// Capitolo 5 //

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Papà ultimamente sembra più arrabbiato del solito.

Mi dice sempre che non posso permettermi di stare tutto il tempo a trastullarmi, ma non so cosa significhi.

Il papà di Nica mi piace di più invece: sorride sempre e mi regala i dolci.

Papà quando sorride fa paura, se sorride. In realtà non sono nemmeno sicuro che quello che fa sia un sorriso.

Anche la mamma di Nica è molto gentile, l'altra volta mi ha dato dei biscotti appena sfornati e mi ha detto di portarli a casa.

Dice che se mangi i biscotti in compagnia puoi vedere tutti sorridere.

A papà non li ho dati, tanto non li avrebbe voluti lo stesso.

/-/

Ricordo ancora l'occhiata d'incoraggiamento e di sostegno che mi aveva lanciato Shomi nell'esatto istante in cui era suonata l'ultima campanella della giornata.

Cioè, non la ricordo davvero, ma mi ricordo che la sua testolina bionda mi aveva alzato due pollicioni e mi sono immaginata il tipo di faccia che poteva avermi rivolto.

Mi diedi un paio di leggeri buffetti sulle guance, imponendomi di non fare stupidaggini per i prossimi forse novanta minuti.

Todoroki non attese nemmeno che l'aula si svuotasse completamente per approcciarmi con un "allora, andiamo a mangiare qualcosa prima?".

Avvertii degli sguardi addosso, forse delle ammiratrici del mio compagno di presentazione, ma me li scrollai di dosso con la stessa spontaneità con cui buttai tutti i miei articoli di cancelleria nello zaino.

Mi alzai con un largo sorriso in volto.

"Certo! Ti piace di più il dolce o il salato?" gli domandai. Parlare con lui mi piaceva veramente tanto. Risvegliava in me sensazioni che non avevo mai provato, se non in sua compagnia.

Lui si diede qualche secondo per pensare. "Preferisco i dolci."

Mi uscì una piccola risata, senza alcun motivo.

"Non so perché, ma in qualche modo me l'aspettavo."

Non era la prima volta che facevamo la strada per il cancello insieme, e non era di certo la prima volta che qualche ragazza mi fissava male, ma era la prima volta che il tempo condiviso assieme oltrepassava i confini della scuola.

Cioè, se non ricordo male.

Mi sarebbe piaciuto stringergli anche la mano, ma riuscii a reprimere i miei istinti abbastanza bene.

Pregai con tutto il cuore che Shomi non avesse deciso di pedinarci, perché se avesse deciso di farlo non avrei avuto il modo di riconoscerla alla prima occhiata.

E no, non avevo assolutamente intenzione di farmi rovinare l'appuntamento per realizzare il compito di scienze dalla mia migliore amica ficcanaso.

Per tutto il tragitto ho tentato di tenere su una conversazione.

La sua voce aveva un suono così curioso: speciale a modo suo, di quelle voci che difficilmente dimentichi ma che ogni volta che le senti ti sembra di sentirle per la prima volta.

Quella prima volta che ti affascina.

Gli ponevo diverse domande, ma spesso rispondeva solo con dei "mmh" affermativi o negativi.

Stranamente non mi dava fastidio. Mi piaceva sentirlo annuire quanto mi piaceva sentirlo parlare.

A dire il vero, quello che provavo nei suoi confronti era un interrogativo grande almeno quanto lui.

Varcammo le porte scorrevoli in vetro del cafè, venendo salutati da una cameriera carina ed educata.

"Salve!" fece un piccolo inchino, indicandoci dei posti liberi per due vicino alle vetrate che davano sui giardini proprio accanto.

Ricambiammo cortesemente il saluto, andando a sederci ad uno dei tavoli indicatici.

Nell'aria c'era un leggero odore di arancia e di sottofondo della musica a volume non troppo alto.

Mentre tiravamo fuori i libri un'altra cameriera si è avvicinata con due bicchieri d'acqua.

"Desiderate ordinare?" chiese, probabilmente sorridendo dolcemente.

"Io prendo una cheesecake alle fragole" rispose subito il bicolore, come se non avesse aspettato altro ma quella domanda.

"Bene, lei signorina?" si voltò in mia direzione, appoggiando i due bicchieri sul nostro tavolo.

La guardai passandomi la punta dell'indice sulle labbra, non sapendo bene cosa ordinare dato che non avevo nemmeno letto il menù delle offerte appeso fuori.

"Prenderò la stessa cosa che ha preso lui" risposi infine, ricevendo un allegro "okay!" da parte della dipendente che si dileguò velocemente.

"Hai qualche idea su quale argomento lavorare?" chiese lui, pochi istanti dopo essere stati lasciati nuovamente a noi due soltanto.

Io mi ritrovai a fissarlo, con l'improvvisa realizzazione di non aver considerato nemmeno il libro di scienze per vedere quali unità avevamo affrontato finora.

"Certo che sì!" replicai, ovviamente con troppo entusiasmo.

Colsi un piccolo movimento delle spalle, un tentativo fermato subito di fare spallucce.

"Chiedevo. Non sembravi essere stata molto attenta in classe" commentò.

Schioccai la lingua, colpita ed affondata.

"Cosa te lo fa credere?!" provai a salvarmi.

"Allora, cosa proponi?" fece lui.

Senza altre frasi con cui ribattere mi feci piccola piccola nella mia sedia, mugolando soltanto lamentele a bassa voce su come si stesse prendendo gioco di me.

Non avrei mai pensato che avrebbe potuto farlo, uno come lui. Certo non me lo ha fatto notare come farebbe chiunque in vena di prendermi in giro, e quel tono di apparente disinteresse pareva proprio in stile Todoroki Shoto.

Un "hmm" divertito gli scappò dalle labbra e a me quasi scappò un battito.

C'erano così tante cose che ancora non sapevo di lui.

Chissà quante altre persone sono erano state prese in giro nello stesso modo sottile che aveva usato su di me.

Chissà quante altre persone avevano sentito il suo piccolo risolino.

Mi piaceva credere che l'unica persona capitata in queste circostanze fossi io.

E forse non sbagliavo a crederci.

"Gli argomenti che abbiamo studiato finora sono questi" aprì il suo quaderno sotto i miei occhi, mostrandomi su una pagina un indice scritto a mano di tutte le unità che aveva riassunto.

La sua calligrafia era straordinariamente ordinata e facile da leggere.

Mi chiedevo se in lui ci fosse qualcosa che non necessitasse di essere migliorato, tra tutte le qualità di cui già vantava.

"A te quale piacerebbe fare?" gli domandai, analizzando con gli occhi questo e quello per farmi un'idea di quante cose avrei dovuto studiare nelle prossime due settimane considerando che ero stata con la testa unicamente in cucina o su Snapchat.

"Per me è uguale."

Alzai gli occhi dal quaderno giusto per lanciargli un'occhiata perplessa, riabbassandoli subito dopo.

"Non mi rendi le cose più semplici così, sai?".

Alzai gli occhi di nuovo per cercare di capire se stava prendendo in considerazione qualche argomento, cosa stava effettivamente facendo.

Tentai di riprovare ad abbassare lo sguardo, ma anche facendolo mi ritrovai a tornare sul suo volto confuso più e più volte.

Anche il suo silenzio riusciva a catturarmi.

Dopo un po' credo che iniziò a sentirsi osservato, perché lui smise di studiare le diverse pagine di schemi e lo sentii schiudere le labbra per labbra per chiedere qualcosa.

"Ecco a voi le vostre cheesecakes!" si fece nuovamente viva la seconda cameriera che avevamo incontrato, servendo le due fette di torta.

Lei si congedò in fretta per tornare al bancone e noi due fummo di nuovo immersi in un imbarazzante silenzio.

Sentivo le guance cominciare ad arrossarsi: mi aveva beccata ad osservarlo.

"Tutto bene?" mi chiese Todoroki.

Io annuii vivacemente, prendendo in mano la forchetta per assaggiare un pezzo della mia fetta.

"Quindi, hai scelto qualcosa?"

"Occhi."

"Cosa?"

"Stelle! Volevo dire stelle!"

Sentii il mio compagno farsi sfuggire quel "hmm" divertito che neanche troppo tempo prima mi aveva quasi rapita.

Quello che avrei voluto studiare in realtà erano i suoi occhi.

Dicono che anche gli occhi sanno parlare, e ti dicono cose che la bocca spesso decide di non dire.

E poi avevo sentito che gli occhi di Todoroki erano eterocromatici. Due tonalità che si abbinavano in modo curiosamente attraente.

Avrei voluto aver modo di poter dire la mia su quello sguardo che aveva catturato ragazze e ragazze.

Avrei voluto sapere come mi guardava.

Ma quei desideri rimanevano tali. Rimanevano desideri.

"Qualcosa che vuoi analizzare di preciso in quest'argomento?"

"I buchi neri."

Il bicolore sfogliò il libro, cercando le pagine riferenti ai buchi neri.

"Ti piacciono?" mi chiese.

Gli risposi con un "hmm" dei suoi.

"E perché hanno catturato la tua attenzione?" chiese ancora.

Ero rimasta colpita.

Non succedeva spesso che fosse lui a tenere in piedi la conversazione, anzi, quasi mai.

"Sono come te: provo ad avvicinarmi e prima che me ne possa accorgere mi attrai oltre l'immaginabile. E non so cosa potrebbe succedermi se mi dovessi fare troppo vicina."

"Sono come la bocca di mio fratello: appena ci si avvicina qualcosa di commestibile ci sparisce dentro."

Lo fece di nuovo. Più di una volta, però. Quei "hmm" sembravano quasi una risata soffocata, e avevano un suono adorabile.

Ho temuto di diventare completamente rossa.

"E tu quanto sei simile a tuo fratello? Pura curiosità."

La sua voce non sembrava la solita. Aveva una vena di qualcosa... di diverso. 

Era come se a chiacchierare con me si stesse divertendo, anche se era difficile dirlo dato che quel qualcosa era quasi impercettibile.

Lo guardai portarsi alla bocca il primo boccone di cheesecake.

Una smorfia cresceva sul mio volto per come avevo notato che lo aveva fatto di nuovo, il suo strano ed inaspettato modo di lanciarmi frecciatine.

Non masticò più di due volte prima di dire con una punta di disgusto "è salata".

Presi a mangiare la mia cheesecake insieme a lui.

"Strano" commentai con un sorrisetto compiaciuto stampato in faccia.

Tempo dopo uscimmo dal negozio.

Il mio quaderno sembrava essere tornato ad adempiere il suo scopo originale, con un paio di pagine che di nuovo parlavano di scienze e non ricette nuove per la pasticceria o scarabocchi annoiati.

Todoroki si era offerto di riaccompagnarmi fino a casa, ma avevo rifiutato.

Sarebbe stato incredibilmente imbarazzante se qualcuno dei miei familiari lo avesse visto, e in quella casa ne avevo sei.

"Domani sei libera? O domenica, magari?" mi domandò.

Scossi la testa. "Questo fine settimana sono completamente occupata con i miei, devo aiutarli con il lavoro... La settimana prossima però posso! Non subito dopo la scuola come oggi... Tipo alle cinque, alle cinque del pomeriggio sono libera" mi martellai un dito sul mento, riflettendo sul mio solito orario.

"Ah, io lunedì e martedì prossimo non posso. Facciamo mercoledì allora?"

Gli alzai un pollice in segno di risposta.

Lo vidi tirare fuori il suo cellulare per controllare l'ora.

"Tsk."

"Cosa? Che succede?" provai ad avvicinarmi per vedere, ma lui aveva già spento e rimesso in tasca il telefonino.

"Mio padre. Non capisce che deve smetterla di riempirmi la segreteria telefonica di messaggi... mi tocca ascoltare tutte le sue urla registrate per controllare che non ci sia nulla di importante, e dato che è un po' che lo ignoro mi toccherà ascoltarne un bel po'..." sbuffò.

Risi. Ogni tanto anche lui sembrava un semplice adolescente svogliato.

Gli diedi qualche pacca sulla spalla, salutandogli con un sorriso d'incoraggiamento.

"Buona fortuna! Ci rivediamo lunedì prossimo a scuola, allora!" feci anche un cenno della mano, girando i tacchi e prendendo a tornare a casa con un passo sempre più veloce.

Ci eravamo già lasciati metri addietro ma mi sentivo emozionata allo stesso modo in cui lo ero prima di iniziare.

Il cuore mi batteva forte nel petto.

Se era così che si sentiva una persona innamorata, allora avrei voluto essere innamorata di Todoroki per sempre.

//

Passai l'intera notte in chiamata con Shomi.

Fortunatamente aveva deciso di non seguire me e il bicolore, ma aveva voluto i dettagli di tutto quanto non appena fossi tornata a casa.

Certo, non si era limitata a quello, mi aveva pure chiesto impressioni e sensazioni provate.

Faceva quasi paura.

"Sai, ad un certo punto l'ho quasi sentito ridere!"

"Cosa?! Non ci credo! Todoroki Shoto?! Che ride ad una tua battuta?!"

"Beh, tecnicamente mi aveva tipo preso in giro e la mia faccia offesa deve averlo divertito, quindi stava più che altro... ridendo di me? bEH AD OGNI MODO-"

"Almeno sa riconoscere gli scherzi divertenti."

"CIOE' IL MODO IN CUI RIDE E' aspetta cOME DICI?! QUESTO E' UN ATTACCO ALLA MIA PERSONA!"

"QUELLA E' LA MIA BATTUTA! VIOLAZIONE DEI DIRITTI AL COPYRIGHT!"

"STAI ZITTA, NON SAI NEANCHE DI COSA STAI PARLANDO!"

"GNE GNE HA PARLATO."

"Ora riattacco e non ti dico quand'è la prossima volta che c'incontriamo."

"nON TI PERMETTE-"

Cliccai sul tasto rosso per terminare la chiamata.

Sospirai, accarezzandomi la gola ripensando a da quanto tempo era che parlavo con la mia migliore amica.

Mi rotolai qua e là sul letto con il sorriso che ancora si allargava sul mio viso.

Non ero ancora riuscita a calmarmi, a distanza di ore.

Diedi un'occhiata all'orologio digitale che se ne stava sul comodino, con lo schermo che brillava nel buio.

Era mezzanotte passata di un giorno ancora estivo.

L'aria condizionata in camera mia si era rotta giorni fa e non l'avevamo ancora riparata, infatti Hotaru si era spostata nella camera dei ragazzi per dormire al fresco mentre io rimanevo sola lì con un ventilatore che funzionava pure male.

Non che mi aspettassi chissà cosa da un ventilatore quasi più vecchio di me.

Sbuffai, buttandomi giù dal materasso e aprendo l'armadio alla ricerca di qualche zainetto. 

C'infilai un po' di roba e tirai fuori un paio di scarpe d'emergenza, per quando dovevo sgattaiolare fuori.

Ripresi il cellulare tra le mani, setacciando la rubrica in cerca del contatto di Shoko mentre mi calavo dal balcone di camera mia al bordo del muretto intorno alla casa.

La bionda tirò su dopo tre squilli con il più spontaneo e normale "pronto?" di sempre, come se non ci fossimo insultate a vicenda poco prima.

Ha sempre funzionato così tra noi due, per qualche motivo.

"Sto uscendo di casa, ho bisogno che tu mi copra nel caso mia madre entrasse e non mi trovasse in camera. Se ti chiama, dille che sono da te. Cerca di sembrare triste, ferita emotivamente e... convincente" le dissi, saltando giù dal muretto nel modo più silenzioso possibile.

"E si può sapere dove stai andando a quest'ora?"

"Al mare."

Lei rimase in silenzio per qualche momento.

"Senti ho caldo, non giudicarmi, con quel ventilatore sembra che faccia anche più caldo. Coprimi e lunedì ti preparo il bento."

Lei rifletté sull'offerta per un istante.

"Gyoza?" chiese.

"Gyoza" risposi.

La ragazza tirò su con il naso.

"Affare fatto. Dirò a tua madre che ho rotto con il mio fidanzato" singhiozzò dall'altro capo del telefono.

"Ma non le avevi accidentalmente detto che sei lesbica?" domandai, proseguendo per la mia strada.

Lei smise di singhiozzare drammaticamente. "No, quella era tua zia" replicò con voce piatta.

"Dovresti prendere il considerazione il club di recitazione. Penso che ti prenderebbero" commentai ridendo.

"E circondarmi di persone che potrebbero ricordarmi il mio ex?! Neanche per sogno!" riprese a piangere lei.

"Vabbè, divertiti a prenderti una polmonite mentre io piango per la mia relazione finita per sempre" schioccò le labbra per simulare un bacio.

"Grazie tesoro, riprenditi in fretta" sorrisi, chiudendo di nuovo la chiamata.

La spiaggia non era che a dieci minuti da casa, se ne vedeva persino un tratto dal mio balcone.

Non era la prima volta che andavo per un bagno notturno, ma così tardi non ci ero mai stata.

Era quasi l'una di notte e per strada non c'era certamente lo stesso caldo che mi soffocava in casa.

Scesi le scalinate in pietra levandomi le scarpe, zampettando sulla sabbia fino alla riva. Era una strana abitudine che ancora non mi ero tolta, quella di zampettare sulla sabbia indipendentemente dal modo in cui mi muovevo, camminando o correndo.

Mi piaceva sentire la sabbia unicamente sulla punta dei piedi, per qualche motivo.

La sabbia di notte non è rovente, perciò la sensazione è anche migliore.

Inciampai dopo aver messo piede in una buca che non avevo notato, cadendo in avanti sulla sabbia.

Mi tirai su leggermente dolorante, accarezzando i granelli tutti intorno.

Poi aprii lo zaino, cambiandomi in fretta e furia nel mio costume da bagno.

Non ci pensai due volte prima di buttarmi in acqua. Era una cosa di cui finivo sempre per pentirmi, ed anche una cosa che continuavo a fare lo stesso.

Dopo aver superato lo stadio dell'improvviso freddo mi immersi di nuovo, galleggiando cullata dalle onde.

Trovandomi in città le stelle non erano particolarmente visibili, ma qualche punto luminoso trovava comunque il modo di sfidare il cielo triste urbano.

Mi persi ad osservare quelle che accompagnavano lo spicchio di luna che c'era, stesa nell'acqua mentre le onde mi portavano avanti e indietro.

Ogni tanto alzavo la testa in direzione della riva, giusto per controllare che la mia roba fosse ancora lì.

Poi lanciai un'occhiata al mio orologio da polso impermeabile.

Anche se era sabato avrei dovuto svegliarmi ad una certa ora per il negozio, e le lancette iniziavano a spingersi un po' troppo in avanti per il tempo che mi ero concessa di stare fuori.

Nuotai fino a riva, affrettandomi per raggiungere le mie cose per asciugarmi dato che appena uscita dall'acqua ero stata investita nuovamente dal freddo.

Non mi era sembrato il caso di tornare a casa bagnata fradicia così, e sapevo che là nei paraggi c'era un casone con docce e spogliatoi.

Mi avvicinai, trascinandomi dietro tutta la mia roba nella speranza di non bagnarla.

Nei dintorni non pareva esserci nessuno e, per mia fortuna, le docce erano di quel tipo che rimane aperto ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette.

Lasciai il mio zaino in uno degli spogliatoi, tirandomi dietro solo l'asciugamano nelle docce.

All'entrata mi presi un paio di bustine di sapone e shampoo, di quelle che offrono ai bagnanti.

Fu un vero colpo di fortuna che ce ne fossero ancora, dato che io mi ero dimenticata di portare i prodotti per il corpo.

Lasciai l'asciugamano sull'appendiabiti, decidendo di lasciarci sopra anche il costume perché anche se era un bagno misto era veramente tardi.

Insomma, chi sarebbe venuto a lavarsi in una doccia pubblica a quell'ora?

Beh, io.

Insomma, chi oltre a me?

Camminai lungo tutta la stanza, aprendo i rubinetti di tutte le stazioni per vedere se ce n'era una con l'acqua calda. Sospirai quando capii che non ce n'era neanche una.

Ma almeno avevo l'acqua, ed il sapone. I capelli li avrei asciugati lungo la via.

Mi avvicinai al ripiano dove avevo appoggiato le bustine di sapone, aprendo una delle docce e iniziando a far scorrere l'acqua lungo tutto il mio corpo.

Rabbrividii per un attimo, ma me ne feci una ragione.

Odoravo di acqua salata, e se decidendo di fare la doccia a casa avessi svegliato qualcuno sarei stata scoperta immediatamente.

Intonai una canzone per non rimanere immersa solo nel rumore dell'acqua che scrosciava giù dal soffione.

Chiusi gli occhi, immaginando di cantare per Todoroki. Magari alla sua festa di compleanno, come regalo speciale.

Gli sarebbe piaciuto sentirmi cantare?

Lo scricchiolio della porta dietro al muro che separava docce e spogliatoi spezzò le mie fantasie di colpo.

Smisi immediatamente di cantare, allarmata.

Qualcuno era entrato, ed io ero nuda.

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