Parte 20 - Finalmente integrato

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La sera scese lentamente sulla città.

Il fluire pigro del fiume sfumava tra i riflessi dorati delle luci dei lampioni che dal ponte si riverberavano sull'acqua. Mentre una falce di luna saliva nel cielo adagio e gli alberi disegnavano ombre scure lungo le sponde, Cobra e Dorina sedevano ancora avvinghiati sulla panchina di pietra su cui si erano appoggiati, persi in un abbraccio appassionato e indifferenti a tutto quello che intorno succedeva. Romanticamente, stretti l'uno all'altra, si scambiavano baci e tenerezze. Per loro il mondo pareva non esistere. Contava solo la danza lenta e sensuale dei loro corpi legati.

D'un tratto Dorina interruppe le loro effusioni. Staccandosi leggermente si portò una mano sulla pancia. «La fame chiama...», comunicò alzando le sopracciglia.

Cobra, pensando che fosse giunto il momento di separarsi, replicò con tono sommesso: «Ultimamente mangio così poco che spesso me ne dimentico».

«Magari tu sì, ma io invece me ne ricordo eccome. La mia routine dei pasti prevede cena a quest'ora», ribatté lei con un'espressione accigliata.

Cobra lesse nei suoi occhi un suggerimento nascosto, celato in forma di attesa che provò a cogliere al volo. «Durante la passeggiata ho notato, più in là, un ristorante con la terrazza e le vetrate enormi. Sembrava molto carino», stava dicendo quando fu bruscamente interrotto.

«Okay, ci sto!», fece lei sorridente e senza aspettare un invito ufficiale.

«Scusa se non ci ho pensato prima. Sono il solito imbranato», si giustificò Cobra con un'espressione disarmante.

«Perdonato».

«Allora andiamo», soggiunse Cobra indicandole la direzione con un cenno con della testa.

Si alzarono e mano nella mano si avviarono, raggiungendo la scalinata del locale. Il ristorante aveva una terrazza in pietra grigia circondata da una balaustra in ferro finemente decorata. Le grandi vetrate, illuminate ai lati, erano un insieme di pannelli trasparenti da cui si intravvedevano i lampadari in vetro di Murano e il soffitto a cassettoni dell'interno. Sui lati alcuni rampicanti verdi salivano attorcigliandosi al muro e al tetto. Nell'aria si udiva un brusio di voci e il tintinnio di posate e bicchieri. L'atmosfera era elegante e rilassata.

«Buonasera signori, preferite stare dentro o all'aperto?», chiese il cameriere accogliendoli.

«Fuori va bene, e quel posto all'angolo sarebbe perfetto», rispose Dorina indicandolo.

«Certo, accomodatevi pure».

Il tavolo - coperto da una tovaglia color crema - aveva al centro una lampada accesa che diffondeva una luce calda e soffusa. La posizione era scenografia. Da seduti si poteva osservare il panorama sulla collina e sul fiume.

Mentre Dorina scorreva il menu, Cobra rimase a fissarla assorto nei suoi pensieri. Non poté fare a meno di riflettere su ciò che era successo fino a quel momento. Pensò al loro primo incontro, ai suoi primi approcci timidi e incerti e a come tutto si fosse evoluto in modo naturale e progressivo.

Era felice.

Il momento in cui si erano baciati - di pomeriggio su una panchina, con il cuore che batteva forte e l'ansia alle stelle - era stato uno dei momenti più belli della sua vita. Un'esperienza indimenticabile, vissuta come un viaggio in uno spazio senza gravità dove le emozioni fluttuavano libere.

Si rese conto di quanto Dorina gli fosse entrata dentro, di come avesse illuminato la sua vita. Un fascino che non si esauriva nel momento presente, ma che cresceva con il passare del tempo. La sua esistenza era completamente cambiata e ancora non se ne capacitava. Anche se tra le sue memorie vi erano incastrate routine di silenzi e di emozioni trattenute, quelle nuove sensazioni facevano emergere in lui il desiderio di parlare, di comunicare l'entusiasmo di quella nuova realtà. Quando Dorina alzò lo sguardo dal menu, vide Cobra che la fissava con un sorriso accennato e gli occhi trasognati. «Come è strana la vita», affermò riflessivo. «Sai, fino a qualche giorno fa vivevo il mio presente con l'ansia che mi divorava dentro. Chiuso nel mio monolocale ero sempre insoddisfatto e convinto che non sarebbe mai cambiato nulla. Poi ho conosciuto te e il mondo sembra essersi capovolto. È come se avessi bucato la superficie della realtà e scoperto quanta bellezza c'è nascosta dietro. Ora vedo le cose in modo diverso, più luminoso. Qualcosa che senza di te non sarebbe mai stato possibile», disse facendo fluire le sue parole libere come il vento.

«Grazie. Sono molto felice di sentirtelo dire. Mi fa piacere sapere che la mia presenza ha avuto questo effetto su di te», rispose Dorina accarezzandogli la mano.

Parlare allontanava la sua sofferenza, e gli donava un sollievo che nessuna pillola gli avrebbe mai dato. «È stata una settimana magnifica», confermò.

«Cosa ti turbava prima?», provò a chiedere Dorina.

«C'erano momenti in cui l'idea di non trovare stabilità mi buttava giù. La paura che mi stessi perdendo nel nulla mi annichiliva. Azzerava la mia autostima», ammise Cobra. «Ricordo che facevo di tutto per distrarmi e dare un senso ai miei giorni. Nondimeno mi mancava costantemente qualcosa. Il mio futuro appariva nebuloso. Ora, invece, sono qui a pensare esattamente il contrario».

«Momenti difficili possono sempre capitare. La tristezza non è una debolezza. Bisogna riconoscerla, attraversarla e lasciare che passi. In fondo siamo tutti fragili. A volte siamo costretti a recitare dei ruoli che non ci appartengono ed è inutile nascondersi dietro a una maschera per far finta di essere forti», disse Dorina in modo sincero. «Apprezzo molto che tu esprima le tue emozioni senza filtri. Non è da tutti».

«Mi piace pensare che il mio malessere si sia trasformato in un'opportunità di crescita», confessò Cobra.

«Sicuramente è così», concordò Dorina, fissandolo negli occhi.

Quel momento di condivisione fu interrotto dall'arrivo del cameriere che prese i loro ordini. Appena si allontanò il telefono di Dorina squillò. «Scusa, mia madre. Deve sempre sapere come sto, dove sto e con chi...», riferì girandosi leggermente per rispondere.

Cobra la guardava, godendosi finalmente quello stato di benessere che gli faceva vedere il mondo come un luogo magico e pieno di opportunità.

«Cin», pronunciò - alzando il bicchiere di prosecco appena servito - quando lei riattaccò.

«Alla nostra», replicò Dorina rispondendo al brindisi. Bevuto un sorso aggiunse: «Che ne pensi di noi?».

Per Cobra l'imbarazzo tornò a emergere. «Vai subito al sodo», replicò schietto. «Una domanda difficile direi...».

«Prova a lasciarti andare».

«Manifestare i propri sentimenti è forse la cosa più complicata che ci sia, soprattutto quando si è all'inizio e tutto appare ancora confuso e irrazionale».

«Avanti dai... la prima cosa che ti viene in mente», insistette Dorina con espressione curiosa.

Cobra di cose da dire ne avrebbe avute tante. Fantasticava di poter vivere con lei tutte quelle esperienze che fino a quel momento la vita gli aveva precluso e sicuramente avrebbe voluto che le cose continuassero e si evolvessero. Tuttavia, non aveva il coraggio di essere troppo sincero. «Con la fantasia si viaggia liberamente e si immaginano tante cose. Forse occorre prendersi del tempo per razionalizzare e avere una visione più chiara. Quello che posso dire è che mi piace tantissimo starti vicino, abbracciarti, baciarti, parlare con te e tutto il resto. Il futuro non può che essere roseo. Tu, invece, cosa mi dici?».

«Che in questo momento sto bene», dichiarò lei sinteticamente. Un sorriso e uno sguardo complice, lasciavano intuire che quella sera era solo l'inizio di qualcosa di più grande.

«Che bello! Non ti nascondo che mi piacerebbe che questi momenti durassero per sempre», ammise Cobra con candore.

«Forse dureranno. Chi lo sa!? Dipende tutto da noi».

Dopo quella frase il cameriere li interruppe portando i loro piatti. «Sembra tutto molto buono», constatò Dorina, assaggiando il primo boccone.

«Concordo», confermò Cobra.

Assaporarono ogni portata con gusto, continuando a conversare spensieratamente. Quando finirono Cobra era sul punto di dire qualcosa, ma esitò. Accarezzava il bordo del tavolo con una certa tensione.

«Che succede?», chiese Dorina.

«Stavo pensando...».

«Che cosa?».

«Che ne dici se dopo andassimo a casa mia? Magari a vedere un film?», suggerì lui con l'insicurezza di chi non sa se continuare o fermarsi. Poi si pentì, intuendo di aver sbagliato ancora una volta i tempi.

«Mm... un passo alla volta», lo bloccò lei. «Anche se mi piace stare con te, venire a casa tua mi sembra poco opportuno al momento. Prendiamo un caffè e poi, volendo, proseguiamo la nostra passeggiata».

«Okay, magari continuiamo la nostra camminata sotto i portici del centro. Che ne dici?».

«Perché no!?».

Cobra sentendosi in colpa per quella sua domanda intempestiva provò a precisare: «A dire il vero non è che ci credessi veramente. È solo che non volevo fare la parte di quello poco intraprendente».

«Non ti preoccupare. Ci sarà un momento per ogni cosa», lo rassicurò lei con comprensione.

All'idea che quei momenti potessero continuare, Cobra le si avvicinò e la baciò sulle labbra. Per la prima volta percepiva in sé una pace profonda.

Si vedeva come una persona normale, uguale agli altri.

Finalmente si sentiva integrato in quel mondo che lo aveva sempre escluso.

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