CAP 20 - LA LEGGENDA DEL DRAGO D'ORO

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Ci avviammo verso quella che assomigliava a una bottega di alimentari. Durante il breve tragitto, tutti gli abitanti del luogo appena ci incrociavano si toccavano le parti basse, cosa che facevamo anche noi in cortese risposta.
Dentro la bottega la scena si ripeté ancora una volta:

"Salve!", ci salutò il proprietario dandosi una bella rovistata ai coglioni.

"Salve a lei!", rispondemmo in coro imitando il suo gesto.
Stavo già notando un pericoloso gonfiore nella "parte bassa" del nano, che mi sussurrò:

"Altri cinque minuti di saluti e vengo!"
Intuendo il pericolo, tagliai corto rivolgendomi al resto del gruppo:
"Allora, cosa devo prendere?"

Lo stregone srotolò un papiro di sette metri, con la lista della spesa.
"Questo è lo stretto necessario, se volete aggiungere qualcosa..."

Ne presi una parte tra le mani e ne iniziai a leggere l'elenco interminabile, lanciandogli di tanto in tanto delle occhiate per capire se stava scherzando o meno.

"Un po' di sale sulla tua zucca magari! Mi spieghi a cosa ci dovrebbe servire secondo te il balsamo per le ascelle? Lo spremi noci di cocco? Gli arancini di dinosauro? Cosa te ne fai di un motorino di avviamento per il tempera matite? Me lo dici?!"

"Sarebbe per la bacchetta magica, ogni tanto va appuntata un pochino...."

"Aspetta un attimo" intervenne il nano, " ciò vuol dire che quel fardello che ho portato fino a poco fa non era una mappa o una pergamena, ma la lista della spesa?!"

Saltò sul bancone per fissarlo negli occhi.
"Lasciateci un attimo da soli, per favore!"
"Non siete mai contenti, l'ho scritta pure in ordine alfabetico!"

"Ok! Te la infilo giù per la gola partendo dalla lettera A allora, sei contento?"

Mi allontanai dall'alterco avvicinandomi all'inserviente, con il nobile proposito di comperare ciò che ci serviva tralasciando le cose inutili. La lista si ridusse a circa sette centimetri ai quali aggiunsi una decina di litri di tisana per calmare il nano.

Fuori dalla bottega, ci accorgemmo che il villaggio si era improvvisamente desertificato. La piazza era vuota e vi era un soffocante silenzio. Accolsi con entusiasmo quella surreale situazione, visto che non eravamo costretti a ricambiare i rituali saluti.

Ci addentrammo di nuovo nel bosco, proseguendo per la strada di acciottolato che ci aveva accompagnato poco prima verso il villaggio. La nebbia, inizialmente assente, piano piano ci stava avvolgendo nella sua umida morsa, fin quasi a privarci quasi del tutto della visibilità. Nel frattempo alle mie orecchie giunse uno strano rumore di mandibole in movimento:

"Lo sentite anche voi questo rumore?", chiesi preoccupato.
A rispondermi fu lo stregone:
"Ho la fame nervosa", si giustificò.

"Ehi, ridatemi le cibarie!", proseguì rivolto al nano e l'elfo, "così mi private del sostentamento! Il mio cervello ha bisogno di carboidrati, di zuccheri..."

"Quale cervello?!" lo interruppi ironico.
Senza degnarmi di uno sguardo, ZhurQui mi sorpassò con aria indignata e prese il comando del gruppo.

Il terreno, ormai in salita, si era fatto più brullo e sassoso, mentre la nebbia lentamente iniziava a diradarsi. Voltandomi, ormai vedevo le case del villaggio come tanti puntini indistinguibili mentre, di fronte, si presentò uno spettacolo che ci lasciò senza fiato.

Un ciclopico castello in stile gotico, si ergeva imponente sulla sommità dell'altura rocciosa facendoci sentire insignificanti come stercate di piccione rinsecchite sulle coste rocciose del Dover.

Le quattro torri ai lati, svettavano slanciate verso il cielo fino a nascondersi tra le nubi che lo oscuravano e che ci impedivano di vederne la fine.

Le mura erano leggermente inclinate verso l'interno e rafforzate esternamente da corpi di cemento che andavano ad allargarsi verso la base. Ai lati dell'entrata principale, partendo da terra e solidali alle mura, svettavano fino quasi a toccarsi sulla sommità, quelle che parevano due enormi zanne nere, che conferivano a quella porzione di castello l'aspetto di fauci spalancate.

Sul ligneo portone, era scolpito un drago dorato avvolto su se stesso, dagli occhi spiritati e feroci, monito e minaccia per chi si avvicinava o aveva l'ardore di tentar di entrare.

Ovviamente, come per ogni castello che si rispetti, la presenza di un guardiano era inevitabile.

Un' IDRA, lo spaventoso serpente acquatico a dodici teste dragonesche.

"Per tutte le orecchie a punta del regno di Elfeschiungernauserall'ennisimapotenzaturbodieselignezionelettronica.org e virgolaconl'effettoascappare!"

L'esclamazione dell'elfo ci liberò dallo stato di ebete immobilismo in cui eravamo caduti. Il nostro sguardo si posò sulla bestia multizucca, che per fortuna non si era ancora accorta della nostra presenza ma anzi, le teste dell'Idra anziché fare la guardia, confabulavano distratte tra loro.

Circospetti, ci avvicinammo ulteriormente, fino a che non iniziammo a sentire le loro voci:

"Lasciami spiegare Ophelia, se ieri mi sono scordato dell'anniversario..."

"Tse, sarà meglio aprire l'ombrello!"

"...c'è una ragion..."

"Queste gocce di pioggia sono davvero fastidiose!"

"Non si tratta di gocce, ma di lacrime di pentimento!"

Allo struggente dialogo tra due delle teste dell'idra, si aggiunsero i commenti delle altre dietro di loro:

"Sentito? Un tempo anche tu mi dicevi certe cose!"

"Già! Per fortuna oggi rifletto, prima di parlare!"

Mi voltai verso lo stregone, felice dell'assist offerto dalla commuovente conversazione.

"ZhurQui! Come mai tu non rifletti mai, prima di parlare?"
"Perché non ho lo specchio!"
"Ok..."
Alzai le braccia in segno di resa, mentre lo struggente dialogo era ripreso.

"Perdonami Ophelia avvolgimi con il tuo amore, con il tuo inconfondibile, inebriante profumo!"

Insensibili al litigio amoroso, le teste alle spalle ripresero a commentare.

"Un tempo anche tu ti perdevi negli inebrianti vapori del mio profumo!"

"Quelli non erano vapori Egidia, ma veri banchi di nebbia!"

"Anni fa anche tu eri un'inguaribile romantico!"

"Ne convengo Olimpia! Però come vedi, sono perfettamente guarito!"

La scena stava diventando oltremodo imbarazzante. Al confuso vociferare delle dodici teste, si unirono i singhiozzi di commozione dello stregone:

"Singh, sob, come sono carini, come sono innamorati!"
"Come sei deficiente!"
"Etciù!"

Mi voltai verso ZhurQui, ma non era stato lui a starnutire. L'impetuosa espirazione provenne da una delle teste del bestione, la più imponente. Ne fuoriuscì una lingua di fuoco accecante e mortale diretta verso di noi. Mentre io e Spok ci buttammo prontamente a terra, schivandola, lo stregone con una mossa alla Matrix si piegò all'indietro, commentando con un "Tiè!" la propria prodezza.

L'incandescente starnuto finì la propria corsa contro il nano, che si era appostato appena dietro lo stregone e che non si era accorto di ciò che stava succedendo.

ZhurQui commentò con un:
"Ups!", l'indecorosa scena.
"Ups un ciufolo!", ribattei infuriato, mentre osservavo il nano fumare abbrustolito.
"Sei riuscito ad attaccare il raffreddore anche all'Idra?!"

Nel frattempo l'elfo, che si era momentaneamente allontanato da noi, mi raggiunse e, aprendo la mano, mi mostrò cosa aveva raccolto.

"Ha sputato anche questo, assieme alla fiammata..."
Nel palmo teneva l'amuleto, con la stessa effige dorata che era scolpita sul portone del castello, ma dagli occhi di un verde smeraldo intenso.

"Già, ma il nano è andato..."
"Dove?"
ZhurQui si stava guardando frenetico attorno, nell'inutile ricerca del proprio cervello.

Lo indicai minaccioso, ma non mi uscì un insulto abbastanza consono da poter soddisfare la mia rabbia.

L'elfo era chino sul corpo bruciacchiato e ancora fumante, avvolgendolo con un telo.
"Torniamo la villaggio", e si avviò, coricandosi il nano sulle spalle.

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