CAP 19 - LA LEGGENDA DEL DRAGO D'ORO

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Il roboante ruggito mi raggelò. Un brivido di terrore si propagò sulla schiena fino a invadere il resto del corpo. Mi voltai con gesti lenti e posati, per capire da quale abominio provenisse quel verso. 

"La so! Questo è il verso di un Troll!" Esclamò sicuro di se ZhurQui.

"Eh lo so io, che Troll è..."

Sospirai, mentre rimiravo rassegnato una CHIMERA, che a zampe conserte, ci osservava sghignazzando. Le fauci aperte della testa da leone erano accompagnate dagli occhi malefici del muso caprino che gli spuntava sulla schiena, mentre la coda sibilante dalla testa di serpente ci puntava minacciosa, ansiosa di morderci.

"Ormai che c'eri, ti mancava una testa di cazzo che teneva il mazzo e ti facevi un pokerino da te!"

Squadravo quell'oscenità che, con la sua gigantesca mole incombeva verso di noi ringhiando. Alle mie povere orecchie, ancora una volta senza alcuna richiesta, arrivò la voce dello stregone:

"Ti puzza il fiato, ne sei consapevole? E poi..."

Gli si avvicinò, spalancandogli ancor di più le fauci e infilando la testa al suo interno. La voce adesso arrivava distorta da un lieve rimbombo.

"...eh si, ciccia mia! Hai le tonsille arrossate! Ci credo che sei nervosa!"

"ZhurQui..." intervenni, "Tu di arrossato, hai il cervello! Quando ieri ti spiegavo le tattiche di distrazione, il suicidio non era tra le opzioni..."

Disorientata dalla mossa dello stregone e dalla nostra erudita conversazione, la Chimera non si accorse del nano che scattò fulmineo verso di lei e, prendendo slancio da una piccola stalattite, le balzò dietro al collo, avvinghiandolo con una presa d'acciaio.
La bestia prese ad agitarsi, scalciando e cercando di azzannarlo con le altre due teste ma, appena sentì la fredda lama dell'ascia sfiorargli la trachea, si fermò impietrita con il volto deformato dalla paura.

Alla mia destra l'elfo la teneva sotto tiro con l'arco e lo stregone gli puntava minacciosamente contro... una carota! 

"ZhurQui..."

"Me l'ha preso prima l'elfo!"

Con un no-look di pregevole fattura, Spok lanciò il bastone magico verso lo stregone,  che lo afferrò al volo e lo puntò prontamente verso il temibile bestio.

Con un cenno d'intesa, mi avvicinai verso la Chimera; la sceneggiata che avevamo messo in atto per distrarla aveva funzionato alla perfezione e, con tono di sfida, la minacciai:

"Se non mi dici dov'è l'uscita da questo labirinto..."

Mi voltai verso il nano che si era già tolto dall'asola il primo bottone dei pantaloni.

Udii chiaramente deglutire la Chimera che, spaventata dal gesto, ci indicò la via per uscire fuori da quell'inferno.



La palude, per fortuna,  aveva lasciato spazio a un fitto bosco di incolta vegetazione, tagliato da un sentiero di acciottolato costruito probabilmente dagli abitanti della zona.

"Qui vicino c'è un villaggio dove potremo comprare un po' di viveri", ci rivelò il nano mentre continuava a guardarsi frenetico intorno.

"Ma attenzione, non è un sentiero sicuro, pullula di bande ladresche e malfattori!"

Tempo di finire la frase, ci trovammo circondati da una orda di LADRI armati di lunghi coltelli.

"Ma te, porti veramente merda!" esclamai, mentre gli assalitori si facevano avanti stringendosi attorno a noi, con occhi avidi di cupidigia e disprezzo.

"Sua maestà non funziona con loro?!" Ammiccai, sempre rivolgendomi al nano, alla sua zona bassa.

"No! È brevettato solo con i vermi scarlatti!"

"Ok...", iniziai a pensare, concentrandomi solo su me stesso, "cosa farebbero i più grandi strateghi che hanno avuto l'onore di allenare l'AC Milan dal lontano 1899?"

Raggiunti i miei compagni, iniziai a sussurrare loro l'idea che mi aveva illuminato l'unico neurone superstite, sopravvissuto stoicamente ad anni di bisbocce alcoliche.

"Adesso vi esporrò un piano che ho elaborato dopo una lunga e attenta riflessione..."

"Sì, di circa cinque secondi!", mi interruppe il nano.

"Tieni, per il sudore..."

L'ironia di ZhurQui mi sorprese. Accettai senza ribattere la pezzola, riponendola in tasca.

"Silenzio per favore! Prestatemi la massima attenzione, adesso!"

"Basta che me la ridai!"

"Cosa?!"

"L'attenzione! Se te la presto, poi la rivoglio!"

L'ascia del nano era di nuovo piantata a terra, ma il mio sguardo  severo lo fece desistere dal dare seguito ai suoi propositi..

"Sarà una cosa complicata, lo sento!" L'elfo si stava masturbando le punte delle orecchie mentre mi fissava disorientato.

"Quei trogloditi non se lo aspetterebbero mai! Li attacchiamo noi per primi, li derubiamo e poi scappiamo!"

Guardandomi dubbiosi, lo stregone e il nano iniziarono a ragionare ad alta voce.

"Allora... attacchiamo, arriviamo, scappiamo e poi li derubiamo...no, forse non era esattamente così!".

"Silenzio ZhurQui, non riesco a prendere appunti!"

"Complimenti! Un piano degno delle più importanti menti della storia!", intervenne infine l'elfo.

"Etciu!"

Mi voltai verso lo stregone, che nell'impeto dello starnuto aveva effettuato una capriola su se stesso.

"Salute!"

"Etciu!"

"Puoi per lo meno evitare di schizzarmi nel viso?"

"Hai la pezzola!"

"Allora siccome ho la pezzola, scatarrami in faccia!"

"Etciu!"

Riuscii a evitare il missile di moccio che colpì in piena fronte uno dei ladri, scaraventandolo a terra esanime.

"Etciu! Mi puoi rendere il fazzoletto, per favore?"

Il secondo missile gambizzò l'altro malfattore, fracassandogli il menisco, poi rimbalzò colpendo il terzo compare nella rotula, che si frantumò come un vetro di cristallo.

"Etciu!"

Il terzo missile andò a vuoto, ma il rinculo fu talmente violento da farlo sbattere contro un secolare tronco d'albero alle sue spalle.

A causa dell'impatto, il bastone magico gli cadde a terra rimbalzando ripetutamente. Un raggio raggelante scaturì da esso verso l'ultimo ladro superstite, congelandolo all'istante.

"Salute!" Ribadii, soddisfatto dell'andamento della situazione.

"Lo hai freddato!" In coro, l'elfo e il nano avevano assistito allibiti alla deprecabile scena.

"Nedduno ha un ribedio ber farmelo bassare?"

"No mago tienitelo, può sempre servirci in futuro!".

Scavalcai i quattro tapini riversi a terra, e ci avviammo soddisfatti verso il villaggio.

Poche case di legno ben curate, immerse nei bosco che le circondava come una madre benevola, facevano da cornice alla grande piazza centrale, dove la gente era animata tra i banchi di cibarie e oggetti in vendita.

Oltre il bosco, una fitta nebbia, sospesa e immobile, celava quasi del tutto un'altura rocciosa che sorgeva a nord del villaggio. Mentre guardavamo pensierosi verso quello strano fenomeno nebbioso, ci venne incontro quello che probabilmente era il capo del villaggio:

"Siete i tizi alla ricerca dell'amuleto, vero?", ci chiese senza tanti convenevoli.

"Già!", risposi.

"Bene!", e toccandosi i coglioni a piene mani tornò indietro, per poi fermarsi a metà strada e, sempre ravanandosi saldamente i gioielli, continuò:

"Comunque dovete salire sino al castello nero, che sorge sull'altura coperta dalla nebbia. Auguri!".

Mi accorsi che anche il nano ripeteva il gesto di quel tizio e lo guardai con aria interrogativa.

"È una forma di saluto autoctona, dobbiamo rispettarla!"

Mi appuntai questa curiosità dell'usanza, proponendomi di riutilizzarla come scherzo da fare a Ines, se mai l'avessi rivista.

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