7 | Malinconia

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

CAPITOLO 7
Malinconia


Addosso con una giacca dell'università, un semplice paio di jeans e le scarpe da ginnastica. I suoi occhi verdi mi guardano in silenzio, c'è solo il vento e nient'altro, forse qualche studente che passeggia per il campus, per il resto ci siamo solo noi due.

Quando l'avevo rivisto non appena atterrata a San Francisco il nostro incontro è stato uno scambio di battute sarcastiche e taglienti. Io ero emozionata per poter frequentare la stessa università della mamma lui, invece, scocciato dall'avermi tra i piedi e in giro per il suo appartamento. Lo stesso che ho abbandonato quando la situazione tra noi due era diventata - inutile dirlo, invivibile. Adrien mi mandava in cortocircuito il cervello ogni volta che mi stava nei paraggi e non potevo assolutamente essere la sfascia coppie di turno perché durante quel periodo c'era Lorelai nella sua vita che lui alla fine aveva mollato per me, perché innamorato da quando eravamo dei semplici ragazzini a combinare stronzate per Wichita Falls.

E ora il mio ex migliore amico d'infanzia e primo amore mi sta semplicemente guardando. Forse dovrei avere uno strano batticuore, sentire le budella sottosopra, avere brividi lungo ogni particella del corpo ma se penso a tutte queste sensazioni la mente mi sfugge a solo una persona capace di farmele provare.

Occhi azzurri, lieve eterocromia, poliziotto di pattuglia ed ex Marine. È a lui che penso e a nessun altro.

Adrien ora mi crea solo un profondo sentimento di pura malinconia e di lui custodisco solo i momenti migliori che abbiamo vissuto.

In questi due anni mi sono disintossicata da tante cose e persone, ma soprattutto ho eliminato anche quello che mi faceva soffrire, una era proprio lui, con cui non mi sono lasciata nei miglior dei modi.

Logan aveva mandato all'aria il nostro tentativo di una relazione insieme e io mi solo lasciata andare, ho rovinato tutto ma probabilmente ho fatto la cosa giusta nonostante non volessi ammetterlo. Adrien ed io non siamo mai stati destinati a una storia d'amore, anche quando avevamo cercato di stare insieme litigavamo, lui era geloso, io ero asfissiata dalla sua gelosia e Logan è stato il punto di rottura per terminare qualunque cosa ci fosse tra noi due nonostante gli avessi detto il suo tanto richiesto "ti amo".

Ti amo detto perché lui voleva sentirselo dire.
Io gli volevo bene, ma non so se l'ho mai amato, forse anni fa, ma non quando sono arrivata a San Francisco. Mi creava solo un effetto, ma oltre a quello non c'era nient'altro perché eravamo cresciuti e diventati persone diverse, dopo la morte della mamma io sono cambiata e lui ricordava di me quella Ronnie che purtroppo non c'era più.

Lui ora mi sta guardando. E io non so che dire, non ne ho idea.

«Ciao» mi saluta rivolgermi un tenue sorriso e la sua voce mi fa uno strano effetto. Tiro un profondo respiro, facendomi coraggio.
«Ciao» ricambio.

Ciao, Adrien.

Silenzio.
Lui mi guarda, io faccio altrettanto, c'è un chiaro disagio nell'aria e non so cosa fare per scacciarlo.

È lui fortunatamente a riprendere parola quando indica l'edificio alle mie spalle.
«Kim ha detto che saresti passata per darle una mano d'aiuto.»

Annuisco.
Altro silenzio.

«È molto entusiasta... praticamente non fa altro che parlare di te in giro» aggiunge con un piccolo cenno di risata.

Ancora altro silenzio.

Si gira per un istante verso l'uscita dal campus e torna da me.
«Era per caso un poliziotto o sbaglio?» sorride in uno strano modo, quasi con una smorfia divertita.
Abbasso istintivamente il viso verso le mie mani e resto per un attimo a contemplare quella destra.

Ma che... diavolo è?
Aggrotto la fronte muovendo le dita, le porto vicino al viso, do un'occhiata ad Adrien che mi guarda la mano allo stesso modo e io non capisco... ma che diavolo è? Osservo il colore, forse inchiostro di penna, non ne ho idea. Infilo come di conseguenza la mano nella tasca e tiro fuori le chiavi della moto.

Non ci credo...
Ora si spiega perché mi abbia dato le chiavi di cui non me ne faccio niente.

«Ma che stronzo...» borbotto incredula e sollevo di getto lo sguardo. Adrien mi rivolge un piccolo sorriso confuso, probabilmente pensa che lo abbia offeso ma invece ora vorrei strangolare qualcuno che non è affatto lui. Quel qualcuno è un poliziotto. Uno stronzo di poliziotto.

Punto gli occhi in fondo alle sue spalle dov'è l'uscita dal campus ed è abbastanza inutile perché Nicholas sarà già andato via.

«Che grandissimo stronzo» sibilo e apro la borsa con la mano sinistra provando a tirare fuori una salviettina umida con cui mi pulisco la mano destra e anche le chiavi della moto. Con le chiavi credo funzioni, con la mia mano di meno. Asciugo l'inchiostro ma questo mi è entrato nella pelle e il colore non va affatto via nonostante provi più e più volte e sfregare la salviettina sul palmo della mano, le dita e le unghie.
Ne prendo un'altra di salvietta, e un'altra ancora e cerco di tirare via il colore ma è inutile. Merda.

Com'è finita la storia del maglione?
Niente sesso. Già. E non solo: Nicholas ha continuato ad offenderlo, offendendo così anche il lavoro della mia nonnina, offendendo anche me come di conseguenza e ho preteso delle scuse, che non sono affatto arrivate, quindi... Ho capito che entrambi siamo testardi, ma soprattutto che io sono sul serio un demonio vendicativo che stava in ibernazione per anni aspettando solo il momento adeguato per uscire allo scoperto.

Può darsi che abbia preso tutte le sue spezie e le abbia gettate nello scarico del water. Che abbia attaccato finti tatuaggi non permanenti alle sue camicie bianche, che adesso non dovrebbe vestire perché quello che dovrebbe infilarsi è il mio maglione. E può darsi che abbia scambiato l'acqua in bottiglia con quella tonica, il detergente per panni con quello per i piatti, e che abbia manomesso l'allarme antifurto della sua auto in modo tale che ogni volta che apre lo sportello questa si spari a raffica aizzando i cani nel vicinato.

Almeno due volte un poliziotto di pattuglia è sceso, gli ha detto di alzare le mani pronto per arrestarlo e invece poi scopriva, tristemente direi, che anche Nick è uno sbirro e che quella è la sua auto e non una che stava tentando di rubare.

Però era divertente la scena ogni volta che la guardavo perché sì: mi svegliavo di mattino, uscivo sul portone e attendevo che il destino facesse il suo corso e il destino mi ha sorriso ben due volte.

Il mio è un comportamento vile?
No, sono solo un genio del male.
Ma adesso ho scoperto che Nicholas Bailey Reed ha risposto ai miei colpi efferati con un contrattacco. Ma che stronzo.

«È tutto... okay?» sento chiedere. Alzo di conseguenza lo sguardo, trovando così un Adrien che mi fissa confuso.
«Oh, ma certo, solo che stasera ucciderò quel pezzo di merda di un poliziotto» mormoro e sconfitta mi fermo dal cercare di levare l'inchiostro. Merda.

Adrien indica alle sue spalle, il punto dove Nicholas si è levato dalle palle. Cosa che dovrà fare anche stasera, perché sarà una carneficina.
«Sì, proprio lui» dico buttando le salviettine intrise di inchiostro nel cestino accanto a noi.

«Il tuo... ragazzo?» tenta incerto. Mi giro tornando con gli occhi su di lui.

«Non è il mio ragazzo, ma un uomo morto che cammina» borbotto guardando la mia mano con chiazze di inchiostro. È incredibile.
Adrien accenna una piccola risata.

«Forse dovresti tenerlo lontano da tuo padre, prima che scopra di lui e se lo trascini in una qualche strana battuta di caccia in mezzo ai boschi dove il segnale non prende e la stazione di gas più vicina è ad almeno trenta minuti di macchina» Adrien mi riporta alla realtà, lasciandomi per qualche istante spaesata.

Papà?

Abbasso il viso contenendo un sorriso e sposto gli occhi altrove per un istante.
Sì, sarebbe in perfetto stile di papà. Prendere chiunque provi a sfiorarmi e minacciarlo in un luogo desolato.

«Beh... io ora ti lascio, Kim ti starà aspettando» riprende parola e mi saluta con un cenno di testa prima di girare le spalle.

«Adrien!»
La mia bocca però lo ferma. Si gira e il mio cuore prende a battere più rapidamente.

«Lui come sta?» chiedo e mi sento divorare dalla vergogna, dai sensi di colpa, da ogni cosa io abbia fatto in passato.
Adrien sorride lievemente. «Gli manchi» risponde e il mio cuore ha un forte tremore, uno sismico tanto da mozzarmi il fiato e annebbiarmi la vista con le lacrime che d'improvviso si materializzano nelle palpebre inferiori.

«Manchi a tutti» aggiunge guardandosi in giro un po' a disagio.
«È a Seattle?» chiedo non potendo fermarmi, non adesso che posso farlo, ho bisogno di alcune notizie su di lui, sul mio papà.
Scuote la testa. «È stato trasferito a Washington DC.»

Aggrotto inevitabilmente la fronte confusa, tanto che lui continua non prima di tornare indietro di alcuni passi vicino a me.
«Il suo superiore ha analizzato il suo fascicolo... ricordi il caso che ha risolto per l'FBI?»
Annuisco. Come potrei scordarlo.

«L'ha raccomandato per un colloquio e l'hanno accettato all'Agenzia Federale» spiega. Rimango inevitabilmente di sasso.
Sul mio viso si forma un sorriso incredulo.
«È un agente federale ora?»
«Proprio così.»
«Un gran salto di qualità rispetto al vice sceriffo di una sperduta località del Texas... forse il fallimento del Ranch non ha portato solo lati negativi» cerco di sdrammatizzare.
Averlo nominato pare far cambiare qualcosa sul suo viso, tanto che abbassa lo sguardo a terra per un momento.

«Posso... posso chiederti come stai?» mi fa d'un tratto dopo aver indugiato a sufficienza. La sua domanda mi lascia stupita.

«Bene» rispondo.
Sto bene, finalmente sto bene.

Lui annuisce.
«Tu?» cerco di essere quanto più garbata possibile, non ne ho idea ma penso che debba farlo.
«Bene» risponde a sua volta.

Silenzio.
Il battito cardiaco mi pulsa fin dentro le tempie e cerco di non dar a vedere il mio nervosismo. Non ci siamo lasciati nei miglior dei modi, né a Seattle e né tantomeno dopo. L'ultima volta credo di averlo baciato solo per divertimento o forse di avergli urlato contro cose a proposito la sua ex ragazza, Lorelai. Non ne sono certa.

«Kim si starà chiedendo che fine io abbia fatto, quindi... meglio che vada» mi sblocco di getto indicando l'edificio alle mie spalle.

«Ci sono! Ci sono! Eccomi! Non andare senza di me! Hai capito?! Adrien! Aspetta!Aspettami, cazzo!» una voce mi distrae di scatto l'attenzione. Stranita mi giro verso sinistra, dalla residenza studentesca maschile spunta un ragazzo.

Jeans, felpa, il cappuccio tirato sulla testa che gli ricade indietro data la corsa a tremila chilometri orari, scoprendo dei capelli biondi. Continua a correre in nostra direzione reggendo lo zaino in spalla in cui cerca distrattamente di infilare dei libri, alcuni gli cadono, ferma il passo, fa retromarcia, li raccoglie rapido come una scheggia, li butta nello zaino e riprende a correre.

Finn.

I suoi occhi azzurri finiscono prima sul mio fratellastro, poi su di me e rallenta gradualmente a una decina di metri che percorre mentre prova a riprendere fiato.

Quando mi finisce davanti, alza un dito in aria, mi fa segno di aspettare e si piega con le mani sulle ginocchia, ispirando profondamente.
«Cazzo...» biascica.
Solleva il mento, mi rivolge un'occhiata, poi un sorrisetto e schiude la bocca.

«La piccola stronzetta è tornata!» esclama con finto entusiasmo.
Beh... non mi era per niente mancato, se devo essere onesta.
A fatica cerco di trattenere una smorfia di pura repulsione.

Finn si rimette in piedi composto e guarda Adrien per un istante.
«Siete tornati a scopare in perfetto stile Sweet Home Alabama o cosa?»

Serro inevitabilmente i denti.

«Ti ricordo che si è fottuta Logan il quale ti ha anche spaccato la faccia» gli dice stizzito e torna a guardarmi.

Il mio passato, le stronzate che sono ben consapevole di aver combinato, tutto torna come un violento pugno allo stomaco che mi mozza il fiato.

«Ma si può sapere che cazzo hai di così speciale? Devi fare dei gran bei pompini altrimenti non si spiega...» fa con aria assorta per poi ridere come un perfetto imbecille.

Sono passati due anni ma Finn Dwayte resta ugualmente la medesima testa di cazzo che ho conosciuto nell'appartamento di Adrien, lo stesso verso il quale adesso mi volto e che guardo. Lui ricambia in silenzio e non so esattamente cosa pensare. In viso ha un'espressione indecifrabile, non sembra molto colpito dalle parole del suo coinquilino o forse è semplicemente molto bravo a nasconderlo.

«Spero tu non ti faccia sentire in questo modo con nei paraggi il suo ragazzo, perché credo ti spezzerebbe il collo in un nanosecondo.»
È la sua voce a rompere questo strano momento, parole dinanzi cui vengo presa di sprovvista.

Finn mi molla un'occhiata. «Hai un ragazzo? E chi è lo sfortunato questa volta?» ridacchia divertito.

«Solo un agente di polizia che è il triplo di te» gli sorride Adrien con fare tranquillo e io rimango ancora più stupita, non solo dal suo atteggiamento che trovo... nettamente più maturo, ma anche per il modo in cui mi sta difendendo, nominando Nicholas senza alcun problema.

Finn si toglie via finalmente la sua faccia da schiaffi cronici, arrogante e presuntuosa e mi guarda.
«Ora vattene e fila in macchina, altrimenti ti lascio a piedi» ordina e Finn non se lo fa ripetere. Mi manda una semplice occhiata di striscio, tira meglio lo zaino in spalla, il cappuccio e sparisce.

Non appena rimaniamo solo Adrien ed io, lui tira un profondo respiro e si passa sconsolato una mano sul viso.
«Non dovevi farlo» gli dico raccogliendo la mia determinazione.
Lui abbozza un sorriso. «Lo so» risponde e si schiarisce la voce. «Ma sei la mia famiglia e Finn deve tacere una volta ogni tanto.»

Il mio cuore trema copiosamente. È irruento, il calore che si propaga lungo ogni terminale nervoso e mi raggiunge le guance facendole andare a fuoco.

«Resterai a San Francisco per le feste natalizie? Ho sentito da Kim che hai un monolocale sulla costa.»
Kim forse parla un po' troppo.

«Sì, ma non starò lì» dico semplicemente.
«Passerai il Natale dal tuo ragazzo?»
Aggrotto la fronte, stranita dalla sua domanda a cui non so nemmeno come rispondere.
Non ho fatto piani di alcun genere. So solo che starò insieme a Ethan.

Adrien caccia d'improvviso un sorriso a disagio. «Scusa, io... niente! Ignora quello che ho detto, non volevo essere indiscreto. Scusami» gesticola con una mano e indietreggia di qualche passo, mentre lo analizzo in silenzio confusa dal modo in cui si sta comportando.

«Forse sarò da un amico e forse ci sarà anche Nicholas, non so, non ci ho pensato» rispondo nonostante tutto.
Lui annuisce con la testa.

«Nicholas» ripete sovrappensiero, mi fissa per parecchi istanti completamente ammutolito e si passa con fare nervoso una mano tra i capelli.

«Lui... è un tipo a posto, no? Cioè... è okay? Intendo per quello» mi fa con un cenno di testa verso il basso.
Corruccio la fronte e abbasso gli occhi sulla mano, e mi illumino di colpo.

«Ah! Sì, sì! No! Cioè... questo è...» alzo la mano ridendo, «... è una cosa stupida! Lui è stupido... no! No, voglio dire che lui è okay, Nick è...» mi fermo di getto cercando di trovare una parola adeguata che possa descriverlo e ora che lo devo fare, che devo parlare di lui a qualcuno, soprattutto se è Adrien, il mio cuore prende inevitabilmente a battere più rapidamente.

«Lui è...» mi schiarisco la voce e d'improvviso il viso di Nicholas si materializza nella mia testa. Lui sul pontile, la giacca da polizia addosso, il mio capellino in testa, il tenue sorriso a dipingergli le labbra mentre il sole batte sul suo viso, illuminandolo tanto da fargli brillare gli occhi in modo tale che l'azzurro prenda delle piccole sfumature dorate. Lui che mi parla, raccontandomi dei suoi viaggi in giro con i pescatori. Delle giornate in mare, di come aiutava alla pesca, di come si facciano i nodi nautici, come si capisca tutto dal modo in cui tira il vento...
E solo ora realizzo che in realtà io lo ascolterei per ore. Non importa di cosa mi potrebbe parlare, se della pesca, della cucina, dei suoi viaggi o dell'Afghanistan, o perfino della sua famiglia, io lo ascolterei per ore.

«È meraviglioso» dico alla fine, lasciando Adrien non so in che modo, forse stupito. «Sì... lui è veramente meraviglioso» ripeto con un piccolo sorriso spostando d'istinto gli occhi oltre le sue spalle, sull'uscita dal campus.

Ho litigato con lui per quel maglione. E ha ragione, il maglione di mia nonna è brutto, lo so ma io volevo che lo indossasse perché tiene caldo. E perché... l'ha fatto mia nonna e io glielo avevo chiesto perché volevo regalarlo a Nicholas perché lui... è meraviglioso. Nell'esprimere affetto faccio schifo e ogni volta che ho provato a farlo qualcosa è andato storto quindi ho pensato che magari un regalo sarebbe stato una buona idea ma Nick odia quel maglione.

Ritorno con gli occhi su Adrien.

«In tutta onestà credevo che... sai, stessi insieme a Logan, eravate molto legati» dice rivolgendomi un piccolo sorriso tirato.

Anche io, Adrien. Vorrei dirgli ma preferisco mantenerlo per me.

«Credo tu avessi avuto ragione» confesso invece lasciandolo confuso per qualche istante. Mi schiarisco la voce. «Su di lui, quando sono arrivata a San Francisco. Avevi avuto ragione ma io non ti ho dato ascolto...» sospiro con un tenue sorriso.

Adrien si limita a restare in silenzio.
«Ma... le cose sono andate così ormai e se non fosse successo tutto quello credo che non avrei mai incontrato Nicholas e... lui cucina, sai?» caccio una mezza risata lasciandolo così sorpreso.
Annuisco con la testa.
«Sì... lui prepara delle robe buonissime.» Aggiungo sorridente. E io adoro quando cucina.
«Perché lo chiedi?» chiedo questa volta riferendomi alla sua curiosità su dove e con chi farò il Natale.

«No... niente di... lascia stare!» liquida la cosa con un gesto di mano.
«Buon Natale, Ronnie» mi augura indietreggiando ancora. «E anche al tuo ragazzo... io ora vado, ho da fare i bagagli e... se vuoi o se te la senti, insomma non voglio metterti fretta, puoi chiamare Chris. Non aspetta altro che sentire la tua voce. Ci si vede...» mi saluta di nuovo e va via, in direzione del parcheggio affianco all'università mentre resto a guardarlo e mi sento senza fiato.
Manco al mio papà. Gli manco per davvero.

Mi giro alla fine, riesco a farlo e mi dirigo verso i dormitori femminili.

Kim e io ci diamo da fare, Nath si aggiunge all'ultimo e come sempre piuttosto che fare una vera mano d'aiuto fa cose completamente inutili come fare bolle di sapone per cui Kim afferra una scarpa e gliela lancia addosso.
Tra risate, battibecchi stupidi tra loro due e Nath che alla fine si è decisa quantomeno di chiudere due scatole e portarle di sotto, scendo anche io mentre le ragazze sono ancora al terzo piano e attendo un segno di vita da Nicholas. A quest'ora dovrebbe essere libero dal lavoro.

Esco sulle scale che portano al portone d'ingresso, infilo gli auricolari e metto della musica per ammazzare il tempo.
Pian piano sotto le note di Never Felt so Alone di Labrinth, mi lascio andare di spalle sui gradini.

Il viso rivolto al cielo oggi più grigio del solito, mi sento scivolare indietro nel tempo senza rendermene nemmeno conto, non lo so nemmeno perché, ma so che l'incontro con Adrien mi ha fatto scattare una profonda malinconia verso ciò che era la mia vita qui, a San Francisco, quello per cui ero arrivata, e poi il modo in cui tutto si è complicato.

"I thought you were my new best friend
Wish I knew better then
Who knew you were just out to get me?
My whole world just fell apart

'Cause I never felt so alone
Felt so alone, no, no
I could never be more alone than when I ain't got you here"

I versi si infilano nelle mie orecchie, arrivano ai timpani e sfregiano il mio cuore che credevo di aver chiuso definitivamente a quella persona. E l'ho fatto.
Sono felice. Ho il mio monolocale, il mio lavoro, Ethan, ho... Nicholas.
Ho tutto quello che ho sempre desiderato. Stabilità. Sicurezza. Fedeltà e onestà.
Ho tutto.

E allora che diavolo mi prende?

Mi volto leggermente verso destra.
Il cappuccio tirato sulla testa, i capelli corvini scompigliati che ricadono sulla sua fronte. Gli guardo il profilo mentre lui guarda il cielo.
Gli do un'occhiata, mossa dalla curiosità, e lo trovo scuro, la luna piena più arancione del solito che brilla mezza nascosta da una nuvola.
Torno con gli occhi su di lui.

«Lo sapevi che sulla Luna la temperatura di una zona illuminata si aggira intorno a +150°C, quella di una zona d'ombra intorno a -150°C ?» chiede d'un tratto girandosi verso di me e incastrando le sue iridi nere nelle mie. Un piccolo sorriso a dipingergli le labbra, tanto ingenuo da farmi sorridere a mia volta.

«Sì, sapevo una cosa del genere» rispondo e lui torna con gli occhi sul cielo.

«Non c'è gradualità: una persona distesa a pancia in su sulla Luna, sarebbe riscaldata a 150°C sulla parte esposta e raffreddata a -150°C sulla schiena. Sulla Terra questo sbalzo non avviene per l'esistenza dell'atmosfera e degli oceani. I raggi del Sole infatti riscaldano l'involucro gassoso dell'atmosfera che ridistribuisce il calore ad una temperatura media di 15°C» spiega sistemando meglio lo zaino sotto il collo. Si porta le braccia conserte per qualche istante finché non afferra la mia mano nella sua e il mio cuore trasalisce di scatto.

«Ma che stai facend provo a dire divertita ma lui mi zittisce.

«Shh, guarda lì» mi fa indicandomi qualcosa. «Quella che vedi accanto alla luna non è una stella» sorride entusiasta.
Corruccio la fronte e ritorno a guardare il cielo.
«Ma brilla» replico contrariata.
«È Venere» dice abbassando le nostre mani, ma non staccandole. Intreccia le nostre dita e si porta la mia sul petto.

«È il terzo corpo celeste più luminoso dopo il Sole e la Luna. Mai sentito parlare del Transito di Venere? È una cosa molto divertente... vediamo, mhm: Un transito avviene quando Venere si trova esattamente tra la Terra e il Sole, ed è un evento astronomico raro. La prima osservazione avvenne il 4 dicembre 1639 da Jeremiah Horrocks e William Crabtree, mentre nel 1761 venne osservato da Mikhail Lomonosov che fornì la prima prova dell'esistenza di una atmosfera. I transiti del XIX secolo permisero, attraverso la parallasse di calcolare precisamente la distanza della Terra dal Sole» caccia un cenno di risata.
«Il transito può avvenire solo all'inizio di giugno o all'inizio di dicembre, quando il pianeta incrocia l'eclittica» gesticola con le nostre mani, cercando di farmi capire il modo esatto. Con le sopracciglia corrucciate cerco sul serio di capire ma invece i miei occhi dalle nostre mani si spostano sul suo viso e ci rimangono. Logan se ne accorge e mi guarda male, o quantomeno ci prova ma di lascia scappare un sorriso.

«Non guardare me, guarda qui» fa fintamente offeso riferendosi alle nostre mani. «Questo è il piano orbitale terrestre» riprende gesticolando, «e si presenta a coppie di eventi a distanza di otto anni. La distanza tra una coppia di transiti e la successiva ha invece un periodo superiore ad un secolo, per questo motivo è raro.»

«Dovresti fare il professore» mormoro con aria assorta. Lui mi guarda e ride lievemente.
«Perché no?» chiedo notando la sua reazione. Logan riporta le nostre mani sul suo petto e sistema la testa meglio sullo zaino che c'è sullo scalino davanti ai dormitori maschili. Il caffè accanto a noi, il silenzio del campus ad avvolgerci.

«Pensavo piuttosto di... non so, trovare un posto alla Nasa o qualcosa del genere.»
Spalanco gli occhi per poi scoppiare a ridere.
«Sì, ecco. Questa è stata la reazione anche di Liz...» mormora stranamente in imbarazzo.
«Guarda che non stavo ridendo di te o del tuo piccolo grande sogno, ma di come diventeresti parte dello staff di quelle persone che tipo risolvono la fine del mondo nei film apocalittici come il Giorno dell'indipendenza con Will Smith. Sarebbe molto cinematografico» sorrido mollandogli un piccolo calcio di lato e contagiandolo.
«Però anche fare il professore non è niente male...» ridacchia divertito.

«Te lo immagini...» prendo parola con enfasi alzando la mano sinistra in alto. «Tu ed io fra dieci anni: Logan Price, Salvatore dell'umanità e Veronica Kyle che si approfitta della sua fama per infilarsi nella base della Nasa, rubare l'equipaggiamento e andare nella stazione spaziale Internazionale?»

«Verresti arrestata e mi farai arrestare» mi fa notare serio.
«Nah... Solo tu, io no. I crimini fuori dalla stratosfera terrestre non sono crimini, no? Insomma, soprattutto se non c'è la giurisdizione del governo americano.»

Logan ride un automatico.
«Io invece credo che verresti arrestata. Magari deportata in una base segreta dei Guardiani della Galassia, magari a Knowhere, e se c'è Peter Quill ti dirò... io al tuo posto non proverei affatto ad evadere» commenta facendomi ridere ulteriormente.
Lo guardo.
«Peter è molto sexy, ma vuoi veramente metterlo a paragone con te?» lo prendo in giro non potendo farne a meno, Logan sorride. «Se venissi deportata, evaderei eccome altrimenti con chi mi guarderei Game of Thrones fino a farlo arrivare all'esasperazione?» ridacchio ovvia.

«Oh, quindi è solo per questo? Per schiavizzarmi davanti alla TV e ordinare "Cisco, zitto e guarda"?» scimmiotta divertito. «Mi sento particolarmente offeso. Credevo che quantomeno ti sarei mancato» aggiunge mollandomi un'occhiata falsamente torva.

Mi mordo un labbro trattenendo un sorriso e mi avvicino a lui un altro po'.
«Come sei sentimentale...» scherzo con una smorfia e poggio la testa sul suo petto. Lui, invece, mi abbraccia a sé quindi chiudo gli occhi rischiando di addormentarmi sulle scale scomode del campus.
«Ci vuole equilibrio» dice semplicemente. «Io sono così, tu sei più fredda. Ci vuole equilibrio. Siamo come protoni ed elettroni. Senza l'equilibrio c'è il caos, ma quando due particelle così diverse tra di loro si stabilizzano possono fare qualcosa di incredibile come quando una stella a neutroni collassa su se stessa e la materia viene a disperdersi. Se c'è equilibrio, tutti gli scarti attraverso la forza gravitazionale magnetica restano uniti ed è così che ad esempio si genera un buco nero. Anche se una tra le due stelle non c'è più, quella rimanente continuerà a compiere il suo moto a spirale intorno al buco nero, riconoscendola ugualmente come sua stella gemella...»
Il suo petto vibra ad ogni parola che gli esce dalla bocca e il mio viso si nasconde di più nella sua felpa.

«Saresti perfetto come professore» mormoro in tutta risposta e lui ride lievemente.
«Sarei un professore molto erotico. Sono di bell'aspetto, intelligente, molto carismatico e potrei fare tante stragi di cuori» commenta e io come di conseguenza scoppio in una risata sommessa.
«Sei un idiota» replico. «Dovrei diventare poliziotta solo per poterti arrestare quando qualche studentessa ti denuncerà per molestie» sghignazzo.

«Perché dovrei molestare qualcuno quando posso molestare te?» ridacchia. Apro gli occhi in automatico, mi sollevo sul gomito e lo guardo dall'alto per alcuni istanti.

I capelli scompigliati, gli occhi pece che mi guardano a loro volta, il battuto del mio cuore che inizia a riecheggiare con prepotenza in ogni centimetro del corpo.

«Tu fallo e io ti spezzo le mani» dico semplicemente guardandolo male. Lui in tutta risposta mi afferra, trascinandomi a cavalcioni su di lui.
Sbarro gli occhi e le guance mi vanno a fuoco come non mai.

«Ma che fai?!» esclamo con un sorriso nervoso e cerco di tirarmi subito, il più rapidamente possibile, su, lontana da lui, dal suo corpo così vicino al mio, troppo... troppo vicino.
Logan però me lo impedisce.

«Ti sto molestando. Se mi fai male, mi metto a urlare» fa con un sorrisetto da completo deficiente in faccia.
Rido istintivamente mentre gli mollo una sberla sul braccio.
«Non ti farei mai del male, Cisco» replico contrariata e lui si tira su a sedere, con me sulle sue cosce ritrovandoci così a una distanza l'uno dall'altra quasi inesistente.
E io smetto di colpo di respirare.

«Nemmeno io» poggia la sua fronte contro la mia e il cuore mi sobbalza nel petto.

Ritorno di colpo al presente quando una goccia d'acqua mi cade sul viso.
Sbatto gli occhi e dal cielo inizia a piovigginare. Merda.
Mi tiro su pronta per scappare dentro ma gli occhi per un istante mi scivolano a sinistra, sulle rampe che invece conducono a quelli maschili e... lo vedo.

Seduto sui gradini, la giacca di pelle addosso, sotto la felpa grigia col cappuccio tirato sulla testa. Sta guardando il cellulare, nell'altra mano regge una sigaretta. La porta alla bocca, tira un fumo e poi si volta verso di me per puro caso.

I suoi occhi neri mi guardano, il fumo abbandona la bocca e il vento lo spazza via, trascinandolo lontano come alcune ciocche dei capelli che spuntano dal cappuccio e gli ricadono sulla fronte, una sfiorando perfino il setto nasale.

Sinceramente non ho idea da quanto sia qui. Ma quello che so è che i ricordi di noi due a casa di Kim riemergono a galla di getto. Ogni singolo dettaglio. Quello che ci siamo urlati contro, la mia mano nei suoi pantaloni, i baci pieni di rancore, la mia bocca intorno la sua parte più sensibile e poi il restante tra le coperte.

Non ci saremmo mai fatti del male. È questo che ci siamo promessi su queste stesse scale...

Non lo avremmo fatto. E allora come siamo arrivati a questo punto?

Sotto il mio sguardo spegne la sigaretta, si tira in piedi e scende le scale.

La verità è che non provo niente. Non c'è stata alcuna scintilla, niente di quello che mi ha fatto sentire ogni volta che l'ho rivisto e il mondo si metteva a rallentatore solo per noi due.

Non sento niente, solo un grande ed enorme disprezzo. Sento il rancore, la rabbia, sento la malinconia di quelli che eravamo stati. E non vorrei ammetterlo, ma fa male. Un tipo di male nuovo, che non ho mai provato, nemmeno con Adrien quando ci siamo rincontrati a San Francisco.

Fortunatamente non ha fatto una delle sue performance da "ciao, a quanto pare gli addii non fanno affatto per noi", altrimenti gli avrei spaccato la faccia e sbattuto così forte contro la scalinata da ridurla in frammenti. Se Logan Price prova anche solo a rivolgermi un suono, credo che sarà la buona volta che finirò in prigione.

D'improvviso sento vibrare il cellulare. Controllo e noto un messaggio da Nicholas.

"Potrò fare qualche minuto di ritardo."

"Okay" scrivo rapidamente e invio mentre di fianco mi passano due ragazze, giro lo sguardo e una cascata di lunghi capelli rossi raggiunge Logan. Si avvicina, lui la aspetta, lei saluta la sua amica che se ne va e poi dice qualcosa a lui che annuisce solo.
Fa per avvicinarsi ancora e alzare le mani per cingergli il collo, ma Logan indietreggia di un passo, afferra le sue braccia e gliele abbassa.

Sorrido con amarezza. A quanto pare le mie parole gli hanno risvegliato i neuroni a sufficienza per imporsi e tirare fuori le palle per tenere a bada la sua piccola sirenetta.
Meredith lo fissa confusa, lui ad un certo punto mi rivolge un'occhiata frettolosa e io reggo il suo sguardo per esattamente tre secondi e poi prendo il cellulare per cambiare canzone, mi siedo su un gradino sotto la tettoia e aspetto Kim e Nath con dietro di me le scatole di cartone.
Con la musica nelle orecchie alzo per un istante gli occhi e scopro un paio dalle iridi verdi fissarmi mentre il vento scompiglia i suoi ridicoli capelli boccolosi da film Disney e sembra proprio che non voglia più togliermeli di dosso.

«Ti sei per caso innamorata di me?»

***

Angolo autrice

Sì, beh... che dire.
Mi dispiace solo. Per Ronnie e Logan, per come sono andate male le cose.

C

omunque molto interessante il comportamento di Adrien ahahah cioè boh è stato strano.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro