fare con me... quando loro scoprono q-quello che sono... se ne vanno.»

Sollevo gli occhi e tiro su col naso. Lo guardo e rido lievemente, forse mi darà della pazza ma fa niente. L'ha già fatto una volta, che differenza sarà un'altra volta?

«T-tu... tu invece perché diavolo mi vuoi dentro casa tua all'una di notte? Non lo vedi o forse non ti ho dato già diversi motivi per farti capire che sono un problema? Che dovresti starmi alla larga, c-che non so... c'è qualcosa che non va in me?»

Nicholas toglie le mani e si tira indietro.
Mi fissa per alcuni istanti in silenzio.
«Sarà forse perché ho visto tantissimo di quel male che... riconosco il bene in una persona.»

Scuoto inevitabilmente la testa ridendo contrariata. Non c'è nessuna briciola di bene in me.
Io sono tossica. Sono fottutamente tossica per chiunque. Io entro nelle vite degli altri e le distruggo, le mando in rovina.

«E sarà anche perché ci assomigliamo.»
Resto di stucco.

«Tu? Che mi assomigli?» alzo le sopracciglia. «No, no, no, no, no. Tu sei gentile, composto, determinato — lo indico — e... sei sempre così... pronto ad aiutare chi ha bisogno...»

Lui ride lievemente lasciandomi più confusa. Scuote la testa, si alza, si sporge sul bancone e prende la sua birra per poi tornare seduto. Se la porta alla bocca e ne prende un sorso.
«Dici questo solo perché hai conosciuto Nick e non Nicholas» mi fa lievemente divertito.
Cosa?

«Con gli altri sono un gran pezzo di merda» ride in uno strano modo, quasi diabolico, e poggia la birra accanto a sé. «Ignoro tutti e se qualcuno mi rivolge parola poi non me la rivolge più. Io vado diritto sulla mia strada, è molto semplice. Non ho tempo per futili distrazioni.»
Lo guardo con confusione ma alla fine torno sulle mie parole, le stesse.
«Dovresti... dovresti starmi alla larga, tu dovresti avere paura di me.»
«Perché dovrei aver paura di qualcuno che mi assomiglia?»
«Solo perché abbiamo un passato di merda questo non ci rende uguali» replico contrariata indicandoci.

Lui fa una smorfia, sembra di una opinione completamente diversa. Raggiunge il bancone da lavoro, toglie il riso e riprende a fare le sue cose mentre io lo guardo in silenzio ancora stordita per la conversione avuta.
«Vieni qui» mi fa d'un tratto facendomi segno con la mano. Aggrotto inevitabilmente la fronte.
«Vieni.»

Caccio un sospiro, mi asciugo le ultime lacrime e faccio il giro dell'isola affiancandolo. Prende due spicchi d'aglio e li poggia sul tagliere.
«Avanti» mi fa cenno con la testa. Do un'occhiata all'aglio e poi di nuovo a lui.
«Che devo fare?» chiedo non capendo.
Nicholas mi guarda con una faccia del tipo "stai scherzando, vero?".
Va alle mie spalle, afferra le mie mani, un coltello, preme il mio palmo sulla lama e spiaccica lo spicchio.
«Ora mi dai una mano d'aiuto così finiamo prima, mangi e poi vieni con me a dormire — mi giro inevitabilmente — perché devo svegliarmi presto, ho il turno alle sei di mattino questa settimana» spiega e gli finisco sotto il viso.
«Tu... vuoi che io faccia cosa?» quasi non balbetto.
Nicholas annuisce.
«Ti fai una doccia e poi vieni e dormi con me.»

Il cuore prende a battermi troppo tutto d'un tratto.
«Noi non facciamo queste cose» gli faccio ben notare.
«Cosa?» sorride.
«Non dormiamo semplicemente insieme, anzi io non dormo affatto con te» replico. Nicholas ride lievemente. «Perché ti metti dall'altro lato del letto e fai quella strana barriera di cuscini tra di noi?»

Lo guardo male.
«Non voglio svegliarmi con te che fai quelle cose tipo... abbracciarmi» dico con aria disgustata e faccio per girarmi e tornare al tagliere, ma si spinge contro di me e finisco di fondoschiena contro il bancone.
«Tu abbracci la gente solo quando sta male, eh?» ridacchia e le scene di noi due a casa di Ethan e nell'aria di sosta di emergenza tornano con prepotenza.
«So essere gentile... a volte» rispondo in tono neutra.
«Mi piace quando sei gentile» alza un angolo della bocca e mi spinge ancora di più contro il bancone alle mie spalle. I miei polmoni d'un tratto smettono di ispirare aria. «Quando una persona così fredda e distaccata come te mostra un piccolo momento di gentilezza, quel piccolo momento dice tante cose, sai?»
Alzo un sopracciglio.
«E sarebbe?»
«Che vuoi fare stare meglio chi hai davanti perché non vuoi vederlo soffrire come hai sofferto tu... in solitudine.»

Poggia i suoi occhi nei miei e resto... senza parole questa volta perché mi ha letto come un cazzo di libro aperto e questo mi dà dannatamente fastidio.

«Ma io rispetterò ugualmente la tua scelta, quindi costruisci pure la tua barriera insormontabile, — caccia un cenno di risata — basta solo che dormi qui, con me così se dai di matto e vorrai andare e ricadere nella dipendenza potrò afferrarti e buttarti di nuovo nel letto.»

«Non ci riusciresti» controbatto riducendo gli occhi in due fessure. Nicholas regge il mio sguardo di sfida senza demordere.
«Mettimi alla prova» avvicina il suo viso al mio e mi scruta gli occhi con uno strano modo che mi fa vacillare dentro, nel profondo. Va oltre alla semplice provocazione il suo sguardo, è prepotente, è fuoco, brace che scotta.
«Dovremmo fare una vera sfida di combattimento...» fa d'un tratto sovrappensiero.
Aggrotto la fronte.
«Cosa...?» quasi non scoppio a ridere.
Lui annuisce con una determinazione disarmante.
«Quello che mi hai fatto l'ultima volta è stato imprevisto, non me lo aspettavo per niente, ma adesso che lo so...» avvicina ancora il viso. «Voglio vedere di cosa sei capace» dice sulle mie labbra.
«Tu vuoi picchiarti con una ragazza ventenne di cinquantaquattro chili e più bassa di te?» gli chiedo incredula.
Ma che diavolo gli passa per la testa? È d'improvviso tutto impazzito?

Nicholas china il viso, scende con le labbra sul mio collo e io rabbrividisco di colpo.
Oh, cazzo.
Alza una mano, mi afferra per i capelli dietro la nuca e mi solleva il mento mentre la sua lingua percorre la mia carne ora rovente sotto il suo tocco. I miei polmoni si stringono.
Raggiunge il mio orecchio e trasalisco appena quando mi stuzzica il lobo. Poi si stacca e inietta le sue iridi nelle mie.
«L'idea di farlo è più eccitante del sesso stesso.»

Oh, cazzo.
Deglutisco a fatica.
Quand'è che la situazione si è ribaltata in questo modo? Fino a pochi secondi fa mi stavo demoralizzando in uno stato talmente deplorabile da far schifo, a piangermi addosso, e adesso succede questo. Come siamo arrivati a questo punto? Quando diavolo è successo?

«Non parto svantaggiata?» gli chiedo quindi per farlo ragionare. Lui in tutta risposta ride e che risata... mio Dio. Una risata così bassa e roca da mandare in fiamme il mio corpo, far sussultare ogni fibra di carne, farla pulsare tanto da sentire brividi di piacere lungo ogni terminare nervoso.

«Oh... Ronnie, ma tu sei un ninja o te lo sei forse dimenticato?»
Già, le parole di Kieran.
«E poi voglio vedere se dopo avermi battuto mi afferri in quel modo come hai fatto con mio fratello» spinge di più il petto contro di me e quasi non ansimo. Riesco a rimandarlo indietro.

Tiro su un sorriso di confusione, ma in realtà la mia mente prende a viaggiare in altri posti, in scene dove io gli sto sopra e mi muovo su di lui e il solo pensarlo mi provoca un brivido di piacere tra le gambe. Non sono venuta qui per questo, anzi non so nemmeno perché l'ho fatto, ma l'intenzione era tutto fuorché lasciarmi toccare da lui o... toccarlo.

«Vuoi che ti prenda per il viso? Sei serio?» chiedo di nuovo spaesata come non mai.

Nicholas annuisce.
«Non l'ho già fatto?» provo a ricordarglielo, soprattutto perché dopo la mia mano è scivolata sul suo collo che ho stretto tanto da mozzargli quasi del tutto il fiato mentre si muoveva dentro di me e la sua mano stringeva i miei capelli come adesso, ma decisamente con più forza.

«Mai dopo avermi spaccato la faccia.»
Resto a fissarlo inebetita.

Nicholas Bailey Reed è matto.

E io... ho il battito cardiaco così accelerato che a tratti il mio cuore sta per scappare via dal mio corpo, sfondando la gabbia toracica.

«E dopo... che dovrei fare?» chiedo col respiro pesante e l'adrenalina che mi sta scorrendo come lava nelle vene, incendiando il mio corpo, ogni atomo, ogni particella. Lui mi sorride in un modo a dir poco equivoco, illegale, peccaminoso.

Lui è il peccato.
Lui è la fottuta incarnazione del Peccato.

«Mi fai quello che vuoi.»
Un'ondata di calore mi attraversa ogni singola fibra di carne.

«Ogni cosa?» chiedo fissandolo come ipnotizzata.
Lui annuisce e punta le pupille per un frangente sulle mie labbra.
«Ogni cosa» ripete sulla mia bocca talmente vicina alla sua che... per un istante ci penso, sul serio ci penso ad annullare ogni centimetro rimasto e... no. Non posso.
Niente baci sulla bocca, niente roba del genere, niente che possa istaurare un rapporto.

La sua mano che scivola sulla mia coscia mi fa rabbrividire di colpo.
«Ora... dovremmo tornare a prepararti qualcosa da mangiare» fa non smettendo di salire in un modo così lento da rendermi il respiro una vera e propria missione impossibile. Si muove ancora e ancora, e non riesco a bloccarlo.
«S-sì... noi sì, hai... hai ragione, dovremmo t-tornare subito e finire... devo pulire l'aglio e...» balbetto stordita.
«Devi... devi pulire l'aglio...» mormora e trasalisco quando le dita finiscono sopra i miei slip.

«Torniamo... a cucinare» ansimo sotto i suoi polpastrelli che fanno movimenti circolari sulla clitoride.
«Sì... noi adesso... torniamo subito a cucinare» sussurra, le dita di alzano, si infilano nell'elastico degli slip e toccano la mia pelle bollente, che pulsa come non mai.
«E... e allora f-facciamol-» provo a dire ma mi si mozza il fiato. Due dita entrano dentro di me e trasalisco tanto da afferrare con violenza lo spigolo del bancone dietro di me con una mano, l'altra invece il suo braccio in cui premo tanto da conficcargli le unghie nella carne.
«Uh, uh... noi lo facciamo» sussurra e scende con la bocca sul mio collo.
«Dobbiamo... farlo a-adesso, è... è tardi e tu fra q-quttro ore vai a lavoro» cerco di ricordarlo a entrambi ma gemo pericolosamente subito dopo che spinge di più le dita, le affonda e mi toglie il fiato.
«Posso... darmi malato» dice sul mio collo che continua a baciare, scende con la bocca sulla mia spalla e me la morde, e gemo di nuovo.
«N-non devi... non dev-» mi blocco di stacco. «Oh, mio Dio...» sussulto non appena inizia a muovere le dita così velocemente che stringo con forza lo spigolo del bancone e il suo braccio. Mi aggrappo a lui e sollevo una gamba intorno al suo fianco per averne di più, facilitargli il lavoro e avere di più... voglio di più.

«Non devi... Nick.. v-vai a... a lavorare... t-tu vai a lavorare» ansimo contro la sua spalla, premo la bocca sulla sua pelle e cerco di bloccare i gemiti. Le grandi labbra pulsano, gonfie e bagnate, le sue dita si muovono con profondi affondi che mi mandano il cervello completamente in tilt. Gli occhi già socchiusi per il piacere si spengono del tutto. La mano dal suo braccio sale e gli cinge il collo attirandolo a me di più mentre la sua bocca mi bacia, la lingua mi lecca, i denti mi mordono e io trasalisco percorsa di mille scariche elettriche.
«H-hai detto... hai detto che...» mi fermo di getto quando esce da me e prende ad accarezzarmi la clitoride. Schiudo di più la bocca contro la sua spalla e caccio indietro un gemito. La mano che mi regge i capelli si sposta e mi afferra il mento, Nicholas si allontana quando basta per guardarmi in viso.

«Ti voglio sentire» mormora facendomi battere il cuore all'impazzata. Con gli occhi lunatici di piacere e le labbra socchiuse, ricambio lo sguardo e il suo ha qualcosa di talmente rovente che brucia le mie difese e mi ribalta ogni molecola del corpo.

«C-cosa?» chiedo col respiro che mi trema.
Le sue dita riprendono improvvisamente a muoversi e sotto i suoi occhi che mi fissano, schiudo di più le labbra ansimando pericolosamente.
Avvicina il suo viso al mio, la mano che mi regge fermo il mento, e mi morde.
Cazzo.
Mi morde così forte per la spalla e aumenta la velocità con cui muove le dita che inarco la schiena di piacere, conficco le unghie sotto la sua nuca e gemo. Un gemito che si incrina non appena ficca le dita dentro di me e io sussulto. Fanno su e giù così rapidamente che mi dimentico come si respira, sento solo il battito cardiaco pulsare nelle tempie, le cosce sudate, il diaframma che si alza e si abbassa compulsivamente.
«H... Hai d-detto che... che avremmo s-solo dormito insieme...» riesco finalmente a dire tra gli ansimi. Nicholas in tutta risposta toglie le dita, mi afferra in braccio e mi porta in stanza da letto.

Col sangue che mi bolle nelle vene a tremila gradi Celsius e di spalle sul materasso, lo guardo che prende una bustina, la strappa e viene verso di me.
«Tu vuoi solo dormire?» chiede vicino al mio viso. Deglutisco.
«No.»

È la mia voce, già rotta, che si rompe ulteriormente. Nicholas sorride, si china, afferra il lembi della mia gonna e me la sfila via, fa lo stesso con tutto il restante finché non rimango in reggiseno e slip.
Si china sul letto, solleva una mia gamba, ne bacia l'interno coscia, sale di più e si china di più. Mi lecca l'inguine, la pancia e segue la linea del centro di torace con la lingua. Vado in fiamme.
Mi slaccia il reggiseno e lo lancia lontano. Cerca di fare lo stesso con i slip.
D'improvviso aggrotto la fronte.
Abbasso gli occhi e lui solleva di poco la testa, mi guarda, guarda la mia biancheria intima e ride.
«Ma quanto sono attillati?»
Inutile dire che scoppio a ridere e mi copro il viso con una mano per l'imbarazzo.
Imbarazzo che si trasforma subito in io che lo guardo sbigottita quando afferra gli slip e letteralmente li strappa per poi stringerli in un pugno e lanciarmeli contro, in faccia.
Lo sento ridere tanto che mi porto il dorso della mano sugli occhi.

«Ora mi devi un paio di mutande» gli dico cercando di darmi un contegno.
«Anche dieci. Le compriamo insieme» replica e mi solleva la gamba e me la morde per poi guardarmi. «E compriamo anche altro» solleva le sopracciglia con un sorrisetto beffardo stampato sulle labbra.
E mi lascia senza fiato quando mi rendo conto di quello che sta parlando. Si solleva, va al suo armadio prende qualcosa e torna da me che lo aspetto confusa. Mette tra i denti una cravatta e mi prende per sotto le ascelle, tirandomi vicino alla testiera del letto.
In silenzio lo fisso col battito a mille. Afferra i miei polsi, li lega sopra la mia testa con la cravatta e poi pianta i suoi occhi nei miei.
«Che... che vuoi fare?» gli chiedo boccheggiando spaesata.
Nicholas mi guarda per alcuni istanti mentre fa strisciare le dita sul mio petto fino al mio fianco che afferra.
«La vera domanda è... cosa non voglio fare.»

Oh, cazzo...

Si sfila i pantaloni, prende un cuscino e lo mette sotto il mio fondoschiena. Si infila tra le mie gambe, ne alza una appoggiandola sul petto e lo prende in mano e lo fa strusciare sulla mia intimità. Ansimo come di conseguenza e chiudo gli occhi.
«Dovevamo... cucinare, Nick» gli ricordo o forse lo ricordo ad entrambi.
Mi irrigidisco di colpo quando lo affonda dentro di me con un movimento così lento tanto da farmelo sentire millimetro per millimetro. Caldo, duro... mi allarga fino in fondo. Gemo e schiudo leggermente gli occhi.
«Cuciniamo dopo» mormora ansimando mentre entra ed esce lentamente. Mi si spezza il fiato tanto è bello quando ansima. Lo guardo e mi perdo nei suoi occhi che mi fissano dall'alto.
«P... perché mi hai legata?» chiedo tremante dal piacere. Lui sorride ed entra con forza dentro di me. Un lamento scappa dalla mia bocca.
«Ti mostro quello che voglio che tu mi faccia.»

Merda.

Si spinge, entra ed esce così rapidamente con violenti e irruenti colpi che mi manda in cortocircuito il cervello. Gemo, ansimo, mi contorco e sussulto copiosamente. Brividi di piacere raggiungono le dita dei piedi.
«V-vuoi che... ti leghi?» balbetto.
Lui mi tira di più verso di lui e si china su di me, mollando la mia gamba accanto al suo fianco.

«Voglio...» prende a dire sulla mia bocca, ansimando mentre continua a muoversi dentro di me. «... che tu» infila una mano sotto la mia testa e mi afferra per i capelli. «... mi faccia tuo.»
Stringe e la mia schiena si inarca sotto le sue spinte e la mia lucidità collassa, si spegne complemente.

***

Angolo autrice
*Coff coff*
Bene... molto sì beh da surriscaldamento globale.
A proposito da voi che temperatura fa? Da me si muore male. Fa caldo, il vento che tira è torrido, l'asfalto mi squaglia le scarpe a momenti e ho 300 euro di bolletta della luce perché uso il ventilatore senza alcuna pausa.

Greve.

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