29 | Al destino non sfuggi

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CAPITOLO 29
Al destino non sfuggi

https://www.youtube.com/watch?v=A3TKxux17ZA

Il palmo intorno all'acceleratore, il casco che sferza l'aria, il rombo del motore e il corpo piegato in avanti mentre mi infilo tra le auto con movimenti fluidi, spostando il baricentro da destra a sinistra. Con le pupille piazzate davanti sguscio via dal tunnel e finisco sotto il cielo notturno di San Francisco. Lampioni intorno, l'oceano alla mia sinistra. La concessionaria di Santa Barbara è ormai lontana, non c'è più.

Ci sono solo io che mi muovo nel traffico serale in sella alla Kawasaki Ninja nera con qualche traccia di verde che spicca tra le macchine come una fiamma notturna, affilata come una lama.
Ethan nella sua Audi è rimasto talmente indietro che ormai non lo scorgo più da diversi minuti. Scalo dai centoquaranta chilometri orari e raggiungo i novanta, rallentando quando mi avvicino all'uscita dell'autostrada. Scalo ancora e mi infilo nella corsia a di decelerazione, do la precedenza allo stop e mi infilo nella statale che porta lungo la costa con destinazione casa.

È sabato sera e finalmente dopo mesi, tra documenti e soldi spesi, sono andata a prendere la moto dopo che Ethan mi ha dato un passaggio, poi una volta che gli sono salita in sella, il casco nero in testa e i guanti nelle mani me la sono filata via sfidando le leggi della velocità.
Devo ancora comprarmi una giacca in pelle, ma c'è tempo. Per adesso basta la felpa con cappuccio che ho indosso e nonostante i bermuda si sta benissimo. L'aria calda e autunnale di San Francisco lo permette.

Alla fine faccio una piccola pausa e mi fermo a una stazione del gas, spengo il motore e do un'occhiata al cellulare controllando i messaggi di Ethan che dicono: "Sei ancora viva? Ti sei schiantata contro su Plutone?"

Rido non potendo farne a meno e gli scrivo rapidamente.
"Prima uscita Skyline Boulevard, stazione gas Pacific Ave."
Premo invio e il messaggio viene visualizzato subito.

Resto quindi sulla moto in attesa di vederlo. Mi aveva detto che doveva andare al bagno, quindi meglio che svuoti la vescica così mi risparmio una sua solita scenata su come io non gli dia mai tempo per fare niente perché sono una rompicoglioni che vuole tutto subito e che non ha una briciola di pazienza.
E non credo di potergli dare torto.
Da quando ho smesso con l'erba e l'alcol la mia fase di chilling è finita del tutto. Adesso devo occuparmi il tempo sempre in un qualche modo perché se resto ferma la noia si fa largo e il mio corpo chiede qualcosa con cui bloccarla, e non vuole una semplice sigaretta di tabacco e nicotina.
Quindi più ho la mente occupata e minore è il rischio di inciampare e ricadere in un qualche vizio.

Scorro i reals di Instagram cercando di distrarmi e muovo la testa sotto il casco a ritmo di Honey Trees di Kendrick Lamar, sparata a mille in loop nelle orecchie grazie agli auricolari bluetooth.
Col telefono fra le mani prendo a ballare scuotendo le spalle e muovendo le mani mentre alcune persone entrano nella stazione per fare rifornimento.

Alzo il viso per qualche istante. Davanti al viso mi passa una macchina nera, dietro una moto ed entrambe vanno verso la pompa di benzina.

Subito dopo finalmente vedo l'Audi di Ethan. Alzo di conseguenza una mano mentre lui entra e sosta davanti a me.
Col telefono in mano e Sugar Daddy di Qveen Herby nelle orecchie, scendo dalla moto e raggiungo l'auto mentre lui esce e mi dà una lunga occhiata.

«Ti ho seminato, eh?» ridacchio con un sorrisetto beffardo consapevole che non può vedere dato il casco che lui si avvicina e mi spinge facendomi indietreggiare lentamente. Rido e stacco il bluetooth lasciando che la musica del telefono si diffonda in aria.
«Sei una matta. Stavi andando così veloce che a momenti prendevi il volo e sorvolavi il Pacifico» mi guarda male scuotendo la testa.
Io in tutta risposta mi avvicino a lui e inizio a ballargli addosso a ritmo di musica in un modo talmente osceno che lo vedo trattenere una risata. Prova a spingermi ma non ci riesce.

«E... piantala!» fa provando a fuggire ma lo afferro per i fianchi gli faccio un spogliarello da dietro. Ethan scoppia ridere non riuscendo più a trattenersi.
«Si può sapere come mai sei così felice? Mica hai bevuto?»
«Cosa?» chiedo.
«È l'adrenalina della corsa quindi? O forse è Nick quello stallone purosangue che da quando frequenti il tuo livello di frustrazione è calato drasticamente?»
«Ma che dici?» rido istintivamente. Ethan poggia una mano sul mio casco e mi spinge di nuovo.
«Dico solo che hai la faccia di chi scopa dalla mattina alla sera» ridacchia divertito.
«Ma se non puoi vedermi la faccia» gli faccio ben notare. Lui mi indica il casco.
«Toglitelo così te la vedo e potrò ripetere la stessa cosa.»
«Non dovevamo andare a casa mia per la maratona della quinta stagione di Game of Thrones?» chiedo inevitabilmente.
«Sì, ma ora devo pisciare. Te lo ricordi?»

Ah.. sì, è vero.

«Quindi togli il casco che rischi di soffocare con questo caldo e smettila... Oh! Ma dai, basta!» esclama esasperato quando riprendo a ballare su di lui dandogli delle spinte sul culo.
«Lo senti?» gli chiedo mollandogli un'altra spinta. Lui mi guarda di traverso.
«Che dovrei sentire?»
«Il mio pene di venti centimetri.»

Ethan scoppia di nuovo a ridere e poi si avvicina furtivo, mi afferra e mi carica su una spalla. Il cellulare mi cade come di conseguenza per terra.
«Ora ti lancio su quella pompa così ti faccio esplodere il tuo pene di venti centimetri.»
Rido contro la sua spalla.
«Ethan! No! Lasciami! Lasciami ora! Lasciami! Sto per vomitare!» mi dimeno.
«Avresti dovuto togliere il casco quando te l'avevo detto di farlo. Ora impari a molestarmi, brutta pervertita!»
«Ethan!» urlo ancora tra le risate mentre gli mollo dei pugni contro il fondoschiena. E gli pizzico il culo.
Lui trasalisce di colpo e lo rifaccio.
«Stai ferma! Ferma!» gracchia lui. Lo rifaccio di nuovo.
«Ferma ho detto!» strilla come una femmina e poi mi molla a terra.

In automatico mi sfilo via il casco e respiro profondamente.
Cazzo stavo veramente per vomitare. Non dovevo mangiare quelle crepes con trenta chili di Nutella che Ethan mi aveva ficcato un bocca a forza prima di abbandonare la concessionaria. Lo sguardo mi finisce per un istante a sinistra, sulla pompa del gas accanto a cui c'è il motociclista. In piedi sta cercando qualcosa nelle tasche, poi alza il casco e guarda me e Ethan sul quale torno con l'attenzione fissandolo di traverso.

«Che stronzo che sei» dico mollandogli una sberla sul braccio per poi aggiustare i capelli e togliere le ciocche sudate e appiccicate fastidiosamente contro la fronte. Forse dovrò tagliarli di nuovo.
«Mi hai martoriato il culo perfetto. La stronza sei tu, e adesso vado a pisciare» mi fa un teatrale inchino e si dirige verso il negozio.
«Mi prendi una lattina di Redbull?» gli urlo dietro per farmi sentire. Lui si gira per un istante e mi alza il dito medio.
«Me la prendi?» domando di nuovo. Ho sete. Ho fottutamente sete, dopo le due crepes non ho bevuto un goccio d'acqua.

Ethan però non risponde e torna sui suoi passi sparendo oltre la porta in vetro.
Mi chino quindi e raccolgo il mio cellulare da terra, do un'occhiata a Spotify e metto Old Town Road di Lil Nas X e col casco in mano prendo a muovermi a ritmo di musica ritornando alla moto con dei saltelli. Poggio il casco in sella e mi appoggio a questa aspettando Ethan mentre prendo a canticchiare i versi, poi alzo il viso dal cellulare dando un'occhiata in giro e i miei occhi si puntano in lontananza alla mia sinistra.

Accanto alla pompa di benzina c'è parcheggiata la moto nera opaca, vicino a questa il motociclista col casco ancora in testa che ha appena finito di riempire il serbatoio. Mette la pompa a posto e si volta, il suo sguardo credo che finisca su di me.

Gli alzo una mano a mo' di saluto ed elettrizzata mi stacco leggermente dalla mia Kawasaki e gliela indico.
«L'ho presa oggi! Ti piace?» gli dico con un sorriso. «Ho beccato i centoquaranta sullo Skyline Boulevard» dico e lo raggiungo. Magari lui ce l'ha da più tempo quindi potrebbe darmi un qualche consiglio magico su come prendere meglio le curve senza sbilanciarmi e finire di faccia per l'asfalto.

«Sai... tempo fa andavo a cavallo, ma questa roba - gli indico la moto alle mie spalle - è fottutamente da sogno! Cioè...» mi fermo sorridendo emozionata. «Ne ho sempre voluta una ma in Texas non avrei avuto dove guidarla, a malapena uscivo di casa e poi mio padre me l'avrebbe sicuramente sequestrata perché per lui questi affari sono delle macchine della morte» caccio una piccola risata e poi, con gli angoli della bocca sollevati poggio la mano sulla sua di moto facendo strisciare le dita sulla vernice nera opaca.

Cristo, è veramente bella da morire. Chissà quanto l'avrà pagata.

«Sembra nuova...» alzo il viso. «Ce l'hai da tanto?» gli chiedo indicandola. Magari la mantiene semplicemente molto bene.
Lui intanto resta per dei buoni secondi a fissarmi, per poi scuotere la testa.

Merda, credo di stargli rompendo le palle. Forse è stata una cattiva scelta credere a quei miti sui motociclisti... cioè che tutti sono molto disponibili e gentili, soprattutto quando ci si parla di queste cose e ci si da dei consigli a vicenda.

Mi limito ad annuire improvvisamente a disagio. Sì, è stata chiaramente una cattiva scelta avvicinarmi. È qui per fare benzina, non per chiacchierare con un tipa che magari gli sta anche antipatica perché lo sta disturbando. Probabilmente se le cose fossero andate in un modo diverso adesso quello a chi chiederei un consiglio sarebbe Logan.

Merda, non ci devo pensare.

«Beh...» faccio d'un tratto spostando per un istante gli occhi da lui alla moto. «Oh, ecco!» dico e indico Ethan. «Il mio amico ha finito...» ritorno con lo sguardo su di lui. «Buona serata» gli auguro cercando di preservare l'educazione nonostante da lui non mi viene affatto augurato altrettanto e mi allontano rapidamente.

Sì, gli ho rotto le palle. È più che evidente.

«Tieni, strega!» mi fa Ethan non appena lo raggiungo e mi lancia la Redbull che faccio per afferrare ma la lancia così in alto che in automatico non la sfioro nemmeno.
Lo trovo a sghignazzare con fare malefico e io lo guardo male. «Karma» dice con una faccia da completo imbecille sbattendo teatralmente le ciglia.

«Giuro che stasera ti ficco i popcorn nel culo» minaccio e mi giro, andando a raccogliere la bottiglietta che stranamente non è esplosa per il colpo contro il cemento, bensì è rotolata su se stessa tanto da essersi fermata contro la pompa di benzina.
«Il mio culo non teme dei beceri popcorn, ha visto cose più grandi!» ridacchia Ethan alle mie spalle mentre mi piego e prendo la Redbull.

«Sembri un pornoattore che sta cercando di fare qualche strano spot pubblicitario per promuovere i Femboy di Bangkok, te ne rendi cont-» dico ridendo e mi rimetto in piedi con la lattina della Redbull in mano pronta per girarmi, ma la mia voce improvvisamente si spezza.

So solo che i muscoli del mio viso si distendono, gli occhi si spalancano di botto e il mio cuore ha un sussulto talmente potente e violento da spostare il mio corpo in una atmosfera priva di forza gravitazionale perché mi sento mancare la terra da sotto i piedi.

Il casco tolto, chinato con un ginocchio sul cemento sta controllando qualcosa alla moto e nonostante mi sia di profilo riconoscerei i suoi capelli corvini ovunque come il tatuaggio che ha sul collo che si intravede spuntare da sotto la felpa nera che ha indosso.

È uno scherzo.

È uno scherzo, questo è uno scherzo, non è possibile, non può essere vero, no, no, no, no.

No. Questo è un fottuto scherzo perché altro non so come poterlo spiegare seguendo un filo logico basato sulla razionalità.
Qui c'è solo il caos.
E il caos sembra mescolare le carte in un modo tale da riportarmi da lui comunque vada. Mi attrae a lui. Mi spinge contro la mia volontà a lui.

Pietrificata lo fisso finché non volta la testa e pianta i suoi occhi scuri nei miei. Se solo pochi istanti fa non sentivo la terra sotto i piedi, adesso mi manca completamente ogni base su cui attraccare il mio corpo perché mi sento come sparata a mille nel fottuto universo, fuori da questa galassia, fluttuante e completamente allo sbaraglio nella materia oscura.

Materia che mi afferra, mi prende per le caviglie e mi scaraventa con brutalità su questa area di rifornimento quando lui apre bocca.
«Con i centoquaranta chilometri orari sulla Skyline Boulevard è probabile che tu venga fermata dai poliziotti. Fanno spesso dei giri da quelle parti per togliere punti dalla patente a chi oltrepassa i limiti di velocità» mi indica con un dito.

Lo guardo.
In silenzio, completamente ammutolita, il cuore che mi pulsa in gola, lo guardo.

«Sei stata fortunata questa sera, ma fossi in te eviterei di rifarlo» dice rimettendosi in piedi. Si gira completamente in mia direzione e mi fa un cenno di testa.
«Buona serata» dice, ripetendo le mie stesse parole, e sento freddo.
Un freddo viscerale che mi gela il sangue nelle vene. Forse è per il suo tono di voce neutro, o forse è per il suo modo di guardarmi, come se... fossimo nient'altro che due perfetti estranei in un'area di servizio alle otto di sabato sera.

Sotto i miei occhi, si rimette il casco, sale in sella, accende il motore e raggiungere lentamente la strada.

Resto con le pupille incollate sulle sue spalle, destabilizzata fin dentro le viscere, con i brividi che mi attraversano ogni fibra del corpo, che mi fanno tremare il respiro come non mai.
E la Redbull che d'improvviso scoppia tra le mie mani tanto da farmi sobbalzare dalla paura.
Cazzo.

La allontano di scatto con una mano cercando di evitare che mi si spruzzi tutta addosso e rapidamente mi avvicino al cestino dove la lancio dentro.
«Cazzo...» biascico asciugandomi il palmo sui pantaloni. Ethan, intanto, lo trovo a fissarmi. Con le sopracciglia corrucciate si gira per qualche istante verso l'uscita dalla stazione del gas, punta un dito in quella direzione e poi torna da me.

«Ma era il tuo ex o sbaglio?»
No, non sbagli affatto. Vorrei che ti sbagliassi, che sia solo io quella ad avermelo immaginato ma non è così. Maledizione.

«Sono maledetta» alzo le mani in aria con fare esasperato e scuoto la testa. «Sono maledetta. Qualcuno mi ha lanciato addosso una maledizione, non c'è altra spiegazione» mi lamento e raggiungo la mia moto. Tutto il buon umore è andato a farsi fottere.
Non appena gli sono vicina mi ci appoggio e tiro un forte sospiro. Ethan mi raggiunge.
«È molto inquietante, te ne rendi conto?» commenta sovrappensiero e molla un'altra occhiata sul punto dove Logan è scomparso.
Alzo il viso e lo guardo inevitabilmente male.
«Ma no... certo che non me ne rendo affatto conto...» ironizzo stizzita e mi passo le mani sul viso per poi finire tra i capelli.

Ethan rimane per qualche istante in silenzio.
«Cioè... è veramente molto, ma tipo molto inquietante.»
Aggrotto la fronte e ripongo gli occhi su di lui che mi fissa a dir poco spaesato da questa situazione.
«San Francisco ha una popolazione di circa ottocentomila abitanti... come diavolo è possibile che finite sempre con l'incontrarvi? Sicura che il tuo ex non ti stalkeri o qualcosa del genere? Perché non è possibile che te lo ritrovi sempre in giro ultimamente.»

Gli rifilo un'occhiata accigliata.
«Ma che dici?»

Ethan alza le spalle. «Dico solo che non è molto normale. Nicholas è un poliziotto, no? Magari dovrebbe fare qualche ricerca su questo tizio e-»
«Ethan, ma che cazzo stai dicendo?» chiedo di botto incazzata.
Certo, Nicholas che indaga su Logan, così scopre anche che è lui il famoso Francisco a cui vorrebbe tranquillamente staccare via la testa dal collo e magari scopre anche il passato che ha in comune con quel Rodney Jefferson.
Non ho intenzione di rovinare la vita a Logan né tantomeno mettere a repentaglio il suo futuro. Gli ho già fatto del male, abbastanza direi, troppo, veramente troppo. Ci manca solo che io metta lo sbirro che mi porto a letto a pedinarlo.

«Ma che ho detto?» replica confuso Ethan. Sospiro pesantemente per poi scuotere la testa.
«Lascia perdere. Dai, vai in macchina.»
Dico, mi metto il casco e salgo in sella alla moto pronta per accendere il motore.
Ethan ancora vicino a me però mi blocca.
«Se quel Logan non è un pazzo sfuriato, psicopatico e serial killer che nutre una morbosa ossessione per te, allora...» dice con lo sguardo sulla strada, posandolo poi su di me. «È tipo... il fottuto destino, Ronnie.»

Faccio inevitabilmente una smorfia.
«La pianti di dire cretinate?» replico iniziando veramente a perdere le staffe.
Ethan però inclina lievemente la testa d'un lato. «E al destino non sfuggi» filosofeggia e gira i tacchi, tornando finalmente alla sua auto.

Gli occhi si spostano per qualche istante sulla strada.
Ma fanculo.
Fanculo Ethan e fanculo il destino.
Non c'è alcun destino, solo strane coincidenze o forse è più probabile che sono di mio una sfigata patentata e attraggo tutto ciò che vorrei tenermi alla larga.

Che il destino si fotta.

Accelero di botto e raggiungo l'uscita dalla piazzola. Guardo a destra, la strada verso casa mia e poi guardo a sinistra, il punto dove lui ha svoltato, e il mio cuore trema pericolosamente tanto da mancarmi il fiato.
Esito.
Esito tantissimo, finché Ethan dietro di me non mi lampeggia gli abbaglianti, svegliandomi di colpo.
Mi volto leggermente, gli lancio un'occhiata e lui con la mano fuori dal finestrino mi fa segno di partire.

Torno con lo sguardo sulla strada.
Ho il respiro pesante, il diaframma che si alza e si abbassa.
Guardo di nuovo a sinistra.
La mano freme sull'acceleratore.

No, non farlo. No, Ronnie, non farlo, non devi, non devi farlo, tu devi stare buona, al tuo posto, ora giri verso destra e tu vai a casa.

Sì, vado a casa.

Ora, tu giri verso destra.

Sì, lo faccio.

E parti.

Sì, esatto. Io ora giro a destra e parto.

Accelero e parto in quarta tanto che la ruota posteriore stride contro l'asfalto e caccia fumo e puzza di pneumatico che mi si infila sotto il casco, e imbocco la sinistra.

Cazzo, l'ho fatto.

***
Angolo autrice
Beh, Ronnie, se permetti mi sento in dovere di aggregarmi al pensiero di Ethan.
Punto uno: è inquietante. Punto due: Logan non ha mai dato qualche segno di essere uno psicopatico maniaco perciò... uhmm...

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