4 | Mi vuoi uccidere?

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CAPITOLO 4
Mi vuoi uccidere?

Quando Christopher Kyle è uscito dalla mia vita, ce l'avevo con lui ma anche con me stessa.
Avevo perso l'uomo che amavo. Il mio papà. E con lui ho perso ogni altra cosa che lo riguardasse: il ranch di famiglia, la nonna tornata in Italia, i cavalli. Gli avevo detto che mi sarei ripresa Jack e Light, il cavallo della mamma, ma poi quando sono tornata a San Francisco non ho mantenuto nessuna tra le mie promesse o forse minacce.

Per prima cosa ho mollato l'università che avevo detto chiaramente che mi sarei pagata da sola e l'ho fatto perlomeno per pochi mesi finché non sono caduta a fondo nel mio dolore. Per quando riguarda, invece, Jack e Light... Cosa avrei dovuto fare di preciso? Portarli a vivere nel mio monolocale sopra al Pink Ocean e trasformare la mia casa nella dimora senza tetto diventando così Dottor Dollitle ma versione alcolizzata che fuma marijuana?

I miei piani sono sempre stati fallimentari. Sin da quando ero una bambina, mi fissavo qualcosa ma alla fine il mio obiettivo pareva spostarsi nella direzione opposta per poi farmi "ciao ciao" con la manina e mollarmi nel disastro in cui puntualmente inciampavo.

Ad esempio ho cercato di evitare l'attrazione sessuale verso Adrien, e ho fallito.
Ho evitato di non innamorarmi e finire a letto con Logan, e ho fallito.
Ho evitato di perdere la verginità prima del matrimonio, e ho fallito.
Nicholas è spuntato nella mia vita quando meno me l'aspettassi. Ho detto a me stessa e anche a lui che non io non mi innamoro, che tra parentesi significava "non mi innamorerò mai più perché l'amore fa schifo", lui ha sorriso e mi ha risposto "Con te o è tutto o è niente. E se l'amore ti fa schifo, non fa nulla. Tu hai conosciuto un altro tipo di amore... io potrò farti conoscere quello mio, se lo vorrai".

Sono un disastro epocale, ambulante che va in giro a combinare stronzate.
Sono un disastro, una perdente, ho scoperto di essere anche vendicativa, cattiva, glaciale, stronza e per finire una puttana. Testuali parole di Logan.
Dovrei provare vergogna e repulsione verso me stessa ma la verità è che ho finalmente capito chi sono e non mi fa paura, non quando ho trovato la persona che mi accetta proprio così come sono, con i miei tremila difetti. Ho finalmente trovato il mio passeggero, quello a cui ho offerto il posto a sedere alla mia destra e non gli importa se a volte prendo qualche sentiero dissestato, se nel frattempo mi si buca una ruota perché so con certezza che lui scenderà e mi aiuterà a infilare quella di scorta per poi riprendere a guidare senza problemi come se niente di talmente irreparabile fosse mai accaduto.

E il mio passeggero sta uscendo proprio adesso dal portone principale del suo appartamento.
In sella alla moto, lo guardo.

Camicia bianca stretta nei pantaloni neri, il colletto leggermente aperto, le maniche tirate in su, la giacca nera nella mano destra. Dice di soffrire il freddo, o meglio l'ho scoperta da sola, eppure esce così fuori casa probabilmente perché vuole fare il fico, non lo so.
Fa per avanzare verso di me ma si blocca di getto, si guarda stranito in giro quasi alla ricerca di qualcosa, ripone gli occhi su di me e abbozza un sorriso scuotendo la testa.

Scendo dalla moto e gliela indico con un inchino teatrale.
«La sua carrozza attende, Monsieur!» dico facendolo ridere. Con la giacca stretta in mano riprende a camminare finché non ce l'ho davanti. I suoi occhi azzurri si poggiano nei miei, ci guardiamo in un inconsueto silenzio mentre il cuore mi riecheggia nel petto con prepotenza.

«Stai pensando di scappare, vero?» spezzo il ghiaccio riferendomi alla moto alle mie spalle. Nicholas tira un profondo respiro, trattiene un sorriso che ha tutta l'aria "sì, proprio così" ma alla fine mi afferra attirandomi a lui.

La mia giacca di pelle finisce contro la sua camicia tutta elegante e il suo profumo che lo contraddistingue da quando lo conosco.
«Sembra che tu mi stia portando ad assistere a un combattimento in un fight Club segreto» ridacchia divertito.

Schiocco la lingua contro il palato e alzo gli occhi al cielo, ridendo a malapena mentre allaccio le braccia dietro il suo collo.

«Se ne conoscessi uno ti ci porterei» replico nonostante tutto e mi alzo sulle punte degli anfibi per poggiare le mie labbra sulle sue ma rimango di stucco quando si sottrae.

«Sei fuori di testa?» mi chiede accigliato.

Aspetta, cosa?

«Mi inviti a un primo appuntamento e tu provi già a baciarmi?» dice lasciandomi di spaesata. Sbatto le ciglia per poi d'improvviso scoppiare a ridere.
«Nick, vaffanculo!» esclamo staccandomi di poco quanto basta per mollargli una sberla sul braccio.
Lui in tutta risposta spalanca gli occhi.
«Tutto questo è inaccettabile... e tu dovresti vergognarti-» commenta cercando di preservare quella sua stupida faccia seria ma gli afferro il viso, lo tiro a forza con me e lo bacio tanto da zittirlo.

«Io ti ficco la lingua un bocca quando mi pare e ora muovi il tuo culo da sbirro, voglio portarti in un bel posto e a fine serata ti toglierò i vestiti di dosso. - dico sulla sua bocca - Così quando chiamerai Tyler per metterti lo smalto come le cheerleaders, avrai di cosa raccontargli e gli potrai parlargli del mio completino di pizzo nero sexy da morire» concludo alzando gli scatto gli occhi, in viso un sorrisetto beffardo.

Nicholas mi guarda e annuisce sovrappensiero.
«Possiamo saltare alla parte un cui mi porti dentro e mi fai vedere la tua lingerie?» chiede di colpo e io deglutisco, perché non sarebbe affatto una cattiva idea. Per niente.

«No.»
Rispondo invece e mi stacco facendogli segno di salire in sella alla moto.
«Infilati quella giacca perché fa freddo e fila su... Ah! E non provare a fare niente alla Nicholas Bailey Reed, è un appuntamento e noi due non finiremo a fare sesso da nessuna parte tranne che forse il tuo o il mio letto o forse quello di un albergo, non ne ho idea, ma non - gli punto un dito contro - faremo sesso. Ci comporteremo da persone completamente normali» dico e lui aggrotta la fronte.

«Perché cosa fanno le persone normali che noi non facciamo?» chiede mentre si mette la giacca.
Non ci credo. Sbatto teatralmente le ciglia.
«Le persone normali durante un appuntamento fanno cose da persone normali» spiego e subito dopo corruccio le sopracciglia pensierosa. Nicholas mi imita con una smorfia confusa. «Tipo... parlare!» esclamo elencando la prima cosa che mi passa per la testa e la conto sulle dita della mano sinistra mentre cerco di aggiungere qualcos'altro.
«Cenare» dico. «E... bere acqua?» chiedo incerta.
Lui alza le sopracciglia.
«Quello credo lo facciano tutti.»

Oh, maledizione...

«Muoviti, vai sulla moto adesso. Tu sai guidarla, vero?»
Lui abbozza un sorriso. «Non è la tua moto? Perché dovrei guidarla io?»
«Perché se mi stai dietro potrei perdere l'equilibrio e ammazzare entrambi lungo la strada» rispondo con fare ovvio.

Lui, in tutta risposta, mi lancia un sorriso veramente equivoco. «Di solito quando ti sto dietro, ti tengo bene e non cadi da nessuna parte.»

Dinanzi la sua battuta allusiva, ispiro profondamente riuscendo a stento di non guardarlo male e invece alla fine lo faccio eccome.
«Non ci credo che ti sto portando a un appuntamento... perché ora questa cosa - indico la sua faccia con la mano - mi innervosisce.»

Lui sorride e mi afferra poggiando di getto le labbra sulle mie tanto da rubarmi ogni singola molecola di aria dai polmoni.
«Certo, Veronica. È una cosa che succede quando ti innamori di qualcuno» ridacchia divertito.

Che stronzo.

***

«Devi abbassarti un po'. Potresti farlo?» gli chiedo sbuffando scocciata perché i suoi metri di altezza sono veramente insopportabili molte volte, ma adesso ancora di più.
«Perché mi stai coprendo gli occhi? Non ha tanto senso. So già che ci siederanno a un tavolo, a parlare, cenare e bere acqua come le persone normali... aspetta, cos'è questo odore?» replica lui e in tutta risposta gli mollo un calcio da dietro.

«Sta' zitto, Nick» sibilo.
Lo sento sospirare pesantemente e alla fine, con le mie mani a coprirgli la vista continua a camminare finché non apro bocca.
«Fermo.»

Okay. È la volta buona. Se va male anche questo appuntamento allora le opzioni sono due: sono sfigata oppure sono sfigata. No, aspetta, le due opzioni non sono due opzioni. Merda.

«Ora toglierò le mani, se non rimani con gli occhi chiusi ti mollerò un calcio al menisco» dico seria e mi allontano, gli vado davanti per poi spalancare le braccia.
«Bene, ora puoi guardare!»

Lui, infilato nella sua camicia bianca e sopra la giacca da smoking finalmente apre gli occhi e credo di non aver mai sentito il cuore battermi così fottutamente tanto. A momenti credo mi scoppierà qualche vaso sanguigno in testa e morirò stecchita per terra. Sarà una morte veramente triste e pietosa, lo so. O forse morirò di un infarto, causato dall'ansia anche se credo che il livello di adrenalina che mi scorre in ogni briciola di carne me lo impedirà.
No. Non sto per morire. Mi sento solo sciogliere il cervello.

Nicholas si guarda silenziosamente intorno con addosso quella sua espressione imperscrutabile da soldato e poi torna da me, e io serro i denti fino a farmi male, rilasciando le mani lungo i fianchi e dando un'occhiata frettolosa a quello che ci circonda.

«Allora... ho preso in considerazione ogni singolo aspetto, e ci ho pensato per tipo tutta la settimana» prendo parola schiarendomi la voce. «Volevo che fosse qualcosa di tranquillo e magari niente di troppo... elegante? Mi bastano le tue camicie e le tue skin Old Money» commento indicandolo frettolosamente, al che lui alza le sopracciglia e io tiro le labbra in una lingua diritta.
Credo di averlo appena offeso.

«E... quindi, eccoci qui!» indico il posto. «Niente di stravagante, lo so. Di solito ci si porta al cinema, no? Oppure a un ristorante...? Due stelle Michelin? Non ne ho idea sinceramente... Non ci sono stelle ma ci sono le lucine che mi ha dato in prestito Ethan! E che sono carine, ma non esageratamente da diabete, non voglio vomitare il mio pancreas da qualche parte...» le indico per poi gesticolare completamente a caso. Cazzo, respira Ronnie, respira. Respira.

Mi torturo le mani spostandolo lo sguardo improvvisamente sul tavolo dietro di me, ricordandomi solo adesso della sua esistenza.

«Ma... anche se questo non è un ristorante a tutti gli effetti, ho usato i contatti glamour di Ethan e ho trovato uno chef che ha cucinato per noi stasera, quindi, ora direi che...» mi avvicino a una delle due sedie tirandola, «se permetti» dico facendogli segno di accomodarsi.

Lui mi scruta silenzioso per poi avanzare e con ogni passo mi sento andare in iperventilazione.

Okay, Ronnie. Va tutto bene. Andrà tutto bene. Andrà tutto benissimo.
Sì. Sì, andrà ogni cosa per il meglio. Sì.
Assolutamente.
Andrà tutto alla meraviglia. Sì.

Nicholas si sbottona la giacca, la piega con la solita raffinatezza poggiandola sullo schienale e prende posto. Io ancora in piedi, poggio le mani sui fianchi e tiro un profondo respiro.

«Tutto okay?» chiede stranito.
Annuisco frettolosamente e mi indico.
«Oh, questo? Sì, sì... è solo la posa del supereroe» liquido con fare ovvio e credo di sembrare una pazza. Ma prima di un grande e terrificante momento, se stai nella posa di Superman in genere l'ansia cala e tutto andrà bene. Credo.

Nicholas corruccia le sopracciglia stranito, trattiene una chiara risata, ma alla fine non fa domande.
Alla fine afferro la bottiglia di vino rosso che lui preferisce, gliene verso un po' nel calice di vetro e ne verso un po' anche nel mio, sedendomi poi davanti a lui che lo trovo a studiare il posto.

Il pavimento in fibra di cocco con qualche traccia di terriccio, foglie secche e licheni, tutto intorno il verde del giardino botanico, alla mia destra la parete di vetro che ci divide da uno stormo di farfalle blu che volteggiano nell'aria e sopra la nostra testa attaccate delle piccole lampadine arancioni che illuminano il tutto facendolo sprofondare quasi in una sorta di scenario fantasy alla Tolkien. Il profumo dei fiori e della vegetazione, invece, è intenso quanto il tremore delle mie mani che cerco di fare smettere ma è difficile.

«Ti è servita un'intera settimana per pensare a questo?» finalmente si sente la sua voce che non ho la più pallida idea di come cavolo interpretare. Ritorna con gli occhi su di me e mi sento incenerire. Vorrei capitasse sul serio così da trasformarmi in fertilizzante naturale per le piante.

«Avrei scelto la spiaggia, ma odi la sabbia e poi la sera sul tardi tira vento e si congela, soprattutto sul lungo mare e tu soffri il freddo anche se lo vuoi ammettere e avrei rischiato che morissi per assideramento... insomma, sai, non voglio ucciderti, non adesso perlomeno» dico con un gesto di mano e davanti il suo sopracciglio alzato aggrotto la fronte.
«C-cioè... cioè nel senso che non voglio ucciderti perché non posso, è illegale» rispondo un sorrisetto ovvio.

No, aspetta. Così suona ancor peggio.
Lo becco infatti a fissarmi stranito.

«Non che io ti voglia uccidere!» caccio una mezza risatina probabilmente isterica, non lo so di preciso. «Poi dovrei uccidere tutte le persone che conosci perché potrebbero pensare che sia io l'assassino, sai, il mio DNA è ovunque in casa tua, anche sulle tende della finestra ma solo perché le ho usate di nascosto per improvvisare una altalena. Le ho legate a quel affare strano che hai appeso sopra la porta della stanza da letto dove ti alleni, ma poi le ho tolte... era una bella altalena però...» concludo annuendo tra me e me.

«Quindi, in conclusione, hai intenzione di uccidermi?» chiede d'un tratto lasciandomi confusa.

Rido come di conseguenza afferrando il mio calice.
«Oh, dolce Nick...» sollevo gli angoli della bocca. «Mi temi per caso?» allungo il calice verso quello suo che ha affianco alla mano e faccio un cin-cin per poi mandare giù un sorso e lasciargli un'occhiata lunga. Mi posso la lingua sul labbro posando il bicchiere, le braccia sul tavolo e i miei occhi si piantano nei suoi.

«No» risponde serio, tenendo lo sguardo attaccato al mio. «Ma so che potresti spezzarmi il collo ancor prima di capire che intendi farlo» aggiunge mollandomi l'ombra di un sorriso.

«Sei un soldato infondo» replico contrariata indicandolo con un dito. «Sei addestrato per i colpi di scena, no? Parole tue.»
Prendo una breve pausa.

«Bevi» gli faccio cenno col mento verso il suo calice. I suoi occhi si poggiano su di esso e poi risalgono su di me.
«Non preoccuparti, non ho messo nessun veleno» abbozzo un sorriso. No, aspetta, mi è uscita male.

Lui lo afferra, lo porta al naso per un istante e poi ne assaggia un po'.

«Buono, vero?» chiedo alzando le sopracciglia. Mi guarda per diversi secondi per poi tutto d'un tratto sorride. C'è troppo silenzio ed è strano, di solito lui dice un sacco di puttanate ma ora pare essere catapultato in un'altra dimensione il che è strano.

«Intanto... che aspettiamo il cibo, possiamo fare quella cosa» dico elettrizzata cercando di spezzare il ghiaccio.
«Quale cosa?»
«Parlare» rispondo.
«E di cosa vorresti parlare?» chiede curioso. Molto bene. A lui piace parlare, quindi parliamo.

Lo fisso per alcuni istanti mentre il sangue inizia a scaldarsi nelle mie vene. Se voglio iniziare sul serio questa cosa, io voglio farlo nel modo giusto, ovvero senza brutte sorprese.

«Sei sposato?» chiedo senza troppi giri di parole.
Nicholas resta di stucco, aggrotta la fronte e mi rivolge un'espressione tanto confusa quanto divertita. «Come?»
«Rispondi» ordino, invece.

«No...?»
Annuisco.
«Hai figli illegittimi che nascondi da qualche parte tipo sotto il tappeto? Hai una botola? Li sfami lì una volta ogni tre giorni?»
«Che?» ride.
Resto in silenzio attendendo una risposta.
«No» risponde alla fine.
Annuisco di nuovo.
«Hai lasciato qualche donna incinta?»
«Non sto capendo... Perché mi stai facendo queste doman-» prova a dire con aria completamente smarrita, ma lo interrompo.

«Rispondi.»
Lui si passa la lingua sul labbro, tira un profondo respiro e scuote la testa. «No, Veronica. Non l'ho fatto.»
«Hai qualche strano, illegale, inquietante segreto inerente al tuo passato?»

Questa volta abbozza un sorriso e beve un sorso di vino. Posa il bicchiere, si tira su le maniche della camicia e poggia un gomito sul tavolo, le dita a reggere il viso.

«È un interrogatorio questo, non è parlare» mi fa notare.
«Parlare significa scambiarsi delle informazioni, no?»
Lui riduce gli occhi in due fessure, mi squadra con i suoi occhi eterocromi e annuisce d'accordo con quanto ho detto.

«Continuiamo a parlare» dico con un tenue sorriso. «Quindi, ce l'hai?»

Nicholas esita per alcuni istanti.
«Ho ucciso centotrentasei persone, delle cui dodici adolescenti, un bambino e tre donne, una di loro era incinta» confessa prendendomi del tutto di sprovvista.
I suoi sono occhi iniettati nei miei come mai prima di adesso.

«Ho tagliato la gola a un ribelle che minacciava di far saltare tutta la sua famiglia in aria per aver fornito informazioni all'esercito americano.»
Fa un piccola pausa.
«Non sono sempre stato un soldato della Marina militare statunitense, ho fatto l'accademia a Washington ma ho vissuto poi in Australia dove sono stato un operatore dello Special Air Service Regiment, abbreviativo SASR australiano. Ho preso parte a missioni...» si ferma cercando un termine adeguato mentre mi limito a fissarlo, «... speciali in Paesi del terzo mondo quali l'Afghanistan dove ho conosciuto la mia squadra che ora non c'è più, e prima di fare ciò sono stato selezionato per missioni in solitaria» svela lasciandomi perplessa tanto che sorrido inevitabilmente.

«Cos'è? Lavoravi per la CIA?» scherzo per sdrammatizzare. Nicholas mi guarda, il silenzio assoluto ci circonda ma non risponde. Non lo conferma, ma nemmeno lo smentisce. E il mio sorriso si attenua tanto da scomparire.

«Lavoravi per la CIA?» chiedo di nuovo, questa volta seria. Lui ride lievemente come se gli avessi fatto la battuta del secolo. Prende un sorso di vino, poggia il bicchiere e mi guarda.
«Tu cosa credi?» chiede invece a sua volta.
«La verità è importante» cito quella stupida frase, che pare un suo motto esistenziale. «Perché è così importante?»

Silenzio.
«Non lo è?» chiede poi.
Esito per alcuni buoni istanti.
«Non sempre la verità è utile saperla, a volte è meglio essere all'oscuro di certe cose» commento e parlo di qualcosa che lui non sa e che nemmeno io vorrei sapere, come il passato di Logan. Se non sapessi adesso vivrei senza questo peso sul cuore.

«È meglio per chi?» chiede invece lui piantando gli occhi nei miei quasi a volermi leggere nel pensiero.

«Vuoi essere una persona comune» commento d'un tratto ricordandomi le sue parole.

«Vero.»

«Non mi hai mai raccontato che non fossi stato solo un Marine» osservo.

«Non me l'hai mai chiesto» risponde tranquillo. «E quando ci siamo incontrati ti ho detto di aver vissuto negli ultimi cinque anni prevalentemente in Afghanistan, questo significa che il restante non l'ho passato lì.»

«Hai qualche altro segreto?» continuo nonostante tutto con i brividi a fior di pelle.

«Ho riempito di botte quel O'Donnell che ti aveva messo le mani addosso» termina con l'ombra di un sorriso, bevendo dal suo calice.

Rimango a guardarlo in completo silenzio.

«Vuoi che ti racconti anche com'è andata e perché io adesso non sia agli arresti domiciliari?» chiede con una calma tanto fredda da farmi rimanere... ipnotizzata.
«Sì» rispondo senza nemmeno rendermene conto.

«Perché in fin dei conti resto figlio di mio padre e nessuno tenterebbe mai di accusarmi di qualcosa. Lui ha voluto solo che occupassi il posto che mi è stato designato sin dalla nascita e io ho rifiutato. L'ho deluso come figlio, ma la sua tossica concezione e lealtà verso la nostra famiglia lo renderebbe capace di radere al suolo un'intera città, togliere di mezzo chiunque lo ostacoli pur di mettere al sicuro chi ha il suo stesso sangue» spiega facendomi rabbrividire fino alle più profonde delle viscere. È elettrico il modo in cui ne parla, vibrante.

«Hai altre domande?» chiede tornando a sorseggiare il suo vino.

«No» rispondo e sono sincera. Non saprei che altro chiedergli, mi ha spifferato quasi tutta la sua vita e quello che non so forse non dovrei saperlo in fin dei conti, riguarda la sua carriera, i suoi amici che ormai non ci sono più. Non è affar mio. Forse.

«Ti ho spaventata?» chiede poi.
«No.»
«Sei sicura?» chiede con uno sguardo che pare di... sfida, come in attesa di vedere qualcosa, forse vedermi scappare via.

«Sei un poliziotto corrotto» mi esce senza riuscire a rimandando indietro, giù per la gola.
«È una domanda?» alza le sopracciglia.
«No.»
«Credi che io lo sia?»
Mi guarda, mi ficca lo sguardo addosso trapassandomi da parte a parte insieme al suo tono di voce. Lui è... divertito.
La mia sottile accusa non lo sfiora per niente. Io l'avevo difeso quella volta alla festa di Tyler, dicendo che tutti si sbagliavano, che lui è buono, è onesto... ma lui resta comunque vada un O'Brien, lo resta inevitabilmente ed è anche altro.

«Lo sei?»

Nicholas sistema il suo tovagliolo.
«In base al mio giudizio soggettivo credo di no. Tu, invece, cosa credi?»

«Credo che per quanto tu abbia cambiato cognome e sia fuggito lontano, sei pericoloso quanto tuo padre, forse peggio dal momento che sai come uccidere senza alcun indugio e che il ruolo che ricopri, da poliziotto, ti faccia passare inosservato» confesso reggendogli lo sguardo senza spostarlo per nemmeno un istante.

«Hai letto per caso la Saga di Jeff Lindsey
Aggrotto la fronte. «Dexter Morgan
Lui annuisce. «Sembra una descrizione che gli si addice» commenta semplicemente.

«Ti senti un giustiziere?» chiedo quindi.
Scuote la testa.
«E allora perché l'hai fatto?» chiedo a proposito di O'Donnell.
Nessuno mi ha mai protetto. Nessuno in questo modo, a parte mio padre.

Nicholas si schiarisce la voce. «Non è evidente?» alza le sopracciglia.

«Cosa?»

«Forse per te non ha granché rilevanza perché sei stata abituata a badare da sola a te stessa, ma io quando faccio un giuramento questo è sacro. Siamo compagni di squadra, quindi se qualcuno ti sfiora io gli spezzo le mani» dice con una naturalezza disarmante.

«Che hai fatto a quel tipo del bar?» chiedo comunque.

«Niente. Respira ancora» sorride lievemente.
«E com'è stato?» domando curiosa, mentre il respiro si fa sempre più pesante.
«Diceva parole come "basta, ti prego"» fa vago liquidando la cosa con un gesto di mano.
«Che gli hai fatto?»
«Te l'ho già detto.»

L'ha riempito di botte, sì.

«Intendo cosa nello specifico» mi spiego meglio non avendo nemmeno la più pallida idea del perché io lo voglia sapere.

«Vuoi una confessione?» fa divertito.
«La verità» lo correggo. Lui annuisce.
«Vuoi registrarmi e dirlo alla polizia?» replica a mo' di sfida nonostante sia parecchio divertito.

«Sei tu la polizia» gli ricordo nel caso se lo fosse dimenticato, cosa poco probabile.

«Non stasera.»
Corruccio la fronte.
«Non sei un poliziotto? E chi saresti altrimenti?» chiedo quindi.

«Se questo appuntamento dovesse concludersi con esito positivo, sarò quello che si è guadagnata il posto al tuo fianco e se lo terrà ben stretto.»

Il mio cuore ha un sussulto violento.
Non ho idea di che diavolo stia succedendo nello specifico tra noi due ma di qualsiasi cosa si tratti è brace. Le fiamme divampano intorno a noi nonostante la vegetazione, il profumo delle piante e del fiori, nonostante le farfalle alla mia destra, intorno a noi danzano le fiamme. E mi piace.

Ispiro profondamente.
«Ora dov'è?» riprendo il discorso di prima. «O'Donnell» aggiungo.

Nicholas alza le spalle. «A casa sua suppongo. Perché dovrei saperlo? Non seguo chi strozzo a mani nude, altrimenti mi farei beccare, no?» ride passandosi la lingua sul labbro inferiore.

Deglutisco annuendo.

«Ora ti faccio paura, Veronica?» chiede scavando dentro di me con quei suoi occhi azzurri.

«Dovrei aver paura?»

«Dimmelo tu... ma prima puoi togliere la mano dal coltello? Non ti serve, il cibo non è ancora arrivato» sorride e io abbasso di scatto gli occhi sulle posate alla mia destra. Le dita accarezzano l'acciaio.
«Ho solo fame e mi sto preparando per quando arriverà la carne» rispondo in tutta tranquillità.

«Nel menù di stasera c'è la carne?» chiede curioso lanciandomi un'occhiata che sa di fuoco e null'altro. Altra benzina cade sul pavimento, alimentando le fiamme che bruciano con irruenza.

«Manzo, quella che tu preferisci» svelo con un piccolo sorriso.

«Mi conosci bene» mormora compiaciuto.
«Davvero?» sollevo le sopracciglia falsamente stupita.
«Così bene da sapere che quel coltello sarebbe altamente inefficace nel caso intendessi farne un uso diverso da quello che non sia tagliare della semplice carne di manzo.»
«Perché pensi che io voglia fare altro?»
«Ti ho parlato di un reato, e tu sei figlia di un poliziotto.»

«Questa è una cena» gli ricordo.

«Vero.»

«Credi che una volta fuori da qui andrò a spifferarlo in giro?» chiedo divertita.

«Non ci riusciresti» fa con una sicurezza disarmante, gli occhi felini, glaciali.

«Me lo impediresti?»

«Certo che sì.»

Una risposta secca, rapida, senza un solo attimo di indugio.

«E come? Mi vuoi uccidere?» chiedo senza staccare gli occhi dai suoi.

«Ti preferisco viva» risponde tranquillo.

Sorrido. «Che gentile.»

Lui ricambia il sorriso, gli occhi abbassati sul coltello accanto a me su cui ho dita della mano destra. Occhi che si alzano di scatto nei miei e mi analizzano in attesa di qualcosa.

È lo Chef a spezzare la tensione.

Fa la sua apparsa e mette in pausa questo strano e rovente scambio di battute. Posa i nostri piatti, toglie loro i coperchi e ci rivolge un sorriso cordiale.

«Buon appetito» ci augura e ne va lasciandoci di nuovo soli.
Abbasso il viso sul pezzo carne di manzo, il contorno di verdure a vapore, le varie salse, poi le pupille scivolano a destra. Sul tovagliolo dove c'è la forchetta e il coltello, non da burro questo è ovvio.

Alzo gli occhi su Nicholas che mi sta guardando senza accennare alcun movimento. In silenzio prendo le posate, stringo il coltello nella mano destra, taglio un pezzettino di carne e lo infilo in bocca. Mastico piantando lo sguardo nel suo.

«Assaggia, è blue come piace a te» gli dico riferendomi al pezzo di manzo. «O vuoi che mi avvicini e te la tagli?»

Lui sorride nell'angolo della bocca.
«Vuoi imboccarmi? Sarebbe molto sexy, lo ammetto ma... è sufficiente quello che hai già fatto per me stasera.»

Mi alzo nonostante tutto in piedi, mi avvicino finché non gli sono di fianco. Afferro la sua forchetta e il suo coltello e, lui perfettamente composto, rimane a guardare il piatto mentre gli taglio alcuni pezzetti.
Pianto la forchetta in uno di essi, alzo la mano e lui mi dà un'occhiata senza battere ciglio.

«Non mi disturba esserti d'aiuto. Voglio essere gentile come te. Ecco, mangia» gli infilo il pezzetto in bocca rifilandogli un piccolo sorriso.

«Com'è?» chiedo curiosa.
«Non blue» risponde lasciandomi stupita.
«Oh... già, è un po' al sangue. Se il sangue ti crea qualche problema chiedo subito che ti venga cotta un altro po'.»

Nicholas tira lievemente in su gli angoli della bocca.
«Non è necessario.»
«Insisto. Voglio che questo appuntamento sia perfetto» sorrido.
«Lo è già. Se vuoi ancora parlare, puoi tornare ad accomodarti» mi fa cenno con la testa al mio posto. «Non serve che tu mi sia così vicina.»
«Strano... C'è qualcosa che non va, dolce Nick?» chiedo stranita mentre, col coltello in mano, taglio un altro pezzetto e lo avvicino alla sua bocca, lui lo prende e mastica lentamente guardandomi.

«Vorrei che il tuo piatto non si freddasse altrimenti la carne diventa dura» risponde tranquillo con l'ombra di un sorriso. Annuisco e torno seduta davanti a lui.

«Tu, invece?» mi fa d'un tratto.
Alzo il viso dal mio piatto attendendo che continui. «Che segreti hai?» infila un pezzo di carne in bocca e aspetta.

«Non ne ho» rispondo scuotendo la testa e mento. Ne ho due.
«Eppure ti ho vista molto preoccupata quando hai scoperto quel articolo come se temessi che qualcuno, indagando su chi sei, scoprisse qualcosa che non vuoi far sapere a nessuno.»

Il sangue mi si gela di colpo nelle vene.
«Non me l'hai detto quando ti ho mostrato quel articolo.»
«Sono un buon osservatore e preferisco che siano le persone a dirmi quello che vorrei che mi dicessero e non scoprirlo da solo.»
«Perché sei un maniaco del controllo o perché l'alternativa sarebbe strappare con la forza quello che vorresti che le persone ti dicessero?» azzardo, prendo un pezzo di carne e lo mastico aspettando che risponda.

«Perché quando cedo la mia lealtà a qualcuno, mi aspetto ti ricevere altrettanto. Che segreti nascondi?» chiede di nuovo.
Ispiro profondamente.

«Nessuno» rispondo mangiando.
«Non si direbbe.»
«È una tua impressione.»
Nicholas mi sorride in tutta risposta.
«Ma ciò non significa che sia errata.»

Gli restituisco il sorriso.
«Forse hai ragione, ma sono cose che riguardano esclusivamente la mia famiglia e tu non ne fai parte» cedo alla fine e nei suoi occhi qualcosa cambia drasticamente.

«Per ora» dice prendendomi di sprovvista.

«E questo che vorrebbe significare?» alzo un sopracciglio.

«Significa che so essere paziente più di quanto tu possa immaginare. Avevi detto che non ti innamori, ma ora siamo qui. Perciò attenderò fin quando non avrò quello che voglio» fa con aria beffarda, fottutamente sicura, predatoria e beve un sorso del suo viso con la sua solita e ipnotica eleganza.

Caccio un cenno di risata.
«E cosa vuoi, Nicholas?» chiedo in tono di sfida.
Lui posa il bicchiere, mi rivolge un'occhiata e sorride.
«Te.»

Brividi mi attraversano da cima a fondo e il silenzio cala nel giardino botanico. Ci siamo solo noi due, le lampadine a illuminarci, la vegetazione e i nostri occhi incatenati gli uni agli altri.

«Sei ossessionato da me?» chiedo con un cenno di risata e bevo un sorso di vino.

«Sei stata tu quella a venire da me quella notte per dirmi che hai un ragazzo, che tra noi era finita e poi mi hai scopato perché mi volevi un'ultima volta. Chi è ossessionato di chi?» chiede con una sfumatura di divertimento misto a una provocazione bollente che mi scalda fino alle punte dei piedi.

«E tu ti presentavi sul mio posto di lavoro con la scusa della bottiglietta d'acqua. Eri ridicolo» replico per niente scalfita dalle sue parole.

«Quando voglio qualcosa me lo vado a prendere. E fino ad adesso non ho mai fallito.»
Gli occhi ridotti in due fessure, l'ombra di un sorriso sulla sua bocca e il cuore che mi batte forte nel petto.

«Non mi hai già?» replico corrucciando le sopracciglia. «Siamo o no a una cena? Ti ho chiesto un appuntamento, questo significa qualcosa. E tu ti dovresti limitare ad accontentarti un po'» consiglio.

«C'è stato quel tuo Logan tra i piedi fino ad adesso, ma ora non c'è più, perciò non mi accontento» risponde senza alcun indugio. «Dopo questa cena tu sarai mia e lui non ti sfiorerà mai più.»

Non dovrebbe. Non dovrebbe affatto, ma mi piace. Quello che ha appena detto mi piace dannatamente tanto.

«Altrimenti?» lo provoco. Voglio vedere quello che ha da dire, ne ho bisogno.
Nicholas sorride nell'angolo della bocca.
«Vuoi davvero che ti risponda a questa domanda?»
Brividi. Mi attraversano da cima a fondo, fino dentro le cosce.
«Temi che vada a spifferare anche questo?» chiedo falsamente incerta.
«Spifferare cosa?» scuote la testa con aria innocente.

Nicholas Bayle Reed è pericoloso. In ogni senso possibile.

«Stai marchiando il territorio, Nick?» chiedo quindi alzando le sopracciglia.
«No serve, perché tu vuoi solo me.»

Colpita e affondata.
Lo fisso ammutolita, ogni centimetro della sua espressione profondamente sicura. Ed è impagabile la sensazione che mi suscita. Mi piace. Lui mi piace.

«Veronica» mi richiama.
«Mhm?» mugugno.
Stranamente esita. «Rimetti la tua altalena.»
Alzo un sopracciglio. «Non ti serve quel affare da palestra?»

Nicholas prende un pezzo di carne. «Stasera voglio scoparti su quella altalena» dice semplicemente e se lo infila in bocca, lanciandomi un'occhiata così rovente da accendermi come un fiammifero.
Solo lui può dire una cosa del genere, così volgare, con una eleganza tale da renderla a tratti poesia pura.

«Cosa ti fa pensare che ci sarà un dopo?» chiedo riferendomi a questa cena.
«Ti spaventa l'idea di tornare a casa con me?»
«Dovrei?» chiedo guardandolo attentamente.
Abbozza un sorriso. «No.»

Silenzio.
Ci guardiamo l'un l'altra senza aggiungere nient'altro, mangiamo, prendiamo un sorso di vino e io prendo il tovagliolo. Mi pulisco un angolo della bocca mentre il cuore prende a galoppare nel petto come non mai.

«Tu ti stai prendendo gioco di me» finalmente riprendo parola. Nicholas aggrotta le sopracciglia con l'ombra di un sorriso che gli scappa ugualmente.
«E con cosa nello specifico?» chiede fingendosi confuso.

«Mi stai mettendo alla prova» dico incredula.
Lui mi rivolge una smorfia divertita.
«Perché dovrei?»
«Perché ti piace parlare, raccontare molte cose e perché volevi essere sedotto e tu hai un modo insolito quando si tratta di seduzione.»

Lui ride lievemente. «Insolito» ripete facendo finta di non capire.

«Sei competitivo, tu stesso l'hai detto, quindi vuoi vedere se puoi vincere questa discussione. Tu vuoi vincere... Vuoi spaventarmi e solo così vincerai» mi illumino di colpo scuotendo con un sorriso sul viso.

Nicholas, invece, resta in silenzio, beve un sorso di vino e sorride nonostante tutto.
«E hai perso» aggiungo con una soddisfazione fredda.

Alza le spalle come se niente fosse.
«E tu sei ancora qui e... hai usato quel coltello solo per tagliare la carne» dice con soddisfazione. «È un primo appuntamento» dice come se questo significasse qualcosa.
«Meglio essere certo chi potrei avere davanti al secondo o terzo. Con te è tutto o niente, te l'ho già detto e dal momento che siamo arrivati fino a questo punto, ora voglio capire chi sei» aggiunge lasciandomi confusa.

«E ora chi pensi io sia?» chiedo con gli occhi iniettati nei suoi.

Nicholas alza gli angoli della bocca.
«Sai a chi assomigli?» chiede invece. Rimango in silenzio. «A mio padre» confessa lasciandomi di sasso. «Sei emotiva, impulsiva, provocatoria... non te ne frega niente di chi puoi avere davanti. Non hai paura e se solo avessi la metà di quello che ha la mia famiglia tu saresti in grado di buttare benzina su quello che mio padre si lascia dietro.»

«Mi credi una persona malata di potere?» rido non potendo farne a meno.
Nicholas inietta gli occhi nei miei.

«Tu non hai mai sperimentato il vero potere. Hai avuto quel tuo piccolo momento vendicativo verso il tuo ex e ti è piaciuto nonostante non volessi ammetterlo quindi hai voluto sentirti in colpa, dirti che tu queste cose non le fai, che gli altri potrebbero pensare che sei un mostro. Forse dovresti esserlo» dice lasciandomi spaesata. «Così quando quello che nascondi verrà alla luce nessuno si permetterà di usarlo contro di te.»

Ma di che cavolo sta parlando?

Annuisco alla fine, poggio un gomito sul tavolo e il viso sulla mano. «Perciò... vuoi davvero dirmi che sei a un appuntamento con la versione femminile di tuo padre? È disturbante, Nick...»

«Infondo è questo che cerchiamo in una persona, no? Qualcosa che ci è famigliare, che conosciamo e possiamo controllare o a cui abbandonarci. Tu perché mi hai chiesto un appuntamento? Cosa ci vedi in me?» chiede infilando un pezzo di carne in bocca.

Deglutisco, colpita in pieno dalle sue parole che sono... vere. Io lo guardo adesso e in lui vedo...
«Stabilità» rispondo senza pensarci troppo. In lui vedo quello che mi è mancato per troppo tempo. Voglio quello che avevano mamma e papà. Stabilità. E lui è sicuro, modesto, sincero, controllato e ho scoperto anche protettivo. Lui è quello che voglio da sempre, che ho sempre voluto non sapendo nemmeno cosa stessi cercando fino ad adesso. Fino a che non l'ho trovato.

Lascio cadere il tovagliolo sul tavolo, mi avvicino a lui che mi si volta come di conseguenza.

«Vuoi tagliarmi altra carne?» chiede con un tono talmente provocatorio che mi incendia ancora di più ogni particella del mio corpo.

«Girati» gli dico. Il diaframma mi sale e scende irregolare. Il respiro è pesante, lento e i miei occhi fissano i suoi azzurri.

Lui non fa domande, esegue e basta, e io mi abbandono sulle sue gambe, salendogli sopra. Una sua mano si poggia sul mio fianco, le sue pupille mi guardano in attesa di vedere cosa sta per succedere.

Allaccio le mani dietro la sua nuca e avvicino il viso al suo collo, la lingua gli percorre la pelle, le labbra gli lasciano una lunga scia di baci umidi e la sua mano sul mio corpo stringe di colpo la presa.

«Tu... mi togli il fiato, Nicholas» gli sussurro all'orecchio. Ecco la seduzione che voleva. Sento la mia intimità fremere ancora di più quando lui mi spinge ancora contro di lui, strusciando le mie zone più sensibile sul cavallo dei suoi pantaloni, il rigonfiamento che sento duro, pronto.

Mi allontano per guardarlo per qualche istante.

«Quando ti guardo io so solo che sei bellissimo... sei fottutamente bello» dico prima di attaccare la mia bocca alla sua, mordergli il labbro inferiore, spingere la mano dietro la sua testa, lo attiro a me ancora mentre le sue mani sul mio corpo mi sfregano contro di lui e mi sento andare in fiamme.

Le mie invece scendono tremanti dall'adrenalina che mi pulsa in ogni centimetro di carne. A fatica cerco la sua cintura, gliela slaccio non smettendo di divorargli le labbra, di assaggiare e inebriarmi del suo sapore.
Il bottone salta, la zip scende mentre i miei pantaloni vengono tirati in giù quanto basta. Lo guardo in viso, mi imbambolo e ammiro l'espressione in viso che cambia, il colore dei suoi occhi che si trasforma quando mi entra dentro.
La bocca socchiusa e affaticata dai baci, il suo respiro pesante e irregolare che si fonde alla sensazione di possedermi qui, ora. Il gemito che mi scappa quando mi spinge a fondo, e lo sento tutto, febbricitante, come fuoco invade l'interno delle mie carni. E sulla sua si forma un tenue sorriso.

«Avevi detto niente sesso.»
«Questa infatti è una sveltina» replico con la voce che mi trema, iniziando a muovermi su di lui, aggrappata alla sua spalla e allo schienale della sedia. «Il sesso vero lo facciamo dopo... c-come ho detto» ansimo di piacere, la mia pelle che si muove a contatto con la sua e le sue mani sulle mie natiche che seguono il mio stesso ritmo, mi spingono a lui con forza e mi aiutano a sentirlo tutto.

«Ci sarà un dopo?» fa divertito mentre mi tengo stretta a lui e il mio viso è nell'incavo del suo collo. Mi spinge, ancora e ancora, mi aiuta ad uscire e a rientrare spingendosi dentro di me così tanto che affondo i denti nella sua camicia per soffocare un gemito.
«Ci sarà anche... un domani, e dopodomani e fra un mese» ansimo poggiando la fronte contro la sua. «Ma se ti permetti ancora di minacciarmi anche solo per scherzare, ti strangolo nel sonno con la tua cravatta.»
Sibilo e mi allontano un po' per guardarlo negli occhi, lui mi schiaccia come di conseguenza a sé tanto da mozzarmi il fiato e farmi gemere.
«Va bene» mormora con un piccolo sorriso e fa per baciarmi, ma mi tiro indietro.
«Credo manchi qualcosa...» domando con finta aria pensierosa.

Nicholas mi guarda, i miei occhi piantati nei suoi in attesa che continui.
«Ti chiedo scusa.»
Sorrido e poggio le labbra sulle sue, continuando a muoverci in sincronia, tra ansimi e gemiti che strappiamo l'uno all'altra, tappando con le nostre bocche, i nostri respiri irregolari, e il battito tanto forte da sentirlo fin dentro le tempie.

«Ti va di ballare con me?» mormoro tra un bacio e l'altro. Le sue mani salgono fin sotto la mia maglietta, tastando la mia pelle nuda tanto farmi rabbrividire quando il suo polpastrello segue la linea della mia colonna vertebrale.
Si allontana un po', mi guarda, abbozza un tenue sorriso.
«Con te voglio fare ogni cosa.»
Il cuore mi sussulta come di conseguenza.
«Quindi balli con me?»
«Certo, Veronica» dice e il suo sguardo mi manda in apnea.

«Balliamo» dico alzandomi, facendolo così uscire da me. Mi sistemo i pantaloni, lui fa lo stesso e si tira su, mentre afferro frettolosamente il cellulare, metto quello che mi ero fissata per stasera, un piccolo lento inizia disperdersi nel giardino botanico.

Lui poggia le mani sui miei fianchi, io una dietro al suo collo e l'altra sulla spalla, e iniziamo a muoverci lentamente a ritmo di musica.

«Non mi hai ancora detto se il posto che ho scelto ti piaccia o meno» prendo parola dopo che mi fa una piroette e mi attira nuovamente a sé, contro il suo petto.
«È la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me» confessa, io sulle punte dei piedi, lui col viso abbassato verso di me e i nostri occhi incatenati. I suoi occhi strani, bellissimi, così fuori dal ordinario proprio come lui.

«Se fai il bravo posso organizzare altre cose belle» dico completamente e irrimediabilmente persa nel suo sguardo. Lui abbozza un tenero sorriso chiudendo gli occhi, lasciandosi così andare in un momento di imbarazzo che lo rende solo più bello.
Gli rubo un bacio a fior di labbra che lo fa ridere lievemente. Poso il viso sulla sua camicia sorridendo col battito flebile, lento come il modo in cui ci muoviamo.

«Sta andando bene come primo appuntamento» osservo.
«Il miglior primo appuntamento di sempre» sussurra sui miei capelli.

Non sono maledetta.
Finalmente lo so. Non ho attaccato addosso nessun strano maleficio, in precedenza ho solo sbagliato persona ecco perché le cose si sono concluse male. Io non sono un cavolo di veliero fantasma o parte della ciurma maledetta di Davi Jones.

Nicholas è quello giusto.
La mano sinistra dal suo collo scende intorno al suo torso che abbraccio a me, e lui ricambia, stringendomi forte.

Sono felice.
Sono veramente felice.

«Domani andrai da Tyler e vi metterete lo smalto a vicenda mentre gli racconterai che ti ho trattato come una principessa?» lo prendo in giro non potendo farne a meno, è più forte di me.

«Oh... basta, smettila» si lamenta non riuscendo però a rimanere serio perché lo sento ridere.
«Avete finito smalto? Nessun problema, vi do quello mio. Il nero va bene oppure preferite solo il rosa?» continuo beffarda. «Mi dici perché hai parlato di me ai tuoi amici?» chiedo subito dopo curiosa. Non gliel'ho chiesto alla fine e vorrei sul serio avere una risposta questa volta.

Lui stranamente esita, cosa molto insolita.
«Perché volevo capire se fossi o meno matto a piacermi qualcuno che mi aveva minacciato di spaccarmi la faccia.»

Corruccio la fronte.

«E i tuoi amici cheerleaders che ti hanno risposto?» scherzo.

«Di tornare in America e sposarti.»

Mi si spezza il fiato tutto d'un colpo. Lo guardo ammutolita finché non caccio in cenno di risata.
«Voi soldati siete degli idioti.»
«Quando combatti ogni giorno contro la morte, quello che vuoi è della noiosa normalità.»
«E tu vuoi... cosa?»
«Te l'ho già detto tanti mesi fa. Voglio innamorarmi e alla fine sposare la donna di cui mi innamorerò.»

«E dov'è la donna di cui ti sei innamorato?» azzardo con un mezzo sorriso divertito.

Nicholas mi guarda per alcuni istanti prima di riaprire bocca.
«Mi sta parlando proprio ora.»
Perdo un battito e rabbrividisco fino alle più profonde delle viscere.
«E mi sta prendendo in giro come sempre.» Aggiunge avvicinando il suo viso fino a strofinare il suo naso al mio.

Mi avvicino. Il battito così forte che penso mi stia fracassarmi la gabbia toracica.
Sfioro le sue labbra con le mie.
«Ehi, Nick...»
«Mhm?»
Non rispondo. Lo bacio solo. Parlare non è inutile ora perché nessuna parola al mondo potrebbe esprimere quello che lui mi fa quando ce l'ho vicino, quello che mi provoca dal primo momento in cui l'ho visto. È intenso, come stare in un campo di gelsomino. Il profumo ti inebria completamente, ti annebbia ogni pensiero negativo, ti fa sentire in pace.

Nicholas è la mia pace.

***
A

ngolo autrice
Capitolo un po' lungo, lo so lo so ma doveva essere così 👀🔥
Il più strano appuntamento di sempre AHAHAHA

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