Chapter 26

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"Che cosa intendi con ricercati, più precisamente?" Domandò Jonathan confuso, dando un'occhiata verso il marciapiede per vedere se ci avessero scoperto i nostri inseguitori.

"Intendo dire che ci stanno cercando, sanno della nostra presenza qui fin dal primo momento in cui ci abbiamo messo piede!" Tentai di non urlare, sconvolta dai pensieri che mi ronzavano in testa.

Lui scosse la testa, alzando un angolo della bocca in un sorriso divertito. "È impossibile, non può essere." Mi guardò dritto negli occhi, notando la serietà che li stava caratterizzando in quel momento, capendo così che non stavo affatto scherzando come credeva. Lentamente, pure il suo mezzo sorriso si smorzò, sostituito da un'espressione incredula e spaventata.

"Crystal, come possono sapere della nostra presenza qui? Siamo precipitati con un aereo in una zona inabitata, dominata solo dalla vegetazione." Leggevo sul suo viso che neanche lui ci credeva a quello che stava dicendo, per quanto logico potesse essere. Troppe domande erano state formulate senza ricevere risposta: chi erano le persone che ci stavano inseguendo? Perché proprio noi? Che cosa avevamo di speciale? Come facevano a sapere sempre dove trovarci?

"Non lo so, non chiedermelo." Mi sedetti per terra, nonostante lo sporco che ci circondava; sentivo le gambe molli, avevo il forte bisogno di sentirmi poggiata contro qualcosa di duro, concreto. "Prima di scappare ho visto un telegiornale locale nella televisione di un negozio di elettronica, nel quale stavano parlando della fuga di due soggetti pericolosi, scappati dall'esperimento che alcuni scienziati stanno effettuando." Feci una pausa per riprendere fiato, strofinandomi la faccia vigorosamente, provando a eliminare la tensione che mi avvolgeva. "Durante il servizio hanno mostrato due foto dei fuggiaschi, e ho visto che eravamo noi." Il silenzio che si formò fu voluto: volevo lasciargli del tempo per pensare alle mie parole, soppesarle e capire la gravità della situazione in cui ci trovavamo. Solo una volta che fui sicura che aveva compreso tutto andai avanti, distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo sulla parete di fronte a me. "Ora, non so di che esperimento si tratti, tantomeno il suo valore o il motivo per cui stiano usando noi," riportai gli occhi su di lui e abbassai ancora un po' la voce, rendendola un sussurro poco udibile: "Ma so solo che siamo in guai molto seri, soprattutto perché non sappiamo che cosa ci aspetti."

Portai le gambe al petto e le avvolsi con le braccia, mentre Jonathan scivolava al mio fianco, sforzando un sorriso d'incoraggiamento. Mi cinse le spalle con un braccio, lasciandomi un bacio tra i capelli e lanciando di nuovo un'occhiata al marciapiede. Capivo benissimo la sua preoccupazione e paura, non solamente per come stavo io, ma anche per coloro che ci stavano inseguendo: se ci avessero scoperti, sarebbe stata la fine per entrambi.

"Troveremo un modo per uscire da questa situazione, dobbiamo farlo." Le sue parole suonavano stanche, rassegnate quasi.

Distesi le gambe e gli feci passare un braccio sull'addome, nel frattempo che mi sistemavo su un fianco. Gli lasciai un bacio sulla guancia, come a dargli forza; nello stesso modo in cui lui tentava d'infondermi coraggio, anch'io dovevo ricambiare in qualche maniera.

"La situazione si sta facendo sempre più complicata e difficile." Inspirai a fondo, espirando nel momento in cui ebbi il viso premuto contro la sua spalla. "Speravo che il peggio fosse ormai passato."

"Non si può mai sapere cosa si potrà trovare nel futuro;" poggiò la sua guancia contro la mia testa, sospirando. "L'unica cosa che possiamo fare è affrontarlo a testa alta."

"Okay, ma..." Non finii neanche la frase, stavo cercando le parole giuste da dire.

Pensai per l'ennesima volta a ciò che avevamo passato, provando a farne un elenco: lo schianto con l'aereo. La ferita infetta che mi aveva quasi uccida. Gli strani Homi incontrati durante il viaggio, che avevamo dovuto uccidere per sopravvivere. Gli scienziati. La stazione ferroviaria in mezzo al campo di fiori. Il treno. La città. La fuga. Ma ciò che di più mi tornava alla mia mente era l'uomo dagli occhi gialli che ci aveva dato una mano: Ralph. Non conoscevo il motivo per il quale aveva deciso di porgerci una mano e aiutarci, tantomeno riuscivo a spiegare la sensazione di familiarità che provavo ogni qualvolta lo vedevo.

"Non credo sia qualcosa di giusto nei nostri confronti, tut-" Non riuscì a finire la frase che Jonathan mi zittì all'improvviso, poggiando una mano sulla mia bocca e facendomi segno di fare silenzio. Di fronte a noi c'erano i due uomini e la donna che ci stavano inseguendo, nel bel mezzo di una discussione abbastanza animata. Dal poco che riuscivo a sentire da dietro i bidoni, potei capire che la donna stava rimproverando i due uomini: a quanto pare, erano già a conoscenza della nostra presenza lì, oltre al fatto che ci avevano già notato e visto in stazione. Non avrebbero dovuto aspettare per prenderci, avrebbero dovuto farlo non appena avevano puntato gli occhi su di noi. Nonostante le loro giustificazioni e scuse - che per la maggior parte erano legate agli ordini a loro impartiti -, non riuscirono a colpire il muro rigido e autoritario della scienziata, che li spedì immediatamente e in maniera brusca all'inseguimento dei due fuggiaschi. Una volta scomparsi dalla nostra visuale, Jonathan mi afferrò il polso, in modo tale da non perdermi, e si alzò, trascinandomi con lui. Uscimmo dal vicolo, attraversammo la strada non appena il semaforo fu diventato verde per i pedoni, e cercammo un altro vicolo in cui nasconderci, lontano dalla visuale dei tre che ci volevano prendere.

"Dobbiamo trovare qualcuno che ci dia una mano." Dissi sovrappensiero non appena avemmo trovato un altro nascondiglio, ottenendo una risata nervosa da parte dell'altro.

"E come intendi fare, eh?" Nella sua voce il sarcasmo si mischiava alla paura mentre gettava uno sguardo indietro, sperando che nessuno ci avesse visti spostarci. "Non conosciamo nessuno, chi vuoi che ci dia una mano, siamo pur sempre stranieri in un luogo a noi totalmente sconosciuto."

"Vi darò io una mano." Disse una voce che parve familiare alle mie orecchie, nonostante non fossi sicura.

Mi girai nella direzione da cui proveniva la voce, trovando la donna che ci stava fissando alla stazione. Quando tolse il cappuccio, riconobbi all'istante chi fosse, rimanendo sbalordita dalla scoperta.

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