41 | Ero io il tuo ragazzo

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CAPITOLO 41
Ero io il tuo ragazzo

Sul tardi raccolgo le mie cose e vado a lavoro. Solito turno pomeridiano. Fra qualche giorno inizierò anche quello mattiniero. Ci sarà da divertirsi con la faccia di Logan in giro per il Pink Ocean...

Salgo al piano superiore fino al mio monolocale che ormai non uso più solo per raccogliere la mia posta, per la quale dovrò fare il cambio di residenza... merda, odio la burocrazia.

Sbuffo e spingo la porta, raccolgo come immaginavo le due buste bianche, mi tiro in piedi e faccio per andarmene quando però mi fermo. Stranita, mi giro e punto gli occhi in fondo, nella zona del piccolo soggiorno. Non usavo il monolocale da così tanto che si è raccolta tanta polvere che devo ripulire nel rispetto della padrona di casa prima che dia in affitto il posto ai nuovi inquilini del palazzo. Il punto è che io non ho toccato nient'altro che il mio armadio l'ultima volta che sono stata qui e Cathy, la proprietaria, è fuori città per svendere alcune sue proprietà in disuso.

Mi avvicino con la posta tra le mani e guardo il mobiletto sopra il quale c'è la TV. Ci sono tracce di assenza di polvere sul legno, come se qualcuno ci avesse messo la mano sopra. Tiro lo scomparto inferiore e dentro trovo solo alcune cianfrusaglie. Guardo meglio, mi chino nelle ginocchia e faccio strisciare due dita di lato a due buste con dentro della roba. Manca la polvere come se queste fossero state spostate.

Mi tiro in piedi, chiudo le ante e vado nella stanza da letto. Mi chino, accendo la torcia del cellulare e controllo la zona sotto il letto. C'è una scatola di cartone dove ci sono alcune cose di cui mi devo liberare, che farò questo weekend. O perlomeno si spera, sempre che non mi ritrova impegnata col mio amato suocero, il caro Ben Pazzo O'Brien. Davanti la scatola c'è una striscia larga quanto è quest'ultima che attraversa lo strato polvero sotto il letto raschiandolo via. Qualcuno l'ha mossa.

L'ha tirata fuori come ha tirato fuori quelle buste e chissà cos'altro. Questa volta il mio stramaledetto istinto lo seguo eccome, perché la prima volta non ho voluto, non volevo crederci. Sapevo ci fosse qualcosa di famigliare nel mio Osservatore, il modo in cui si comportava, il modo in cui metteva in ordine le mie scarpe, come mi cucinava e i suoi bigliettini, la calligrafia in stampatello identica a quella delle note a matita nel libro di Lupin.

E il mio istinto mi sta dicendo una cosa soltanto: Nicholas è stato qui e ha frugato tra le mie cose.

***

In uno strano parcheggio a sud di San Francisco mi guardo in giro con aria spaesata. Sospiro rumorosamente dando l'ennesima occhiata all'orario in alto sulla barra di notifiche del cellulare. È da più di venti minuti che controllo e ricontrollo, e niente cambia, c'è solo il livello della mia impazienza che ha superato ogni limite sopportabile.

Sono seduta sul marciapiede davanti a quello che sembra uno scrauso supermercato di gente che entra a fare compere in infradito e i clienti, prevalentemente gente che potrebbe accoltellarti da un momento all'altro, mi mandano occhiate prima di caricare la loro roba nelle loro auto chiaramente non di lusso, sembrano dei rottami che stanno per cadere a pezzi e a momenti mi ricordano il pick-up blu col cambio manuale che guidavo per le strade non asfaltate della riserva naturale in Texas.
Ogni tre per due si rompeva qualcosa. La frizione, qualche fusibile, la centralina, il tubo di acqua, oppure quel odioso filtro d'olio che si intasava sempre e mi faceva imprecare ogni volta.

Una macchina si ferma davanti i miei piedi, quasi rischiando di pestarmeli con i pneumatici nuovi di zecca. Alzo il viso dal cellulare e un finestrino si abbassa.
«Stai facendo l'elemosina?» ridacchia divertito.
Alzo gli occhi al cielo anche se ben consapevole che non mi possa vedere per via degli occhiali da sole che indosso e come extra il berretto dei Lakers che mi tiene all'ombra il naso evitando che me lo scotti. Sono le undici, fa un caldo bestiale e sinceramente non vedo l'ora che arrivi dicembre anche se il passare del tempo non farebbe bene alla situazione in cui mi trovo.

Sono passati due giorni dalla serata in cui ho provato a fare ubriacare Nicholas. Inutile dire che la missione è fallita miseramente. Lui non beve più di un bicchiere.

Mi tiro in piedi e gli occhi mi cadono sul sedile del conducente dove siede il mio complice deficiente che non sopporto minimamente e che vorrei tanto strangolare, almeno per scaricare la mia frustrazione personale. È giovedì, ed escludendo le ore a disposizione che mi rimangono per oggi, ho ancora tre giorni di tempo.

Tre fottutissimi giorni prima di andare in galera. Sento l'ansia divorarmi le budella. Non dormo, non riesco a mangiare, e l'ansia mi crea la nausea anche solo a guardare Nicholas cucinare. Ieri sera ho provato a cenare, inutile dire che ero così agitata che alla fine ho vomitato tutto nel cesso con Nick a tenermi i capelli lontani dal viso e restando con me a guardarmi nel mio stato a dir poco pietoso e per niente sexy come lui probabilmente immaginava si sarebbe conclusa la nostra cena, ovvero senza vestiti.
Il sesso... Dio, se solo fossi un maschio sono quasi certa che non riuscirei ad avere una erezione di alcun tipo.

«Ce l'hai, sì o no? Vorrei tornare all'università prima che finisca la lezione. Nick ha detto che sarebbe venuto a prendermi.»
Mi spiego frettolosamente e quasi mi sento una tossicomane che chiede la dose del giorno al suo spacciatore di fiducia, peccato che quello che sto chiedendo non lo userò io, ma lo farà qualcun altro.
Mi ero detta che non l'avrei mai fatto, ma... il mio tempo sta per scadere.

Kieran mi molla un sorrisetto.
«Oh, che romanticone... mio fratello svolge il suo compito da buon fidanzato egregiamente. Ho il diabete, dopo andrò a farmi l'insulina, ora però sali» conclude schifato.
Ispiro profondamente, tiro lo sportello della sua Chevrolet nera e salgo a bordo.
Lui mi rifila un'occhiata, io faccio altrettanto.

«Beh?» mi fa in attesa di qualcosa.

Perdo un battito quando si sporge su di me, afferra la mia cintura e la incastra alla mia sinistra.

«Mi hanno già fatto la multa per questa storia della maledetta cintura di sicurezza e indovina?» fa con enfasi a un soffio dal mio viso, motivo per cui sto per mollargli una testata visto che mi sta troppo vicino.
«I poliziotti mi odiano e io odio te. E la storia della multa è solo una scusa per farmi anche il tossicologico, portarmi in Centrale e rompermi le palle» mormora tirando su gli angoli della bocca per niente facile, e si tira indietro sul suo sedile.

Riparte e si infila nelle strade disastrate di questo quartiere di merda in cui non ci ho mai messo piede prima di adesso. Fa veramente schifo, sembra il Bronx di San Francisco e le persone che girano non sembrano affatto raccomandabili.

«Mi dici perché mi hai fatto venire qui?» chiedo innervosita guardando attraverso il parabrezza le case con cortili indecenti, recinti in ferro e rete metallica che cadono a pezzi, erbacee e biciclette divorate dalla ruggine abbandonate di qua e di là, così come pneumatici di macchine.

Kieran si volta un secondo e mi guarda in un modo strano, poi rimanda indietro una risata.

«Ti ho fatta venire?» alza un sopracciglio. Aggrotto la fronte per poi realizzare la sua domandina volgare e disgustosa. Lo guardo inevitabilmente male.

«Perché mi servi» risponde poi diventando di punto in bianco serio. La sua voce esce strana, quasi incazzata, più di quanto non lo sia la sua proposta.

Mi acciglio. «Cosa?»

«Scambio equo. Io faccio una cosa per te e tu per me» dice e svolta a destra prendendo in pieno una buca nell'asfalto. Cazzo, guida veramente di merda.
«Non è già sufficiente la cassetta portavalori?»
Lui caccia uno sbuffo d'aria misto a una risatina.
«Nessuno di noi sa con esattezza che ci sia là dentro, forse niente o forse qualcosa di mostruosamente grosso che tu o non potrai usare contro mio padre oppure sì, ma magari mio padre ha un asso nella manica con cui fregarti. Vedi, piccolo ninja...» si volta verso di per un frangente, «è davvero molto difficile fottere un O'Brien. Saremmo anche dei vermi, ma siamo anche in cima alla catena alimentare e se è così ci sarà pur un motivo, tu non credi?»

Tiro un profondo respiro.
«Che diavolo vuoi da me?» chiedo alla fine. Voglio quello per cui mi sono appellata a lui e ai suoi contatti da drogato quale è, e voglio andarmene via da questo quartiere il più rapidamente possibile, cazzo.
Kieran accosta, spegne il motore e punta lo sguardo in lontananza a una cinquantina di metri. Glielo seguo e vedo un tizio, forse sui quarant'anni, in una canottiera nera, le mani macchiate d'olio mentre oltre la porta del garage di quella che sembra un'officina sta aggiustando il motore a una berlina nera.

«Allora?» chiedo stizzita.

Kieran esita per buoni istanti.
«Vai lì e spezzagli le mani.»

Quasi non mi manca il sedile su cui sono seduta.
Corruccio la fronte, elaboro, ancora, ancora e ancora, sperando di aver sentito male.
«Come hai detto?» rido per niente divertita.

Lui finalmente stacca gli occhi dall'uomo e con quelle iridi glaciali mi scava quasi da una parte all'altra.
«Vai e spezzagli le mani» ripete con un che di talmente disumano che mi stordisce solo di più.

«Io non sono il tuo fottuto cagnolino che sguinzagli sulle persone che ti stanno sulle palle probabilmente perché ti hanno pestato per sbaglio uno dei tuoi mocassini di merda» sibilo incazzata tutto di getto e gli punto un maledetto indice addosso. «Ora tu mi dai quella roba, così torno all'università, non mi faccio scoprire da tuo fratello e finalmente stasera scopro dove cazzo è quella chiave e spero non nella fottuta Australia perché se così fosse perderò almeno trentasei ore tra viaggio e il resto e sai... La Svizzera non sta esattamente dietro casa.»

Kieran però non mi risponde. Torna a guardare quell'uomo con uno sguardo così strano che rimango confusa.
Se lo sta sbranando in silenzio, manco gli avesse ammazzato la famiglia, sarebbe davvero molto difficile considerando che Benedict O'Brien è un criminale che veste Louis Vuitton mentre il fratello è un ex marine duro da uccidere nemmeno fosse un fottuto Terminator.

«Ti vuoi dare un cazzo di mossa o staremo qui finché non farà notte?» chiedo ancora.
Lui non risponde ed io esasperata sbuffo e mi passo le mani sul viso.

«Cazzo...» mormoro. Mi muovo sul sedile nemmeno avessi delle spillette a pungermi il culo, sbuffo ancora, sospiro e do delle occhiate a Kieran Idiota O'Brien che becco a fissare quel meccanico.

«Perché non tiri fuori le palle, fai l'uomo e risolvi le tue piccole liti con i quarantenni da solo?» chiedo quindi ormai al limite della mia pazienza e del tempo che scorre. Devo tornare all'università.

«Non posso» risponde con aria assorta.
«Temi di rovinarti le tue belle mani da figlio di papà?» alzo le sopracciglia mollando loro come di conseguenza uno sguardo. La camicia bianca è arrotolata sulle braccia, le quali sono dipinte dall'inchiostro dei tatuaggi. Ne ha alcuni sui dorsi e sulle dita come un vero delinquente quale è infondo.

Lui si gira, mi scopre a fissarlo e forse mi guarda di traverso, non ne ho idea, i suoi occhi sono sempre di quel azzurro spiritato, non so quando guarda sul serio male una persona, ha perennemente una faccia da uno che è incazzato col mondo intero. Le uniche volte in cui l'ho visto sorridere è quando faceva quelle smorfie compiaciute flirtando con me oppure pensando bene che potesse affrontarmi.

«Lo fai e basta?» chiede.
«Perché?» chiedo a mia volta e in tutta risposta lui fa ciondolare con nervosismo la mascella che serra.
«Me lo dici perché?» insisto.

Kieran non risponde e la cosa mi sta facendo girare le palle. Ma che diavolo gli prende? Sapevo fosse scemo, ma quantomeno speravo non fino a questi livelli.

«E perché non chiami uno di quei galoppini di tuo padre? Dagli due centoni e lasci me fuori dalle tue strane risse o qualunque cazzo è questa roba.»
«Se mandassi una persona del genere lui penserebbe che l'ha fatto lei e si incazzerebbe. Ma se vai tu, crederà che sei una sua amica.»

In silenzio lo guardo del tutto stranita dalla sua risposta.
«Lei, chi?» corruccio la fronte. «Lei, chi?» ripeto quando non ricevo alcuna risposta.
Sbuffo e poggio il gomito sulla portiera dell'auto afferrandomi il viso ormai abbandonata all'idea che oggi è una giornata di merda.

«L'ha toccata.»

Sento dopo diversi, lunghissimi secondi. Volto lentamente lo sguardo in sua direzione.
Kieran mi dà un'occhiata.
«Non posso fargli niente, lei mi ha detto di non intervenire, che devo farmi i fatti miei, ma... tu puoi farlo.»
«Fare cosa?» chiedo quindi.
«Spaventarlo.»

Mi lascio andare in una piccola risatina nervosa.
«Ti sembro forse Godzilla?» ironizzo indicandomi. Lui stranamente non fa alcuna battuta delle sue, si afferra il mento con la mano strofinandoselo. Sembra voglia dirmi qualcosa, esita, lo fa a lungo e finalmente apre bocca.

«Dimentica lo scambio equo. Se tu lo fai, io ti sarò debitore con un favore. Qualunque cosa. Ho soldi, contatti, e se quella roba della cassetta portavalori dovesse andare male, se mio padre cercherà di trascinarti a fondo, io sarò al tuo fianco.»

Le sue parole mi tramortiscono in pieno come un camion a tremila chilometri orari.
Sbatto le palpebre confusa, dubbiosa e poi sposto gli occhi sul tizio nel garage dell'officina.
«Mi dici almeno una parte della storia?» esalo alla fine, sconfitta.

Kieran si passa la lingua sul labbro con nervosismo.
«Quel bastardo — me lo indica con un cenno di testa — è il padre di Ruth, e le ha messo le mani addosso. Eccoti la storia. Ora va' là, spezzagli le mani e digli che se la sfiora un'altra volta lui crepa. Tutto chiaro ora?» chiede spazientito, mi guarda di striscio e poi ripunta gli occhi davanti a sé.
Lentamente ritorno con gli occhi sul parabrezza, li trascino sull'uomo e ispiro profondamente.

Kieran O'Brien che mi ingaggia pagandomi con un favore che potrò riscuotere quando e come meglio vorrò... non è cattiva come cosa.

«Cosa mi dice che terrai fede alla tua parola? Mi hai già fregata quando hai spifferato come un cane tutto al tuo papà e lui mi ha portato a un cazzo di Club, mi ha minacciata di riesumare il corpo di mia madre e come bonus ammazzare mia nonna facendolo passare per un incidente.»

È innamorato di quella ragazza, fottutamente e perdutamente innamorato. Quasi mi fa pena per essersi ridotto così, tanto da chiedermi di picchiare un tizio per proteggere la sua ragazza. Lo preferivo quando faceva lo strafottente ricco e viziato figlio di papà, almeno aveva qualche grammo di dignità verso se stesso. L'amore ci rende deboli e scemi, come nel caso di Kieran. E come dargli torto? Sono in un quartiere del cazzo per della droga solo perché voglio fare tutto da sola e proteggere Nicholas, tenerlo fuori da tutta questa merda. Lo voglio al sicuro, io non lo perderò un'altra volta, né per colpa di suo padre e né tantomeno per i suoi soci fuori di testa che stavano per ucciderlo e lui nemmeno lo sapeva, perché è stato Kieran a salvarlo all'ultimo secondo, lo stesso che ora mi molla un sorrisetto gelido.

«Sei una psicopatica del cazzo. Se non lo facessi tu verresti ad uccidermi con quel fucile che ti sei portata dietro.»

Non ha tutti i torti.
«Non ti ucciderei» dico però. Lui alza un sopracciglio. «Sei il fratello di Nick e lui ti vuole bene — sospiro disgustata — al massimo ti sparo ad entrambe le ginocchia solo per vederti in una sedia a rotelle e forse ti fotto questa macchina, tanto a te non servirà più a un cazzo...»

Kieran, incredibile ma vero, tira su gli angoli della bocca.
«Ma che carina...» mormora con falsa dolcezza.
Gli ricambio il mezzo sorriso e poi sospiro rumorosamente. Do un'occhiata all'uomo in fondo alla strada e mi maledico in automatico, non so nemmeno io per cosa per l'esattezza, forse perché sono una maledetta stronza che sa rompere le mani alle persone. Non lo nego, mi piace farlo, ma questa cosa che adesso sono stata ingaggiata da Kieran O'Brien non mi giova per niente. Ogni volta che ho alzato le mani e sferrato un pugno è stato per motivi personali, ma nella storia di Ruth e suo padre io non c'entro niente.

«D'accordo» concludo.
Slaccio la cintura, apro lo sportello e scendo senza aspettare altro da Kieran.
Sto andando di fretta, devo tornare all'università fra meno di venti dannatissimi minuti.

A passi felpati col berretto in testa e gli occhiali da sole mi avvicino finché non mi addentro nell'officina. La puzza di ferro e olio per motori si infila rapidamente nelle narici.
Mi metto di lato a quello che sta con la testa ficcata sotto il coperchio del cofano alzato, lo fisso per alcuni istanti con abbastanza ribrezzo, non solo per il suo aspetto trasandato e sudaticcio, ma anche perché è un bastardo che tocca le donne e non una qualsiasi, ma sua figlia. Per certi versi mi sembra quasi di rivedere il padre violento e alcolizzato di Adrien. È nauseabonda come sensazione.

Da lontano vedo Kieran guardarmi aspettandosi che io faccia qualcosa. Tant'è che fa uscire una mano dal finestrino e mi fa segno di darmi una mossa.
Mi mancava solo lui a darmi degli ordini... oltre che quello svitato di suo padre. Anche Nick mi dà ordini, è vero, ma i suoi sono piacevoli, soprattutto quando mi toglie i vestiti di dosso. "Veronica, piegati e fa' silenzio".

Sì, mi piace.

Maledizione... penso da tra me e me mentre mi chino, raccolgo una spranga di ferro, me la rigiro una, due volte tra le mani e mimo dei colpetti a stile baseball. Gli Yankees non so se sarebbero molto fieri di me in questo momento. Beh, in fin dei conti non è una mazza da baseball quella che ho tra le mani, ma una spranga...

Kieran mi fissa, io lo saluto con la manina e poi mi giro e con tutta la forza che ho nel corpo sferro un colpo talmente violento dietro le ginocchia del meccanico da farlo scivolare per terra.
Lui, caccia un urlo gutturale, si apprende al cofano esposto della berlina e di conseguenza tiro via la levetta che regge il coperchio. Caccia un altro urlo non appena la mano gli viene schiacciata. Poggia gli occhi sgranati su di me, mi guarda, poi fissa la spranga di ferro e io alzo gli angoli della bocca.

«Ciao, come va?» lo saluto cordialmente.

Lui, come una scheggia, ficca una mano nella cinta di pantaloni e tira fuori una pistola e intanto che è impegnato a togliere la sicura e caricare il proiettile in canna gli sferro un altro colpo, direttamente sul polso tanto che forse gliel'ho rotto, se considerata la posa strana in cui è la sua mano e soprattutto i suoi gemiti di dolore. Cazzo... quanto urla e si lamenta. Veramente fastidioso per le mie orecchie. Dovrebbe smetterla.

«Ma che... che cazzo?! Fottuta pazza bastarda... ma che cazzo vuoi da me?!» sibila sputacchiando, rosso in viso, i lineamenti contratti.

Recupero la sua pistola, e lui sgrana gli occhi, si ammutolisce tutto d'improvviso. Deglutisce poi serrando i denti.

«Vedi... sto andando di fretta, per cui non ho tempo da sprecare» lo indico con la sua Beretta del cazzo sulla quale premo il dito accanto la canna, tiro indietro una piccola levetta e smonto il carrello dal corpo dell'arma, tolgo il caricatore e i proiettili e poi lancio ogni singolo pezzo lontano da qualche parte nell'officina.

Mi chino sulle ginocchia, ispiro profondamente e gli occhi cadono su alcuni attrezzi che si era messo sul pavimento. Le dita raccolgono un cacciavite.
«Ruth» dico solo. Lui dinanzi il suono del suo nome apre gli occhi, gli strizza e mi dà un'occhiata.
«Ti ha mandato lei?» ride cacciando dei sospiri di dolore.
«No. Sono venuta io.»
«E chi cazzo sei tu?»
«Un mostro» sorrido senza indugio. Lui corruccia le sopracciglia preso di sprovvista dalla risposta.
«Sfiorala un'altra volta e tornerò con un fucile da caccia. Ti seguirò ovunque tu cercherai di scappare e ti ficcherò una pallottola diritto nella spina dorsale e tu...» spingo il cacciavite sulla sua fronte. «... ti trascinerai a terra cercando di sfuggirmi, ma non ci riuscirai, capisci? Forse perché qualche tua vertebra sarà frantumata...» inclino lievemente la testa.

Lui ispira rumorosamente come un toro inferocito, ma non si muove di un millimetro.

«No» aggiungo subito dopo quando i suoi occhi si puntano sulla spranga che ho abbandonato a qualche metro da noi.
«Non farlo. Se tu lo fai, io ti farò qualcosa di molto più doloroso rispetto a questo» gli ficco a tutto spiano il cacciavite nella mano trapassandola da parte a parte.
Lui si strozza con un gemito gutturale.
«Ora me ne andrò. Ho da fare» dico estraendo il cacciavite e lo lancio lontano.

L'uomo deglutisce, ispira a fondo e nemmeno prova a fermare il sangue. Sta semplicemente inerme sul pavimento.
«Hai capito quello che ho detto?» chiedo corrucciando le sopracciglia.
«Che te ne andrai» dice guardandomi con gli occhi rossi per la rabbia.
«No... prima, quello che ho detto prima.»
«Ruth. Non devo sfiorarla.»
Annuisco con un piccolo sorriso. «Mhm, mhm
«Sì, ho capito» sibila tra i denti inviperito.

«Bene» dico soddisfatta alzando lievemente gli angoli della bocca e mi tiro su in piedi.
«Oh... quasi dimenticavo» mi giro un attimo dopo una manciata di passi. «Ruth non sa niente di questo ed è meglio che tu tenga la bocca chiusa. Se scopro che hai parlato ti userò come poligono di tiro per il mio Blaser K95. Ha il visore termico, sai? Quindi non potrai nasconderti da me. E io adoro cacciare...» sorrido lievemente, «soprattutto quando le prede sono intelligenti. Il gioco diventa più stimolante...»

Lui non proferisca parola.

Rapida, torno dentro la macchina, tiro lo sportello e allaccio la cintura.
Kieran, invece, mi dà un'occhiata alla quale alzo un sopracciglio.
«Ora mi porti via da questo quartiere di merda?» chiedo cortesemente.
Lui non se lo fa ripetere due volte. Rimette in marcia e ci allontaniamo. Solo dopo un centinaio o due di metri riprende parola.

«Come fa mio fratello a dormire tranquillo con te nello stesso letto?»

Mi volto un po'.
«Ho già provato ad ucciderlo da sveglio» rispondo con una mezza smorfia. Prendo il pacchetto di sigarette e ne ficco una tra le labbra. Sono maledettamente nervosa. Non per quello che è successo poco fa, quel piccolo episodio è stato in realtà anche ben apprezzato, perché ho scaricato un po' della tensione accumulata negli ultimi giorni... Io sono nervosa per stasera. Per quello che dovrò fare e che non voglio.

Kieran aggrotta la fronte tempo tre secondi per poi scoppiare a ridere.
Sul mio viso si dipinge un piccolo sorriso nonostante voglia evitarlo ma non ci riesco.

«È ancora vivo?»
Caccio il fumo dalle narici. «Certo.»
Lui annuisce.
«Ti ha risposto male?» chiede incerto.
Rido istintivamente. «Mi ha regalato delle rose.»

Lui mi dà un'occhiata con la coda dell'occhio.
«Rose» ripete confuso.
«Mhm, mhm» mugugno picchiettando sulla sigaretta fuori dal finestrino.
«Rose» ripete di nuovo.
«Ha fatto il pazzo maniaco e mi ha regalato un mucchio di rose.»
«Quando dici che hai "provato a ucciderlo" intendi che l'hai sbattuto contro qualcosa?»
«Anche.»
«Gli hai lanciato addosso un piatto?»
«Un coltello.»

Kieran rimane in silenzio per diversi secondi.
«L'hai mancato?»
«Si è mosso», per fortuna.
«E quando ti risponde male, che gli fai di solito?» chiede quindi.
Corruccio la fronte pensierosa.
«Non mi hai mai risposto male» rispondo davvero stranita dalla cosa. Certo, mi ha detto che sono testarda, irragionevole, ostinata, una volta mi ha detto di afferrarmi, sbattermi contro il tavolo e spezzarmi tre costole, ma non mi ha mai risposto male. Ricordo quando mi ha cacciata via la prima volta dal suo appartamento. Mi ha beccata al negozio aperto ventiquattrore e si è scusato. Mi ha rubato le patatine, è vero, ma si è scusato, e io gli ho detto di fare schifo.
Rido mentalmente.

«Ah» dice solo Kieran.

***

Alla fine arriviamo a qualche chilometro prima dell'università, Kieran ferma l'auto vicino a un marciapiede. Scendo, mi allontano ma la sua voce mi chiama. Torno indietro.
«Che altro vuoi?» chiedo.
«So che non te ne frega niente di quello che dirò» comincia lasciandomi perplessa. Scuoto la testa a mo' di "dimmelo e basta".
Lui tira un profondo respiro e pare voglia tenerselo per sé, ma alla fine schiude la bocca.

«Sei in gamba.»

Che ha detto?
Con le mani sul finestrino abbassato resto a guardarlo a schiena china, abbastanza stordita.
«Come?»
Il mio cervello si è chiaramente impallato, non riesce a processare la cazzata che mi ha appena sparato. Ricevere un complimento da Kieran O'Brien è come raccogliere dall'asfalto il proprio vomito e immaginare di star mangiando miele d'api. Sì, è lo stesso.
«Fanculo, non lo ripeterò un'altra volta e ora levati dal cazzo ché mi stai sporcando la carrozzeria» dice, si protende sul freno a mano e mi schiaffeggia le mani.

Roteo come di conseguenza gli occhi al cielo e mi levo di torno calpestando frettolosamente il marciapiede così da raggiungere il parcheggio del campus.
Kieran O'Brien mi ha fatto un complimento. Questa mi è nuova. Magari alcuni dei suoi neuroni bruciati dalla droga hanno trovato il pozzo di Lazzaro e si sono rigenerati come per magia. O forse è tutto merito di quella Ruth. Non ne ho idea ma per adesso ne faccio a meno di una risposta.

Quando raggiungo il parcheggio noto con mio grande sollievo che Nicholas non è ancora arrivato, quindi questo significa che non dovrò rifilargli alcuna scusa. Mi siedo sul rialzamento in cemento dello sprazzo verde che divide il parcheggio da una sorta di piccola aiuola con della siepe, e attendo il mio fidanzato che stasera drogherò. Ne vado fiera? Affatto. Ma non posso altrimenti. Solo tre giorni. Mancano tre giorni e io devo darmi una mossa.

Fortunatamente quello che mi ha dato Kieran non è a pastiglia, ma direttamente in una polverina bianca che io metterò nel bicchiere d'acqua di Nicholas. Col vino giocherella, l'acqua invece ne bere sempre a litri perché "idratarsi è importante".

La faccia di Logan Price che si materializza nel parcheggio mi distoglie l'attenzione ai miei pensieri moralmente sbagliati.

Dietro le lenti degli occhiali da sole lo guardo mentre si avvicina alla sua macchina, butta la borsa sui sedili posteriori e poi proprio quando fa per aprire quello del conducente i suoi occhi finiscono su di me.
Fortunatamente sono col cellulare in mano, quindi non credo affatto che sappia che lo sto guardando. Dopo quello che è successo nel corridoio del pianerottolo a casa di Nicholas, non ci siamo più rivolti parola.

Mi guarda per istanti indecifrabili e sembra indeciso tra l'avvicinarsi o meno, magari per rifilarmi l'ennesimo "mi dispiace" poi però il rumore di un motore lo fa girare a destra.
Alzo di conseguenza lo sguardo quando per la seconda volta in una sola giornata una macchina si ferma proprio davanti a me, questa volta però senza rischiare di tirarmi sotto i piedi.
Il SUV nero di Nicholas è qui. Apre lo sportello, scende e mi dà un'occhiata dall'alto.

«Spacci droga?» chiede divertito.

In una circostanza diversa avrei riso, ma la sua battuta mi paralizza il cuore. Cazzo. Succede per poco tempo fortunatamente. Mi spiego in un sorriso e gli alzo un dito medio. Nicholas ridacchia e si china, prende la mia borsa, se la poggia sulla spalla per poi afferrare le mie mani e tirarmi su in piedi.

Lo guardo e la sua piccola ricerca investigativa nel mio vecchio monolocale mi torna in mente. Il motivo per le sue azioni ancora mi sfugge. Stava cercando qualcosa e poi mi ha chiesto della borsa, ha fatto domande molto strane... forse sa del fucile. Forse sa che me lo sono portata dietro. Nella borsa di cui aveva parlato l'avevo coperto con dei vestiti, infilato e nascosto tra di essi, ma lui probabilmente ci avrà frugato. Eppure non ha senso. Poteva perquisire il mio monolocale ma continuare tranquillamente il suo rituale di jogging senza lasciare che io destassi dei sospetti. E' tornano prima perché c'è dell'altro. Cosa nascondi, Nicholas?

«Ti sei sentita male anche oggi?» chiede tutto d'un tratto preoccupato. Già, il mio vomito nel bagno dopo che abbiamo cenato ieri sera.
Scuoto la testa. «No, credo sia passato. Forse avrò mangiato qualcosa di stupido ieri prima di cena.»
«Quindi questo vuol dire che non sono stato io a farti stare male?»

La sua dolcezza mi scioglie i neuroni. Mi stai nascondendo qualcosa, ma non per questo ti amo di meno, anche io ti sto nascondendo parecchie cose.

«No» rispondo e gli stampo un bacio sulle labbra. «Cucini in modo divino, proprio come sei tu» aggiungo e lui, con tutto il suo bagaglio di esperienze di guerra, viaggi e persone, china il viso arrossendo in un modo tale mi lascia sempre tra lo stupita e il divertita. Dio... io amo quest'uomo.

«Stasera... hai impegni?» allaccia le mani dietro la mia schiena attirandomi così a sé.
Oh... beh, sì, ne avrei alcuni. Tipo drogarti, ma è niente di che. E magari oltre a questo chiederti anche cosa mi nascondi...

«Oltre il lavoro, no. Perché?» rispondo con un piccolo sorriso.
Lui sembra esitare, una mano scivola lungo le mie e le dà un bacio sul dorso.
«Vorrei portarti in un posto» sorride avvicinando il viso al mio, strofinando i nostri nasi in un modo così buffo fa farmi ridere.
«Una sorpresa?» chiedo abbastanza contraria. Odio le sorprese, non sapere cosa capiterà mi provoca l'ansia e per adesso di ansia ci vivo. Ho Benedict O'Brien a ronzarmi nel cervello come un grillo parlante che non ho ancora il potere di schiacciare e mettere a tacere. Ma lo farò, molto presto.

Nicholas si inumidisce un labbro.

«Tyler mi ha chiesto una mano d'aiuto con delle cose... Quindi ceniamo da lui e da Edith.»

«Nella sua casa in mezzo ai boschi?»

Nicholas corruccia le sopracciglia. «Come fai a...»

«Quando facevi lo stalker maniaco Tyler mi ha trascinata da lui, non si fidava a lasciarmi sola» lo interrompo.

«Ops» fa ridendo lievemente.

«Quindi presumo che dopo aver aiutato il tuo amico potresti scappare in mezzo ai boschi a fare il druido solitario che fa incantesimi di magia tipo "adesso faccio piovere e risolvo il surriscaldamento globale"» ridacchio con enfasi facendolo ridere.

«Smettila» mi ammonisce, ma gli scappa comunque un sorriso.

«Non ho fatto niente.»

«Non avrei dovuto dirti quelle cose, adesso mi dovrò sorbire il tuo bullismo ingiustificato» sospira fintamente offeso.

«Oh... povero Nick... il druido incompreso che legge... Cosa leggevi? Harry Potter o Percy Jackson?» chiedo con una smorfia.

Lui esita. «Dracula di Bram Stocker.»

Alzo le sopracciglia cercando di non ridere.

«Ora smettila» mi fa.

«Che lettura tetra... un ragazzino emo che sembra un vampiro legge la storia di un vampiro... sicuro che non fosse la tua biografia?» commento beccandomi un'occhiata di traverso. «Va bene... visto Tyler, certo che vengo» dico alla fine.

Nicholas sorride entusiasta e mi stampa un altro bacio, talmente forte da spingermi all'indietro.

«Non prendermi in giro davanti a Tyler, altrimenti ti mordo» ordina cercando di fare il serio soldato ma fallendo miseramente.

«Come un vampiro? Non ci avevo pensato. Adesso però...» mormoro con aria malefica contro la sua bocca mentre le mie spalle sono sul cofano del SUV.

«Quante cose ti farei adesso...» sussurra tuto d'un tratto.
Alzo le sopracciglia sorridendo.
«Wow... un massaggio?» scherzo pur sapendo a cosa si stia riferendo.

«Ti massaggerei tutta».

«Mhm...» mugugno con un mezzo gemito quando ripone le labbra sulle mie per poi lasciarmi una scia di baci sul collo.

«No, no, c'è gente» farnetico non appena mi ricordo dove siamo. «Ci sono altre persone. Fermo» dico e provo ad allontanarlo ma lui non si scosta di un millimetro e questa cosa mi fa ridere in automatico quando inizia a farmi il sollecito come un completo idiota.

Una voce che riconosco si avvicina sempre di più mentre io cerco di dire a Nick di fermarsi e lui finalmente mi dà ascolto scoppiando a ridere. Evidentemente il mio "Mi sto per pisciare sotto" ha funzionato, perché è vero, ci mancava poco. Ho bevuto tanta acqua e ora avrei anche bisogno di andare al bagno.
Intanto la voce si avvicina di più. I miei occhi scivolano a destra e accanto mi passa niente di meno che una ragazza bionda che apparentemente sta litigando con qualcuno.

Lorelai e il mio fratellastro Adrien Monroe.
Lui le risponde dicendole qualcosa e lei dà di matto fermandosi di getto e puntandogli un dito contro. Ha le guance rosse tanto gli sta sbraitando addosso.

«La prossima volta che vedi tua madre dille pure che io non esisto più! Perché ne ho abbastanza di te e di tutta la merda che ti passa per la testa!» risponde lei gesticolando a caso.

«Stai facendo di tutta l'erba un fascio!»

«Mi stai dando della pazza?!»

«Vuoi darti una cazzo di calmata?!» le ringhia lui ormai senza più alcuna briciola di pazienza. «Stai attirando l'attenzione, cazzo!»

Lorelai scoppia a ridere istericamente.
«Non usare questo tono con me! Non dopo tutto quello che ti ho perdonato! Mi hai tradita e io ci sono passata sopra! Sei stato tu quello a venire da me e chiedere di tornare insieme, non io! Perché non sei rimasto con quella sgualdrina del Texas?! Mhm? Oh... sì, dimenticavo: lei a differenza mia non ti ha mai sopportato il tuo atteggiamento di merda!»

Ah, beh... Lorelai che mi dà della sgualdrina mi è nuova. Ricordo quella volta che mi aveva minacciato sulle scale dell'università, dopo io e lei non ci siamo mai più rivolte parole, forse perché ho mollato il college.

Nicholas, come me sta guardando con la coda dell'occhio. Poi mi guarda, tira le labbra in un sorrisetto e cerca di non ridere.

«Ma che fai?» gli sussurro. Lui mi liquida con un "Shh" e sposta gli occhi alla mia destra, tornando a guardare la coppia che sta dando di matto.
Non ci posso credere.
«Nick, smettila e... togliti, mi voglio alzare.»

Lui si tira in su e mi afferra posandomi con i piedi a terra e ritorna a guardare Lorelai ed Adrien.
Lo spingo come di conseguenza verso il posto del guidatore.
«Muovi il culo» ordino a bassa voce facendolo sghignazzare come un completo deficiente. Mi ferma e si becca delle sberle sul braccio.
«Nicholas, vai in macchina, cazzo» dico ancora esasperata. Lui mi fa segno di chiudere la bocca.

Giuro che gli mollo una ginocchiata alle palle se non si dà una mossa.
Lorelai mi odia, Adrien l'ultima volta ha fatto una scenata e stava per prendere a pizze in faccia Logan. Non voglio che ci veda. Ora tutto ciò che mi serve è la coppia sul pisello che si renda conto della mia presenza qui.

«Aspetta, aspetta un secondo... voglio sentire, shh... Ahia! Ma perché l'hai fatto?» esclama in uno modo talmente stridulo quando lo pizzico per il braccio da lasciarmi basita. Ma che verso ha fatto?
Punta gli occhi su di me e mi molla un pizzicotto a sua volta. Sbarro gli occhi.

«Nicholas, ma che cazzo?!» sibilo sbigottita. Gli indico la macchina.
«Sembri Ethan che guarda le Kardashian in TV. Smettila e fila subito dentro» gli ordino ancora.
Lui rotea gli occhi al cielo. Lo sto per prendere a sberle.

«Ma voglio sentire. Lasciami sentire» dice e si appoggia alla macchina, mi afferra e mi tira a lui, usandomi a mo' di scudo per non farsi beccare. Stento davvero a credere che sia un uomo di ventinove anni.

Inclino lievemente la testa guardandolo con disappunto. Lui, sposta le pupille su di me per un istante e poi scuote lievemente la testa a mo' di "che c'è?". Davvero me lo sta chiedendo?
«Ti piace guardare le persone litigare?»
Nick ride lievemente. «Cosa? No... certo che no.»

Certo che sì, invece.

«Fammi indovinare: aspetti che lui perda il controllo così potrai intervenire» dico senza troppi giri di parole.
Nicholas rimane evidentemente stupito dalla mia deduzione.
Sì, ho c'entrato appieno.

«Forse» replica fintamente disinteressato e torna a guardare la coppia per alcuni secondi. Cerco davvero di non ridere. Gli manca il suo lavoro, tanto che è così disperato da attendere un qualcosa che non accadrà mai.

«Secondo te chi è la sgualdrina texana? La conosci? Magari ci hai parlato un paio di volte. Viene dalle tue parti? Forse una contea vicino Wichita Falls» chiede tutto d'un tratto davvero curioso.
«Oh, ecco! Ecco, l'ha nominata di nuovo!» esclama tutto elettrizzato a bassa voce. Gli mancano solo dei popcorn.

«Sono io.»

Nicholas che stava guardando la coppia da strapazzo, corruccia d'improvviso le sopracciglia.

«Quello è il figlio della donna di mio padre» rivelo.
In automatico lui sposta lo sguardo alle mie spalle.
«Quello è il famoso Adrien?» chiede e gli fa una sorta di lunga analisi davvero insistente.
«Sì» replico con un sospiro pesante.
Nick si apre in uno strano sorriso e... ride.

«Cosa c'è di tanto divertente?»
Lui alza le spalle. «Non ti facevo una a cui piacciono i ragazzini biondi.»

E questo che dovrebbe significare?

«Adrien non è un ragazzino, ha ventiquattro anni.»

«Sulla carta d'identità?» ride. Rimango basita dalla sua malizia.

«Quella quindi è... aspetta, me lo ricordo, dammi solo un secondo... Ah, sì: Lorelai!» dice a bassa voce mordendosi un labbro. «Non dicevi che era una sociopatica?» aggotta le sopracciglia.

Merda, gli ho raccontato troppe cose, forse non avrei dovuto.
«Si comportava in modo strano, sì» dico semplicemente.
«E ti ha minacciata» aggiunge.
Sospiro. «Sì.»
«Cos'è successo nello specifico?»
«Niente: lei mi aveva detto una cosa, io le ho risposto, lei ha nominato mio padre, io mi sono incazzata, avrei voluto strapparle via un braccio ma ha detto che i suoi sono avvocati o procuratori, non ricordo... e mi ha dato della contadina.»

«E che coltivi di solito, patate?»
Scoppio a ridere tanto che abbandono la faccia sul suo petto.
«Lo sai che in realtà Lorelai non aveva torto?» chiedo. «Ho una piantina di pomodoro nell'armadio nel mio monolocale.»
Lui mi guarda per esattamente tre secondi prima di ridere.
«Cosa?»
Annuisco, ricordandomelo solo adesso.

«Era un regalo per te, ma credo che sia morta. Non la annaffio da troppo tempo.»
«Hai coltivato una pianta di pomodoro per me?» chiede aprendosi in un piccolo sorriso.

Dio che imbarazzo... detto ad alta voce suona veramente stupido.

«Volevo impressionarti... Tipo "Ecco, assaggia il mio pomodoro"» gesticolo con enfasi.

Nicholas in tutta risposta mi rifila un'occhiata equivoca.
«No» ordino prima che spari una delle sue battute volgari a livelli inconcepibili.
Lui però ride tanto che da mordersi un labbro. «Non ho detto niente» scuote la testa.
«Shh! Fa' silenzio. Non voglio che mi vedano» gli tappo la bocca per farlo smettere.
«Hai paura di Lorelai e dei suoi genitori procuratori?» sghignazza togliendomi via la mano. Lo guardo di traverso.
«Quella là mi odia, perciò ti prego vai in macchina» supplico a momenti.

«Perché le hai rubato il ragazzo? Lo sa, vero, che nessuno ruba niente a nessuno? Non puoi tenerti stretto qualcuno. Le persone sono libere di andare, sta a loro scegliere se farlo e se poi ritornare.»

Gli rifilo un'occhiata.
«Sei davvero l'ultima persona che può parlare di queste cose.»

Lui corruccia le sopracciglia.
«E perché? Sentiamo» si porta le braccia conserte.

«Mi frequentavo con Logan quando tu hai ben pensato di diventare il mio amante o quello che è» liquido l'argomento con un gesto di mano e cerco di controllare la situazione Lorelai ed Adrien.
La risatina di supponenza di Nicholas però mi fa girare.

«Amante» ripete con un smorfia del tutto contrariato da una etichetta del genere.
«Logan era il mio ragazzo» gli ricordo.

Lui però fa due passi e me lo trovo a meno di mezzo metro.

«Ero io il tuo ragazzo.»

Il mio cervello si disconnette. «Cosa?»

Lui annuisce sicuro di sé.
«Sono sempre stato io. Dormivi e ti svegliavi con me, ti preparavo la colazione, il pranzo, la cena, ti lavavo i vestiti e li stiravo. E facevamo l'amore ovunque e a qualunque ora» termina beffardo.

Deglutisco.
«Facevamo l'amore?» ripeto prendendolo in giro.
Lui si china verso il mio viso. «Preferisci "ti scopavo fino a farti piangere?"» alza un sopracciglio.
«No... credo che succedesse al secondo orgasmo. Al primo ti tappavo la bocca perché urlavi troppo e svegliavi gli inquilini della stanza accanto.»

Ma che stronzo.

«Ero io il tuo ragazzo. Sono sempre stato io. Logan, invece?» fa una smorfia pensierosa. «Era solo una tua piccola fantasia sessuale che, a proposito, è stato veramente deludente.»

«E tu che ne sai?» riduco gli occhi in due fessure a mo' di sfida.

Nicholas ride. «La prima volta l'hai strangolato, la seconda Ethan dice che hai fatto il Conte Dracula...» mormora con una smorfia. «Curiosità: stavi tipo così?» incrocia le braccia al petto per cui gli mollo una sberla sul braccio e lui ride. Che stronzo.

«Aspetta... Cosa ti ha detto Ethan?!» quasi non strillo non appena metabolizzo meglio le sue parole.

Lui mi rifila un sorrisetto.
«Ethan mi dice tutto perché sono il suo preferito, poi ci sei tu che ormai ti ha declassata al secondo posto.»

Cosa ha fatto Ethan? 

Nicholas riprende parola. «Aspetta... poi c'è stata la terza volta dove dal tuo racconto contorto credevo che avessi ucciso qualcuno» continua sbattendo le ciglia.

Gli punto un indice contro. «Quindi lo ammetti che volevi lanciare il cadavere in mare! Ah-ha!»
Lui mi afferra il dito e se lo sposta lentamente via con un fare snob che mi lascia perplessa.

«E ti aveva dato della "poco di buono". Al tuo posto invece di fare sesso vendicativo l'avrei affogato nel lavabo del bagno un paio di volte. Con mio fratello l'hai fatto, no?» alza le spalle appoggiandosi al cofano del SUV e si porta le braccia al petto.

Lo guardo meglio, corruccio la fronte e un secondo dopo strabuzzo gli occhi incredula.
«Tu sei geloso...» mormoro.

Nicholas si indica come se stessi parlando a un altro.
«Sì, tu» dico.
«Non ho motivo di essere geloso.»
Silenzio.
«Per questo l'ultima volta l'hai minacciato di staccargli il pene dal resto del corpo?»
Lui, come un vero deficiente, si stende in un sorrisetto beffardo che non riesce affatto a trattenere.

«L'ho avvertito» mi corregge.

Alzo un sopracciglio per niente convinta.

Nicholas si gira verso Lorelai che sta ancora urlando contro Adrien, per poi chinarsi lievemente al mio orecchio.
«Ti ha visto...» sussurra parecchio divertito.
Merda.
Lorelai ha smesso di dare di matto e ora sta guardando proprio in nostra direzione, o meglio per dire nella mia direzione. Il suo sguardo è stravolto. Rosso, gli occhi lunatici e ora mi sta sbranando a denti stretti.

«Dici che verrà qui a tirarti per i capelli?» chiede. Mi volto un po' per guardarlo male, lui invece non sembra per niente preoccupato.

«Hai una buona resistenza al dolore, il peggior tra gli scenari è che tu ti possa eccitare. Ecco, in quel caso specifico diventerei molto geloso» sogghigna.

Spalanco la bocca, incredula. La voglia di ridere corre di pari passo a quella di prenderlo a calci se non la pianta di parlare.

Adrien, come ora sta facendo la sua ragazza, mi sta fissando stupito alla mia vista. Poi gli occhi finiscono su Nick al mio fianco, dice qualcosa a Lorelai ma lei non gli presta attenzione. Anzi, fa una cosa che non dovrebbe affatto: mi viene incontro.

«Merda...» mormoro sconsolata. «Sta succedendo quello che volevo evitare. È tutta colpa tua» dico al mio fidanzato idiota che se la ride sotto i baffi.

«Tu!» mi sento ringhiare in men che non si dica. Lorelai mi punta un dito contro con i lineamenti dei viso tirati. Tiro un profondo respiro.
Ci mancava solo questo...

«Stupida ragazzina del cazzo!»

Questa cosa che tutti mi danno della ragazzina inizia davvero a darmi sui nervi.

Lorelai mi si avventa con tutta l'ira che ha in corpo, Adrien prova ad afferrarla e fermarla, ma non ci riesce, e proprio nello stesso istante lei fa per sferrarmi una sberla in pieno viso. Spalanca gli occhi quando le blocco il colpo, fermo il suo braccio tra il mio e il fianco e le pianto una mano in gola sbattendola di spalle sul cofano del SUV.

Davanti, a un soffio dal suo viso, Lorelai sembra sbiancare di almeno tre gradazioni diverse. Oh.. non se lo aspettava.

«Lorelai, ma che cazzo fai?!»
Adrien si avvicina e l'afferra tirandola via rifilandomi uno sguardo fugace. Quindi mi allontano un po' e li guardo mentre riprendono a litigare.
«Immagino che non vedrò mai una vera litigata tra ragazze...» commenta Nick con delusione.
Gli mollo un'occhiata. «Ma io sono una ragazza.»

«Parlo di schiaffi, urletti ed extension di capelli, rotolamenti per terra e poi picchiarsi con le borsette... o i tacchi... o entrambi...» si spiega lui pensieroso.

Faccio una smorfia. «Ah.. parli di lotta tra galline...» mi illumino con un sorriso mentre lui va verso lo sportello del passeggero aprendolo come un vero gentiluomo tanto che mi fa ridere. Ho voglia di chiudere questa assurda giornata. Davvero.

Prima Kieran con quel meccanico e adesso Lorelai, la ragazza pazza di Adrien. Non voglio una seconda rissa, sempre che si possa considerare tale. Ho le ovaie girate, sono già stressata di mio, Benedict mi sta dando abbastanza filo da torcere e francamente parlando dopo aver conosciuto quell'uomo ho davvero dubbi immensi su cosa mi possa ancora spaventare. Lorelai non è di certo fra le potenziali persone, nonostante i suoi genitori procuratori o quel cazzo che sono. Ho un multimilionario svitato con le manie di potere che mi sta col fiato sul collo e le sue minacce di darmi in pasto alla polizia, immagino che una bionda con la sua gelosia nei miei confronti non possa rientrare tra i miei possibili nemici al momento.

Nemmeno il tempo per passare accanto a Nicholas, aggirare lo sportello e salire nel SUV che sento urlare un "Lorelai!" , faccio per voltarmi e nello stesso frangente vengo spinta contro il SUV, scivolo sulla carrozzeria, sul cofano e atterro sul cemento. Il colpo alla spalla e alla testa lo percepisco tutto.

Mugugno un gemito gutturale di dolore, strizzo gli occhi e sbatto le ciglia un paio di volte. Ho la vista appannata. Fottuta bionda...

«Sei una grandissima puttana, lo sai?!»

A fatica pianto un gomito a terra e mi tiro un po' su, quanto basta per alzare una mano sulla fronte, accanto l'attaccatura del capelli e reprimere tra i denti un altro gemito quando al tatto sento una fitta di bruciore. Porto i polpastrelli sotto lo sguardo e me li trovo impregnati di sangue.

Meraviglioso.

Alzo gli occhi. Lorelai è davanti a me, in piedi e mi fissa dall'alto. Mi ha appena mollato uno spintone e credo mi abbia aperto il cranio perché sento chiaramente il rivolo di sangue scendere lungo la fronte, fermarsi nel sopracciglia e poi scivolano accanto la coda dell'occhio e invadere la mia guancia. Porca la puttana.

Adrien si avvicina l'afferra per un braccio.
«Ma che diavolo hai fatto?!» le urla contro ad occhi sbarrati. Lei lo spinge via.
«Sei una lurida puttana che sfascia le relazioni. Io sono stata gentile con te! E tu mi hai fottuto il ragazzo! Non potevi davvero trattenerti?! Andava tutto bene, poi sei arrivata tu e hai rovinato il gruppo, poi hai fatto la tua cerchia di amici con quelle due puttane lesbiche, la coppia gay e Logan Price! Adrien ha perso la testa per una stronza come te che poi l'ha anche mollato! Sei andata nel Texas del cazzo e ti sei fatta il suo amico che guarda caso ti sei scopata di nuovo! Non ti basta mai nessuno?! Ma che razza di persona saresti, mh?! Stavamo tutti bene, noi — indica se stessa ed Adrien — stavamo bene, eravamo felici e tu hai mandato tutto a rotoli perché sei una puttana!»

Strizzo stordita di nuovo gli occhi e sbatto le ciglia un altro paio di volte.
Merda, ho il cranio rotto. Forse dovrò farmi una TAC e capire cosa mi ha danneggiato Lorelai, ma prima mi alzerò e le ficcherò una mano in gola tirandole via le viscere.

***

ANGOLO AUTRICE

Allora, piccola osservazione: Nicholas nel ruolo di fidanzato mi fa morire. E' veramente scemo e sexy nello stesso momento. Mhm dio è sesso puro. E domandina: cosa cercavi nel monolocale di Ronnie?

Detto ciò: adoro Kieran sempre di più.

Lorelai cosa stai facendo? ahahaha morta

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