Chapter 29

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Il pavimento mi si sgretolò da sotto i piedi; fu una fortuna che io fossi già seduta, altrimenti sarei caduta a terra. Jonathan rafforzò la presa sulla mia mano, come a dirmi che lui c'era, che non ero sola. Vidi gli occhi colmi di dispiacere di Josephine prima di sprofondare nel vuoto che provavo dentro, un buco nero che mi avvolgeva e inghiottiva qualsiasi cosa circostante. Percepii le lacrime spingere forte per uscire, pungendomi gli occhi come mille coltelli affilati, obbligandomi a sbattere le palpebre più volte per ricacciarle indietro. Probabilmente era l'atmosfera pacifica e sicura che mi lasciava dare libero sfogo alle emozioni che avevo ripetutamente represso fino ad allora, eppure sapevo che non potevo lasciarmi andare. Almeno, non ancora. C'era qualcosa di più importante a cui pensare, prima tra tutte su come comportarci.

"Cosa facciamo adesso?" Per quanto preoccupati per me fossero Josephine e Jonathan, lui continuò a guardarmi in cerca di richieste d'aiuto da parte mia, per questo mi sforzai di abbozzare almeno un sorriso per tentare di rassicurarlo. Lei, invece, ci sorrise compassionevole e ricominciò a parlare: "Ho un amico che lavora nel laboratorio dove organizzano tutto, lui potrebbe aiutarci a saperne di più." Si piegò in avanti, poggiando i gomiti sulle braccia. "Prima di tutto, domattina vediamo come cambiarvi di aspetto, magari esco io e vi compro qualche vestito." Cominciò lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Poi, durante il pomeriggio, ho già chiesto a questo mio amico di raggiungermi a casa perché dovevo chiedergli qualcosa, anche se non ho specificato cosa."

Sentii Jonathan irrigidirsi nella mia mano, per questo mi voltai nella sua direzione, vedendo chiaramente la mascella contratta e lo sguardo tagliente. Sapevo benissimo che non gli piaceva affatto l'idea, che non si fidava; un conto era se l'altra persona la conoscevo direttamente io e mi fidavo, un altro era che fosse un totale sconosciuto per entrambi.

"So che l'idea non vi piacerà," Mise subito le mani avanti la signorina Murphy, raddrizzando la postura. "Però non gli ho detto che voi siete qui. Lui non sa della vostra presenza, non sa che vi sto nascondendo. Lascio a voi la scelta se fidarvi o no: dato che domani è il suo giorno libero - e che spesso viene a casa mia - gli farò delle domande, così che voi possiate capire se fidarvi o meno. Se vi fiderete, uscirete allo scoperto, altrimenti non farete nulla." Ci espose il suo piano lei, sperando di riuscire a convincerci.

Rivolsi gli occhi in quelli di Jonathan, che erano pieni di paura e dubbi: non avrebbe voluto fidarsi per nulla al mondo, nonostante ciò capiva che quella poteva essere la nostra unica soluzione. Feci un respiro profondo, riportando lo sguardo su Josephine; sembrava sicurissima del suo piano, credeva fortemente che ci saremo fidati anche noi di questo suo amico, che ci avrebbe dato la soluzione e tutto l'aiuto che ci serviva.

"Dobbiamo comunque tentare, non abbiamo altra scelta." Posai la mano libera sulla guancia del ragazzo, accarezzandogliela con il pollice. "Non sappiamo minimamente che cosa ci aspetti, lui potrebbe essere l'unico che potrebbe veramente aiutarci ad andarcene."

Nonostante parve titubante all'inizio, alla fine annuì, acconsentendo al piano della signorina Murphy.

"Dove staremo? Nel senso, non possiamo stare qui, siamo troppo esposti anche in casa. Nel caso entrasse qualcuno all'improvviso, saremo spacciati." Disse Jonathan, rivolgendo lo sguardo verso la donna di fronte a noi, mentre io facevo scivolare via la mano dalla sua guancia.

"Hai ragione, non potete stare qui. A volte vengono dei miei studenti, e dato che le porte durante il giorno devono rimanere aperte se c'è minimo una persona in casa, potrebbero entrare da un momento all'altro." Si alzò in piedi, facendoci cenno di fare la stessa cosa. "Però ho un posto dove potreste stare, un nascondiglio perfetto." Fece qualche passo verso una porta chiusa sulla nostra destra, una porta in mogano perfettamente lucente e subito dopo quella da cui Josephine era andata e venuta con i tramezzini e il succo.

Solo in quel momento realizzai che non avevamo praticamente toccato cibo; per quanta fame potessimo avere, l'agitazione ci aveva decisamente chiuso lo stomaco.

"Possiamo portare con noi i tramezzini e i bicchieri con una caraffa di succo?" Domandai, percependo la fame che cominciava a farsi sentire, intuendo che - con molta probabilità - molto presto sarebbe tornato a entrambi l'appetito.

"Fate pure, non c'è problema." Accordò lei, afferrando con una mano il pomello della porta. "Una volta preso tutto, seguitemi qui dentro."

Passai a Jonathan i due bicchieri destinati a noi e una caraffa di quello che individuai come succo d'arancia, nel frattempo che io prendevo il vassoio con i tramezzini. Lui non fece nessuna domanda, avevo capito dal suo sguardo che aveva compreso l'utilità di quel gesto: per quanto parassitario potesse essere, dovevamo cercare di tenere più provviste possibili con noi, e questo significava sfruttare tutte le vivande che ci venivano offerte.

Raggiungemmo la signorina Murphy, trovandola in ginocchio vicino all'entrata per una botola sotterranea; a quanto pare, doveva essere stata nascosta sotto un tappeto, perché c'era quest'ultimo per metà arrotolato là a fianco.

"Qui dentro non vi troverà nessuno, ve lo posso assicurare io." Fece un respiro profondo e, almeno così parve a me, rassegnato, non appena notò in noi dei cenni di titubanza. "Nessuno sa della sua esistenza, se non io: l'ho costruita circa quattro mesi fa, avevo bisogno di un posto da usare come sgabuzzino di scorta." Si alzò in piedi, spazzolandosi i vestiti. "Ho già organizzato due brandine per voi, l'ho fatto la sera in cui ho scoperto che tu, Crystal, eri il soggetto di un esperimento." Alzò le spalle, non riuscendo a trattenere un sorriso sincero, dolce e nostalgico. "È come se avessi saputo fin dal principio che ti avrei trovato e aiutato." Ricambiai il sorriso, ricordando la sensazione del calore che esso trasmetteva: una volta, quando le avevo rivelato che 'Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde' di Stevenson era il mio libro preferito, il suo viso si era illuminato in pochi secondi e nella medesima maniera.

"Grazie mille, veramente." Tentai di farle capire tutta la mia riconoscenza che stavo provando, sforzandomi di allargare ancora di più il mio sorriso. "Sarà meglio che andiamo a riposarci ora." Dissi infine, scendendo le scale della botola, seguita a ruota da Jonathan.

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