16 | La mia sfortuna è svanita

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CAPITOLO 16
La mia sfortuna è svanita


«No» gli strappo dalla bocca quel aggeggio infernale che odio a morte dei compleanni. Ethan indignato me lo ruba a sua volta, e offeso se lo ficca tra le labbra, ci soffia e fischia.
Lo guardo inevitabilmente male.

«È il tuo compleanno! Dai, sorridi!» esclama tutto felice. In tutta risposta gli giro le spalle e mi allontano dal banco della cucina dove sta cercando di tirare su quella che dovrebbe essere una torta.

È da minuti che col coltello sta spalmando la panna montata provando a renderla omogenea e perfettamente uniforme, ma col Pan di Spagna al cioccolato la sta mescolando alle briciole che si sgretolano perché ha montato troppo le uova e così il risultato è qualcosa che dovrebbe essere usato come oggetto bonus nei videogiochi horror, tipo arma biologica o qualcosa del genere.

«Ho dimenticato le candeline...» mormora tutto d'un tratto tra sé e sé fermandosi di getto. «Oh... ecco cos'era che mi sfuggiva!» si dà una sberla sulla fronte.

«Non fa niente» replico e lui mi guarda di traverso.
«Come non fa niente? Le candeline sono la cosa fondamentale, devi esprimere il tuo desiderio! Come sei noiosa...»
Alzo gli occhi al cielo tornando da lui, raccolgo con il dito delle panna montata dalla ciotola e me la infilo in bocca.
Estremamente dolce.

«Ma quanto zucchero ci hai messo?» chiedo ridendo.
Lui sbatte teatralmente le ciglia, riprende il suo lavoro artistico e apre bocca. «Quello che serviva per placare la tua acidità» borbotta beccandosi un'occhiataccia.

«Ethan, ma vaffanculo» sorrido. Lui afferra una briciola di Pan di Spagna avanzato e me la lancia contro.

«Sparisci, streghetta. La torta deve essere una sorpresa e tu non puoi vedere il design finale» ordina, ma invece prendo posto sullo sgabello, poggio i gomiti sul banco da cucina e lo fisso mentre fa quello in cui è terribile: cucinare. Con una mossa acrobatica afferra il suo cellulare, questo cade nella ciotola della panna montata, lui non si incazza per niente, ride, lecca via la panna e io lo guardo tra lo schifata e l'allibita e poi mette Doja di Central Cee a tutto volume in casa muovendo la testa a ritmo. Mi lancia un sorrisetto e a tratti pare che il compleanno sia suo e non mio, perché il mio livello di entusiasmo è pari a zero.
«Perché non vai a prendere le candeline invece che stare qui?»

Alzo gli occhi e lui mi fa cenno verso la porta. «Avanti, smamma! La torta deve essere una sorpresa!»
«Ma io odio le sorprese» replico contrariata e scendo dallo sgabello come un pezzo morto di carne in putrefazione.
«Vai a comprare le candeline» dice lui scacciandomi di nuovo via. Sbuffo e alla fine acconsento. Quindi prendo le chiavi della moto, la giacca ed esco fuori da sua casa.

Un attimo dopo sono in un negozio a qualche chilometro fuori dalla statale, un altro ancora sono seduta sul pontile vicino casa mia a guardare da sola il tramonto del sole. Sospiro pesantemente e tiro fuori il cellulare, vado sul profilo Instagram di Ethan, scorro tra i suoi selfie in luoghi ultra lusso, le foto dei cocktail o lui in barca a vela e trovo quella scattata settimane fa, la stessa che non volevo condividesse sui social.

Io, lui e Nicholas alle nostre spalle, dietro l'isola della cucina. La camicia addosso, i capelli in ordine e lo sguardo puntato nell'obiettivo della fotocamera.

Tiro fuori una sigaretta, la accendo e mi lascio cadere di spalle sul legno del pontile, scrutando così il cielo dipinto di arancione e viola.
Oggi compio ventuno anni.
Probabilmente l'unico lato positivo è quello di poter acquistare alcolici sfoggiando la mia carta di identità ora non più falsa, certo... se solo bevessi ancora e invece devo stare lontana dall'alcol peggio che dalla peste.

Lo squillo del cellulare mi fa sospirare con forza. Chiudo gli occhi e poi dopo alcuni secondi lo tiro fuori e lo porto all'orecchio.

«Sì, Ethan. Ho preso le candeline, ora sto tornando» dico scocciata e mento, almeno parzialmente. Le candeline le ho prese sul serio, ma mi ci vorranno altri quaranta minuti per tornare, se considerati venti in più che passerò qui, da sola in silenzio col solo rumore dell'oceano a demoralizzarmi in santa pace prima di tirare su un sorriso e sforzarmi a rendere felice il mio miglior amico.

Si è davvero impegnato e non vorrei deluderlo, ma sinceramente non vedo l'ora che questa giornata giunga a termine e che passi così lui smetterà di darmi tutte queste attenzioni asfissianti. Voglio solo farmi un lungo bagno nella vasca con tanta schiuma e poi andare a dormire per prepararmi alle lezioni di domani mattino.

Già, ho compilato tutti i moduli e l'iscrizione è andata a buon fine. Spero di non aver fatto l'ennesima cazzata e di star sprecando i soldi inutilmente sono perché Maeve Hartman mi ha fatto sentire una vera nullità, insignificante e soprattutto credo che mi abbia offesa quando mi ha dato della diciottenne. Non ne sono ancora del tutto certa.

A lei si aggiunge anche Logan che mi ha fatto notare ulteriormente la differenza d'età tra me e Nicholas. Sarà veramente così? Sono troppo giovane per uno come lui? E se fosse vero? Se effettivamente io non fossi compatibile con lui? Ogni mia singolare relazione è andata a farsi benedire per motivi disparati, forse anche questa andrà male, forse Adrien aveva ragione. Nicholas è scappato da me. Non mi sorprenderebbe. Faccio scappare sempre via tutti e Nick merita di meglio di una ragazza ex alcolizzata, che fumava marijuana e cascava nei sacchi dell'immondizia sul ciglio della strada in perfetta notte fonda. Credo di avere sul serio qualcosa che non va in me, qualcosa di rotto, disfunzionale, marcio. Credo che non sono fatta per i rapporti umani e ne ho avuto la prova diverse volte. Magari me la merito, la mia solitudine, in questo modo smetto di illudere me stessa che questa volta andrà diversamente e smetterò anche di ferire persone che non se lo meritano affatto.

«Ethan?» chiedo quando sento silenzio dall'altra parte. Corruccio la fronte quando il segnale inizia perdersi e iniziano a sentirsi delle interferenze.
«Ethan? Spostati, non ti sento» gli faccio notare con uno sbuffo. «Le candeline le ho prese, te le porto fra poc-»

«Ehi.»

Mi fermo di getto tanto che apro di scatto gli occhi e questi finiscono contro il cielo serale di San Francisco. Il mio cuore credo si sia fermato, non so se batte ancora, ma quello che so sono i brividi che mi attraversano ogni fibra del corpo.

Mi alzo in sedere, allontano il cellulare per un istante e quello che leggo è un numero sconosciuto.
«Pronto...?» dico incerta se sia stata una mia impressione, se mi sto immaginando tutto o se...
«Ciao, Veronica.»

Mi si taglia il fiato. Gli occhi bruciano di scatto, si annebbiano e io non respiro.
«Mi devo spostare di nuovo da un'altra parte? Credevo che qui prendesse meglio...» lo sento con fare confuso e d'istinto sorrido portandomi una mano sulla bocca.

«No! No, no, ti sento! Ti sento! Ti... ti sento, non spostarti, ti sento bene, cioè meglio... No, non in quel senso! Non nel senso che potresti intendere, non ti sento in quel senso, ti sento la voce, c-cioè nessun interferenza... sento la tua voce, sì, ti sento» lo fermo gesticolando consapevole che non mi possa vedere. «Sei... tu.»

Sento un piccolo cenno di risata.
«Sì, sono proprio io.»

Rido inevitabilmente e scaccio rapidamente via le lacrime. Tiro su col naso e mi schiarisco la voce.
«Ma c-come... cioè, come hai fatto a...»

«Ho chiesto un piccolo favore al mio superiore. Usare la scusa "la mia ragazza fa il compleanno" funziona molto bene, sai?»
Mi scappa in automatico una piccola risata.

«Sei proprio tu...» mormoro credendoci a stento.
«Mhm, mhm» mugugna e non posso a far di immaginarmelo con un sorrisetto beffardo in faccia.

Silenzio.
Non so che dirgli. Mi mancava a tal punto che ho pensato ai peggior degli scenari inimmaginabili. Mi sembra tutto così irreale sentire la sua voce e finalmente avere la conferma che lui sta bene.

«Buon compleanno» dice dopo un po' e inevitabilmente mi scendono un paio di lacrime.
«Grazie.»
«Che strano... tu non ringrazi. Ho sbagliato persona per caso?»

«Nick, fottiti» replico semplicemente facendolo ridere.

«Che cosa fai?» domanda poi.
Ispiro profondamente. «Niente, tu?» chiedo tornando di spalle al pontile.
«Farei volentieri quel niente insieme a te» dice e le lacrime mi annebbiano gradualmente gli occhi. Sorrido trattenendole con forza.
«Vuoi che ti racconti un po' dove mi trovo?» chiede poi.
«Sì» dico con un filino di voce, il cuore che mi batte flebile e io che tiro su col naso cercando di non farmi sentire.

«Va bene. Allora... sono le due di notte qui, sono fuori, seduto su una sedia vicino a... un furgone e fa un po' freddo. In lontananza ci sono delle colline, un po' della roccia è frastagliata e poi ci sono dei cespugli un po' sparsi a casaccio... per il resto c'è silenzio, stanno quasi tutti dormendo...» fa una piccola pausa mentre chiudo gli occhi come di conseguenza, cercando di immaginarmi ogni cosa che ha descritto, «... pensavo a te» conclude e il mio cuore fa una capriola.

«Perché è il mio compleanno?» lo prendo in giro. «Beh, in effetti è una cosa normale.»

«No, perché mi manchi.»
Le lacrime tornano con prepotenza.

«Non è possibile, ti rompo sempre il flacone di sapone per le mani. Ora non dovrai più pulire il pavimento del bagno e acquistarne un altro.»

Lui ride.
«Quello che c'è in bagno ora è il settimo.»

«Stai bene?» chiedo riferendomi a quello che entrambi conosciamo molto bene. I suoi attacchi di panico, quelli che mi terrorizzano a morte.
«Sto bene. Che mi racconti di bello?» liquida la cosa forse troppo rapidamente, decido di non chiedere altro, magari è solo una mia impressione. Lui forse sta sul serio bene.

«Ho ventuno anni quindi posso prendere tutte le bottiglie che voglio e non per berle ma per comprare quel vino che usi in cucina, poi ho visto i miei due ex litigare tra di loro e quasi picchiarsi a vicenda e... Ah, sì! Ho fatto l'iscrizione all'università. Sono tornata a studiare. Ho perfino scelto un corso di economia, potrebbe servirmi considerato che Ethan è un manager e magari in futuro potrebbe aprirsi un suo di impero aziendale che batterebbe quello degli O'Brien. Chissà, se continua con la sua carriera fallimentare da influencer forse un giorno avrà il suo brand personale e allora io lo userò per farmi assumere e avere uno stipendio decente» termino sdrammatizzando.

«Quindi mi vuoi dire che appena tornato dovrò raccogliere i libri che lascerai in giro come fai con i tuoi vestiti o le scarpe?» fa divertito.
Sorrido. «Forse.»
«Non mi dispiacerebbe» replica per poi riaprire bocca. «Tu come stai?»

«Bene» rispondo e mento, ma è meglio così, non voglio che si preoccupi.
«Veronica.»
«Mhm?»
«Ti ho chiesto come stai, non "Mi potresti dire una bugia?"»

Merda.
«È tutto a posto» dico cercando di non farmi tradire dalla voce perché i miei occhi ora stanno lacrimando copiosamente. «Dico sul serio. Lavoro, vivo prevalentemente con Ethan e sai che mi ha preparato una torta?» sorrido con tristezza e mi asciugo il viso.

«Sei sicura di poter gestire anche l'università?» chiede dubbioso.
«Perché? Guarda che ci sono molte persone che studiano e nel frattempo lavorano anche, ce la posso fare.»
«Non avrai nessun esaurimento nervoso che ti farà dare di matto tanto da sterminare metà San Francisco?»

Non so come ribattere perché ha ragione, potrebbe accadere. Non lo sterminio, ma lo stress sì, potrebbe capitarmi.
«Posso farcela» replico nonostante tutto. Anche senza averlo davanti so che adesso ha quella faccia che sa di "Guardami negli occhi e ripetilo, ma senza mentire".

«I tuoi ex hanno litigato?» chiede d'un tratto. Qualcosa mi dice che ha cambiato appositamente argomento, forse perché se avesse continuato è molto probabile che avremmo litigato siccome io so essere una incredibile testa di cazzo quando si tratta di ignorare la realtà e fingere che alcune cose non esistano affatto. Un vero professionista.

«Già... e sei stato nominato» confesso e mi porto il polpastrello alla bocca strappando la pellicina.
Nicholas ride divertito.
«Dai tuoi ex? Un po' insolito, non trovi?»
«In realtà da un altro ragazzo.»
«Hai un altro ex ragazzo?» commenta stupito.
Faccio inevitabilmente una smorfia.
«Mio dio, no... Finn Dwayte è un cretino e mi odia, Logan e Adrien facevano una sorta di trio mentecatto con lui, e Finn ce l'ha con me... e poi ha detto un paio di cose su di te e credo di averlo invitato a una presunta cena dove sarai tu a cucinare...» aggiungo confusa da me stessa. Ho dei seri problemi che non capirò nemmeno io stessa.

Dall'altro lato della rete sento silenzio.
Nicholas ad un certo punto si schiarisce la voce.
«Tesoro?»
«Mhm?» mugugno.
Indugia. «Quando torno, dì a Finn Dwayte che l'invito è valido, così gli potrò parlare di alcune cose.»

«Come?» chiedo sbattendo le ciglia. «Stavo solo scherzando... sulla cena, intendo» dico rapidamente.

«Non mi dispiacerebbe incontrare questo tuo amico. Gli voglio solo fare delle domande, tutto qui.»

«Finn non è mio amico... E che genere di domande?» inarco un sopracciglio. «Finn deve solo tacere. Come se io potessi controllare gli impulsi sessuali dei suoi amici. Sì, ho messo Logan ed Adrien uno contro l'altro. E allora? Anche se non ho fatto niente in realtà. Adrien ha parlato male del padre morto e lui l'ha pestato. Fine della storia» spiego rapidamente e poi mi passo una mano sul viso sconsolata. «Merda... lo odio in un modo che è inconcepibile a livello umano...»

Silenzio per alcuni istanti e poi Nicholas ride.
«No, non farlo. Non c'è niente di divertente. Finn fa parte della comitiva e me lo ritrovo ovunque come un virus scappato dai ghiacciai perché si stanno sciogliendo.»

«Adoro la tua vita, sembra una di quelle soap opere.»

«Non mi prendere un giro» mi limito a dire e se solo ce l'avessi davanti gli rifilerei uno sguardo di traverso e una sberla sul braccio.

«Non mi permetterei mai» replica lui divertito. «Forse» aggiunge poi lasciandomi incredula.

«No, non puoi.»

«Dopo la cena che hai organizzato col tuo amico Finn Dwayte che odi, posso baciarlo? È carino almeno?»

Resto in silenzio per niente stupita dalla sua proposta, ormai lo conosco, e il mio mutismo basta per divertirlo di più. «Dai, dimmelo. Com'è?» insiste e non posso che immaginarlo a giocare con i capelli come le ragazzine che spettegolano.

«Non parlerò di queste cose con te.»

«Dimmi solo com'è.»

«Biondo, occhi azzurri e si veste come un surfista degli anni ottanta che fuma crack dal mattino alla sera» spiego sbuffando.

«Biondo... Nah, preferisco il tuo ex Logan Price.»
Quasi non mi strozzo con la mia stessa saliva.
«Sai, io non credo proprio che questa sia una conversazione molto normale» gli faccio notare stordita.

«Parlo dello stile. Vestito tutto in nero, poi i tatuaggi... Sì, capisco perché ti sia piaciuto» ride come un imbecille lasciandomi sbigottita. Il mio ragazzo è uno scemo.

«Capisci cosa?»

«Fossi stato al tuo posto ci avrei provato anche io» dice come se niente fosse.

«Voi due non state bene» concludo alla fine.

«Perché noi due chiede e mi astengo dal dirgli che Logan gli ha complimentato le mani.
«Devo insultarlo? Se vuoi lo insulto. Uhm... è uno stronzo e... cattivo ragazzo sexy con la giacca da pelle da motociclista e molto tatuato. È tatuato anche in altre zone?»

Sbarro gli occhi.
«Nicholas!»

«Che c'è?»
Rido coprendomi il viso con una mano. Dio mio...

«Chiedevo solo.»

«Non sai insultare.»

«La mia maestra delle elementari diceva che insultare fosse solo un meccanismo di difesa a specchio. Tu insulti, l'altro lo fa a sua volta e si finisce per odiare e odiare qualcuno è come bere veleno aspettandosi che sia l'altro a morire ma intanto quello a uccidersi pian piano sei solo tu.»

Resto ammutolita dinanzi le sue parole.

«Come fai a non provare rabbia per qualcuno?» dico sovrappensiero. «Insomma... se una persona ti fa del male, non puoi volerle bene» termino probabilmente non con la miglior delle domande mentre ripenso al pranzo andato a rotoli per via di Adrien.
Ho difeso Logan, l'ho fatto senza pensarci due volte. Soprattutto quando mi sono alzata in piedi e mi sono messa davanti ad Adrien. Questo vuol dire... cosa? Che nonostante tutto voglio bene a Logan? No, io non lo accetto.

Nicholas sembra pensarci su.
«Siamo umani e facciamo errori di continuo. Se ci limitassimo a considerare solo gli errori sarebbe facile. Ma dietro ogni scelta c'è una motivazione e chiunque, indipendentemente dal suo errore, ha la propria storia. Io ho fatto tanti sbagli, tu hai fatto tanti sbagli, quindi siamo persone cattive?» domanda. Rimango in silenzio non sapendo come ribattere.

«Una volta ero in un giro di avanscoperta con un mio... compagno di squadra» riprende parola schiarendosi la voce. «Ci siamo allontanati molto. Dovevamo recuperare delle persone e non potevamo usare mezzi, quindi siamo andati a piedi. Ricordo che faceva caldo, così tanto che le immagini ondeggiavano... e lui ad un certo punto pestò una mina» un'altra pausa. «Era la mia prima missione con quel ragazzo. Siamo rimasti fermi per ore intere in attesa di qualcuno che arrivasse a darci una mano. Poi ricordo come lui mi abbia afferrato e trascinato al suo posto. Successe tutto troppo rapidamente.»

Rimango di sasso.
«Diceva "mi dispiace", lo ripeteva piangendo in un modo... E io mi sono sentito fottuto» ride lievemente. «Alla fine sono arrivati gli altri e abbiamo scoperto che non era una mina, ma un residuo di qualche ferraglia. Io ero vivo, lui era vivo. Avrei dovuto odiarlo? Sì, avrei dovuto. Era solo giovane, si era chiaramente pentito di essere lì e non voleva morire un quel posto. Aveva solo tanta paura. E quando abbiamo paura facciamo un sacco di errori. Quindi sì, puoi voler bene a qualcuno anche se ti ha ferito.»

«Chi era quel ragazzo?» chiedo corrucciando la fronte.

Nicholas indugia. «Tyler.»
Rimango senza parole per la seconda volta.

Lo sento cacciare uno sbuffo di risata e mi domando davvero come faccia. Se qualcuno l'avesse fatto a me dopo l'avrei ammazzato con le mie stesse mani davanti a tutto il mio plotone.
«Scusa ma perché siete finiti amici? Avresti dovuto come il minimo sferrargli un pugno in faccia.»

«Oh, ma l'ho fatto» ride contagiandomi. «E gli ho anche detto "cazzone".»

Scoppio tutto d'un tratto a ridere.
«Wow... offensivo, soldato» ridacchio.
«Lo so. Posso essere molto cattivo quando serve» ammicca.

Sorrido inevitabilmente mordendomi un labbro.
«Veronica?» mi richiama dopo un po' di silenzio.
«Uh?»
«So che ti sei isolata da qualche parte e che stai evitando il tuo compleanno perché l'ultimo è stato terrificante. Quindi alzati e vai a festeggiarlo.»

Merda.

«Non mi sono isolata» sbuffo scocciata.

«Porta quelle candeline a Ethan e poi magari esci un po' con le tue amiche» mi invita con una dolcezza disarmante. Sospiro.
«È molto probabile che incontri Finn e voglio evitarlo.»

«Se lo incontri digli che ho un debole per i surfisti» ridacchia divertito. Sbatto teatralmente le ciglia consapevole che non possa vedermi.

«Io non ci credo, sei...» sospiro con una mano sul viso, immaginando la persona o le persone che potrebbero sentire questa conversazione. «Mio Dio...»
Nicholas invece se la ride di gusto come un perfetto idiota.

«Ricordami ancora una volta perché sei il mio ragazzo...» mormoro sconsolata.

«Perché mi sfrutti per stirarti i vestiti e prepararti da mangiare.»

«Esatto.»

«Ti ho lasciato una cosa» dice d'un tratto.

«Sì, le chiavi della tua auto che non userò.»

«Se ti serve, fallo, tanto sta lì. Basta solo che non tu non la scambi per un aeroplano.»

Corruccio la fronte e il mio silenzio lo fa continuare. «Guidi come una matta.»

Ah, ma bene. Grazie Nicholas.

«Per fortuna sono abituato alle buche che prendi di continuo e a quelle sterzate folli, per non parlare di quando fai retromarcia e acceleri tanto che l'ultima volta stavi per beccare un lampione della luc-»

«Mi stai offendendo?» lo interrompo.

Lui ride. «Ad essersi offesa è la mia auto dopo che le hai fatto saltare lo specchietto retrovisore destro.»

Poggio una mano sul viso. «Senti, te l'ho già detto che non è stata colpa mia. Ho evitato un incidente perché quel imbecille stava di mezzo e avevo invaso la mia corsia. Ti ho fatto sostituire lo specchietto. Ho pagato sia quello che il meccanico quindi la bocca» ordino seccata.

«Vai nell'armadio. Secondo scaffale a sinistra» dice invece ignorando quello che ho appena detto.

«Perché?»

«Tu vai a vedere cos'è, spero di piaccia.»

«Odio le sorprese. Non mi puoi semplicemente dire cos'è?»

«No.»

Improvvisamente si sente una voce dall'altra parte, sembra dirgli qualcosa, lui risponde in un'altra lingua e io aggrotto la fronte.

«Scusa, ora devo andare... mi stanno chiamando e devo restituire il cellulare, l'ho usato anche troppo» fa divertito. Basta un secondo per rendermi conto che è finita e non lo sentirò chissà per quanto, probabilmente fin quando non tornerà a casa.

«Va bene... v-vai pure» replico con gli occhi che mi si inumidiscono copiosamente.

«Ehi» mi richiama ad un certo punto.
«Mhm?»
«Ti amo.»

Il mio cuore sussulta con violenza nel petto.
«Anch'io» dico con un filo di voce. «E... stai attento!» aggiungo frettolosamente. «Ti prego, stai attento e... ti volevo anche dire che - la voce mi si incrina mentre le lacrime mi annebbiano completamente la vista - ti aspetto.»
Concludo serrando i denti per scacciare il peso opprimente che sento sul petto.

«Ci vediamo presto.»
La linea cade.
Rimango col cellulare all'orecchio per altri istanti finché non lo allontano e fisso lo schermo della home, come sfondo la foto di me e Ethan sulla barca a vela.

Lui sta bene.

Mi tiro alla fine in piedi, guido fino al suo appartamento dove entro e raggiungo l'armadio. Infilo una mano tra le sue camicie, finché non tasto qualcosa che tiro fuori.

È una scatoletta nera e opaca.
Alzo il viso e tra le camicie scorgo anche un biglietto che mi era sfuggito, quindi lo prendo rigirandomelo tra le dita.

Ho inevitabilmente un déjà-vu. Il vestito che mi aveva regalato per quella cena era accompagnato da un biglietto come questo. Sorrido lievemente, tiro un profondo respiro e lo apro.

"Sei come un fiore che cresce in una foresta in fiamme, e io resterò ad annaffiarlo finché esse non cesseranno di ardere."

È un attimo e il mio cuore sussulta.

Solo qualcuno come Nicholas potrebbe mai scrivere una cosa del genere tanto smielata...

Apro quindi la scatoletta e il mio mondo smette di girare. Tutto si congela, il tempo di ferma bloccandolo per sempre.
Oh, merda.

Con gli occhi fissi su di esso, rimango immobile, il brivido che mi attraversa la schiena fino alle punte dei piedi.
Raggiungo distrattamente il letto, mi ci siedo sul bordo senza staccare gli occhi da quello che ho tra le mani.

Poggio il biglietto accanto a me per poi avvicinare le dita e staccare l'anello, guardarlo da più da vicino.
È qualcosa di estremamente semplice e fine. Probabilmente argento, non ne ho idea, non mi sono mai intesa di questo genere di cose. Incastonata al centro, invece, c'è una pietra verde di forma rettangolare che brilla sotto le luci della stanza da letto.

L'ultima volta ad aver indossato un anello, era quello di castità che non ricordo nemmeno dove sia finito. Credo di averlo perso nella mia vecchia stanza al campus quando l'ho tolto.
Adesso, però, c'è questo che... non so nemmeno cosa pensare.
Non sono mai stata quel tipo di ragazza che impazzisce per i gioielli e vedere questo, non avendo nemmeno la più pallida idea di quanto sia costato, mi crea una strana emozione, come se questo oggetto fosse una prova ulteriore che quello che c'è tra me e Nicholas sia giusto, che tutto sta andando nel verso corretto. Che noi funzioniamo.

Sta succedendo davvero... la mia sfortuna è svanita.

Sorrido e mi infilo l'anello all'anulare della mano sinistra. Lo ammiro incredula cadendo di spalle sul materasso con un sorriso spiaccicato sul viso. Merda, io quel ragazzo lo amo.

***

«Questo sabato sera possiamo almeno bere qualcosa?» propone Kim prendendo posto al tavolo del bar del campus. Ci butta accanto la borsa e nel frattempo Nathalie ci raggiunge, si lascia cadere con un tonfo sulla sedia accanto a lei e porta le braccia conserte, chiude gli occhi e si appisola in tre secondi.
Una cosa normale, sì.

A stento riesco a non ridere.

«Per bere intendi...?»
Devo stare alla larga dagli alcolici, anche se il mio compleanno è stato tre giorni fa. Oggi è lunedì, primo giorno di ritorno ufficiale all'università e... mi fa una strana sensazione essere di nuovo qui.

«Una piccola festa? Niente di che, e tu ci vieni. Ti ho chiamata e non hai risposto. Non ho ancora capito dove sei finita l'altro ieri!» esclama indignata.
«Sono rimasta a casa» con Ethan a ingozzarci di torta, guardare Dragon Trainer e poi ridere col Hotel da Incubo con Gordon Ramsay. Mi porto il caffè alla bocca prendendone un sorso dando un'occhiata ai messaggi da Ethan.

«Aspetta, ma quello cos'è?»
Alzo d'istinto il viso e mi guardo in giro. «Cosa?» chiedo non capendo.
Lei invece si tende sul tavolo, afferra il mio bicchiere e lo poggia sul tavolo per poi prendermi la mano tra le sue e analizzarla da vicino tanto che mi attira contro il tavolo e le mie costole sbattono contro lo spigolo.

«Questo!» esclama con fare ovvio indicando l'anello. Ah, sì.

«Niente» liquido la cosa ritraendo la mano per prendere un altro po' di caffè ma Kim me lo impedisce e molla una sberla a Nathalie facendola svegliare di soprassalto.
«Che c'è?! Chi è?! Dove sono?! Sì, ci sono! Eccomi! S-sono, sono sveglia! No, non stavo dormendo! Non stavo...» farnetica agitata guardandosi a destra e sinistra per poi fermarsi di getto quando realizza dove si trova.
«Guarda, Nath!» Kim le mostra la mia mano.

Nathalie riduce gli occhi in due fessure inumidendosi le labbra. «Belle cuticole...» mormora. Kim le rivolge una smorfia.

«Cosa? No! Guarda l'anello!» mi sventola la mano.
La mora rimane a fissarlo per alcuni istanti finché non riapre bocca.
«È un... esame della vista a sorpresa come quello dal ginecologo che mi fai fare perché io non ci vado mai?»
Rido istintivamente mentre la sua ragazza si schiaffeggia la fronte.

«Ogni tanto mi domando perché io stia insieme a te» fa sconsolata. Nathalie fa una smorfia confusa e dà un'occhiata alla mia mano.
«Sì, è un anello e allora? Molto carino il verde» commenta con noncuranza.
«È uno smeraldo!» urla Kim lasciando sia me che Nathalie perplesse. Ci guardiamo negli occhi a lungo e né l'una né l'altra mostriamo tutto questo gran entusiasmo. Sì, è un anello.

«Oh, maddai!» esclama Kim esasperata. «Lo voglio anche io un anello così, se solo non fossi povera l'avrei preteso...» dice verso la sua ragazza che in tutta risposta si rimette a dormire come se niente fosse.

Adoro Nathalie, non c'è dubbio.

«Che smeraldo?» sento chiedere.
Alzo il viso e Duncan si avvicina al nostro tavolo. I capelli biondi sono corti come sempre, indosso ha la tipica felpa a zip rossa che probabilmente inizia a stargli un po' stretta.
Prende posto vicino a me e dà un morso al suo donut ricoperto di cioccolato che prendo a fissare probabilmente per troppo tanto che lui lo nota.

«Proteine, vuoi?» me lo porge.
Sorrido e avvicino pollice all'indice.
«Solo un po'» ammetto. Lui lo porta verso la bocca e gli do un morso.

«Quindi ora parlate di gioielli come fanno i ricchi di Silicon Valley?» ride tornando a mangiare e io gli offro il mio caffè che lui sorseggia facendo una smorfia.
«Ti è caduta una cisterna di zucchero in questo bicchiere?» sorride.

«Nicholas le ha regalato un anello di fidanzamento con lo smeraldo» dice Kim e io quasi non mi strozzo col boccone che sto ancora masticando.
La guardo spaesata.

«Ti sei fidanzata?» chiede Duncan al mio fianco stupito.
«No» rispondo subito.

Kim scuote la testa indicandomi la mano.
«Quello è un anello di fidanzamento e Nicholas deve intendersi di pietre altrimenti non saprebbe che lo smeraldo è tipicamente usato per queste cose!»

«Ragazzi, non mi sono fidanzata!» replico contrariata e sposto gli occhi in fondo sul bancone del bar sbuffando.

«Tu sei fidanzata» dice invece Kim continuando a reggere la sua tesi assurda.

«Non me l'ha chiesto! Non mi ha chiesto niente, mi ha solo scritto qualche parola e basta. E poi perché mai dovrebbe? Ci frequentiamo seriamente solo da due mesi» ribatto ancora tornando a guardarla. Lei mi lancia un sorrisetto.

«Ma davvero? Ma se avevi detto che lo conosci da più due mesi.»

«Sì, ma abbiamo fatto solo sesso» rispondo sventolando la mano e Duncan al mio fianco che stava sorseggiando nonostante lo zucchero il mio caffè ci si strozza.
«Almeno credo...» aggiungo corrucciando la fronte. Certo, facevamo sesso ma oltre a questo c'erano anche altre cose: le cene a casa sua, i weekend insieme, il tempo che passavamo a casa di Ethan, le passeggiate serali in spiaggia e poi lui che veniva a prendermi da lavoro...

Duncan si gira lentamente in mia direzione ad occhi spalancati, mi guarda esattamente per tre secondi prima di scoppiare a ridere e mollarmi una spallata.
«Ti amo» confessa scuotendo la testa divertita. «La Ronnie con l'anello di castità che si porta a letto un poliziotto per mesi. Mi piace!» commenta con un'occhiata equivoca al che alzo gli occhi al cielo.

«Ero frustata sessualmente e lui mi ronzava intorno, tutto qui» spiego ma il sorrisetto che ha in visto si ingrandisce ancora di più.

«Io non l'ho mai visto questo adone, qualcuno me lo fa vedere?» chiede tutto d'improvviso lasciandomi spaesata. Kim tira fuori il cellulare e la fisso come un pesce lesso quando volge lo schermo verso me e Duncan con il profilo Instagram di Nicholas. Ma come ha fatto a trovarlo?

Duncan guarda le foto e poi si gira verso di me.

«La divisa militare gli sta molto bene...» dice e dà un ultimo morso al donut. «E Kim ha ragione. Noi uomini siamo creature semplici. Non facciamo regali a caso e soprattutto non diamanti.»

«È uno smeraldo!» lo assalisce Kim stizzita. «Ma perché non...» si ferma cacciando un gemito di esasperazione. «Lasciate perdere, okay? Ho capito» mormora alla fine sconsolata e ritira il cellulare rimettendolo a posto.

«E tu» mi punta un dito contro. «Sei fidanzata. Accettalo» sibila e sorseggia dalla cannuccia il bubble tea al mango per poi aggrottare la fronte.
«Sei fidanzata!» esclama come se si fosse ricordata qualcosa e scuote Nathalie che trasalisce di nuovo, la quale alza improvvisamente le mani in segno di difesa... che sembra una strana mossa inesistente di karatè.

«Sono sveglia! Sono sveglia e...» si ferma di stucco e si guarda in giro per poi mollare un'occhiata al biondo accanto a me.

«Oh! Ciao, Duncan!» sorride felice come un golden retriever e poi corruccia la fronte. «Che mi sono persa?»

«Festa a casa mia questo sabato sera e tu ci verrai, intesi?!» strilla Kim iniettandomi le pupille addosso.

«Mhm... no» rispondo lasciandola di stucco. «Le feste a casa tua hanno sempre un finale molto strano per me» mi spiego meglio.

La prima volta mi sono ubriacata, fumato il mio primo spinello, messo all'asta la mia verginità, baciato Kieran O'Brien con cui volevo fare sesso, poi baciato Adrien, poi ho proposto a Logan di fare sesso dopo avergli detto che mi piaceva, era erotico e alla fine l'ho mandato al diavolo quando ha rifiutato e me ne sono andata via.

La seconda volta, invece, ero completamente lucida eppure sono finita in stanza da letto al piano superiore a sbraitarci contro, fare sesso... rancoroso, e poi me ne sono andata via di nuovo.

Non voglio che la storia si ripeti, non una terza volta.

«Allora... alla confraternita?»

Scuoto la testa.
Kim sbuffa esasperata e si ricorda qualcosa di getto. «Questo fine settimana Carter darà una festa a casa sua! È un posto bellissimo, una sorta di suite al ventesimo piano con tanto di terrazzo all'aperto sul tetto. Piscina con Jacuzzi e mini bar. Porta il tuo amico, Ethan, se vuoi. Festeggiamo il tuo compleanno, ma senza dare una festa per te. Che dici?» propone elettrizzata.

Sospiro pesantemente. Ci penso, ci ripenso, mi dico che è ugualmente una cattiva idea... non so nemmeno chi sia questo Carter, il nome mi suona famigliare, forse l'avrò incontrato o forse no. Poi guardo Kim che attende e sbuffo.
«Va bene» rispondo esausta.
Lei sorride cacciando un gridolino di entusiasmo e si alza un po', si protende sul tavolo e mi afferra per le braccia scuotendomi come se fossi un budino.

«Sei fidanzata!» urla euforica strappandomi un piccolo cenno di risata.

Sono fidanzata.
Sono fidanzata con Nicholas Bailey Reed. Mi sembra solo ieri il giorno che gli ho ficcato in bocca il burro di arachidi e l'ho quasi ucciso...

Gli occhi si spostano da Kim alle sue spalle per un momento e il sorriso che avevo in viso si spegne lentamente.
I suoi occhi neri incontrano i miei, ci restano incollati mentre è accanto al bancone del bar ad aspettare un caffè che gli viene poggiato vicino ma che lui pare non rendersene nemmeno conto.

«Ora non ti resta che stare lontana da suo padre» la voce di Kim spezza il contatto visivo. Lascio perdere Logan e torno a guardarla. La trovo con un sorrisetto intenta a controllare qualcosa sul suo cellulare.

Aggrotto la fronte stranita.

«Cosa?» le chiedo ma lei scappa via come se si fosse appena ricordata qualcosa di estremamente importante.
«Kim? Aspetta... cosa... Cosa intendevi?» alzo le voce con l'ansia a divorarmi improvvisamente il petto.
Quello che so di Benedict O'Brien sono i racconti di Nicholas: è uno stronzo, gran figlio di puttana, mezzo matto, ossessivo e non gli frega di nessuno che non sia solo la sua famiglia.

Io sto con suo figlio, l'erede ribelle.
Io sto con suo figlio.

Oh, merda.

***

Angolo autrice

Sì, questo capitolo è stato molto dolce, tipo diabetico ma ci stava assolutamente. Risentire Nick anche se per un breve istante è stato bellissimo e niente, sono molto felice per Ronnie. La sua vita sta andando nel verso giusto. Ha un lavoro, ha ripreso gli studi, un ragazzo che l'ha scelta e continua a farlo anche a chilometri di distanza, ha Ethan e ha anche i suoi vecchi amici.


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