15 | Niente è okay

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CAPITOLO 15
Niente è okay


Tra tutte le cose più assurde, questa non l'ho mai immaginata. Insomma... Il mio ragazzo è un militare, sexy e figlio di un grandissimo imprenditore di San Francisco, è stato il mio amico di letto per mesi prima che gli dicessi "Sai, Nick? Mi sto innamorando di te" e poi mi sono innamorata, mi ci sono fiondata a capofitto, sono arrivata a dei compromessi e il mio attuale ragazzo è in Iraq, a chissà quante ore di fuso orario.
Dovrei controllare probabilmente...
Sarà giorno o notte da lui? E io che cazzo ne so?, e ora mi trovo a un pranzo tra amiche dove Finn Dwayte si è aggiunto portando con sé i miei due ex.

Se Nicholas fosse qui mi guarderebbe per poi trattenersi dal ridere mentre io lo lincio con lo sguardo e gli mollo un calcio sotto al tavolo. Già, si farebbe una gran bella risata piuttosto che sentirsi a disagio o che so? Minacciato, come se questo potesse in un qualche modo rovinare la nostra relazione.
No, quello stronzo del mio ragazzo riderebbe e di gusto, forse proponendo anche un ménage à trois solo per prendermi in giro, tanto l'ha già fatto quella volta in cui sono andata a casa sua, di notte fonda, a lamentarmi della mia prima volta disastrosa con Logan quando per poco non l'ho strozzato.

Maledizione.

Ignoro qualunque occhiata, qualunque, prendo il bicchiere d'acqua, ne bevo un sorso e mi schiarisco la voce guardando Kim che come me sembra sbigottita dalla situazione che si è creata. Nathalie, invece, beve la sua Coca-Cola ridendo sotto i baffi tanto che ad una certa qualcuno le molla un calcio sotto il tavolo e lei sobbalza, si gira verso Kim la quale la guarda di traverso.

«Vogliamo ordinare qualcosa? Io prendo questi spaghetti con... tartufo. Voi?»
Finn prende parola spezzando il ghiaccio.

«Quelli all'antrace non ti piacciono?» chiedo con un piccolo sorriso.

«Tu cosa prendi, Ronnie?» chiede Finn.
«Te» rispondo. «A calci. Posso?» sbatto le ciglia.
Lui fa strisciare teatralmente il dito sul menù e spalanca gli occhi.
«Oh, ma tu guarda! Qui c'è scritto "Tartare di Stronze con salmone". Sembra ideale per il tuo palato, così ti vizi un po'» tira gli angoli della bocca in su. «Ma se vuoi prendermi, fallo quantomeno lontano da occhi indiscreti. Vorrei della privacy...»

Lo disprezzo a morte.
E no, non è quel disprezzo che provavo per Nicholas agli inizi, quella rabbia che sfociava nel sesso anche solo quando lo guardavo. Finn lo disprezzo e punto. E lo vorrei sotterrare vivo a sei metri sotto terra con solo una scatoletta di fiammiferi così se cerca di illuminare la tua buca da ratto rischierà di darsi fuoco.
E sarebbe uno scenario dantesco.

È un attimo e la mia impulsività prende il sopravvento perché certamente non starò qui a fingere una carina discussione con Finn Dwayte fatta di battute taglienti con lo scopo di avere la meglio. Io non devo dimostrare un cazzo ed è per questo che mi sporgo alla mia sinistra, infilo di getto le mani tra le cosce del mio inaspettato vicino di tavolo e Logan sussulta preso di sprovvista. Non gli do tempo per fare e né dire una sola virgola perché spingo la sedia abbastanza lontano da poter raggiungere in santa pace Finn Dwayte e riservargli i miei più sentiti complimenti per la sua formidabile presenza di clown.

«Non sono in vena di stare ai tuoi giochetti di merda, perciò sta' attento.»

Sibilo pronta per staccargli via la testa dal collo e giocare a dodgeball con il rimanente del suo corpo in perfetto stile Scooby-Doo.

«Altrimenti che mi fai? Quella cosa alla Untold Sparks? Spacchi una vetrata e mi ficchi un pezzo di vetro in gola? Oh... che carina, ora però torna al tuo posto, ninja.»

Ninja.
Per un attimo il mio cervello si impalla. Solo Nicholas mi chiama così, e suo fratello, ma lui lo odio quindi non vale.

«E dovresti essere tu quella a stare attenta per dove metti le mani» aggiunge sorridente facendo bip con l'indice sul mio naso e indica la mano che ho ancora tra le cosce di Logan Price, le dita a stringere con una brutalità la sedia tale che a momenti penso di spaccarla o di spacciarmi le ossa, le opzioni sono due, la seconda è più tragica, la prima mi farebbe solo schiattare dal ridere. L'immagine di Logan che cade rotolando sul pavimento è a tratti poesia che Bukowski si sarebbe solo sognato di poter scrivere.

Sposto d'istinto gli occhi in quelli pece del mio arcinemico giurato numero due al momento, poiché Finn Dwayte è decisamente più orticante, e scopro le sue guance color porpora.

Sto davvero iniziando a chiedermi che diavolo abbiano tutti gli uomini della mia vita. Li imbarazzo così facilmente? Basta... cosa? Uno sfioramento di troppo oppure una battutina sui sentimenti come succede a Nicholas? E immediatamente la sua sicurezza crolla a picco lasciando spazio a un ragazzo in camicia che ha ucciso un centinaio di persone, ha visto la morte e ci ha discusso, e poi si intenerisce e tutta la sua corazza crolla se oso trattarlo come se fosse una piccola principessa.

E mi piace fottutamente tanto questa parte di lui. Chissà che starà facendo in questo momento... magari caricando il suo fucile mentre fa cose che fanno i soldati come, che so?, parlare di vagine, sghignazzare, mollarsi colpi a vicenda mentre raccontano la loro scopata migliore. Spero per Nicholas che il suo racconto parli di me, e di lui, di noi due insieme, senza niente e senza alcuna briciola di pudore e dolcezza, ma solo il semplice e primordiale desiderio di possedere l'altro fino a farlo gemere, contorcersi e lamentare di piacere.
Ronnie, calma i tuoi ormoni.

«Volevo il menù» torno da Finn, risvegliandomi di getto. Smetto di pensare a Nicholas - a lui nudo in doccia dietro di me, le dita a muoversi sulla mia pelle febbricitante mentre mi fa sua e i miei gemiti abbandonano la gola per poi dissolversi nello scrosciare dell'acqua.
Sì, ormoni.

«Il mio palato lo vizia a sufficienza il mio ragazzo» rispondo alla sua battuta di prima e gli strappo dalle mani il cavolo di menù, ripensando inevitabilmente a tutte le cose che Nicholas mi fa quando è in cucina. Non solo da mangiare.
Merda, sto andando in astinenza da sesso. Problematico. Lo è senza dubbio.

Finn mi rifila un'occhiata equivoca. «Ah, davvero? Immagino che non vi trovate seduti al tavolo da pranzo quando lo fa» allude.

Sorrido. «Ah, parli del dessert?» ricambio a tono con gli occhi iniettati nei suoi e il suo divertimento sparisce. La sua battuta non è stata tanto efficace a quanto pare, peccato.

Intanto qualcuno si strozza. Mi giro e davanti a me Kim tossisce cercando di riprendersi, Nathalie invece sghignazza ridendo.

«Prenderò una bistecca e al sangue, ma grazie del consiglio» concludo fissandolo avvelenata.

Passo il menù ad Adrien perché tra lui e quell'altro stronzo del mio ex che ho alla mia sinistra, scelgo Adrien in questa circostanza, cosa che non avrei mai pensato possibile ora che ci rifletto su...

Prendo il mio cellulare nel frattempo che gli altri decidono cosa ordinare e scorro un attimo i messaggi da Ethan che dice di aiutarlo venti minuti prima dell'apertura del servizio serale con alcune casse di rifornimento per il locale.
Scrivo rapidamente "Va bene" e premo invio.

Do un'occhiata con la coda dell'occhio alla mia sinistra e becco Logan a sbirciare nel mio cellulare che blocco di conseguenza e mi giro verso di lui, sbattendo le palpebre come a dirgli "Che cazzo hai da guardare?".

Lui, invece, si avvicina al mio orecchio.
«È cattiva educazione usare il cellulare a tavola» sussurra e si allontana con una faccia da schiaffi cronici.

Decido di non dargli corda quindi torno sul mio fottuto cellulare che sblocco di nuovo e apro Instagram, cazzeggiando in santa pace e soprattutto stando per i fatti miei nel mentre aspetto la mia bistecca che mangerò, pagherò per poi alzarmi e dare un pugno in faccia a Finn Dwayte non appena non ci saranno tutti questi testimoni.

Distolgo d'improvviso l'attenzione dallo schermo del cellulare e abbasso gli occhi sotto il tavolo quando però sento qualcosa sfiorarmi. Scopro la mia gamba a contatto con quella del mio spiacevole compagno di tavolo verso cui mi giro inevitabilmente a sinistra e lo trovo a giocherellare con il poco d'acqua che ha nel bicchiere. Sente il mio sguardo addosso, si volta, io lo fulmino con la peggior delle occhiate e gli mollo un calcio tanto da scaraventare via la sua stramaledetta gamba dalla mia.
Il mio colpo lo prende di sprovvista e il bicchiere gli si rovescia addosso. Sfortunatamente non c'era tanta acqua... che gran peccato.

«Allora...» fa con enfasi Finn tutto d'un tratto. Alzo gli occhi e lui molla un'occhiata a me e ai due ragazzi che ho di fianco.

«Ho da sempre avuto questo dubbio e dal momento che ora siamo di nuovo amici felici che non si picchiano più a vicenda per una ridicola contadinella texana» fa una teatrale pausa e io serro di conseguenza i denti, ispirando profondamente, soprattutto quando si capisce senza troppe fatiche che sta parlando a Logan ed Adrien «chi tra i due vuole cominciare?»

Aggrotto la fronte.

«Di che parli?» chiede Adrien confuso quanto me.
Finn spalanca le mani. «A fare pace come le persone adulte.»
Certo, perché lui è molto maturo.

«Finn, chiudi la bocca» interviene Kim seccata dandomi un'occhiata frettolosa.

«Lui ti ha scopata almeno?» mi chiede invece indicandomi con un dito Adrien.
Lo fisso sbigottita.
Finn mi analizza, ride e scuote la testa.

«No, a quanto pare. Bene. Lui, invece?» sposta gli occhi accanto al ragazzo che ha alla sua destra, nonché Logan Price e il ricordo di noi due insieme l'ultima volta riemerge con forza tanto che sento le guance andare a fuoco e sposto gli occhi altrove. Parlare di me e Nicholas è facile, mi viene naturale, ma non è lo stesso quando c'è di mezzo Logan.

Forse perché siamo stati amici e nessuno non ha mai osato andare oltre a certi limiti che ci siamo prestabiliti a vicenda, sopprimendo i nostri veri sentimenti. È strano metterci in una stessa frase soprattutto davanti ai nostri amici, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme.

«Oh... lui sì» commenta Finn sul quale torno immediatamente con lo sguardo e lo maledico in tremila lingue diverse.
La deve smettere. Subito.
Non ho voglia di ascoltare niente a proposito di me e Logan, il quale proprio ora riprende parola.

«Hai finito?» gli chiede bevendo un sorso d'acqua. Gli lancio un'occhiata di striscio e lo trovo più tranquillo di quanto mi aspettassi o forse sta solo fingendo. È bravo a dire bugie, non mi dovrebbe sorprendere più ormai.

«Sto solo cercando di capire...» fa Finn con finta aria innocente. «Sei stato tu a toglierle l'anello di castità oppure è stato quel poliziotto?»

«Finn, smettila subito» si intromette di nuovo Kim.

«Perché hai così tante domande sulla mia vita sessuale?» chiedo fintamente curiosa.
Finn fa una smorfia.
«Hai distrutto un'amicizia e poi non ti sei comunque tenuta nessuno dei due. Un po' egoista, non trovi?»

Sorrido lievemente per niente scalfita dalle sue parole. Non sono più la Ronnie di due anni fa, lei molto probabilmente ci sarebbe rimasta di merda ma non io, non questa che sono adesso.

«Ti senti tagliato fuori perché tu non hai potuto sperimentare la stessa cosa? Se vuoi facciamo sesso e poi metto a paragone tutti e tre stilando una scaletta. Che dici?»

Kim che stava bevendo un sorso del suo Bubble Tea si strozza di nuovo.
Finn mi sorride di rimando con disgusto.
«Davvero lo faresti? Che gentile...»
«Oh, ma figurati. Questo e altro» dico e mi trattengo con forza dall'afferrare la bottiglia di acqua e spaccargliela in faccia.

«E il tuo ragazzo poliziotto è d'accordo?»

Il battito del cuore mi accelera a tal punto che lo guardo per alcuni istanti finché non rido lasciando probabilmente tutti confusi.
«Se vuoi te lo faccio conoscere» gli propongo d'un tratto con un sorrisetto. «Così glielo chiedi di persona. Una cena, che ne pensi? Cucinerà lui.»

Finn caccia un cenno di risata.
«Non diventa geloso se inviti un altro per cena?»
Scuoto la testa. «Il massimo che potrebbe accaderti è che ti scambi per uno dei sedicenni che arresta nei parco giochi perché li becca a fumare erba» alzo gli angoli della bocca soddisfatta e Nathalie ride sotto i baffi mentre continua a giocare col suo cellulare.

«Penso ci voglia ben altro per renderlo geloso... e tu, senza offesa Finn, ma non hai niente di minaccioso» mormora Nath distrattamente per poi alzare gli occhi sul biondo. Lo scruta con aria assorta. «Al suo fianco potresti quasi sembrare suo figlio... o un Golden Retriever che non sa cos'è quello shampoo per capelli» dice ancora beccandosi un'occhiata torva da parte di Finn mentre io mi trattengo dal ridere, quindi sposto lo sguardo sul cellulare.

«Ho la cute grassa» lo sento dire offeso. Aggrotto la fronte sollevando gli occhi e per un istante mi domando che diavolo ci abbia visto in lui sia Adrien che Logan. Insomma, perché erano amici?

«Hai mai provato il sapone della Garnier a base di cetriolo? Funziona molto bene» gli consiglia la mora senza la minima traccia di ironia e questa cosa è a dir poco esilarante. In una realtà parallela Nathalie è una rapinatrice di banche che dopo aver ficcato nelle borse ogni singolo dollaro è capace di invitare tutti i presenti nell'edificio e anche i poliziotti a una vacanza ai Caraibi per farsi perdonare.

«Nath, tesoro, perché non vai a farti fottere?» gli sorride Finn tanto da lasciare Nathalie confusa. Kim, dall'altro canto, alza di getto lo sguardo su di lui.

«Che le hai detto?»
Finn alza gli occhi al cielo.
«Calma, tigre» sbuffa scocciato e sposta gli occhi su di me, mi guarda per alcuni istanti e poi punta Logan.

«Cos'ha quel poliziotto che tu non hai? Se la memoria non mi inganna, le andavi dietro come uno zerbino. Come mai non siete finiti insieme?» poggia i gomiti sul tavolo, si regge il viso e sbatte le ciglia come se fosse pronto per la fiaba del secolo.

Logan rimane in silenzio.
«Nicholas è onesto» dico semplicemente.

La mia risposta sembrare creare un piccolo sbuffo divertito al mio compagno di tavolo affianco tanto che gli lancio un'occhiata cercando di capire cosa ci trova di così divertente. Gli scruto il profilo e i capelli corvini che dovrebbe tagliarsi, di nuovo, ma probabilmente non ha tempo libero ora che è padre. Non mi sorprende.

«Logan ruba le bici quando nessuno lo guarda? O forse è perché ha fatto un figlio con quella rossa cattolica che ha fritto il cervello a Yuri?» fa Finn divertito finché non aggrotta la fronte e molla un sorrisetto a Logan.
«Glielo hai tenuto nascosto...» osserva incredulo. «Ma non eravate tipo migliori amici per la pelle? Stavate sempre appiccicati. Dov'è finita la sincerità?»

«Questa è una buona domanda» replico e torno a giocare al mio cellulare.

«Te l'avrei detto» sento però Logan.
Evito di alzare lo sguardo.
«Sì, certo...»
«Al momento giusto te l'avrei detto» ribatte sospirando.
«Va bene» dico rifilandogli un'occhiata rapida e lo scorgo serrare la mascella.
«So di aver sbagliato.»
«Non mi importa.»
«Non sembrava non ti importasse.»
Alzo inevitabilmente lo sguardo mentre il sangue inizia a ribollirmi nelle vene.

«Ah, davvero? E quando? Se abbiamo fatto sesso questo non ti rende importante» gli sputo addosso con tutta repulsione che ho in corpo. «Una volta mi sono fatta un tizio in discoteca. E allora? L'ho usato ed è finita lì. Con te non è stato di certo diverso.»
I suoi lineamenti cambiano di colpo in qualcosa di indecifrabile.

Oh... credeva davvero che lui fosse speciale. Triste.

«Hai altro da aggiungere?» chiede sollevando le sopracciglia in attesa.
Gli rifilo un'occhiata fintamente pensierosa. «In merito a cosa? Le tue parole delle cui non me ne frega un accidente o se mi è piaciuto farmi fottere da un altro?»

Ogni filtro è calato.

Non mi importa se oltre a noi ci sono altre persone, i nostri cari amici, perché il fuoco di rabbia che mi scorre nelle vene è troppo alto e mi brucia fin dentro le viscere.

Logan mi fissa. «Certo, perché no? Illuminami.»
Mi avvicino al suo viso.
«È stato scomodo perché i bagni delle discoteche sono scomode» sorrido a labbra serrate. «Gradisci sapere altro così potrò ricevere l'ufficiale nomea di puttana? Avrò anche una medaglia o qualcosa del genere?» azzardo guardandolo diritto nelle sue fottute iridi color pece, insignificanti e così comuni da far schifo. «Ti prego, dammela, così ne farò una copia e te ne darò una, tanto per ricordarti che tu non sei affatto un santo.»

«Non ho mai detto di esserlo.»

«Fino a prova contraria dopo che siamo tornati da Seattle ti sei scopato metà campus. Sicuro che Ariel sia l'unica che ha proliferato?» sibilo col battito nel cuore mi rimbalza fin dentro le tempie.

«Ariel?» ride Finn confuso e poi si illumina da solo con un "Ah..."

«Me lo rinfaccerai a vita?» chiede Logan.
«No, perché tu non esisti più per me.»
«Oh... Già, adesso hai il tuo ragazzo ultra perfetto» ride lievemente facendomi salire solo di più il sangue nel cervello.
«Che non vedo l'ora che torni dall'Iraq così ci farò tanto di quel sesso finché non mi sarò disintossicata della sua faccia e dalle tue inutili parole di merda.»

«Oltre al sesso, fate anche altro insieme?»

«Sì, noi parliamo.»

«Delle posizioni a letto non testate o vi date dei feedback quando terminate le vostre sessioni acrobatiche?»

Io lo stritolo tra le mani queste verme insolente.

«Se vuoi te le condivido. Ci scrivo un libro solo per te, così lo leggi nella tua triste cameretta mentre culli tuo figlio e dici "Wow, questa non l'ho mai provata! Magari lo chiedo alla tua mamma, che ne dici piccolo Alec? Così ti faccio un fratellino!» scimmiotto con enfasi e lui in tutta risposta ride.

«Mi fai anche il firmacopia?»

Respira, Ronnie. Respira.

«Sì e ti regalo in omaggio anche dei profilattici» sorrido con le guance che bruciano per il nervosismo, mentre le mani fremono dall'afferrarlo per la sua merdosa felpa e sbatterlo talmente forte da fargli toccare il centro del nucleo terrestre ma sto ferma, devo farlo.

Qualcuno ride. Finn.

«Caspita... vi odiate. Che emozione! Non immaginavo avrei mai visto una cosa del genere, è bellissimo....» ridacchia con aria sognante.
Scuoto la testa con dissapore e torno con gli occhi sul cellulare.

«Io non ti odio» sento di nuovo Logan e so che sta parlando con me.

«Mi hai solo dato della sgualdrina, della stronza e mi hai detto che la mia intera vita non significa niente. Mi volevi bene mentre me lo dicevi?» alzo il viso girandomi verso di lui aspettando così una risposta mentre lo smerdo davanti a quelli che non sono nemmeno più i suoi amici. Non so nemmeno per quale fottuta ragione sia qui. Che pensava di trovare? Pace, armonia?

Lui questa volta rimane in silenzio, finalmente ha capito la gravità di quello che mi ha detto tempo fa, il disgusto con cui l'ha fatto come se lui non fosse andato con altre, come se non avesse ficcato il suo pene in altre donne, come se essere un uomo lo rendesse immune. Ma che andasse al diavolo.

«Che hai fatto?»
È Adrien a parlare stupito.

Logan gli rifila un sorriso glaciale. «E tu che vuoi? Adesso fai il protettivo? Se non ricordo male l'hai mollata in Texas per poi darle della ragazzina viziata per telefono o te lo sei dimenticato?»

«Ero bloccato a Seattle e non potevo fare niente a prescindere. Ti avevo chiesto solo un favore, no? Eri il suo miglior amico. Immagina la mia sorpresa scoprire che la mia ragazza era insieme al tizio che alla fine me l'ha rubata.»

Bene, adesso che il diverbio tra me e Logan Price è terminato c'è il secondo round, ma tra i miei due ex. Meraviglioso.

«Ragazzi, ora calmatevi» interviene Kim mollando delle occhiate ad entrambi.
Finn le sventola la mano davanti per farla zittire. A quanto pare lo spettacolino che ha innescato gli sta piacendo da matti.

«Io non ho rubato un bel niente, è stata lei a innamorarsi di un altro. Evidentemente tu non eri quello giusto» gli risponde Logan beffardo.

Ma certo, glorifica il tuo fallimento eclatante...

«Perché? Tu, sì invece? Non sei riuscito a starci insieme e nemmeno a restarle amico, questa la dice lunga sul tipo di persona che sei.»

«Mi sono fatto solo tremila chilometri perché tu l'hai lasciata insieme a suo padre e l'ho accolta in casa mia come se fosse una di famiglia.»

Bene, ci risiamo. Maledizione...

«Dal primo primo istante non hai fatto altro che ronzarle intorno...» Adrien scuote la testa con dissenso.
«Sì, e allora?» gli rifila un sorriso sghembo Logan.
«E dicevi di essere suo amico, ma fammi il piacere e ammetti per una buona volta le tue vere intenzioni» biascica seccato l'altro.
«Non le ho mai nascoste, no?»
«Se non fosse stato per quella sua promessa, te la saresti portata a letto e poi l'avresti buttata nel dimenticatoio come fai con tutte.»
«E tu che ne sai? Hai il potere della telepatia? Mi leggi nel pensiero?»

Adrien caccia uno sbuffo d'aria divertito.
«Sei prevedibile» risponde serio. «La tua adolescenza ha fatto schifo ed eri uno sfigato e ora per compensare che nessuna ti si filava di striscio, prendi le ragazze, le usi e poi le getti via così ti senti meglio, l'hai fatto anche con la tua Meredith. Eri uno sfigato e lo rimani, campione.»

Mi giro inevitabilmente verso Adrien guardandolo negli occhi e lui ricambia per alcuni istanti, giusto il tempo che smette di divorare con rabbia Logan al mio fianco.
Le mie corde vocali vogliono vibrare, ma serro con forza i denti tanto da mordermi anche la lingua per stare zitta perché quello che ha detto di Logan, nonostante adesso lo odi per tutto quello che mi ha fatto, è... orrendo.
Adrien non era poi così diverso dal suo ex amico qui al tavolo. Io me lo ricordo, ero lì, a Wichita Falls e vederlo sminuire qualcuno che era come lui mi fa provare solo tanto schifo.

«Ragazzi» Kim parla di nuovo. «Smettetela subito, state attirando l'attenzione.»

«Tu stavi con un'altra e nel frattempo ci provavi con lei o l'hai rimosso?» replica nonostante tutto Logan.

«Ma io alla fine non ho fatto un figlio con quella che usavo per rimpiazzarla» sorride sfacciato Adrien e Logan lo guarda in silenzio. «Hai continuato a fingerti il suo miglior amico quando non volevi altro che portartela a letto e alla fine ci sei riuscito. Complimenti! Le hai perfino fatto togliere via il suo anello.»

«Io non le ho tolto un bel niente» ribatte Logan. «Eri tu quello che invece se la sbatteva al muro come se non volesse fare altro.»

Merda...

«Non le ho mai fatto niente» ribatte Adrien.
«Come quando mi ha chiamato a quella cena con suo padre dove lei era brilla e tu la volevi trascinare via?» ribatte Logan con sarcasmo.
Kim e Nath davanti a guardano inevitabilmente Adrien con fare interrogativo.
Ah, già, loro questo non lo sanno. Quella volta che è successo ho solo detto che Adrien aveva attaccato Logan e poi nient'altro.

«Ti ho mai fatto qualcosa che tu non volessi?» si gira verso di me proprio il diretto interessato. Non rispondo.

Ora ricordo perché l'ho lasciato. Non è stato perché Logan si è infilato tra di noi, io l'ho lasciato perché Adrien Monroe è uno stronzo. Lo è sempre stato da quando ho messo piede a San Francisco, e perfino prima, alle cene di Natale o Pasqua a Seattle, quando ci andavo con papà. Credevo fosse cambiato settimane fa quando ci siamo visti di nuovo dopo due anni, ma mi sbagliavo.
Evidentemente mi sbaglio di continuo su tutto. Meravigliose le prime impressioni che poi si rivelano solo mere illusioni...

«Ti stavi intromettendo in cose che non erano affar tuo e volevo solo parlarle» aggiunge verso Logan.

«Così come hai parlato a me tirando in ballo mio padre?» sibila d'improvviso mollandogli un'occhiata di fuoco.
«Mi pare di averti già chiesto scusa» dice semplicemente Adrien. «Vuoi anche un bacio un bocca o cosa?»

Logan ride freddamente. «Che carino.»

«Già, ho chiesto scusa al tizio che si voleva fare la mia ragazza. Immagino tu abbia preso da tuo padre, dopotutto Yuri da dov'è uscito? Sua madre non stava con un altro prima che tuo padre si mettesse di mezzo? E ritiro le mie scuse. Tuo padre era uno stronzo e anche un vigliacco, e tu lo ritieni ancora un eroe... ma fammi il piacere. Può darsi che fosse un militare ma è stato anche uno sfascia famiglie e un testa di cazzo ipocrita che non riuscendo a farsi perdonare da tua madre si è ammazzato in un ripostiglio di merda.»

Con gli occhi bassi sul cellulare a giocare per i fatti miei a Candy crush Saga mi fermo di getto come il sangue nelle mie vene che si gela all'istante. Do una frettolosa occhiata ai presenti che si sono ammutoliti perfino Finn non osa sparare una delle due solite battute. Sposto le pupille a destra e queste incrociamo quelle di Adrien.

«Potresti alzarti un secondo?» chiedo.
Lui rimane confuso, esita ma alla fine lo fa e come di conseguenza prendo la borsa a tracolla mollata ai piedi della mia sedia e la poso sulla sua che lui fissa non capendo cosa stia succedendo.

Alzo una mano e gli indico col palmo l'uscita che porta fuori dalla veranda del locale. Seduta, attendo.

«Vai» gli dico con pacatezza, illuminandogli il cervello. Adrien aggrotta la fronte e non si muove di un millimetro.
«Vai» è un ordino, forte e chiaro. Uno che non ammette alcuna replica perché adesso ogni singolo limite è stato mandato a fanculo. Serro i denti aspettando che si dia una mossa e sparisca dal mio raggio visivo prima che gli spacchi la faccia.

Logan avrà fatto tante cazzate, ma ci sono dei limiti insormontabili, perfino per queste discussioni. Quello che lui ha nominato è il marito di Sofia, una donna buona, gentile, a dir poco eccezionale, una madre che ha cresciuto quattro figli, ragazzi minorenni in un paese ostile che tratta gli immigrati secondo pregiudizi di un sistema tossico e discriminatorio. Una donna che mi ha raccontato di suo marito, delle notti in cui si svegliava tra gli incubi, di quando l'ha quasi strangolata nel sonno perché lui era malato e fuori di sé, di come dormiva in motel e campeggi in montagna per non far del male a lei e ai figli. Sofia mi ha trattata come una figlia, mi ha riservato un amore che non ricevevo da tempo. È stata premurosa, dolce e disponibile, e Adrien non può permettersi di ficcarsi in bocca certe parole.

«Mi stai cacciando?» sorride incredulo.
«Sì.»
Rimane di sasso per poi liberarsi in un sorriso nervoso e scuotere la testa.

«Lo stai difendendo anche adesso... incredibile» mormora con disgusto. Non rispondo, non ho voglia né tempo da sprecare per dargli corda. Mi limito solo ad aspettare che si smaterializzi nel minor tempo possibile.

«Sono io la tua famiglia, non Logan Price. Dovresti ricordartelo ogni tanto!»

«Come te lo sei ricordato tu con tua madre quando avete trascinato mio padre a Seattle e poi gli avete fatto dimenticare della mia esistenza?» replico di getto senza alcun freno alla lingua.
«Sei stata tu ad allontarlo, a dimenticarti di lui, andare in giro a drogarti e rovinarti la vita da sola! Tu a portare quel pezzo di merda - indica con un dito Logan - a casa mia di Natale, a distruggere il rapporto con Chris e poi te ne sei andata, hai mollato anche l'università e guardati... Che diavolo ne hai combinato di questi due anni? Niente» sibila avvicinandosi tutto d'un tratto, ma non mi smuovo nemmeno di un soffio. Rimango seduta in perfetta calma.

Adrien Monroe, il mio dolce fratellastro acquisito che pensa davvero di scalfirmi più di quanto non l'abbia fatto già io di mio con le mie fottute mani.

Un gran applauso che si merita...

Mi spiego in un lieve sorriso ricolmo di amarezza e ribrezzo.

«Per un istante ho veramente creduto che avessi smesso di essere una testa di cazzo, ma evidentemente quello ad assomigliare a qualcuno sei solo tu. Tuo padre era così o l'hai dimenticato?»

Sono tanti i ricordi di quel alcolizzato narcisista del cavolo che metteva di continuo le mani addosso ad Amanda e papà puntualmente interveniva, lo arrestava e il piccolo Adrien assieme a sua madre dormivano a casa nostra per scappare da quel mostro che alla fine è finito in chissà che buco di terra da qualche parte in Texas, lontano da Wichita Falls per fortuna.

Adrien regge il mio sguardo serrando la mascella e si tira indietro.
«Vogliamo parlare dei nostri genitori?» accenna un colpo di risata. «Tu da chi hai preso questo carattere da stronza? Tua madre non lo era, me la ricordo bene. Le potrai anche somigliare fisicamente ma lei non era affatto te.»

Oh, ma bene... Ora ci attacchiamo a vicenda con i genitori deceduti. Molto maturo.

«Va' subito via» rispondo senza battere ciglio.
«Scegli di nuovo un estraneo» osserva e molla un'occhiata alle mie spalle, a Logan.
«Scelgo la diplomazia.»
Non posso fare altrimenti, Nicholas mi ha chiesto di tenermi fuori dai casini e lo sto facendo ora, perché se fosse per me ti avrei già spaccato la faccia.

«Avresti dovuto sceglierla tempo fa prima di mollare tuo padre e dimenticarti di tutti rifugiandoti nella famiglia di un altro che alla fine hai tagliato fuori dalla tua vita come hai fatto con tutti. Tu sei fatta così. O ti incazzi o non te ne frega niente. Forse dovresti rivedere le tue priorità ora che non ti droghi più e sei tornata lucida oppure col tuo carattere di merda farai andare via anche quel tuo ragazzo. È andato in Iraq, no? Forse l'ha fatto perché sei una bastarda che non pensa mai agli altri ma solo a se stessa» conclude e tutto passa attraverso me, e le sue parole mi colpiscono come proiettili coperti di veleno ma non reagisco.

«Ora che hai finito, puoi andare» gli indico nuovamente l'uscita col palmo della mano.
Lui sposta invece gli occhi su Logan.

«È tutta colpa tua! Se tu non ti fossi intromesso, lei adesso starebbe con me! Non avrebbe abbandonato l'università per colpa tua! Non avrebbe mai buttato all'aria la sua vita! È solo colpa tua!» si avventa verso il posto al mio fianco.

Sbianco incredula davanti alle sue parole, ma non ho il tempo per metabolizzarle e dire che si comporta come un pazzo perché mi tiro in piedi prima di qualunque altra cosa e mi sovrappongo tra lui e Logan, fermandogli ogni singolo intenzione che gli frulla per la testa.

Il cuore mi prende a battere forte nel petto e l'adrenalina si alza di getto.

«Spostati» mi sibila contro ma gli reggo lo sguardo invece, a mento alto senza demordere.
«No.»
«Lo stai proteggendo?» ride freddamente.
Non rispondo.
«Vattene» dico invece.
«Sei sempre stata tu l'uomo... forse per questo che lui non ha mai saputo comportarsi come tale» ridacchia.
«Perché? Tu sei un uomo? Ma guardati» lo indico con un cenno di testa. «Ti difendevo da tuo padre, dai bulli, da ogni cosa potesse solo lontanamente ferirti e non ti ho mai accusato di niente. Io mi prendevo cura di te e tu ora ti stai comportando come tuo padre. Che farai adesso? Alzerai le mani anche su di me? Vai, fallo» lo sfido.

«Tu non c'entri. È sua la colpa quindi levati di mezzo» dice a denti stretti provando a raggiungere il posto alle mie spalle.

«Fai un altro passo, sfioralo e io ti spezzo il collo.»

Sono fuori da me e da tutte le mie tremila ragioni per odiare Logan al momento. So solo che se Adrien osa toccarlo, io lo uccido. Oggi, davanti a tutti.

«Si può sapere chi cazzo è Logan Price per te?» chiede quasi in uno sputo di disprezzo.

Non lo so. È qualcuno e basta.

Ci guardiamo in perfetto silenzio finché lui non indietreggia, lancia un'altra occhiata alle mie spalle e finalmente se ne va prima che perda l'ultimo grammo di autocontrollo che mi rimane.

Io sono stata insieme a quel tizio.
Ma che diavolo mi frullava per la testa? Come ho fatto ad essere talmente cieca da non capire che tipo di persona fosse?

Alla fine tiro un profondo respiro e mi giro verso i presenti al tavolo. Guardo Logan, lui fa lo stesso e non dice niente.

Riprendo quindi posto.
Infilo la mano in tasca, prendo il pacchetto di sigarette e me ne accendo una. Ispiro la nicotina mentre la mano che la regge trema per la rabbia che mi sta scavano in ogni singola particella di muscolo tanto da raggiungere profondità inconcepibili.

«Va tutto bene?»
Alzo lo sguardo su Kim.
«Uh?» mugugno tirando giù le maniche nella felpa.
Lei indugia un istante. «È tutto okay?» chiede di nuovo ponendo gli occhi sulle dita che reggono la sigaretta, le stesse che guardo a mia volta. Tremano ancora e non sembrano affatto voler smettere.

«Certo» dico sollevando di poco gli angoli della bocca e sposto lo sguardo in fondo, su un punto non ben definito. Lo fisso in silenzio tombale, picchietto sulla sigaretta sul posacenere e ispiro altra nicotina.

Niente è okay.

Forse Adrien ha ragione, sono stata io ad allontanare mio padre, ma lui non ha mai fatto una singola mossa per ritrovarmi, si è lavato le mani, ha pensato alla sua fottuta carriera, ha abbandonato ogni singola cosa che fosse nostra e adesso fa il gran agente federale di stocazzo a Washington DC mentre la sera si ritira nella casa dove l'aspetta Amanda con il loro figlio nuovo di zecca, quello che ha usato per rimpiazzarmi.
Nemmeno una telefonata.

Maledizione, è vero... gli ho io detto di non cercarmi. Ma sono passati due fottutissimi anni. È questo il compito di un genitore, no? Far ritrovare al proprio figlio il cammino verso casa. Ma lui non l'ha fatto. In due anni non ci ha mai provato.
Sono una persona di merda, ma se fosse mai successo, se lui avesse mai provato a contattarmi io non lo avrei rifiutato. È questa la realtà dei fatti. Sarei corsa da lui ad abbracciarlo perché è mio padre ma lui si è scordato di me, ha ricominciato da zero, Hocus Pocus! tabula rasa di tutto ciò che è stato.

Quindi lui con la sua nuova famiglia del cavolo che andasse pure a farsi fottere.
Perfino quando ero in Texas, dopo la morte della mamma sono stata io a fare da genitore a lui che aveva perso ogni grammo di attaccamento alla realtà. Non lavorava, se ne stava sempre chiuso in casa a rimuginare sul passato, sul lutto e io ero una ragazzina, cazzo. Sono stata io a trascinarlo perfino a quella convention a Dallas per fargli riprendere in mano la propria vita. Io gli ho fatto da genitore, cosa che avrebbe dovuto fare lui. Sono cresciuta più rapidamente rispetto ai miei coetanei, ho dovuto farlo per non vedere crollare ogni ultima cosa che mi fosse rimasta.

Poi è arrivata nonna Debora, ma quando? Già, dopo che io avevo già la mia salute mentale a pezzi. Quindi che andassero tutti a farsi fottere.

Il mio dovere l'ho fatto quando in realtà non era nemmeno compito mio fare da capofamiglia e impersonare il ruolo da adulto. Avevo solo quattordici anni. Non ho mai vissuto però quei fottuti quattordici anni.
Non mi sorprende alla fin dei conti che papà mi abbia lasciata indietro e dimenticata. Non ha mai avuto un carattere forte nonostante facesse lo sbirro. Era bravo nel suo lavoro, ma quando si trattava delle faccende di famiglia era la mamma quella a imporsi, a tenere tutto in ordine e non mandarlo a puttane.

Forse sarebbe dovuto crepare lui. Perché se mamma fosse stata in vita adesso avrei un genitore degno di nota, lei non mi avrebbe mai abbandonata, nemmeno rifacendosi una vita.
Ma che cazzo ne sa Adrien di quello che ho vissuto io in quella merdosa cittadella del cavolo? Lui si faceva i viaggetti in giro per le capitali europee con la madre che finalmente aveva messo fine alla vita di merda che conduceva con quel pazzo di suo marito.
Adrien non mi ha vista. Non ha visto come tutto andava pian piano a sgretolarsi tra le mie mani e io cercavo disperatamente di rimettere in sesto i pezzi e far tornare insieme quella che era la mia vita, la mia famiglia. Ho rimesso in sesto perfino papà e lui come ringraziamento mi ha spaccato il cuore in mille pezzi e mi ha lasciato marcire nel suo passato.

«Tua madre ha mollato tuo padre?»
Corruccio la fronte e mi giro verso Finn che sorprendentemente non ha più quel tono di voce da cazzone.
«È morta» rispondo fredda come il vuoto che non sentivo da tempo al centro del petto, quello squarcio che risucchia ogni cosa. E mi divora.
«Ma probabilmente avrebbe fatto meglio a mollarlo prima di morire...» aggiungo con un sorriso ricolmo di amarezza. Lo penso davvero.

Se fosse viva sarebbe disgustata da lui... Oh, eccome se lo sarebbe.

«Tanto lui non c'era mai. Preferiva stare chiuso nel suo ufficio di merda che andare a trovarla. Mamma ha lasciato ogni cosa per lui e lui cosa faceva?» tiro un altro fumo dalla sigaretta mentre gli occhi mi si appannano per la rabbia che si impadronisce di ogni fibra del corpo.
«Lavorava. Mentre io stavo con lei, notte e giorno, e la vedevo morire lentamente, e piangeva, e mi malediva per essere lì, urlava, cercava di staccarsi via la flebo, di scappare via dall'ospedale, ma cadeva per terra e io cercavo di riportarla a letto e mi spingeva, scalciava e mi mandava al diavolo. Io ero lì, io e nessun altro, non c'era nessuno a parte me e lui ha il coraggio di osare e parlare di lei, di pensare di conoscerla, osare nominarla quando lui con quella puttana di sua madre mi hanno fottuto la famiglia da sotto gli occhi e ora sarei io la bastarda? Io ho sacrificato la mia infanzia e la mia intera adolescenza per la mia famiglia, per quel pezzo di merda di mio padre e lui come premio ha venduto tutto, mi ha mollata come se non valessi più un cazzo e le sue ultime parole sono state "Amanda capisce e ti perdona", sì, per avergli insultato la sua nuova donna. Amanda mi perdona» rido ormai fuori di me. «Amanda mi perdona. Cosa perdona esattamente? Io non ho bisogno del suo perdono. Non glielo chiesto e mai lo farò. Lei dovrebbe farmi delle cazzo di scuse. Io mi merito delle scuse. Mi merito un macello di scuse. Mi merito che tutti loro, la loro famiglia di merda e il moccioso che quella ha partorito se ne vadano uno per uno lentamente affanculo!»

Nemmeno mi sono resa conto di quando ho preso il bicchiere d'acqua, giocherellato con esso, stretto tra le dita fino a portarlo e spaccarlo.
La rabbia si dissolve in un battibaleno. È il culmine di quanto ci si possa provare finché non si implode com'è successo con questo bicchiere del cazzo di cui fisso i cocci di vetro e il mio cervello si spegne, le emozioni cessano all'istante e non mi rimane niente.

Maledizione, devo smetterla di spaccare i bicchieri della gente, questo è il secondo. Al terzo magari la mia sfiga scompare, chissà. Forse sono stata marchiata da qualche strana maledizione voodoo, può darsi, ho fatto numerose cazzate a tante persone.
Mi giro lentamente a sinistra, Finn non replica più con alcuna battuta del cazzo solo per punzecchiarmi e ritorno sul bicchiere che trovo... intatto.

Tutto si fredda d'improvviso quando realizzo un'altra cosa.

È successo nella mia testa.

Non ho detto niente di quello che pensavo. L'ho solo urlato dentro al mio cervello talmente forte che mi è sembrato reale.
Le orecchie fischiano, i denti sono serrati al massimo e le lacrime si raccolgono nelle palpebre inferiori ma non scendono, si bloccano lì.

Sussulto lievemente quando qualcosa mi sfiora la mano sinistra. Abbasso gli occhi e trovo quella di Logan sul quale alzo lo sguardo e lui mi scruta provando a stringere la mia mano che ritraggo rapida come una scheggia.
Mi tiro in piedi, poggio venti dollari sul tavolo e afferro la borsa.

«Scusate... io devo andare a lavoro» dico alle due ragazze e me ne vado lanciando un'altra occhiata a Logan che trovo a fissare il suo bicchiere con aria assorta.

Non mi serve la compassione di nessuno. Men che meno quella di Logan Price e niente è cambiato. Inutile che possa pensare chissà cosa. Si, gli ho preso le difese, ma solo perché in fin dei conti provo ad essere una persona buona anche con chi non se lo merita affatto.

***

Il turno serale alla fine finisce e io vado in un posto che visitavo nelle ore buie dell'anno scorso, quando tutto andava male e c'era lui ad ascoltarmi, comprendermi e semplicemente stare in mia presenza e farmi staccare la spina dai miei tormenti.

Prendo l'ascensore, giro la chiave nella serratura e accendo le luci.

Il cuore mi si stringe inevitabilmente in una morsa violenta quando raggiungo il soggiorno, mi giro verso la cucina e la trovo vuota. Lui non c'è.

Tutto è pulito, quasi sterile.
Non c'è nessun profumo di cibo, non c'è il rumore della pentola che bolle o cuoce sul fuoco, non c'è lui che alza il viso, mi guarda e mi dice "Buonasera".

Non c'è. E le lacrime mi salgono con violenza.
Mi tolgo le scarpe, lascio cadere la borsa sul pavimento e raggiungo il suo piccolo regno dove fa le sue bellissime magie culinarie.

Tiro fuori un padella, un pentolino e preparo del semplice risotto allo zafferano sperando che mi esca così come lo fa lui.
Prendo due piatti, le posate, apparecchio il tavolo e poi mi siedo al mio solito posto.
Verso metà bicchiere di vino rosso, il suo preferito, ne bevo un sorso e mi volto a sinistra, il posto in centrotavola dove siede sempre.

Non l'ha mai fatto davanti a me, ma accanto. Mi era vicino.
Il piatto col risotto è lì ma non lui.

Poggio un gomito sul tavolo, reggendomi il viso in mano.

«Oggi è stata una giornata un po' di merda» parlo con un sorriso triste, fingendo per un istante che in realtà sia qui. «È stata... uno vero schifo» rido tra me e me e torno sul mio di piatto.

Prendo un po' di riso, infilo la forchetta in bocca e cerco di mangiare nonostante abbia lo stomaco chiuso a doppia mandata e vorrei solo ficcarmi due dita in gola, vomitare tutto quello che potrei solo per sentirmi meglio, perché il peso che sento dentro mi sta pian piano uccidendo. Mi sta uccidendo, cazzo. Mi sta uccidendo e non respiro. Non ci riesco.

«Uno vero schifo...»
Mi copro il viso con la mano, cerco di respirare, scacciare via l'angoscia che sale ma ci riesco per poco. Scoppio a piangere nel silenzio dell'appartamento.

Mi manchi da morire e non so nemmeno se tu sei ancora vivo.

«Cazzo!» sbraito tra i sospiri affranti e mollo un colpo al piatto così forte da scaraventarlo via e sbattere sul pavimento. La ceramica si riduce in mille pezzi, il poco di risotto si sparge sul parquet e io guardo tutto in silenzio tombale col cuore che mi batte a mille fin dentro le tempie. E nello stesso silenzio tiro su col naso, mi asciugo il viso scacciando le lacrime e raccolgo il mio cellulare.

Venti minuti.
Io sono sul pavimento, di spalle al bancone dell'isola della cucina, a mangiare marshmallow quando la porta si apre, lui avanza nel soggiorno, mi nota da lontano e nota anche il piatto in mille cocci ancora per terra.

Nicholas ha detto di non restare da sola se gli fosse successo qualcosa, di stare con Ethan.
Il punto è che io non so nemmeno se gli è successo qualcosa. Non so un cazzo.
Non so niente di niente.

«Ciao» mi saluta, passa affianco al risotto sparso per il pavimento e viene a prendere posto accanto a me.
Silenzio.

«Ti va di parlare?»
«No.»
«Hai pianto?»
«Sì» rispondo e ficco un altro marshmallow in bocca masticando. Ne prende uno anche lui.
«Vuoi piangere ancora?»
«No» prendo un altro marshmallow fissando un piede del tavolo da pranzo come se fosse la cosa più stupefacente del mondo.
«Ti canto qualcosa?»

Mi fermo di masticare di getto. Volto la testa verso Ethan, lui fa lo stesso e annuisco insieme agli occhi che invece tornano a bruciarmi.
In tutta risposta mi abbraccia a sé e la mia testa si posa sulla sua camicia stropicciata che non ha avuto nemmeno tempo di cambiare dato che quando gli ho mandato il messaggio "Ti prego vieni a casa di Nick" lui era appena arrivato a casa sua.
Infilo un marshmallow in bocca quando lui inizia ad intonare i versi di Save Tonight di Eagle-Eye Cherry schioccando le dita a ritmo.

Sorrido lievemente ricordando quanto bene abbia la voce intonata, eppure non la sfoggia mai se non quando cerca di rompermi le palle cantando i versi di qualche canzone rap volgare a livelli inconcepibili.

E ben presto la mia voce si unisce alla sua per il ritornello.

«Che canzone triste...» scherzo quando finisce. Ethan mi lascia un bacio tra i capelli e mi stringe di più a sé.
«Tu sei triste» dice e tira un sospiro. «Ma domani sarà un nuovo giorno e ti porterò in barca. Tu, io e il mare.»
Sorrido lievemente. «Fa freddo.»
«Per questo esistono i vestiti.»
«Grazie...» per essere qui.
Mi stringo al suo torso e mollo quindi la busta dei marshmallow.

«Sempre.»

***

Angolo autrice

Mhmm... interessante.
Capitolo di ben 7k parole
Imbarazzante, lo so, ma non mi va di spezzarlo perché non avrebbe senso perciò soffrite.
Con amore 💕

Adrien resta uno stronzo nonostante tutto ahaha mi piace da morire, Logan invece è il mio piccolo cucciolo idiota.

Finn è da applaudire intanto. Sarà un pezzo di merda, ma ha fatto bene a parlare apertamente della situazione nel loro gruppo di amici e... sì, ha messo in testa a Ronnie dubbi esistenziali che lei aveva già oltrepassato e ora è una bomba di rancore e rabbia che temo sinceramente ahaha
Se prima il solo pensiero di parlare di sua madre la faceva piangere, ora è più consapevole di se stessa e di quanto ha passato ingiustamente.

Visto suo padre che l'ha abbandonata, ahimè! non so che dire. Ma è stato un colpo basso.

Intanto mi manca Nicholas. Lui avrebbe saputo cosa dire e fare. L'ha sempre saputo.❣️

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