// Capitolo 2 //

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Ciao.

Mi chiamo Sole e ho sei anni e mezzo.

Anche se in realtà il mio nome non è Sole.

È Shoto.

'Sole' è il modo in cui mi chiama la mia amica.

La prima volta che ci siamo incontrati si è presentata come 'Nica'.

E Nica le è rimasto, non so come si chiama.

Quello è il nome del suo gatto, in verità.

"Sono dei nomi in codice! Così se ci perdiamo, sapremo quali saranno i nomi che dovremo cercare! Sole e Nica! Poi così e come essere sempre degli agenti segreti, eheh!" è quello che mi ha detto.

Non so bene perché abbia scelto proprio questi nomi.

Ma non importa.

E poi Nica mi offre sempre la merenda, quindi non posso non essere felice al suo fianco.

//

"The house that you live in don't make it a home".

L'abitazione in cui vivi non è una casa.

"But feeling lonely don't mean you're alone".

Ma sentirti solo non significa che lo sei.

Sono queste le parole che il ragazzo sentì cantare, non troppo lontano dalla stradina sulla quale si affacciava il suo balcone.

Era un sabato come tanti altri, eppure quella voce che sentiva durante una delle sue boccate d'aria notturne gli giungeva nuova.

Dolce, spensierata ed orecchiabile, nonostante non fosse chissà cosa.

"People in life, they will come and they'll leave..."

Le persone nella vita, loro verranno e se ne andranno...

"...but if I had a choice I know where I would be".

...ma se avessi una scelta so dove starei.

Quella voce... era così calda.

E le parole...così belle.

"Through the lows and the highs I will stay by your side".

Tra gli alti e bassi starò al tuo fianco.

"There's no need for goodbyes, now I'm seeing the light".

Non servono arrivederci, ora che vedo la luce.

"When the sky turns to grey and there's nothing to say".

Quando il cielo diventa grigio e non c'è nulla da dire.

"At the end of the day, I choose you".

Alla fine del giorno, io scelgo te.

Lui si avvicinò un poco, notando la mia figura che si dondolava tranquillamente sul sedile di un'altalena.

Il sabato sera uscivo, di tanto in tanto.

Mi piaceva assaporare sulla pelle gli ultimi raggi di sole, prima che quelli svanissero dietro l'orizzonte insieme all'allegria dei giorni, per fare spazio alla tranquillità delle notti.

Sul mio cellulare erano state salvate una miriade di canzoni, perché mi bastava ascoltarne una solo una volta per dirmi "però! Come ho fatto a vivere finora senza di questa?".

E sì, dopo poco le lascio solo ad occupare spazio, come ne trovo di nuove.

Passo di preferita in preferita, rimanendo spesso giorni a tenere una canzone in loop per così tanto tempo da imparare perfino come fa la base strumentale.

Nelle mie orecchie risuonava 'I choose', la mia ultima scoperta.

Ho sempre avuto questo innato amore per la musica americana.

Convinta di andare semplicemente in lip sync, seguivo il testo insieme alla voce registrata di Alessia Cara.

I piedi scalzi accarezzavano occasionalmente la sabbia che circondava il parchetto, che lentamente pareva colorarsi di sfumature bluastre con l'arrivo del buio.

Lo visitavo spesso perché appunto era come una piccola spiaggia, e amavo girare tra le varie giostre per bambini a piedi nudi.

Con un salto scesi giù dall'altalena.

Di nuovo mimai il ritornello, arrampicandomi sul castello di reti e travi di legno colorato per sdraiarmi sul tettuccio.

Il cavo degli auricolari si agitava e s'attorcigliava intorno alle mie dita e più di una volta il telefonino minacciò di scivolarmi dalle mani, ma riuscii comunque ad arrivare in cima senza alcuna perdita.

Il cielo era ancora, seppur vagamente, azzurro, ma i lampioni stradali avevano già iniziato ad accendersi.

Sbuffai, cercando nella tasca qualche spicciolino da spendere in un conbini vicino per comprarmi magari un ghiacciolo.

La mia mano ad ogni modo non trovò nulla, perciò decisi di rimanere solo lì, sdraiata sul tettuccio di legno, ad aspettare che la luna si facesse più luminosa.

La luna nella notte è una delle cose che trovo più affascinanti, e spesso il davanzale di casa non mi basta per vederla.

"I finally found where I feel I belong".

Ho finalmente trovato il luogo a cui appartengo.

"And I know you'll be there, with wide open arms".

E so che tu sarai lì, a braccia aperte.

Il fresco serale mi accarezzava il viso con dolcezza.

Nel cielo provai a contare le stelle, ma per quante erano finii con il perdere il conto.

E allora ricominciai, e ricominciai ancora e ancora.

Punti luminosi così distanti, che tuttavia percepivo con i miei stessi occhi.

Continuai a ripetere nella mia mente le parole, come se fossero state una poesia da imparare a memoria per il maestro delle elementari.

Ce ne faceva studiare tante, a ripensarci.

"At the end of the day, I choose you".

Il volume nelle mie orecchie era alto, a differenza di quello del mondo esterno.

Il sole portava via principalmente due cose con sé: la luce e quel suo caotico rumore di persone e tant'altro.

Solo che io preferivo di gran lunga sentire il suono che faceva la vita, e non rifiutavo mai un po' di musica.

I miei occhi sembravano scrutare ogni angolo del parco, ma in realtà non si soffermavano su nulla in particolare.

Ed era così, effettivamente.

Volevo solo stare lì, a bearmi sotto un grande cielo stellato mentre ascoltavo una delle mie canzoni preferite, in un mondo tutto mio.

Socchiusi gli occhi, spostando un braccio sotto la testa per fargli occupare il ruolo di un cuscino e picchiettando a tempo l'indice sulla trave che stava sotto l'altra mano.

Inspirai profondamente, avvertendo il fresco delle sere estive spirare dentro di me, prima di uscire in un sospiro affranto.

Quella mattina ero andata a letto piuttosto tardi, essendo rimasta ancorata al divano per una maratona di film vari.

Si trattava di una saga che trasmettono di rado, e sempre ad orari discutibili.

E no, non avevo avuto modo di recuperare le ore nel resto della giornata, perché il nostro negozio era aperto anche di sabato.

Sbuffai, schioccando la lingua prima di mettermi sdraiata sul fianco.

Cercai di mettere a fuoco quello che stavo vedendo, perché mi sembrava di aver visto una figura muoversi sotto i coni di luce creati dai lampioni.

Con estrema fatica però, perché per come provavo ad assottigliare lo sguardo il corpo m'impediva di riaprirli.

Poi accadde tutto in un attimo.

La canzone finì, insieme al mio stato di veglia.

Probabilmente mi mossi ancora, sbilanciandomi.

Un braccio sospeso nel vuoto.

E poi una spalla che lentamente scendeva in basso.

E più velocemente il resto del corpo che la seguiva.

Il jack delle cuffie che si staccava dal cellulare per il movimento improvviso.

Un fruscio di vestiti.

Passi più veloci.

Passi di corsa.

Un battito perso, forse due.

La canzone era ripartita, all'ottanta per cento del volume.

Non fu comunque la musica a risvegliarmi, bensì l'atterraggio.

Esattamente diciassette secondi dopo essermi addormentata, ero caduta tra le braccia di un completo sconosciuto.

E le sue braccia mi stringevano come nessuno mi aveva mai stretta prima.

La prima cosa che il mio salvatore mi disse fu "hai una bella voce".

E la prima cosa che gli dissi fu "uh, tu credi?".

//

"COSA COSA COSA? HO SENTITO BENE?"

"Se continui così, presto io non sarò più in grado di sentire bene".

"Non è che puoi aspettarti una reazione contenuta dopo avermi rivelato che sei stata salvata da un ragazzo misterioso sotto un cielo stellato! Così romantico!" esclamò la bionda, grattandosi il retro della nuca.

"Shomi, tu leggi troppe light novels..." rimproverai la mia migliore amica, roteando gli occhi mentre mi sistemavo l'orlo della gonna, una volta alle porte dei cancelli.

"Per questo sono diventata un'esperta in amore!" ribatté Shoko.

"Sì, ottimo consiglio mi hai dato poi, venerdì scorso..." risposi con sarcasmo.

La ragazza mise il broncio.

Lo capii da quel "hmpf" offeso.

Sospirai, schiaffeggiandomi una mano in fronte.

Frugai con la mano nella borsa, tirandone fuori un tramezzino incartato con cura.

"Tieni, Yuu oggi ha fatto i panini che ti piacciono tanto" ridacchiai, vedendo come la bionda si voltò di scatto non appena sentì la parola che tanto amava.

"Oh, sia benedetto tuo fratello!" sorrise a trentadue denti lei, strappandomi di mano quella che in principio doveva essere la mia merenda di metà mattina.

Osservai come la ragazza scartò l'involucro esterno per tirare via un solo morso, saggiandone il gusto.

"Mmh! Delizioso!" masticò con espressione felice.

"Comunque, ti ha detto come si chiama?"

Scossi la testa.

"Ah, peccato... però è bello?"

"Ma che ne so! Era buio, e ti ricordo che quando l'ho visto ero mezza addormentata! ASPE, ODDIO, ERO MEZZA ADDORMENTATA-"

"Calmati tesorino, non è il migliore degli inizi ma almeno avrai una storia interessante da raccontare ai vostri figli~"

"tObOmOmI sHoKo."

"AHI AHI! LA FACCIA NO!"

"LA FACCIA SI' INVECE!"

"Dimmi piuttosto, ha la nostra età?"

"TI HO DETTO CHE NON SO NULLA A PARTE CHE E' UN RAGAZZO! ERA BUIO! E NON RICONOSCO I VISI! PENSO DI SI', MA NON LO SO!"

"OKAY MA CALMATI-"

"NON POSSO, HO UN'IRREFRENABILE VOGLIA DI PICCHIARTI."

"PERCHE'?!"

"PERCHE' NO?"

Arrivammo in classe in ritardo, con l'aspetto di chi era stato appena travolto da un tornado.

"[T/c]! Tobomomi! Cosa diamine vi è successo?!" trillò indignata la professoressa, scioccata dal modo in cui vi eravate conciate dopo una lungo (e terrificante, per Shomi) inseguimento, andato a concludersi sopra l'aiuola meglio curata del club di giardinaggio (cosa che avevamo cercato di nascondere al meglio, risistemando alla meno peggio i fiori nella terra e levando lo sporco dalle nostre uniformi).

"Quello che avviene in un litigio tra due donne deve rimanere tra due donne, Takarada-sensei" rispose solo la mia amica, facendomi scappare una risata.

Fummo comunque sgamate, dato che uno dei membri del club di giardinaggio ci aveva viste da una delle finestre dei corridoi.

Quello stesso pomeriggio fummo messe alla pulizia di tutte aule del primo anno, come punizione per lo scorretto atteggiamento, ma essendo che era stata solo Shomi a cadere nell'aiuola, lei venne punita per l'intera settimana.

"Spero almeno che questo misterioso salvatore tu lo riveda, guarda cosa mi è costato..."

"Pfft, come se potessi incontrarlo di nuovo stasera".

//

Avevo perso gli auricolari.

Avevo perso i miei adorati auricolari e sapevo anche dove.

Lo sapevo benissimo, ma mi era venuto in mente solo dopo averle cercate in tutta casa, mettendola pure a soqquadro.

"Possibile che io riesca a perdere l'unico paio di auricolari funzionante!? Certo che ci riesco! Sono buona a fare solo le cose che non devo fare!" mi dissi sottovoce, allacciando furiosamente le scarpe per uscire.

Avevo appena cenato, e sinceramente non mi andava proprio di farmi una camminata subito dopo il pasto per andare a recuperare un oggetto che avevo sbadatamente lasciato in un parco a causa dell'imbarazzo provato la sera prima.

"Come ho fatto a ricordarmi di prendere il cellulare sul tetto e non gli auricolari con cui ascoltavo la musica?!" mi rimproverai di nuovo.

La cosa aveva veramente dell'incredibile.

La nausea conseguente allo star correndo subito dopo aver mangiato tre ciotole di riso iniziava a farsi sentire, ma volevo tornare a casa il prima possibile.

"Ieri non me ne sono neanche accorta! Ed era domenica! La domenica non faccio letteralmente nulla se non navigare su internet!" mi dissi ancora.

Continuai ad arrancare in avanti, avvertendo il fiatone che poco a poco si faceva più pesante.

La luna era già visibile, ma il cielo non era ancora del tutto scurito.

"Oh, Dio, fa' che nessuno me le abbia calpestate o rubate! Fa' che siano ancora lì!" prego, strizzando gli occhi con forza per fargli capire che lo desidero veramente tanto.

Un'abitudine un po' infantile che mi è rimasta tutt'oggi.

Per tale abitudine finii con l'inciampare su un buco lungo la strada, finendo faccia a terra.

"Fate largo a Miss Impacciataggine, bella gente" mormorai, rialzandomi dolorante e massaggiandomi la fronte rossa.

Alzando gli occhi da terra, però, notai qualcuno avvicinarsi a me.

Rimasi impalata a fissare quel paio di scarpe sportive avvicinarsi finché la persona non si fermò, accovacciandosi di fronte a me.

Sussultai un attimo per come protese una mano in mia direzione, invitandomi ad afferrarla.

"Sei tornata" disse sollevato.

Riconobbi quella voce nel tipo che l'altro ieri mi aveva aiutato.

"Stavolta non ti ho presa in tempo però" commentò sempre lui, davanti al mio stato di lenta processione dati.

Poi mi balenò alla mente il fatto che quella sera ero scappata via in preda alla vergogna.

"A-AH! ODDIO, NON TI HO RINGRAZIATO! UM, GRAZIE DI... AVERMI PRESA AL VOLO, L'ULTIMA VOLTA DICO-" mi alzai in un salto, inchinandomi più e più volte.

Il ragazzo sorrise, o almeno credevo lo avesse fatto dopo aver udito un piccolo risolino divertito.

Mi prese per mano, e quel gesto mi fece ricordare in un istante le strane e alquanto stupide parole di Shomi.

Arrossii vistosamente, e lui sembrò notarlo.

E rise ancora, in un modo che mi pareva di conoscere, seppur vagamente.

"Ecco, erano finiti sullo scivolo" mi disse, posando sul mio palmo gli auricolari bianchi.

Mi si illuminarono gli occhi.

"AH! GRAZIE ANCORA!" gli saltai in collo in un primo momento, abituata a ringraziare così i miei fratellini quando mi aiutavano a ritrovare i miei oggetti smarriti.

Poi realizzai che quello non era uno dei miei fratellini e non era uno dei miei amici, anche perché tra me e la gente con cui me la spassavo non c'era un tale divario di altezza.

"Oh mio- scusami tanto oddio, non ci ho pensato due volte e-"

"Non importa" sorrise il ragazzo. "Ah, avevi anche perso questa..." aggiunse, cercando qualcosa nella tasca destra dei suoi shorts color kaki.

Inclinai la testa di lato, non riuscendo a immaginare di aver lasciato altro.

Oltre agli auricolari e il cellulare non avevo portato altro con me.

Tra le dita stringeva un pendente di quelli vecchi, che contengono spesso piccole fotografie.

"Il mio ciondolo!" esclamai sgranando gli occhi, non ricordando nemmeno di averlo indossato quella volta.

Lui me lo diede e io lo strinsi al petto, non riuscendo davvero a capacitarmi di come fossi riuscita a smarrire pure un qualcosa a me così caro.

Aprii la piccola finestra, controllando che la foto della nonna fosse ancora al suo interno e sospirando di sollievo quando la trovai lì, ancora sorridente nella sua minuscola immagine in bianco e nero.

"Ti sono estremamente grata! Non so come dirtelo... Uh, posso sapere come ti chiami?" farneticai, torturando una ciocca di capelli per iniziare una conversazione vera.

Era stato veramente così gentile da aspettarmi per ridarmi le mie cose?

Avrei veramente voluto passare altro tempo con lui, e volevo veramente sapere chi era.

Una persona così gentile e premurosa doveva pur avercelo un nome.

"Mmh... chiamami... Moon. E' un nome in codice, così, se dovessi trovare un altro come me, saprai se sono davvero io oppure no" sorrise il ragazzo.

Anzi.

Sorrise Moon.

>EYCEE'S CORNER<

ELLA' MY PEOPLE! SONO FINALMENTE RIUSCITA A COMPLETARE IL DANNATO CAPITOLO! AUGURI DI NUOVO SPACCY! E SI', HO PERSO ANCHE IL CAPITOLO DOPO! :D

Cercherò di aggiornare più spesso dato che ho bei progetti per questa storiella, spero solo di non finire di nuovo in punizione e chiudere il tutto mezzo anno dopo, di nuovo.

E' TUTTO! GRAZIE PER AVER LETTO! CEE OUT!

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