▴Dieci▴

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Mi sentivo davvero sudicia e sporca. Non ero per niente a mio agio in quelle condizioni, ero sempre stata abituata a curare l'aspetto, l'apparenza, e di certo la situazione che stavo vivendo non me lo permettevano. Non vedevo l'ora di buttarmi sotto il getto caldo di una doccia.

Appena varcammo la soglia della porta una ventata gelida mi colpì violentemente in pieno volto. Oramai era calato anche il sole e la luna aveva già fatto capolino. Mi guardava beffarda e mentre la mia vita andava a rotoli, lei se ne stava lì ridente e fiera.

Entrai nella piccola utilitaria di Sebastian e mentre lui si allacciava la cintura controllai il mio cellulare.

Joy era al sicuro con il bambino lontano dalla città.

Sospirai sonoramente.

«Tutto bene Shana?»

«Ora che so che Joy è fuori da questo caos sì» gli confidai.

Fece un sorriso malinconico e continuò a guidare verso l'ospedale.

Intanto nella mia testa nuovi interrogativi venivano a galla. A casa non ci sarei tornata per nessuna ragione al mondo e casa di Joy era compromessa. Dove sarei andata? Per quanto fosse stata dolce e gentile la nonna di Sebastian non volevo in alcun modo metterla in pericolo o approfittare ancora una volta della sua generosità. Era stata molto preziosa, più di quel che mi sarei immaginata. Ma non volevo assolutamente coinvolgere troppe persone, non volevo causare problemi o essere causa di sofferenze per altri che non c'entravano nulla.

Arrivammo in ospedale e Sebastian accostò vicino all'entrata di emergenza. Mise in mostra un particolare permesso riservato alla polizia e ancora una volta venne verso la portiera per aiutarmi a scendere. Ci avviammo quindi nell'edificio.

Mi immobilizzai non appena con lo sguardo passai le poche persone radunate nella sala d'attesa. C'era il ragazzo dai capelli biondo cenere. Cosa diavolo ci faceva lì?

Rallentai e prima che si voltasse nella nostra direzione feci retro-font, tornando dal corridoio dal quale eravamo arrivati. Sebastian mi guardò con aria interrogativa ma non disse nulla e mi seguì. Mi appoggiai alla parete del corridoio e cercai di rilassarmi.

Non poteva essere una coincidenza. Forse si era tenuto in contatto con il suo "amico" finto poliziotto e, sapendo della mia fuga, avevano intuito che sarei passata per l'ospedale a farmi visitare. Ma se le cose davvero stavano così, allora poteva solamente stare a significare che il ragazzo era coinvolto.

Sentivo ancora addosso l'orribile sensazione del suo sguardo di puro odio sul bus.

«Ti ho detto che mi sentivo spiata e osservata, ma non ti ho detto che credo di aver visto il viso di questa persona» dissi, tenendo gli occhi bassi, senza la forza d'incrociare lo sguardo di Sebastian. «Non te l'ho detto perché non ne ero certa, ma adesso che l'ho rivisto nella sala...» feci un grosso respiro.

«Vado un secondo a dare un'occhiata. Dimmi com'è.» rispose lui, ligio al dovere.

«Il ragazzo biondo vestito di nero, seduto sul fondo.»

Vidi Sebastian affacciarsi nella sala d'attesa. Si girò e fece segno di "no" con la testa, invitandomi ad andare verso di lui. Mi riaffacciai nella sala d'attesa e il ragazzo non c'era. Non ero paranoica! Ero sicura di quel che avevo visto.

Mi sedetti e cercai di aspettare il mio turno come se fosse tutto normale. Ma nulla era normale e il solo fatto che quel ragazzo potesse essere di nuovo troppo vicino a me mi raggelò il sangue nelle vene. Non ero sola, ma la cosa non mi tranquillizzava lo stesso.

«Quando entro per la visita per favore non lasciarmi da sola.» Gli chiesi quasi in un sussurro.

«Certo, stai tranquilla.»

Doveva avermi preso per pazza, o chissà cosa, ma la vista del biondino mi aveva mandata di nuovo in confusione.

Dopo poco dal corridoio, accompagnato da un'infermiera, lo vidi di nuovo e feci segno anche a Sebastian. Ci sfilò davanti, e lui fece finta di nulla, come se non fossi lì. Non sapevo come prendere la cosa, se come un segno positivo o meno, ma mi spaventava da morire.

Mi voltai verso Sebastian e notai i suoi occhi sgranati. «Sei proprio sicura fosse lui a seguirti?»

«Sì. Sebastian lo conosci?»

Si voltò nella mia direzione. «Andiamo è il tuo turno per la visita.»

«Ma non mi hai risposto!»

Non mi diede retta e avanzò verso lo studio del dottore di turno, la porta da cui era uscito il biondino.

La visita fu alquanto veloce e, mentre scoprivo le parti di pelle scorticata, vedevo che Sebastian non guardava nella mia direzione, tormentandosi le sue unghie quasi inesistenti. Non era un viso nuovo, lo sguardo del poliziotto si tradiva da solo. Non mi aveva nemmeno dato una risposta. Sapeva qualcosa e non aveva voluto dirmela. Avevo riposto male la mia fiducia?

Come immaginavo non avevo nulla di grave. Il dottore disinfettò le ginocchia e il braccio sinistro su cui avevo attutito il colpo della caduta e mise qualche benda sterile. Mi diede una pomata con cui far cicatrizzare prima le ferite e ci lasciò andare. Ma ritornava la fatidica domanda. Andare dove? E potevo veramente fidarmi di Sebastian?

«Qual è ora il piano?» gli chiesi, rompendo il silenzio troppo prolungato.

«Ti riporto a casa.»

«Ti ho già detto che io da mio padre non torno e poi sarebbe troppo facile per loro avvicinarsi a me.»

Avanzammo verso la macchina. Aprì e ci accomodammo.

«Allora vuoi tornare da mia nonna?» chiese, girandosi finalmente a guardarmi.

«No, non voglio metterla in pericolo o crearle problemi. Posso stare in commissariato? Non so, tipo una notte in cella?»

«Seriamente? Preferiresti stare in cella piuttosto che a casa tua?Comunque non puoi stare in cella, hai visto troppi film, ragazza. L'unico altro posto che conosco è casa mia.»

Andare a casa sua...

Mi stava nascondendo qualcosa e avevo paura che conoscesse quel ragazzo. Il biondo inoltre mi aveva visto insieme a Sebastian, se si conoscevano mi ero messa di nuovo in trappola da sola.

«Ho notato il tuo sguardo quando hai visto il ragazzo biondo e hai eluso la mia domanda. Come faccio a essere certa che lui non venga poi a cercarmi da te?»

«Non verrà a casa mia, non sa dove abito. Le cose non sono come tu immagini. Non ci conosciamo direttamente.»

«Allora spiegamelo! Visto che è coinvolto in quel che mi sta succedendo, credo di avere il diritto di sapere e visto che passerò la notte a casa tua...»

«Bene, allora abbiamo deciso il piano! E le cose te le dirò a tempo dedito.»

«NO! Io mi sto mettendo nelle tue mani, sto cercando di fidarmi, non puoi liquidarmi così facilmente! Sono in pericolo. Con gente che mi cerca per ricattare mio padre e non so nemmeno che intenzioni hanno, come faccio a credere che tu non sia coinvolto adesso?» dissi, perdendo la pazienza e quel briciolo di autocontrollo rimastomi.

«Forse perché sto mettendo a rischio la mia intera carriera da poliziotto! Perché se mi scoprono perdo il lavoro che amo più della mia stessa vita! E forse perché ti sto aiutando senza nemmeno conoscerti, senza rispettare il protocollo, e senza nemmeno un minimo di riconoscenza da parte tua che continui a dubitare. Sto dalla tua parte, dannazione! Quante altre volte vuoi sentirtelo dire! »

Mise in moto e partì facendo lamentare rumorosamente la sua auto.

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