26 - Festa

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Dopo un litigio.

Te lo chiedo nel caso non riuscissimo più a incontrarci in questa vita:

tu ce l'hai un piano per fare la pace nella prossima, vero?

- Fabrizio Caramagna -

Nash

«Puoi togliere la cravatta, Lucy» le dico, alzando la voce.

La scioglie e la allontana dagli occhi; quello che si trova di fronte è un gruppo di persone che in coro le urlano: «Sorpresaaaa!!!»

Sembra sconvolta. È felice? Mi guarda e chiede spiegazioni con gli occhi.

«Ho invitato giusto qualcuno per la tua festa di compleanno» le dico, alzando le spalle.

«F...festa? Per me? L'hai organizzata tu?»

«Con il supporto di qualche aiutante folletto» ammicco verso Markus e Karin, che ci sorridono trionfanti.

Ci sediamo a un tavolo e lei riceve gli auguri da tutti gli invitati. Le brillano gli occhi dall'emozione. Poi le consegnano il regalo di gruppo; è enorme, ci vogliono cinque persone per spostarlo. Rimaniamo a bocca aperta, perché nemmeno io conosco il contenuto che si cela dietro la carta che lo avvolge.

Si avvicina per scartarlo e appena scopre cos'è si porta le mani alla bocca, incredula: è una libreria in legno bianca, per di più già piena di libri di ogni genere.

Adesso sì che è felice!

Fisso la sua migliore amica che si avvicina a lei e le sussurra: «Ho giusto sparso un po' la voce che la mia amica è un topo da biblioteca!», ammiccando nella mia direzione. La ringrazio con gli occhi, per aver reso felice Lucy.

«Grazie» dice la festeggiata, ancora emozionata, e la abbraccia.

Mentre tutti gli invitati iniziano a prendere posto e a gironzolare intorno al buffet, Markus e la band iniziano a suonare:

Birthday - Beatles

You say it's your birthday


It's my birthday too, yeah

They say it's your birthday


We're gonna have a good time

Io raggiungo Lucy, che è ancora intenta ad accarezzare i dorsi dei suoi libri nuovi, e le stringo la mano.

«Vieni con me, devo consegnarti il mio regalo.»

«Dove?»

«Sulla terrazza.»

Esita per un attimo. «Ma, Nash, il tuo regalo è la festa...»

«Non ci pensare neanche per un momento. Ho una cosa per te... personale» le dico e poggio le mie labbra sulle sue.

Raggiungiamo il tetto, salendo una piccola scala a chiocciola, e usciamo dalla porticina in vetro. L'aria fresca di fine maggio ci avvolge, si sta bene. I puntini luminosi in cielo rendono l'atmosfera magica e la luna regna sovrana nel suo personale universo.

«E anche stasera sei la stella più brillante» affermo con sincerità, perché osservarla mi fa ancora vibrare l'anima.

«Così mi fai arrossire...» dice, già paonazza in viso.

«Sei bella, ma manca ancora qualcosa...»

Aggrotta le sopracciglia. «Cosa?»

«Il tuo regalo.» Le metto un paio di cuffiette nelle orecchie e accendo l'iPod:

Perfect - Ed Sheeran

I found a love, for me

Darling, just dive right in and follow my lead

Well, I found a girl, beautiful and sweet

Oh, I never knew you were the someone waiting for me 'cause we were just kids when we fell in love

Poi le porgo una scatolina quadrata, impacchettata in una carta celeste polvere, con un fiocco argentato.

Lo apre, incuriosita, tirando fuori la lingua per la concentrazione. Si ritrova tra le mani un involucro bianco con sopra stampata la scritta del negozio: "Diamond". Mi guarda, sorpresa.

«Be', che aspetti? Aprilo!»

Con lieve imbarazzo, apre la scatolina. Gli occhi sono sbarrati quando vede ciò che contiene. «Non posso accettarlo, Nash...»

«Così mi offendi, però.»

«È troppo, io... io non me lo merito.»

«No, tu meriteresti la luna, è diverso.»

Sono un paio di orecchini d'argento, con la forma dell'infinito e un minuscolo diamante incastonato al centro.

«Per il diamante più bello» le sussurro a un palmo dal suo viso.

«Avrai pagato troppo...»

«No, non è vero. I diamanti facevano parte di un anello di mia nonna.»

Spalanca la bocca in una muta espressione di sbigottimento. «Ma è troppo! Nash, davvero, io...»

«Niente è troppo per la ragazza che amo, la mia ragazza» la interrompo, prima che possa finire la frase.

«Sono... la tua ragazza?»

«Sì, Lucy. E ti amo.»

Il suo sorriso si allarga a dismisura. È così bello renderla felice. Si sporge verso di me per permettermi di infilarle gli orecchini. Le fanno brillare gli occhi di una luce celestiale: sono come fari in una notte senza stelle, perché lei è la sola del mio universo.

Mi avvicino per baciarla, ma noto subito il cambiamento nel suo sguardo.

Oh, non adesso...

Moon

Luce.

Che giorno è oggi?

Malek mi è di fronte e io indosso il vestito elegante del mio concerto di fine anno. Ma da quanto tempo manco?

«Nash o Malek?» gli chiedo, con la speranza che sia il mio ragazzo.

«Nash», risponde secco. «Come stai, Moon?»

«Bene... Ma in che mese siamo? Quanto sono stata via?» domando perplessa, perché mi sembra di essere sparita per un'eternità, sentendo la temperatura esterna. Fa caldo.

«È il 27 maggio e stiamo festeggiando il tuo compleanno, auguri» risponde Nash con un sorriso.

«E noi che ci facciamo sul tetto allora?»

«Ti ho dato il mio regalo.»

«Che regalo?» chiedo sbigottita.

«Lo porti ai lobi delle orecchie.» Fa un gesto con gli occhi verso il mio viso.

Porto la mano proprio lì e percepisco degli orecchini; ne apro uno e, con il palmo aperto, me lo porto davanti agli occhi. Quel gioiellino con tanto di diamante incastonato mi emoziona. «Sono per me?»

«Sì, per te e per Lucy. L'infinito che avete tatuato sul braccio, e un diamante per il pianeta Lucy e per la Luna. Rappresentate questo, per me.»

«Cazzo, Nash... grazie, io non so cosa dire.»

«Malek sarebbe contento di vederti felice» afferma, e sembra davvero sincero.

Però subito dopo la sua espressione si spegne e uno spasmo improvviso gli attraversa il braccio.

Lo guardo con occhi strabuzzati perché percepisco che sta accadendo qualcosa. Riconosco quello sguardo.

«Malek?» chiedo io, con voce incerta.

«Moon?»

Gli sorrido e lui risponde come solo lui potrebbe fare, passandosi le mani tra i capelli, incredulo. «Porca puttana, non ci credo! Sei tornata. Cazzo, ti ho cercata per mesi. Credevo te ne fossi andata per sempre. Perché l'hai fatto? Dov'eri?» sputa fuori. Sembra furioso.

«Sì, mi sembra di essere stata via un'eternità, scusami.»

«Non ci provare mai più! O sarò costretto a incazzarmi sul serio» stringe i pugni.

«Sì, ma adesso sono qui... godiamoci il momento...»

«Non è così che funziona!» Si porta le mani alla testa, come se non riuscisse a contenersi. «Questa non è una relazione! Sei un fantasma! Io ho lottato ogni giorno per tornare e farmi vivo... e mi trovavo sempre di fronte quell'altra... Lucy. Sai quanto è stato frustrante per me?»

«Non è colpa mia se non ricompaio più spesso. Forse... forse hanno trovato un modo per tenermi lontana. Io...»

«Vaffanculo, Moon.»

È fuori di sé, ma giuro di avergli visto gli occhi lucidi. È arrabbiato a causa della mia lunga assenza; d'altra parte, però, è felice di rivedermi. È confuso, non sa neanche lui cosa prova.

«Vogliamo passare la serata a litigare? Dillo, e sono pronta a d andarmene fisicamente.»

«Sono incazzato e ti odio.»

«No, non mi odi... Ti senti solo.»

«Ma vai a quel paese, stronzetta!»

«No, resterò qui, finché potrò. Con te.»

«Vattene, è quello che ti riesce meglio» ringhia.

Malek

Mi sento preso per il culo. Prova ad abbracciarmi, ma io la spintono via e le urlo contro: «Vattene, ti ho detto!»

«Malek, torna alla ragione...» Mi posa una mano sul viso, carezzandolo, ma io le ringhio contro, non voglio essere neanche sfiorato da lei.

Stringo i pugni, perché il mio primo impulso è quello di darle uno schiaffo. E proprio mentre prova a baciarmi le do una spallata che la fa cadere a terra, e me ne vado. Non mi volto per vedere come sta, la detesto. Mi fa soffrire.

Facile, così. Lei non ha provato quello che ho provato io tornando e non trovandola mai.

«Malek...» mi sussurra dietro, ma io la sento a malapena, perché sono già lontano. «Io non ti odio.»

A quelle ultime parole, che avverto come un bisbiglio, mi volto verso di lei e la osservo: sta piangendo. Non riesco a tornare sui miei passi perché il mio orgoglio mi inchioda sul posto, anche se il mio cuore è a pezzi.

Mi scruta da sotto i capelli che le sono scivolati sul viso e, alzando la voce per farsi sentire, dice proprio quelle due magiche parole, le uniche che hanno il potere di sgretolare ogni muro che ho costruito.

«Ti amo.»

Chiudo gli occhi per non permettere alle lacrime di sovrastarmi. «E dovrei crederti?»

«Sì, dovresti, è la verità.»

«Sei una stupida, e io non lo sono.»

Comincia a singhiozzare, si alza in piedi in tutta la sua meravigliosa bellezza e mi corre incontro. Alza i pugni e inizia a picchiarmi. «Sei un maledetto bastardo, Malek! Mi fai schifo!»

Sento il cuore creparsi un po' di più alle sue parole, anche se so essere semplicemente una reazione a quello che io le ho detto.

«Mi disgusti! Mi fai pena! Chi potrebbe mai amare uno stronzo come te?»

«La citazione è diversa, Moon: Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?»

«Sei comunque un imbecille.» Blocca la sua furia e mi osserva, stravolta. Il mascara le cola sulle guance, rigandole di nero.

«Un imbecille di cui sei innamorata» sogghigno, noncurante.

«Inizio a pensare di essermi sbagliata.»

Peccato, perché io ti amo da morire. «Non si può smettere di amare una persona così velocemente, altrimenti non è quel tanto rinomato sentimento.»

Me ne vado e la lascio lì, mentre continua a piangere. Torno di sotto, alla festa; intercetto Markus e mi avvicino a lui. «Sono Malek, sto andando via.»

«Lucy?» mi chiede, un po' spaesato.

«Non c'è.»

«Ok, e Moon?»

«È confusa.»

«Che vuol dire?» alza un sopracciglio

«Che non me ne frega un cazzo di come sta!» sbotto. Perché non mi lasciano stare e basta!?

«L'hai vista?» mi incalza ancora, preoccupato.

«Sì, e non è la persona che pensavo di conoscere» rispondo, arrabbiato.

«Dov'è?»

«Sul tetto.»

Markus chiama Karin, che lo raggiunge subito dopo. «Vai a cercare Moon» dice alla ragazza. «Sta da sola sulla terrazza in alto.»

I due si scambiano un'occhiata eloquente. «Vado subito» risponde lei, e corre verso la scaletta.

Le due ragazze tornano quasi subito e a Markus basta un'occhiata nella loro direzione per andare su tutte le furie: Moon è una maschera di dolore e lacrime, e Karin la sorregge a malapena, con un'espressione dispiaciuta sul viso.

«Ma che cazzo di problema hai, Malek?» sbotta lui, spintonandomi.

«Lasciami in pace. Me ne vado a casa.»

«Sì, vattene a fanculo, tu e il tuo carattere di merda!»

Sono stanco di tutto questo. La mia ragazza mi ha ignorato per mesi, il mio migliore amico è uno stronzo. Andate a farvi fottere!

Lancio a tutti e tre un ultimo sguardo e poi mi volto, ed esco dalla porta.

Torno a casa arrabbiato, lascio il mio Pick-up sulla strada e mi richiudo la portiera alle spalle con un tonfo sordo. Sono fuori di me, non ho controllo sulle mie azioni. Mi ritrovo di fronte a un albero, un salice piangente, e sferro un pugno sul suo tronco. All'albero non succede nulla, ma le nocche della mia mano sono spellate e sanguinano. Reprimo un ringhio di frustrazione e mi appoggio con la schiena alla sua corteccia e mi porto la mano alla tasca in cerca delle sigarette; trovate, ne sfilo una dal pacchetto e me la metto tra le labbra. L'accendo e faccio un profondo e dolce tiro, socchiudendo gli occhi per non farci andare il fumo. Abbasso lo sguardo sul filtro, poi lo alzo per osservare il cielo; la luna è lassù in alto, con il suo manto argentato e un velo nero che la avvolge e la circonda per tenerla al sicuro. È più bella che mai, ha del mistero che nasconde tra le pieghe della sua luce abbagliante. «Che hai da guardare, tu da là sopra?» le domando silenziosamente per non farmi sentire, sebbene tutti stiano già dormendo nel quartiere. «Lo so, lo so, sono stato uno stronzo, Moon» dico, rivolgendomi sempre a quel corpo celeste.

Pochi minuti dopo entro in casa; mi dirigo subito al bagno per mettere la mano che pulsa, indolenzita, sotto il getto d'acqua fresca. Dopodiché vado in camera, mi infilo il pigiama e mi sdraio a letto, spegnendo la luce. Provo a controllare il respiro e a liberare la testa da tutti i pensieri, ma non riesco a trovare pace; il volto di Moon in lacrime e le sue parole mi offuscano la mente. "Ti amo".

Sbarro gli occhi, osservando il soffitto; vedo le ombre delle macchine che si muovono riflettersi sul muro bianco. Mi alzo e mi dirigo alla scrivania; osservo fuori dalla finestra la strada poco illuminata da qualche lampione e, in alto, la luna, che regna sovrana nel suo spazio. Il mio pensiero va di nuovo a Moon, a come l'ho lasciata sola, per terra, sul terrazzo. Un nodo mi stringe lo stomaco. Cosa ho fatto? Moon non mi perdonerà mai!

Non so quanto potrò rimanere cosciente, ma mi metto comodo sulla sedia, tenendo le gambe aperte e scivolando con il corpo in avanti. Spinto da un impulso incontrollabile, prendo un foglio decorato che avevo comprato per lei, per aggiungerlo al suo regalo di compleanno, e scrivo le parole che mi ronzano in testa da qualche giorno. Non so neanche quanto vivremo ancora, se la terapia sta funzionando; non ci rimane molto tempo e io devo dirle ciò che provo!

Finito, ripongo il foglio piegato in una busta da lettere bianca e la infilo nel cassetto, aspettando il giorno adatto per consegnargliela. Se mai ne avrò l'occasione.

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