28 - Finalmente liberi

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Passi oltre quelle mura, rumori, risate, sentiva tutto. Anche quello che non avrebbe mai voluto sentire dopo tutto quel tempo. Ma in quel momento c'era solo silenzio, non era normale. Dov'era il solito caos che sentiva?

Si mosse leggermente, prima le mani sul pavimento gelido, poi le braccia che le sostenevano il busto mentre cercava di mettersi a sedere. Aveva un dolore perenne per tutto il corpo e peggiorava in ogni momento. Le sembrava di avere il fuoco lungo tutto il corpo a bruciarla.

Non posso fermarmi ora... Non ho molto tempo! Mosse le gambe e provò ad alzarsi in piedi ma cadde in ginocchio. Era da molto, moltissimo tempo che non si muoveva. Dannazione... Cercò di trascinarsi vicino una parete e riprovò a rialzarsi. Riuscì a stare in piedi solo grazie al muro come sostegno nonostante il suo corpo fosse debole e poco dopo provò a fare un passo e mano mano riuscì a staccarsi dalla parete, camminando tranquillamente o per quanto le catene glielo permettessero.

Poi di nuovo un rumore, stavano per aprire quella stanza. Si affrettò a fissare le catene e a usare la sua forza per romperle riuscendoci, nascondendosi poi nell'angolo che di solito rimaneva in ombra quando quella porta dal fastidioso rumore cigolante si apriva. Ormai sapeva a memoria le solite procedure. Normalmente l'avrebbero svegliata, denigrata, torturata al fine di cercare informazioni utili fino allo sfinimento e poi lasciata lì a marcire di nuovo, le ferite che avrebbero sanguinato per un po'. Ma non questa volta.

- Allora prigioniera, vieni qui, dobbiamo controllare che tu sia in ottime condizioni per ucciderti. Tra qualche giorno questo mondo sarà nostro!- sentì dire da un uomo dalla voce cavernosa. Con una velocità che non credeva di poter avere in quel momento riuscì a rubargli il lungo mantello scuro e a chiudere l'uomo nella sua prigionia, trovandosi fuori da essa, le chiavi nella toppa che girò chiudendolo. Non si sentivano dall'esterno le sue inutili urla.

Si guardò un attimo attorno, era davvero fuori da quel luogo e ora aveva davanti a sé un lungo corridoio. Si mise in fretta la mantella e si coprì il volto fin che poteva, camminando più velocemente possibile dovendosi fermare un paio di volte per non perdere l'equilibrio. In più i suoi piedi nudi che toccavano il pavimento ghiacciato non aiutavano. Nonostante si guardasse intorno non capiva come orientarsi, non riusciva a percepire nulla intorno a sé, solo pareti grigie e infiniti corridoi. Poi un'idea. Era la sua unica possibilità.

Si fermò e provò a fare lo stesso incantesimo che fece Amara con lei chiudendo gli occhi, da una frequenza all'altra. Se io ero all'ultima frequenza senza accorgermene allora anche lui potrebbe... Non finì di pensarlo che percepì subito qualcosa, un'immagine. Riaprì gli occhi e riprese fiato per un attimo, era rischioso fare troppi incantesimi in quelle condizioni. Cominciò a vedere una specie di scintillio scuro nell'aria in una zona davanti a lei, come se qualcuno fosse passato di lì e sapeva benissimo chi.

Camminò verso le scintille arrivando ad un bivio andando poi a sinistra. Continuò a camminare per un tempo che sembrava infinito, di tanto in tanto vedeva uomini, vampiri alleati con il nemico e abbassava lo sguardo e faceva finta di nulla, il mantello le copriva perfettamente tutto il suo corpo. Poi una porta in un vicolo cieco. Sembrava massiccia, proprio come quella della sua prigionia.

Cercò da qualche parte sulle pareti una chiave ma non c'era nulla. Solo chi stava cercando sarebbe stato in grado di aprirla con la sua magia. Sospirò e poggiò una mano su quel materiale legnoso misto al ferro. -Arun...- Non sentì nulla. -Arun ti prego, dimmi che sei tu.- Di nuovo il silenzio. Poggiò la fronte sulla superficie sconsolata, il dolore che iniziava ad espandersi. Si ricordava di averlo visto là dentro l'ultima volta che l'aveva visto. Ma quanto era passato da allora? Un paio di mesi? Un anno? Decenni? -Nives...- Sgranò gli occhi e guardò davanti a sé, come se potesse guardare attraverso la porta.

-Sono io.- rispose subito sentendosi più tranquilla. -Che ci fai qui?- La sua voce era debole come la sua aura che percepiva appena ma rabbiosa. -Dobbiamo uscire, so come fare.- -Questo mondo è finito, noi siamo finiti. Non possiamo più fare niente.- -E invece sì. Possiamo ancora. Dobbiamo solo tornare a casa, ci riprenderemo e tutto si sistemerà.- -Non abbiamo più niente Sarah!- -Amara è lì fuori, ci stava cercando, non possiamo abbandonarla!- -Tu la odi, siete rivali, ora vorresti vederla?- -Sì ma a te importa, è la tua migliore amica.-

Sentì nella sua mente una risata debole. Sapeva che cosa doveva aver passato, di sicuro non era stato piacevole e l'aveva portato a chiudersi in sé stesso sempre di più. -Arun, ti prego ascoltami. Vuoi davvero lasciare tutto? Il nostro destino, il nostro compito? La tua compagna di casini, me? Lasciare Sel?- Sentì l'ira di quel ragazzo ovunque ma cercò di ignorarlo, doveva cercare di farsi sentire e tenergli testa. -Non dire il suo nome! Lei non c'è più!- -No, c'è invece. È con Amara, me l'ha detto lei. Sai che non mentirebbe su questa cosa, ci tiene a lei e sa che ci teniamo pure noi, tu più di tutti messi assieme. Abbiamo solo una possibilità per uscire da qui e tornare come sempre, se non ci riusciamo ci metteremo l'anima in pace non essendo il nostro destino, ok?-

Percepì qualcosa, un'energia familiare risvegliarsi da dentro quella stanza. Poi un suono di catene che si spezzano e cadono a terra. Infine un netto tac di una serratura e una porta che si apre. Arun era davanti a lei. Era mal ridotto, non si poteva negare. I capelli scompigliati, sudici. Alle braccia, così forti, molti graffi forse auto inflitti come i suoi, vestiti di sangue secco e polvere. Lei sorrise nel vederlo dopo così tanto tempo, avrebbe voluto abbracciarlo ma non avevano tempo.

- Andiamo.- disse lui con voce roca e lei sorrise. Poi però lo osservò meglio, non aveva un mantello come il suo con cui potersi nascondere.

- Ma non puoi andare in giro così, ti uccideranno e avrai ancora meno forze.- gli sussurrò lei. Arun chiuse gli occhi e un attimo dopo divenne un piccolo topolino nero. Nives lo prese tra le mani e si coprì di nuovo con il mantello il meglio che poteva. Sospirò e ricominciò a camminare, stavolta seguendo il percorso che aveva fatto per entrare in quel luogo mostruoso tempo addietro ma all'inverso. Destra, poi dritto, di nuovo destra, sinistra...

- La ragazza è scappata!- sentì da un uomo in fondo al corridoio in cui era, dietro di lei. Oh no! Questa non ci voleva! Cominciò ad aumentare la velocità nonostante le gambe le facessero male e le sentiva cedere leggermente ogni tanto.

- Anche il ragazzo!- un'altra voce aggiunse da lontano.

- Cercateli ovunque, non possono essere lontani, sono ancora deboli!- disse un'altra voce. Cercò di aumentare il passo ma non ce la fece e cadde a terra. Arun si ritrasformò in ragazzo in un istante e la prese per mano. Aveva più forze di lei in quel momento.

- Dai, non possiamo fermarci ora.-

Nives si rialzò e Arun cominciò a correre senza lasciarle la mano, era meglio non separarsi.

- Sono laggiù!-

La ragazza cadde di nuovo e si rialzò in fretta.

- Ci sei?-

- Sì sì, andiamo.-

Le sue gambe chiedevano pietà ma ignorò ogni cosa. Bramava la libertà, non voleva più vedere quel luogo né quelle persone. Sentiva dietro di sè dei passi, molti passi, forse erano una decina ad inseguirli. Poi davanti a loro una piccola luce a dar loro speranza.

- Fermi!-

Un raggio scuro sfiorò il suo braccio e pure quello di Arun, entrambi che si bloccarono per non esserne colpiti.

- Ce la fai a fare un altro incantesimo?- le domandò lui e annuì.

- Sì, dovrei riuscirci.-

Arun le lasciò la mano e si trasformò in nube nera e subito fece lo stesso lei, svanendo in una nube bianca. Poi si sentì cadere su un terreno umido, l'erba che le solleticava la pelle e il calore del sole la accoglieva in un abbraccio. Da quanto tempo non sentiva la vita intorno a sé? La bellezza, l'aria fresca, il calore? Ce l'abbiamo fatta sul serio?

Cercò di aprire gli occhi ma il sole era molto forte in confronto alle squallide lanterne di quel labirinto sotterraneo di corridoi. Sbatté più volte gli occhi mentre sentiva il suo corpo guarire dalle ferite man mano con il potere che le stavano dando le piante, il sole, l'aria, ogni singola essenza di quel mondo le stava dando il bentornato. Si mise a sedere e guardò alla sua destra dove vide Arun completamente sdraiato. Erano lontani dalla loro prigionia, per davvero.

- Siamo liberi.- disse lei scioccata, ancora non ci credeva.

- Siamo liberi!- ripeté alzandosi in piedi di scatto e respirando aria pulita a pieni polmoni ridendo. Poi saltò addosso al ragazzo abbracciandolo quando anche lui si alzò e ricambiò quell'affetto.

- Non so te ma dormirei per secoli.- disse poi Arun stiracchiandosi senza più alcuna ferita.

- Siamo ancora in pericolo qui. Lia mi ha detto di andare al monte Darion.-

- Mh, ma è lontano...-

- Muoviti pigrone.- gli disse ridacchiando prendendolo per mano e cominciando il loro lungo viaggio. E se loro finalmente abbracciavano la libertà, qualcun'altro invece era stato catturato e il famoso nemico numero uno lo fissava dalla sua nuova prigionia con orgoglio.

- Ti ho trovata.-

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